Bellissima questa storia *.* e molto, molto originale.
Giallo. Hai fatto uno strano- ma ottimo- uso di questo colore. Insomma, il colore del sole, del grano, dell’oro, qualcosa di così “intrinsecamente” luminoso, allegro, positivo, capovolto radicalmente e diventato simbolo della paura, della violenza, della bestialità. Gialli sono gli occhi di Greyback. E basta questo perché Remus non pensi più al giallo allo stesso modo di prima e lo associ, sempre, istintivamente, al suo trauma infantile e alla figura che lo perseguita nei suoi incubi.
Mi sembra che Remus abbia vissuto- o meglio, NON vissuto- nell’attesa di trovarsi di nuovo faccia a faccia col licantropo, ovvero con le sue stesse paure, nell’attesa di una “vendetta”, di una resa dei conti, consumando la sua esistenza nei ricordi- e negli incubi. E in tutto questo tempo la figura di Greyback è rimasta immutata e inalterata, come un qualcosa di eterno e indistruttibile, qualcosa di “necessario”, come le montagne, o i fiumi o che so io (“Prima di qualunque altra cosa, Remus pensò che fosse invecchiato; era curioso, quasi sbagliato che lui invecchiasse: fino ad allora, nella sua testa, Fenrir rimaneva un essere senza inizio né fine, una figura eterna e inamovibile stagliata al centro di qualsiasi suo incubo”).
E, quando l’occasione finalmente si presenta, si trova catapultato indietro al suo primo anno di vita, all’episodio che ha distrutto la sua esistenza. Anche a distanza di anni e anni, niente sembra cambiato, Greyback ha ancora il potere di farlo sentire nient’altro che un bimbo singhiozzante che annega nelle sue lacrime ed è paralizzato dal terrore.
E poi c’è questa strana “complicità” tra i due, qualcosa che li accomuna, che li attira l’uno verso l’altro e li tiene morbosamente legati, vicini, simili, qualcosa che nemmeno Tonks può capire.
“E’ sempre un piacere ritrovare il risultato di un lavoro di gioventù. […] Peccato che io sia interessato solo ai bambini…”
Brividi, ti giuro. E’ così “da Greyback” questa frase che non ci potevo credere.
Lo deride e contemporaneamente, con poche parole, lo riporta al passato, a ciò che ha subito, da innocente, per colpa sua, a quella ferita mai chiusa, è come se gli ricordasse che è “suo” e che non può illudersi di cambiare questo stato di cose.
Il tuo Greyback è una figura abominevole ma, per certi tratti, “seducente” (questa è una blasfemia, lo so lo so ^^): la sua voce che è “il più dolce dei sussurri”, “quei maledetti occhi che lo attiravano a sé ogni istante”, occhi che sono “affilati e selvaggi”, mentre le sue parole “una carezza leggera e insinuante” … O.O Wow. Remus ne sembra ipnotizzato, suo malgrado.
E’ eroico, nient’altro, il gesto con cui allontana Tonks dal lupo: lo fa non solo per salvarle la vita, ma anche perché non veda a cosa può ridursi un uomo quando viene sguinzagliata la bestia in lui. E poi perché, ovviamente, “quella era la sua battaglia”. Ha aspettato anni per quel momento (“Ogni più piccolo tassello della sua esistenza riconduceva a quel momento, quello in cui affrontava la sua più profonda fobia, quello in cui affrontava lui. Quello in cui lo uccideva”), eppure è tenuto incatenato da una magia più forte di lui, quella che lo obbliga a piegarsi alla sua “fonte”, diciamo così. Un rapporto di servo-padrone, insomma, duro a morire, come durissimo è cercare di superare la convinzione che lui sia troppo forte, “inattaccabile”, convinzione esacerbata dalla paura: “una parte di lui continuava a credere che fosse impossibile ucciderlo, perché era un essere immortale ed eterno, incubo infinito di ogni bambino ancora nascosto nello stadio maturo di ogni uomo.” Scusa se ti riporto le tue frasi, ma calzano a pennello…
Il morso a Tonks mi ha lasciata così :O :O :O
Remus che assiste impotente, tradito dal suo stesso corpo e nel frattempo l’unica cosa cui riesce a pensare è il non aver “sentito” la morte di sua moglie. Infine la minaccia di Greyback, sibillino e bestiale, e il lampo di luce rossa.
Che grama, immeritata sconfitta per Remus! E quello che mi fa più pena è quel bambino di un anno, di tanto tempo fa, che ancora non ha avuto giustizia per il torto che gli è stato fatto, e che mai l’avrà.
Bella, bella storia. Scritta benissimo, d’altronde. Ti faccio i complimenti per il lessico e lo stile, ineccepibili, come la grammatica. Perfetto lo squarcio delle sensazioni di Remus, emblema dell’odio che il terrore, l'ingiustizia e l’aver troppo subito generano anche nei cuori più puri. Davvero brava!!!
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