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Autore: mizuki95    24/03/2012    4 recensioni
Piccola one-shot su Takahiro. Dopo essersi caricato sulle spalle la responsabilità di Misaki, la vita non è certo facile per un ragazzo come lui. Ma troverà in un piccolo kit per cucire la volontà di proseguire nella direzione che ha intrapreso.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Akihiko Usami, Misaki Takahashi, Takahiro Takahashi
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Vi ho già salutato con tutti i miei saluti da repertorio, da “Uellà!” ad “Ehilà!” e da “Buon giorno” a “’Sera!”…fate conto che vi ho salutati e fatemi mettere il cuore in pace su questo argomento! Allora, parliamo della one-shot (di che altro, che cerco padroni\e affidabili\e e della Sicilia per i quattro cuccioli della mia gatta?)! Il titolo sembra sgrammaticato, ma in realtà non lo è. Cioè, grammaticalmente non si dice così, ma mi piace perché è anche il titolo di una doujinshi GermaniaxItalia (Hetalia) che mi è piaciuta molto, e poi sta a pennello con la trama oltre a suonarmi bene, quindi non fatemi critiche o polemiche, che tanto non siete prof! e.e Devo ammetterlo, e questa non è la prima volta, l’idea è tratta da uno dei sequel di “Lui vorrebbe dimenticare”, che rammendo sto pubblicando su Yami no Hikari, ed i sequel già pubblicati sono “Destiny” e “Mizuki is awake and alive” qui su EFP, oltre altre due sequel di cui sto scrivendo ancora l’inizio della prima. Nell’idea originale il pupazzo non è un orso ma un pupazzo di pezza con le sembianze di Misaki, che è colui che lo cuce, e lo regala a Takahiro per fargli forza agli esami di fine liceo. Nella fan fiction quel pupazzo diventerà il vero aspetto di Mizuki, oltre ai vari aspetti psicologici che caratterizzeranno questo suo aspetto (chi ha letto e\o sta tuttora leggendo la fan fiction sa di cosa parlo). Il pupazzo della versione originale venne “accidentalmente” dato in pasto da Shino ad un cane del quartiere che lo rovinò completamente, facendo piangere il bambino che assisté alla scena, ma in questa one-shot finisce nei meandri dello scantinato o un luogo simile della casa di Takahiro dopo aver fatto compagnia al bambino per chissà quanto tempo, per cui credo di essere stato abbastanza clemente. Per il finale sinceramente non sapevo che scriverci, volevo far parlare del senso di colpa di Misaki ma così mi sembrava di scostarmi un po’ dalla trama principale della one-shot, finalizzata nel raccontare questa storia e nient’altro. Per la battuta sugli orsacchiotti, invece, devo ringraziare Temari (che trovate su EFP, volate a leggere le sue storie e.e) e le sue one-shot stupende, tra cui quelle degli orsacchiotti viventi capitanati da “Suzuki-sama”! x°°D Ora bando alle ciance e vi lascio alla storia, se volete oltre a leggere potete pure recensire, ma se non volete fare quest’ultima cosa vi rammendo che ho una gatta in maternità con quattro cuccioli, e non esiterò ad usarli contro di voi! e.e
 
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Era colpa mia, solo mia.

Durante il funerale dei miei genitori, ci fu il problema di chi avrebbe dovuto farci da tutore. Ma per colpa del mio egoismo e della paura di separarmi dal mio unico fratello, intrapresi una lotta con i miei parenti affinché lo affidassero a me, che ero appena diventato maggiorenne.

Non avevo mai dubitato della morale dei miei parenti o altro, semplicemente volevo prendermi io cura di Misaki. Anche a costo di spaccarmi la schiena, saremmo rimasti insieme. Era quello che pensai in quel momento, ma ovviamente non fu tutto rose e fiori.

Anzi, l’inizio fu uno dei più pessimi. Ma non starò qui a raccontare i tantissimi problemi che ho dovuto affrontare, ma di un episodio in particolare.

Erano passati diversi pochi mesi dalla morte dei nostri genitori, e la nostra vita aveva intrapreso una nuova strada. Per esempio, il mio fratellino imparò a cucinare per essermi d’aiuto, guardando programmi di cucina in televisione o leggendo delle riviste di cucina dalla sconosciuta provenienza. Inoltre, mentre io lavoravo praticamente tutta la giornata e a momenti anche oltre, Misaki manteneva puliva la casa, anche se ovviamente qualche pasticcio lo combinava, ma non lo rimproverai mai.

Era già fin troppo quello che faceva per me, per l’incosciente fratello maggiore che aveva deciso di tenerlo con sé. Più volte mi capitò di pensare che forse a Misaki sarebbe piaciuto avere degli altri familiari con cui parlare invece di essere lasciato solo per quasi tutto il giorno, che gli sarebbe piaciuto avere una paghetta consistente, cosa che non potevo permettermi, o spese extra tipo giocattoli nuovi, tutte cose che non potevo certamente dargli.

Un giorno, di ritorno dal lavoro, però, mi capitò di passare davanti ad un negozio di giocattoli, e mi saltò agli occhi il kit per cucire un orsacchiotto di peluche,  e costava pure poco. Lo presi dopo un’iniziale esitazione, derivante soprattutto dal fatto che non avevo quasi mai del tempo libero, e tornai a casa con il piccolo regalo nella borsa.

Quando entrai nell’appartamento la prima cosa che mi colpì fu un forte odore di bruciato, che mi fece preoccupare non poco. Ma in cucina trovai tutto misteriosamente a posto e pulito, insieme al mio fratellino, che sorridendo stava posando il cibo in tavola, e non ci pensai.

Scoprii portando fuori un sacco della spazzatura un piccolo ammasso di roba sia sciolta che carbonizzata allo stesso tempo ben nascosto tra gli altri sacchetti di spazzatura. Mi fu difficile riconoscere la maggior parte dei componenti di quell’ammasso grigio-nero, ma mi resi conto che all’arrivo del prossimo stipendio avrei dovuto comprare dei cucchiai nuovi.

Iniziai a costruire il mio regalo per Misaki due giorni dopo l’aver comprato il kit, ma si rivelò un’impresa piuttosto difficile. Sia perché ero negato con ago e filo (uno dei motivi per cui esitavo a fare quella spesa, ma pensavo che la forza di volontà avrebbe fatto il suo lavoro), sia perché nei pochi momenti in cui potevo dedicarmici  ero stanchissimo.

 Il rimanere alzato fino a tardi per quel lavoretto dall’altra parte mi rivelò un segreto di cui ero all’oscuro. Infatti durante una delle mie pause, dedicate per lo più al caffè che ad un breve riposo vero e proprio, sentii degli strani suoni provenire dalla stanza del mio fratellino.

Incuriosito mi diressi nella sua stanza e aprendo lentamente la porta per non rischiare di svegliarlo, scoprii che quei suoni erano in realtà la voce di Misaki, che parlava nel sonno.

 Sì, da piccolo parlava spesso nel sonno, non te l’ha mai detto? Ma torniamo a quello che successe. Ebbene, Misaki non stava facendo un gran discorso, semplicemente continuava a scusarsi. Ripeteva “Mi dispiace, mi dispiace” e piangeva.

 Fu un vero colpo per me, che mi spiazzò completamente. Misaki in mia presenza sorrideva sempre e in un certo senso si prendeva cura di me, e questo mi aveva fatto dimenticare la cosa più importante: era solo un bambino. Un bambino di otto anni, improvvisamente orfano, di cui peraltro si credeva ingiustamente la causa. E quest’ultimo pensiero non gli dava pace, torturandolo pure nel sonno.

 Facendo attenzione a non fare rumore, mi avvicinai al letto e mi si inginocchiai davanti, accarezzando la fronte del povero bambino che non riusciva nemmeno a fare dei sogni tranquilli. Era tutto quello che potevo fare per il mio fratellino, che lentamente smise di piangere.
Ma continuava a scusarsi.

Purtroppo fui costretto ad allontanarmi quando la caffettiera emise un lunghissimo e fin troppo rumoroso per quel momento fischio, e non uscii dalla stanza prima di rivolgere un ultimo sguardo al piccolo addormentato.

Dopo essermi versato il caffè nella tazza, mentre vi soffiavo sopra per raffreddarne il contenuto, mi feci molto più deciso della mia decisione rispetto a quanto ne fossi prima, e mi misi al lavoro subito dopo aver consumato la bevanda.

Non arrivai a finire l’animaletto di peluche in quella serata, ma entro la settimana lo finii.

Non sai quanto ne fui felice! A quel punto aspettavo solo di consegnare il regalo a Misaki, ma non sapevo quale fosse l’occasione giusta.

Farglielo trovare seduto nella sua sedia, la mattina? No, lui si svegliava prima di me per preparare la colazione, anche con tutta la mia forza di volontà non sarei mai riuscito ad alzarmi prima di lui, stremato dal lavoro e dalla creazione dell’orsacchiotto, che mi aveva tolto più energie del solito.

 Metterglielo nello zaino? Se lo faceva sempre la sera prima, e poi se lo avesse perso fuori casa ne sarebbe sicuramente stato scontento.
 Darglielo direttamente, allora? No, volevo che fosse una cosa speciale.

Ma come potevo fare? L’illuminazione mi venne sempre di sera, mentre mi facevo la doccia prima di andare a dormire.

Sotto il caldo getto dell’acqua mi tornò in mente la visione del mio fratellino nel suo letto, e di come apparisse così indifeso in quel momento. Se solo qualcuno gli fosse stato vicino come non potevo sempre fare io…

Quella sera, appena mi accertai che si fosse addormentato, gli misi tra le braccia il piccolo orsacchiotto bruno che avevo cucito per lui, e dandogli la buona notte me ne andai a letto pure io.



 «E come finì?» domandò Usagi-san, ormai preso dal racconto «Misaki capì subito che glielo avevo fatto io, e la mattina successiva mi ringraziò tantissime volte. Ora che ci penso, l’orsacchiotto dovrebbe essere da qualche parte in casa mia, ricordo di averlo preso con me. Misaki, lo rivorresti?»

 «Grazie ma no, Nii-chan!» sbottò il bruno, già reso imbarazzatissimo dal racconto della sua infanzia, ma ancora di più per via del fatto che l’accaduto era stato raccontato ad Usagi-san «Ho ventun’anni, e poi in questa casa ci sono abbastanza orsacchiotti! Un altro e avrò davanti tutti gli abitanti del pianeta degli orsacchiotti!»

 «Io lo vorrei vedere» lo controbatté Usagi-san fissando insistentemente Takahiro, che sorrideva innocente mentre Misaki gridò «Tu non fai testo!»

«Su, su! Se lo trovo ve lo faccio vedere, va bene?».

Misaki, capendo che qualsiasi sforzo sarebbe stato vano e che suo fratello era irremovibile, sospirò sonoramente, mentre i due uomini si stringevano la mano destra in segno di alleanza.

Quando il moro se ne andò, un’oretta dopo, il primo pensiero del ventunenne fu rivolto al coinquilino, che abbracciandolo da dietro, gli chiese «Cos’hai contro i miei orsi di peluche? Sei stato scortese con loro, lo sai?»

«Sono troppi, ecco cosa! Scortese un corno, dopo che li pulisco, li riordino, gli cambio il fiocco e li salvo dal disordine in cui usi metterli ogni santo giorno, mi dovrebbero ringraziare!» ribatté il più piccolo dimenandosi, non sapendo di aver scatenato pensieri alquanti strani nella mente dello scrittore.

 «Andiamo a chiederglielo, allora. Ti meriti i loro ringraziamenti»

 «Eh?! Usagi-san, parli sul serio?!»

 «Mai stato più serio. Partiamo da quelli che si trovano nella mia stanza da letto» e caricatoselo su una spalla, nonostante l’altro si lamentasse e scalciasse, lo condusse nella propria stanza.

 Da cui, se gli orsacchiotti di peluche fossero esseri viventi, ne sarebbero usciti traumatizzati, dopo lo “spettacolo” offertogli dal loro padrone, che d’altra parte, il giorno dopo si dimenticò di reclamare le loro scuse.

THE END

  
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