Accidenti.
È la prima parola in assoluto che mi è venuta in mente quando ho iniziato a leggere questo tuo testo.
Non voglio chiamarla storia, perchè non racconta qualcosa che succede nella realtà, ma vuole piuttosto farsi stato d'animo, portando chi legge nel cuore di Sherlock Holmes. Quello che pochi riescono a intravedere, eppure c'è.
Scrivere un POV di un personaggio come l'Holmes di Doyle è probabilmente l'operazione più DIFFICILE che esista in questo fandom. Eppure tu ci sei riuscita in maniera straordinaria.
È quasi impossibile entrare nei panni di un genio, eppure tu lo fai con naturalezza ed eleganza, mettendogli in bocca un dolore crudele e composto allo stesso tempo, che non si allontana mai dalla materia razionale di cui è costituito eppure non rinuncia a raccontare il sentimento in modo intenso e struggente.
Come ogni volta, Watson non capisce. E nelle tue parole si legge il dolore di Holmes per questa perenne incomprensione, la sofferenza di quest'uomo che trascorre la sua vita cercando di far comprendere agli altri cose che per lui sono tanto chiare.
Sono straordinarie le parole che scegli per descrivere questo dolore. Di una raffinatezza perfetta che però non si perde nella contemplazione di se stessa.
A volte chi scrive bene come scrivi tu cade nel tranello del suo stesso talento, mettendo in fila le parole solo per ammirare la perfezione formale che riesce a raggiungere. E le sue diventano frasi vuote.
Solo suoni.
Le tue sono parole straorinariamente belle. E straordinariamente 'piene'.
Tu riesci ad accostarle in modo originale senza distogliere l'attenzione da quello che dicono, e ricavando anzi una grande forza espressiva da queste combinazioni inusuali.
Se mi permetti di rubarti la tua stessa metafora sei una ballerina immensamente dotata, che sfrutta il suo fisico perfetto per danzare con naturalezza e senza fatica attraverso l'anima di Sherlock Holmes, nel giorno in cui perde il suo cuore.
Bellissima e totalmente calzante questa continua ripetizione del nome di Watson, seguita da aggettivi sempre simili eppure ogni volta diversi, più dolorosi.
Holmes ripete il suo nome all'infinito come se fosse un rimprovero per la sua cecità, ed un rimpianto per se stesso.
Non mi resta che farti i miei complimenti più profondi e sinceri per come scrivi, per quello che scrivi, e per l'intensità con cui sei riuscita a gestire e descrivere questo difficilissimo abbandono. |