Recensioni per
La sovrana del campo d'oro
di Marge

Questa storia ha ottenuto 5 recensioni.
Positive : 5
Neutre o critiche: 0


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Recensore Master
13/10/14, ore 20:21

Marge, io penso che tu di storie così ne dovresti scrivere sempre. Non so in quanta percentuale questo spaccato sia rimasto così com'era in principio e in quanta sia invece ripensato e rimaneggiato, ma posso giurarti che sembra scritto tutto d'un fiato, e come un unico respiro si legge; la sua immediatezza riesce a provocare un'immedesimazione incredibile.
Io non mi fermo spesso a pensare a questo genere di cose, e sono felice ogni volta che mi capita di farlo con una tua storia. Ecco, è proprio per questo che ho detto che di storie così ne dovresti scrivere sempre: perché c'è bisogno di pensarci di più, e perché non credo affatto di essere l'unica.
E poi basta, il titolo e l'immagine finale sono già un mondo di per sé. Bravissima!

Recensore Veterano
19/03/14, ore 19:26

Ciao e grazie per aver partecipato al mio contest “Vecchie Storie”.

Grammatica-Lessico: 9/10
Stile: 9/10
Originalità: 10/10
Descrizione: 8/10
Caratterizzazione personaggi: 7/10
Gradimento personale: 4/5
Punti prima storia: 0/2
Tot parziale: 47/57 Punti bonus: 2
Totale Punteggio: 49
Ebbene finalmente ho soddisfatto la mia curiosità riguardo al tu “verismo”. Devo dire che la storia risulta sorprendentemente originale, nonostante l’argomento sia molto trattato. Sarà per la scelta di scrivere dal punto di vista di Jenica o perché ogni storia inspirata alla realtà alla fine è sempre diversa. Comunque sono rimasta piacevolmente sorpresa, nonostante il titolo fosse molto evocativo, non mi aspettavo questo genere di storia. Mi aspettavo si dilungasse nel tempo, invece descrivi uno spaccato di vita. Ma andiamo con ordine. Grammatica e lessico, ho apprezzato molto i dialoghi in dialetto, assolutamente realistici. Ho trovato anche un paio di cose che non posso considerare un errore ma mi hanno incuriosita. Ad esempio il “Dolce burroso e sfilacciato” perché associ questo aggettivo al cornetto? L’altro dubbio che mi è rimato impresso è quando ti riferisci a quartieri e dici “in Prati”, secondo me suona male, anche se come ti ripeto non è un vero e proprio errore. Per quanto riguarda lo stile, è buonissimo, diretto, quasi cinico. Le descrizioni sono estremamente precise ed evocative, soprattutto quando racconti della Jenica tredicenne, ma anche la descrizione del posto di lavoro mi ha lasciata abbagliata. Per quanto riguarda la caratterizzazione dei personaggi, forse avrei voluto capire un po’ di più la protagonista, nonostante la storia fosse raccontata con i suoi occhi rimane molto fredda ed in alcuni punti quasi distaccata. Alla fine mi aspettavo disperazione, invece sono stata invasa da un’accettazione spaventosa. Comunque ritengo la storia sia molto intensa: è reale. Davvero complementi.

Baci Baci
Jogio

Recensore Veterano
06/04/12, ore 14:49

Meravigliosa. Un ritratto drammatico e toccante narrato con toni inizialmente solari e leggeri nel dipingere la mattinata romana (tra cui il dialetto perfettamente trascritto in tutto il suo brio più sfrontato), poi afosi nei ricordi ed infine bui. Una sorta di passaggio, una giornata che il lettore percorre dapprima inconsapevole e che scopre piano piano, trovando alla fine del percorso il proprio Paese messo a nudo, come la protagonista, in tutta la sua debolezza. Un'Italia che non è solo il bel Paese tutto 'pizza e mandolino', ma fatto di realtà che nessuno ammette e che, in silenzio, rubano le prospettive di chi è arrivato chiedendo soltanto un futuro.
Ho adorato la descrizione di Jenica, consapevole, triste eppure piena di dignità nel portare su di sé il peso della propria vita e nel voler salvare quello della sorella. Un personaggio ricco, dalla sensualità spiccata ed ingenua all'inizio, esaltata poi così crudelmente dal suo 'lavoro'. La stessa ambientazione è splendidamente ricostruita, si percepisce tutta la vitalità della città nelle sue prime ore, mentre nelle ultime pare quasi di udire il traffico volgare e sboccato che la percorre.
E, infine, l'alba ed i suoi magnifici campi di fiori a salutare la principessa della strada: un tocco di poesia che riempie il cuore di una strana dolcezza, dolcezza amara.
Una piccola perla narrata con stile maturo ed evocativo.
Davvero meravigliosa.

A.H.

Recensore Junior
09/01/12, ore 18:06

"La sovrana del campo d'oro" di Marge - Giudizio di Satomi

Grammatica e sintassi
L’autrice dimostra di avere una buona padronanza della lingua italiana. Nella prima parte, quando Jenica riflette sulla ragazza che fa colazione al bar, una sequenza di piccoli periodi che prevede la registrazione di un dato di fatto e la logica deduzione che ne consegue rende con efficacia la serie di pensieri della giovane prostituta, specie grazie all’uso della paratassi e dell’asindeto. Per il resto del componimento coordinate e subordinate si alternano con equilibrio, a seconda della necessità.
È stato riscontrato un uso non sempre corretto della punteggiatura, specie nell’utilizzo delle virgole.
Esempi:
1. “Il caldo della febbre si era sommato a quello della stagione, costringendola a letto in un bagno di sudore, e sua madre, animata dalla solerzia di una solida donna di campagna, si era prodigata nel prepararle ciorbă e bors senza sosta, costringendola ad ingurgitarle nonostante fossero bollenti, e secondo il parere di Jenica, anche ributtanti.”
Sarebbe preferibile riscrivere in questo modo: “Il caldo della febbre si era sommato a quello della stagione costringendola a letto in un bagno di sudore; sua madre, animata dalla solerzia di una solida donna di campagna, si era prodigata nel prepararle ciorbă e bors senza sosta, costringendola ad ingurgitarle nonostante fossero bollenti e, secondo il parere di Jenica, anche ributtanti.”
2. “Mentre mangia, con la coda dell’occhio, nota che l’altra ragazza...”
In questo caso sarebbe preferibile anticipare il verbo “nota” così: “Mentre mangia nota, con la coda nell’occhio, che l’altra ragazza...”
3. “Ma in fondo sa, che non potrà, mai.” La prima virgola non è necessaria.

Lessico e stile
L’autrice si serve della terza persona limitata: l’intera storia ci viene narrata secondo il punto di vista di Jenica che, figlia di gente di campagna, non si serve naturalmente di un linguaggio forbito. Non mancano espressioni e costruzioni colloquiali (Ed invece di finire a pulire culi ai vecchi o spezzarsi la schiena a forza di fare pulizie - Non ha le mutande, perché le fanno caldo - ed ognuna che passa, Jenica la guarda fissa), lo stesso dicasi per il registro adottato dal giovane barista.

Trama
La storia di Jenica, giovane immigrata che si ritrova immischiata in un brutto giro, non è né più né meno triste di altre. Eppure è il modo in cui viene raccontata a risaltare e a farla risaltare: non c’è realismo crudo inopportuno né qualunque particolare scabroso o esageratamente malinconico che spinga alla pietà, anzi tutti i dettagli relativi alla “vendita” della ragazza o al suo lavoro - esclusi quelli necessari alla narrazione - sono messi da parte o semplicemente accennati, lì dove occorre. L’autrice preferisce soffermarsi su ben altri particolari e avvenimenti, come la scoperta da parte di Jenica della propria femminilità - il suo toccarsi in punti appena scoperti, il suo voler farsi ammirare dagli uomini, i suoi sguardi con Damian -, narrata attraverso il ricordo, e che inconsapevolmente sottolinea il contrasto tra quel piacere genuino, che fa sciogliere la ragazza come un gelato, e la cruda routine cui Jenica si sottopone nel presente, dando piacere agli uomini senza ricavarne nessuno.

Caratterizzazione dei personaggi
Jenica, protagonista indiscussa del racconto, viene presentata al lettore in molteplici sfaccettature: inizialmente ci appare piuttosto sfrontata, quasi arrabbiata - non è, insomma, una prostituta che si “nasconde”, come mostra il fatto che si presenta al bar in tenuta da lavoro. Poi mostra di essere una buona osservatrice, dote che ha sviluppato col passare del tempo anche grazie alle sue vicissitudini - non ha infatti capito subito che tipo era davvero Damian. Jenica si è assuefatta al suo lavoro, ma non appare del tutto sconfitta - è infatti decisa a impedire in tutti i modi che la sorella subisca il suo stesso destino. Un’immagine contrastante con quella della ragazzina di campagna che inizia a scoprire la donna che è in lei.
Il barista e la giovane laureata sono il simbolo della vita normale, spensierata l’una e seria l’altra; qualcosa cui Jenica ha detto addio da tempo.
Quanto a Damian non ci viene detto molto di lui, sebbene sia il diretto responsabile del triste destino della protagonista: Jenica se la prende con se stessa e la sua ingenuità, tuttavia non si astiene dal non giudicarlo del tutto - vedasi il termine “bestia” con cui lo definisce.

Giudizio personale
È fermo parere del giudice che l’originalità in un racconto non si vede esclusivamente dall’argomento che tratta, ma anche e soprattutto dal modo in cui ci viene presentato (come è già stato precisato nella sezione trama). “La sovrana del campo d’oro” riesce in questo intento, regalando al lettore uno triste spaccato esistenziale di una delle tante vittime della prostituzione. Nulla di nuovo sotto il sole, si potrebbe dire, eppure anche in questo caso non si può fare a meno di chiedersi, pur sapendo di restare senza risposta, il perché di tutto questo.

Voto: 26 (+1) = 27/30

Recensore Junior
09/01/12, ore 17:20

Beh, devo farti i miei complimenti, sei bravissima in tutti i campi, dal fantasy alla più nuda e cruda realtà.
Perchè era come se Jenica fosse accanto a me, la vedevo quasi camminare sull'Aurelia, persa in ricordi troppo dolorosi, ammirando con desolazione un futuro sempre uguale, mentre i suoi "sudditi" non possono far altro che ondeggiare al vento, non possono salvarla.
Devo dire che è un argomento molto trattato, ma la tua visione mi ha davvero colpito, sei riuscita ad entrare davvero nei pensieri di questa giovane senza futuro...
Sarò monotona, ma ti rifaccio i miei complimenti :)
Alla prossima
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