PAIRING/SHIP: Shinichi/Heiji
- Heiji/Conan
Genere:
Fluff, introspettivo
Winter Days
Quello
era un inverno decisamente rigido per l’intero
Sol Levante e il termometro segnava sette-otto gradi al di sotto della
media
stagionale in tutta l’isola. Per chiunque uscire di casa stava
diventando una
vera e propria sfida ma, i temerari certo non mancavano e fra questi vi
era un
giovane ragazzo dalla carnagione olivastra poco più che
diciassettenne.
A lui quella sfida piaceva molto.
Nemmeno la grande morsa del freddo e il blocco temporaneo dei mezzi su
rotaia,
avevano persuaso il giovane detective del Kansai nel raggiungere la sua
destinazione finale: Tokyo – Casa del Detective Mouri.
In verità, a lui non interessava minimamente incontrare quel vecchio
“zio”
ubriacone ossessionato dalle belle donne né, tanto meno, quella
perbenista di
sua figlia. Lui desiderava solamente rivedere quel bambino
saputello
grande come un soldo di cacio che ne sapeva sempre una più del diavolo.
Se era salito sul primo treno diretto a Tokyo nonostante quella
tormenta che
aveva trasformato il viaggio in una maratona di sette ore, ed era
riuscito a
resistere alle ripetute avance di Kazuha senza fiatare; tutto questo lo
aveva
fatto solamente per lui.
E quando, finalmente, rivide il suo piccolo volto e quegli occhioni blu
protetti da quei grandi occhiali da detective, gli si strinse
immediatamente il
cuore in un’intensa emozione che faticava a spiegare a se stesso e,
involontariamente, rapito da quella sensazione, lo fissò a lungo
ridisegnando
con la mente i lineamenti di quel bambino fino ad ammagliarsi alla
vista delle
sue piccole labbra.
Avrebbe voluto poterlo salutare in un modo del tutto differente da
quello
educato e composto che si ritrovava a dover fare ma, sapeva bene che
quello non
era il luogo adatto.
Il piccolo Conan, con la
scusa di
mostrare a Heiji un nuovo videogioco, lo trascinò nella sua cameretta
al riparo
da occhi indiscreti, mentre, nel frattempo Ran e Kazuha iniziarono a
chiacchierare
del più e del meno come accadeva il più delle volte che i due liceali
di Osaka
venivano in visita a Tokyo. Una routine piuttosto comune fra amici che
non si
vedono da tempo, senza doppi fini, almeno apparenti perché quegli
incontri per
Conan ed Heiji celavano da sempre un segreto inviolabile che mai
nessuno
avrebbe compreso appieno.
«Ran nee-chan! – esclamò a
voce alta
il piccolo Conan sbucando all’improvviso nel salotto. – Vado al parco.»
aggiunse poi, infilandosi il cappotto marrone con la pesante
imbottitura
invernale.
«No, Conan! Con questo tempo ti conviene restartene buono in casa,
altrimenti
domani avrai una polmonite!»
«Ma io volevo giocare con la neve!» – si lamentò il piccolo.
«Ma non— » tentò di rincarare la dose la ragazza che però venne
prontamente
battuta sul tempo da Heiji.
«Ah… Non preoccuparti! Che male c’è a giocare con la neve nel parco?»
«Heiji, sei impazzito? Hai visto che vento c’è lì fuori?» s’intromise
Kazuha in
difesa della sua amica.
«Non ci dovrebbero essere problemi se si copre per bene e se lo
accompagno io,
no?»
«Lo faresti davvero?» domandò sorpresa Ran.
«Certo. Questa peste ha bisogno di sfogarsi un po’ all’aperto,
altrimenti, con
tutti i videogiochi che ha, passerà l’intero inverno chiuso in quella
stanza!»
affermò con convinzione il giovane di Osaka, affrettandosi verso
l’uscio
assieme a Conan.
«Ok, ma mi raccomando rincasate presto e soprattutto non scoprirti,
intesi?» acconsentì
lei, rivolgendosi in particolar modo al suo piccolo “fratellino”
acquisito
mentre gli sistemò la sciarpa.
«Andiamo Heiji nii-chan!»
E così i due, senza aggiungere altro, uscirono subito di casa, ignari
di essere
sorvegliati dagli attenti sguardi delle due ragazze che gli osservavano
dall’ampia finestra del soggiorno sino a quando non sparirono dietro
l’angolo.
«Quel bambino non dovrebbe
giocare
più spesso con i bambini della sua età? Sembra voglia disperatamente
crescere
più in fretta dei suoi coetanei.» affermò Kazuha suscitando la reazione
sperata
nell’amica, e così, in breve, anche quello divenne un brillante
argomento di
conversazione.
«Lo so. Nonostante sia molto acuto e gli piaccia leggere libri
polizieschi,
credo sarebbe meglio cercare di coinvolgerlo meno nell’attività
lavorativa di
mio padre. Comunque, sembra piacergli molto la compagnia di Heji.»
«Quello è perché Heiji è ancora un bambino!» sentenziò Kazuha.
«Tu credi?»
«Ogni volta che Conan chiama Heiji per un videogioco, lui d’improvviso
è sempre
di buon umore e non desidera altro che incontrarlo per giocare una
partita
insieme. Ti sembra il comportamento che dovrebbe avere un detective
liceale?»
esternò Kazuha alzando un sopracciglio, quasi a voler sottolineare la
singolarità del comportamento di Heji.
«Hai ragione, è alquanto bizzarro. Forse, però, è soltanto per
alleggerire la
tensione del momento. Heiji è molto giovane, ha risolto un sacco di
casi
d’omicidio e collabora con la polizia di quartiere il cui capo è suo
padre.
Forse, anche lui è cresciuto troppo in fretta…» rispose Ran, cercando
di
inquadrare al meglio il ragazzo dell’amica.
«O forse ha sempre desiderato avere un fratellino da accudire. In
questo
periodo sono certa solo di una cosa: Conan riceve molte più attenzione
da Heiji
di quante non ne riceva io.» ammise sconsolata sedendosi sul divano.
Camminavano l’uno accanto
all’altra,
in quella fredda giornata invernale avvolti da un paesaggio quasi surreale, luminoso, ovattato e
completamente candido. Quella neve, che cadeva a fiocchi regolari e
lenti,
sembrava avesse il potere di fermare il tempo e il fragore cittadino.
Le vie
interne della periferia erano pressoché deserte e l’unico rumore che si
poteva
udire in lontananza era quello della metropolitana di superficie. Per
qualche
istante, ci si poteva scordare di trovarsi a Tokyo, quello scenario
infatti,
era tipico dei piccoli paesi situati nelle zone montane e certo si
scostava non
poco da quello caotico e frenetico tipico delle città.
In quel momento gli occhi di Heiji riuscivano a vedere solo quel
piccolo
bambino di dieci anni che gli era accanto, il resto era del tutto
vanescente e
quasi insignificante se paragonato alla lucentezza e al calore che quel
bambino
emanava. Lui era il suo mondo. Lui era il suo migliore amico nonché il
suo
rivale di sempre. Lui era il suo amante.
Già, era davvero così.
Heiji amava quel bambino o meglio, amava il segreto che quel bambino
nascondeva.
Avrebbe voluto poter gridare al mondo intero i suoi sentimenti per quel
ragazzo,
ma se si fosse solo azzardato a farlo, sarebbe stato scambiato per un
maniaco
pervertito, per un vero e proprio pedofilo. E questo lui non lo era.
Ma come poteva spiegare al mondo che in realtà quel bambino era un
diciassettenne come lui? E che, per un malaugurato esperimento di una
losca
organizzazione in nero si era drasticamente rimpicciolito in un bambino
di
dieci anni?
No, non poteva.
Era una storia del tutto surreale persino per lui, nonostante fosse la
verità.
I pensieri di Heiji si facevano sempre più intensi e complicati mentre
continuava a camminare lungo il viale innevato in perfetto silenzio.
Per quei
due giovani ragazzi quel silenzio era quasi rassicurante. A
loro non
erano mai servite tante parole, anzi, spesso deducevano i pensieri
dell’altro
solo studiandone i movimenti del corpo.
«Che cos'è che ti sta
tanto
divertendo, Hattori?»
«Riflettevo sul fatto che non mi dispiace essere chiamato "Heiji nii-chan" – ammise
abbozzando un sorriso – Quando sei un piccolo bambino riesci ad essere
davvero
molto dolce.» aggiunse poi, scatenando una più che voluta reazione di
imbarazzo
nel ragazzo che gli stava accanto.
«V-Vorresti dire che solitamente mi comporto in modo rozzo e
maleducato?»
replicò l’altro, accennando un tono offeso.
«Oh no, solo in modo saccente e vagamente presuntuoso!» scherzò Heiji.
«Guarda che questa me la lego al dito, caro il mio detective dell’est!»
«Non dirmi che ti sei offeso Kudo?»
«Certo! – replicò serafico il piccolo per poi correre all’interno del
parco
innevato senza aspettare l’altro. – Heiji nii-chan!»
lo chiamò a gran voce e cogliendolo di sorpresa gli
sferrò una fredda palla di neve sul volto.
«Ah, è così che la mettiamo marmocchio?!»
«Non sono un marmocchio, Heiji!»
«Non si direbbe. Sai, ora la mia vendetta sarà tremenda!» affermò
accucciandosi
e infilando i guanti nella neve per creare a sua volta, una bella palla
di neve
la lanciargli contro.
«Allora che la guerra abbia inizio!» decretò Conan sfidandolo con lo
sguardo.
E fu così che in breve i due cominciarono a sfidarsi a suon di palle di
neve.
Una lotta serrata ed equilibrata. Due sguardi a confronto costante che
proprio
non ne volevano sapere di guardare altrove. E più i minuti
trascorrevano più
loro continuavano imperterriti a rincorrersi e a nascondersi in quel
parco del
tutto deserto. Nei dintorni, si udivano solo le loro gioiose e limpide
voci che
diffondevano un’inconsueta ma piacevole sensazione di
calore. A
vederli così, sembravano divertirsi un mondo e per chi non li
conosceva,
potevano essere tranquillamente scambiati per due teneri fratelli, ma
la verità
era un’altra e solo loro la conoscevano.
Accaldati e affaticati si
accasciarono sulla panchina a loro più vicina.
«Non te la cavi male Heiji!»
«Nemmeno tu Shinichi!»
«Che ne dici se facciamo una piccola pausa?»
«Sei già stanco?!» replicò provocatorio il detective del Kansai.
«Sono solo accaldato. Ho ancora un sacco di energie!»
«Oh, quelle non mancano nemmeno a me! Però, per questa volta,
acconsento ad un
breve time-out.»
Inspirarono a fondo cercando di ristabilire la loro naturale
respirazione e per
qualche minuto tornò la più totale quiete.
Gli occhi di Conan si voltarono ancora una volta per rintracciare il
profilo di
Heiji per poi perdersi nella sua splendida immagine.
Ai suoi occhi, Heiji era incredibilmente provocante qualsiasi cosa lui
facesse.
Anche lo stargli semplicemente accanto, come in quel momento, lo
stordiva.
Era come se quel ragazzo lo richiamasse costantemente a se senza
neppure
muovere un dito. E questo, per il piccolo Conan stava diventando un
serio
problema, gli ormoni del suo amante gli stavano facendo perdere il suo
proverbiale autocontrollo e per una persona orgogliosa e razionale come
Shinichi era davvero un grosso problema. Ma prima che potesse trovare
una
soluzione fattibile per reprimere certi suoi istinti, si ritrovò perso
nello
scorgere le piccole gocce di neve che scivolavano su quel bronzeo volto
dagli
occhi verdi.
«Shinichi…» lo chiamò l’altro, in un flebile sussurro, allarmandolo e,
preso
alla sprovvista, lo vide protrarsi pericolosamente verso di se
sfiorando le
proprie labbra.
Un lieve sfioramento di labbra appena accennato, dolce e gentile. Un
contatto
tanto semplice quanto agognato, si trasformò presto in un bacio
appassionato e
caldo che lì unì per lungo tempo, sino a quando le labbra di Heiji si
separarono da quelle piccole e saporite di Conan.
Un respiro affannato e voglioso si diffondeva nell’aria e nelle
orecchie di
quel bambino che stava quasi per lasciarsi andare, ma all'ultimo, la
sua
razionalità bussò nella sua testa destandolo da quell'incantesimo e
riportandolo immediatamente alla realtà.
«Heiji! Sei impazzito? Siamo in un luogo pubblico!» gracchiò con voce
bambinesca il piccolo, allontanandolo in malo modo per poi subirsi in
tutta
risposta, uno sguardo di sufficienza vagamente seccato. E proprio
in quel
momento, attraversò il parco un anziano signore che portava a spasso il
suo
cane.
«Vuoi vedere che quel signore ha visto quello che abbiamo fatto?!»
rabbrividì
al solo pensiero.
«Tu ti preoccupi troppo, Shinichi! – lo ammonì l’altro – Quel nonnino
non ha
visto proprio nulla!»
«E come puoi esserne certo, di grazia?»
«Semplice: se così non fosse come minimo mi avrebbe già preso per le
orecchie e
denunciato alla polizia! – esortò per nulla impensierito.
– Inoltre,
vorrei sottolineare che quando ti ho baciato non c’era nessuno. E poi,
anche
volendo, quante probabilità ci sono che quel nonnino abbia potuto
vedere
nitidamente quello che io te stavamo facendo da una distanza di 100
metri? Avrà
si e no ottant'anni buoni.»
«E cosa ne sai tu! Magari quel vecchietto ha la vista più acuta di
un’aquila!»
Heiji lo guardò sbieco.
«Parli seriamente?»
«Te l’ho già detto Heiji: non dobbiamo per nessun motivo farci
scoprire!»
«Come se non lo sapessi. – sbuffò infastidito. – Sembra quasi che per
te sia
molto semplice mettere a tacere i tuoi sentimenti.»
«Heiji…»
Conan lo studiò affondo, non volendo perdersi nemmeno una sua
espressione. Lo amava. Amava Heiji più di ogni altra cosa ma allo
stesso tempo,
riusciva a mantenere una lucidità tale da non permettergli di svelare
quello
che provava. Quella era sempre stata la vera forza di Shinichi
Kudo.
«Sono consapevole che quanto condividiamo nella nostra intimità debba
rimanere
segreto. E’ solo… E’ solo che vorrei poterti amare anche alla luce del
giorno
come fanno tutti gli innamorati.» si lasciò andare in un momento di
sconforto.
“Tipico di Heiji” – pensò fra se e se Conan. Lui riusciva ad essere
sempre
schietto e diretto con i propri sentimenti. Riusciva a dire le cose più
complicate e anche quelle più imbarazzanti con la semplicità di un
bambino. E
ogni volta che lo faceva scatenava l’anima di Shinichi intrappolata
nella sue
stesse regole. Anche Shinichi, avrebbe desiderato potersi esprimere
così
liberamente ma a differenza sua, lui era estremamente introverso quando
si
trattava di dar voce al suo cuore.
Lo ammirava per questo. Lo aveva sempre ammirato.
La mente di Kudo continuava a perdersi, investigando nei meandri
nascosti
dell’altro e, solo dopo alcuni minuti, si rese conto che il volto
dell’altro si
era fatto triste mentre i suoi occhi, senza desiderarlo, erano
diventati
lucidi.
Quell’espressione tanto malinconica sul volto del giovane Hattori
rattristava
enormemente il suo amante, conscio che quella sua affermazione di poco
prima
corrispondesse alla pura verità.
«Lo vorrei anch’io. – ammise il piccolo bambino. – Eccome, se lo
desidererei. –
si lasciò andare ad un flebile sorriso immaginandosi quel momento di
beatitudine – Purtroppo pero, in questo momento non ci è concesso. –
sospirò
amareggiato. – Sono anche a corto dell’antidoto di Haibara per L’APTX.»
sospirò
ancora.
Kudo detestava quel suo piccolo corpo.
Detestava quel senso d’impotenza che quel corpo gli imponeva.
E il non avere a portata di mano nessun tipo di antidoto significava
non poter
ritornare, anche solo per qualche ora, l’adulto diciassettenne che in
realtà
era. E in quelle condizioni, non poteva nemmeno comportarsi da
innamorato. Non
poteva andare in un “Love Hotel” e fare l’amore con Heiji fin
quando
l’effetto dell’antidoto non svaniva. Non poteva nemmeno baciarlo. Tutto
questo
per lui, per loro, era una vera tortura.
«Shinichi, non ti chiedo nulla in questa giornata, permettimi solo di
rimanerti
vicino come adesso, ancora per un po’. – riprese fiato. – Mi sei
mancato dopo
tutto.»
Il bambino sorrise ed acconsentì con un piccolo gesto del capo mentre
Heiji gli
si accoccolava ancor più vicino percependo il suo calore.
Restarono così, delicatamente abbracciati, per minuti interminabili
sotto
quella leggera neve che continuava a scendere senza sosta, mentre i
loro
respiri si sovrastavano l’un l’altro.
L’imbrunire ormai avanzava a passo spedito e per i due amanti era
giunto il
momento di ritornare a casa. Quelle brevi ma intense ore li avevano
ritemprati
nello spirito e tutto sommato, seppur non erano andati oltre a dei
semplici
abbracci, si sentivano ugualmente appagati nell’aver potuto trascorrere
quegli
attimi d’infinito amore insieme.
Camminavano fianco a fianco, verso la via del ritorno ammagliandosi
nello
scorgere quel candido paesaggio innevato che ricopriva Tokyo.
Le brillanti luci natalizie che ridisegnavano il contorno di quegli
alberi
spogli, le vetrine dei negozi addobbate di colori natalizi, quel cielo
ovattato
e luminoso anche senza la luce del sole. Heiji e Shinichi si sentivano
parte di
quel freddo paesaggio invernale.
«Finché sei piccolo posso trattarti come un bambino, vero Shinichi?»
domandò
incuriosendo Conan che in quel momento si sentì prendere in braccio di
peso e
caricato sulle spalle di quello che appariva essere il più grande fra i
due.
«Ma che fai Heiji! Mettimi giù!» urlò dimenandosi.
«E perché dovrei? – sorrise gentilmente. – Sei un bambino, no? Posso
portarti
in braccio in questo modo senza dare nell’occhio!»
Stupito da quell’affermazione, gli occhi del bambino divennero più
grandi
mostrando all’altro la reazione che tanto sperava.
Heiji si sentì ancor più felice e manifestava quella sua gioia
camminando e
canticchiando allegramente per le vie cittadine, dimostrandosi quasi un
padre
affettuoso verso quel piccolo finto bambino di dieci
anni.
Lo torturava con quelle sue cantilene strampalate.
Lo torturava con quella sua voce suadente.
Lo torturava sorreggendolo con le sue mani, donandogli un confortante
calore.
Con quei suoi piccoli gesti lo stava annientando.
Shinichi si sentiva sempre più spesso sopraffatto da Heiji, soprattutto
quando
era in quella forma bambinesca.
«Sono felice che tu ti stia divertendo, ma per favore mettimi giù!»
strillò con
un tono vagamente isterico il piccolo
sopra le sue spalle, suscitando in Heiji una sonora risata. Aveva capito
benissimo che l’imbarazzo di Kudo era arrivato alle stelle e questo
rendeva il
tutto molto più divertente di quanto non potesse essere. E così, dopo
l’ennesima supplica, Heiji decise finalmente di riportarlo con i piedi
per
terra.
Le gote di Conan erano imporporate di un bel rosso vivo e il suo
imbarazzo era
davvero palpabile. Heiji sorrise divertito da quella rara visione che
gli si
mostrava davanti a sé.
«Sei davvero buffo! – gli sfiorò la guancia destra. – Saresti da
mangiare a
morsi!»
«Heiji!» lo rimproverò l'altro.
«E’ la verità, mio piccolo bocconcino d’ambrosia!» gli sussurrò con
quella sua
voce calda e sensuale che lo ammagliava ogni volta.
«Sei sempre il solito maniaco!» si finse irritato il piccolo Conan e
cercando
di dar ancora più veridicità alle sue parole, assunse la sua
inconfondibile
posizione a braccia conserte.
«Non credo di essere l’unico.» lo rimboccò l’altro continuando a
camminare.
E proprio in quel momento, come un temporale estivo del tutto
inaspettato,
Conan gli andò incontro e gli prese la grande mano affusolata e bronzea
e la
strinse con la propria, facendo sussultare di gioia il suo amante che
lo guardò
perplesso.
«Siamo due maniaci! – esordì – Ti amo Heiji.» aggiunse poi,
in un
flebile sussurro poco percettibile che però non sfuggì ad Heiji.
Una semplice frase che racchiudeva una moltitudine di sentimenti e di
emozioni.
Una semplice frase tanto banale quanto scontata che però non era mai
espressa a
sufficienza.
Una semplice frase riuscì a smarrire
il cuore fragile di Heiji.
Era così raro che Shinichi esprimesse quei sentimenti che non poté fare
a meno
di commuoversi.
Lo amava.
Amava quel piccolo bambino che giocava al detective.
Amava la genialità di Kudo Shinichi.
Amava Shinichi indipendentemente da tutto e per poter restare al suo
fianco
avrebbe affrontato qualunque ostacolo e qualunque dolore. Era stato
totalmente
travolto da quel ragazzo. E Shinichi, dal canto suo, avrebbe protetto e
sorretto Heiji amandolo con tutto se stesso; perché anche lui, era
stato
travolto da quel vortice d'incredibile forza chiamato “amore”.
Il loro era un amore tormentato da mille dubbi e perplessità e il
futuro che
spesso si mostrava dinnanzi era tutt’altro che roseo. Nessuno avrebbe
realmente
accettato quella relazione, e così, si ritrovavano a vivere un amore
galeotto
avvolti da un mare di bugie.
Le loro bugie, dette alle persone più care che
avevano.
Ma anche così, nonostante il dolore e i momenti tristi, sarebbero
andati avanti
credendo nella forza di quel meraviglioso legame.
Solamente Shinichi ed Heiji insieme. Proprio come in quel
momento
sospeso fra sogno e realtà, mentre passeggiavano teneramente stretti
per mano
sotto la fredda neve, in un romantico scorcio fra le pagine
dell’inverno.
© LADY
ROSIEL/Luna Azzurra