Ciao! Mi è piaciuto questo monolo interiore, profondo e spunto per altrettanto profonde riflessioni.
Innanzitutto sono stata colpita dalla scelta del pov: il custode di un cimitero è una persona che ogni giorno ha a che fare con la morte e spesso, quando una cosa è molto frequentata, diventa scontata. Inoltre se penso a un custode di un luogo del genere, mi viene in mente quello del cimitero della mia città, che è un personaggio che non solo sembra aver perso il senso di ciò che lo circonda, ma è anche gretto e meschino.
Il tuo protagonista invece presta attenzione alle statue, ai cipressi, alle tombe e agli epitaffi. Dalla tua storia sembra che lo faccia quotidianamente ("Più volte ho posto le mie domande a voi, tombe", "Oh, be’, qui ho finito. Mo’, chiudiamo il cancello e andiamocene a casa. Domani si ricomincia", come se si ricominciasse non solo con il consueto giro di perlustrazione, ma con tutti quegli interrogativi rimasti senza risposta).
Dietro ogni frase ho ritrovato Foscolo e Edgar Lee Masters. Storicamente, gli uomini si sono sempre preoccupati di lasciare una traccia del loro passagio, invece il custode non se ne cura, anzi, preferirebbe non essere ricordato affatto.
L'interrogativo sull'importanza del cimitero come luogo per ricordare i propri cari e pregare per loro è particolarmente significativo. Recentemente ho subito una perdita, e devo ammettere che sento in modo più marcato la presenza di chi ho perso nella vita di tutti i giorni che non nella cappella dove ogni tanto vado a cercarlo.
Complimenti. |