Seconda classificata al contest “Quasi inedite – III edizione”: La marionetta, hiromi_chan
Grammatica e stile: 13,65/15.
“...e anche se in realtà non mi era possibile allontanarmi...”
Prima di “anche” manca la virgola di apertura dell’inciso (che hai chiuso dopo “Raltique”). (-0,1)
“-Sei romantica, bambolina- mi sussurrava spesso lui da dietro le lenti opache degli occhiali, -hai il viso di una dolce sognatrice-.”
Per quanto riguarda i dialoghi, c’è spesso molta confusione e ti riporto in particolare questo periodo perché lo trovo molto esemplificativo. Io mi baso sul documento che ho linkato nel riepilogo pre-risultati, e credo che fornisca un numero di alternative abbastanza ampio da considerare formalmente scorretto tutto il resto. In particolare, secondo me, il tuo modo di introdurre i dialoghi è un ibrido tra più forme: tra l’uso dei trattini (che in ogni caso dovrebbero essere medi, non brevi, e staccati dalla parola) e l’uso delle virgolette, in particolare quelle alte, a cui penso per come gestisci la punteggiatura appena fuori dalle battute. (-0,1)
“Tutt'ora al solo pensiero...”
Anche qui va una virgola prima di “al”, per aprire l’inciso che hai chiuso dopo “vita”. (-0,1)
Inoltre, “tuttora” è preferibile alla forma staccata, ma non è un vero e proprio errore per cui non ti tolgo dei punti.
“...e anche se lo spazio era angusto e disordinato, dietro...”
Stesso discorso della virgola per aprire l’inciso, che va prima di “anche”. (-0,1)
“...venivano trascinati sul banco da lavoro; l'unica occasione, quella...”
Al posto del punto e virgola, i due punti sarebbero meglio, più che altro per come hai impostato la frase successiva (senza predicato riferito a “l’unica occasione”). (-0,1)
“...il pennello gli scivolò tra le dita...”
Il pennello scivola dalle dita, non tra di esse. (-0,2)
“...lungo quella strada fino allo fine del mondo...”
Errore di battitura. (-0,2)
“...non riesco a pretendere altro né tanto meno riesco a immaginare altro.”
Hai ripetuto molte volte “altro” in questa frase; quest’ultimo potrebbe anche essere eliminato, potresti dire “immaginarlo” perché quel “-lo” si riferisce all’“altro” che hai detto poche parole prima. (-0,25)
“Smuovi i fili della mia essenza, pizzica le corde del mio cuore.”
Questo verbo dovrebbe essere “pizzichi”, credo (nel senso che mi sembra un errore di battitura). Oppure mi sfiora il dubbio che sia un imperativo e, se lo è, ti consiglio di inserire un punto esclamativo alla fine della frase, perché in questo modo è ambiguo. La questione è poco nitida perché “smuovi” è uguale sia all’indicativo che all’imperativo, per cui non c’è un altro elemento nella frase, oltre a “pizzica/pizzichi” che possa discriminare che tipo di frase hai utilizzato. (-0,2)
Non ho altre cose da dirti, a livello di stile. Mi è sembrato adatto perché piuttosto complesso a livello lessicale, sicuramente molto rispettoso e maturo. È più o meno l’idea che mi sono fatta della marionetta, profondamente devota al papà Raltique prima e al bambino successivamente. Credo quindi che avrei potuto trovare da dire solamente nel caso in cui avessi narrato la cosa in modo diverso. Quindi, bene.
Caratterizzazione scena e/o personaggi: 8,5/10.
Mi è piaciuta molto la personalità della marionetta, perché sembra “d’altri tempi” ed effettivamente è proprio così che penso alle marionette. Adesso non vanno più di moda, ci sono le Barbie in plasticaccia e i fili e il legno passano per retrò. Per cui anche il rispetto e l’educazione – come ti ho accennato parlandoti di stile – sono molto adatti a ciò che hai raccontato.
Anche il signor Raltique è molto ben caratterizzato, perché attraverso gli occhi della sua creazione si vede l’amore per ciò che fa, l’invecchiamento graduale, l’impegno e l’indubbia bontà d’animo. Trovo molto appropriato che, sebbene con deferenza, la marionetta lo chiami spesso “papà”. Non lo fa sempre, a volte lo chiama addirittura “signor” ed è come se fosse indecisa tra l’affetto e il rispetto. La trovo una cosa molto bella. Ed è bello anche come il tono cambi quando arriva il nuovo umano: la marionetta – a questo punto possiamo chiamarla anche Antoinette – cambia radicalmente il tono della narrazione: diventa quasi materna nei confronti di Pierre, e al tempo stesso nutre per lui un amore simile a quello che nutriva per papà Raltique. È molto bella questa sfumatura, molto ben fatta.
L’unico difetto che posso trovarti è la mancata abbondanza di dettagli, che mi ha portata, inizialmente, a non capire il cambio di “padrone”. Credevo dapprima che il signor Raltique fosse tornato a riprendersi la marionetta, invece poi ho capito che si trattava di un nuovo essere umano. Questo passaggio manca, ed effettivamente manca perché la marionetta è rimasta chiusa nella scatola per molto tempo. Non mi sento di consigliarti di inframezzare le due parti della storia con un narratore esterno, magari in corsivo, perché si perderebbe il senso di smarrimento della marionetta, che trasmetti a noi soltanto in questo modo. Però forse potresti aggiungere qualche particolare prettamente fisico che faccia capire da subito che quello che apre la scatola non è il signor Raltique, ma suo... nipote? Ecco, magari aggiungi nella prima parte qualche riferimento alla sua famiglia, perché io avevo candidamente pensato che fosse solo soletto, con il suo lavoro – e quindi la marionetta, tra le altre cose – come unica famiglia. Probabilmente, ciò che svia è il fatto che la narrazione sia sempre dalla marionetta ai suoi proprietari – ed è effettivamente bella così, ma fai attenzione a come la gestisci, perché altrimenti rischia di diventare anche un buco stilistico.
Gradimento personale: 5/5.
L’atmosfera di questa storia è davvero bella, mi è piaciuta l’impostazione dall’inizio alla fine (a parte quel piccolo inconveniente di cui sopra, che però non ha molta importanza in questo): la sfumatura francese mi ricorda un po’ La Bella e la Bestia, con il papà di Belle che fa l’inventore e – chissà – magari ha avuto un’esperienza simile. Me lo ha ricordato fin da subito, e forse è per questo che ho tanto apprezzato la storia, perché ci ho visto qualcosa di simile a uno dei miei più importanti pezzi d’infanzia. E, se ci aggiungi anche il parallelismo con Pinocchio e Geppetto, la me bambina si esalta davvero moltissimo, perché il clima ricreato è qualcosa di dolce molto, molto nostalgico.
Ma, oltre a questo, è stato interessante vedere il denominatore comune di diversi tipi di amore – che, fondamentalmente, è proprio l’amore stesso. L’amore puro papà Raltique e quello per Pierre. È diverso, perché diversa è la gratitudine per il proprio creatore da quella per chi l’ha tirata fuori dalla polvere e dall’oscurità, ma Antoinette è capace di amare profondamente e senza freni. Non se ne vergogna, è molto bello e commovente. Ed è il motivo principale per cui questa breve one shot mi ha così tanto colpita, quindi ti faccio i miei complimenti più sinceri.
Eventuale bonus per le recensioni: 0,4/1.
Totale: 27,55/31. |