In genere coloro che betano una storia sono più fortunati perché possono leggerla in anticipo; per me, invece, questa volta, non è andata bene visto che ho letto (e amato) questa one-shot poco a poco, paragrafo per paragrafo e non potendo leggere la parte conclusiva, causa impegni.
Ne è valsa la pena. Dalla prima all'ultima parola.
Io personalmente sono molto sensibile al tema della Shoah e dello sterminio degli ebrei e di tutte quelle persone che i nazisti ritenevano "inferiori". Ti faccio molti apprezzamenti soprattutto per il modo in cui hai descritto l'orrore dei prigionieri, costretti a vivere gli stessi orrori ogni giorno, con l'ombra della morte che incombeva su di loro, attraverso la fame, le malattie, i maltrattamenti, le camere a gas. Dalle testimonianze dei sopravvissuti possiamo avere un quadro della situazione ma è sempre difficile dover descrivere certe cose. Tu, almeno, sei riuscita darcene un'idea, soprattutto a darci un'idea dei pensieri e dei sentimenti che potevano animare l persone condannate a morire lì, ma soprattutto a porre l'attenzione su un importante quesito: c'è stato qualche soldato che si è domandato cosa stava facendo, se quello che faceva era giusto o sbagliato?
Per dare rilevo a questi aspetti e per dare risposta a questa domanda hai saputo ben gestire i personaggi.
Noah (ma anche gli altri anonimi prigionieri del campo) nel quale si è potuto vedere il dramma delle centinaia di ebrei scomparsi nella terra delle fosse comuni o dispersi nel fumo che usciva dai forni crematori.
Dave che racchiude tutte le incertezze, i dubbi, i timori che accompagnano ognuno di noi, la personificazione di quelle domande: "E' giusto quello che faccio? Posso scegliere? E questa mia scelta che valenza può avere sugli avvenimenti". Certe volte, basterebbe lasciarsi andare e seguire ciò che ti dice il cuore.
Kurt e Blaine. Dovrei fare un trattato solo per loro. Ancora mi scivolano le lacrime sulle guance se torno a rileggere la parte finale, l'addio di Kurt a Blaine, l'addio a quel "mondo" (se così possiamo chiamarlo) al quale è appartenuto solo perché c'era Lui. Il sostegno che si sono dati l'un l'altro per non morire disperati e con dei rimpianti e col cuore pieno di rabbia verso questo mondo ingiusto. Sarebbe stato doloroso e triste, ma forse rincuorante, vederli insieme fino alla fine, fino all' "ultima tappa". Ma anche questo è parte della nostra esistenza. Ognuno ha la sua strada da seguire.
Kurt, forse, come molti dei sopravvissuti di Auschwitz, si sarà chiesto "Perché io sono sopravvissuto e loro no?", ma ha capito che ciò che deve fare è vivere. Vivere anche per chi non ce l'ha fatta, vivere per raccontare, per vedere come continua la vita oltre il recinto di filo spinato.
Ti ringrazio tantissimo per avermi permesso di leggere questa bellissima storia.
Grazie.
Luigi (Recensione modificata il 28/01/2012 - 12:32 pm) |