"...ed eravamo così bravi a strappare al tempo un po' di felicità."
Qui sono morto. Ma non temere, paraomidica: sono resuscitato per recensire. E' da tempo, in realtà, che questa tua poesia si trova nei miei preferiti. Ritrovandomela oggi davanti gli occhi, mi sono detto che non si poteva non lasciare un segno del mio passaggio, sia perché se l'hai pubblicata c'è evidentemente una ragione - e quale che sia è cercamente una ragione legata al prossimo che se la leggesse -, sia perché è tipico di chi prova ammirazione voler mostrarsi, almeno per un veloce istante, e sia pure virtualmente, a quello per cui si prova quella ammirazione.
Provo una sincera invidia per chi riesce, come te, a cesellare la realtà, e le sensazioni più vivide, destinate a rimanere come impresse nella nostra memoria della pelle - sia soggettiva che collettiva, e proprio qui sta la magia: che leggendoti pare di rivivere la propria vita, e non solamente di stare davanti al film della tua.
Ma, al di là dell'invidia, sul momento di leggerti: solamente un vibrante piacere estetico. La cosa che più cerco, forse egoisticamente, forse limitatamente, dalla lettura.
Un ciao! |