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Autore: Claire Piece    26/03/2012    6 recensioni
Nell’oscurità della mia camera non me ne ero accorta, ma erano di un colore diverso da quello che avevo visto ore prima.
Ora era un vero colore, naturale.
Erano iridi rosse.
Fui capace di non spaventarmene e improvvisamente capii che nel fondo del pozzo non ci avrei trovato elementi naturali comuni, ma ci avrei trovato del sangue.
Lo vidi spostarsi lento, parlò ancora vicino e mormorando “ Ti spaventano vero?”
“No…” bisbigliai “Li trovo orrendamente pieni di verità.”
Mi riaccostai per cercare un nuovo bacio ma lui sorridendo sghembo si allontanò appena e sussurrò “ In parte hai colto nel segno. Ma tu non puoi minimamente immaginare quante verità vedano.” Mi fissò per molto, serio.
I capelli corvini e la maglia altrettanto nera, fecero risaltare come una luce quel cremisi dei suoi occhi. Li vidi iniettarsi di sangue mentre mi guardava, sembrò volermi divorare, ma forse non è questa la sensazione più giusta per dire cosa provasse e cosa volesse realmente fare in quel momento Beyond .
Continuò a fissarmi e io non abbassai lo sguardo, non avrei mai perso nemmeno un attimo di quegli occhi.
Tornò poi a parlare piano e con sofferenza tentava di trattenere un impulso irrefrenabile che lo voleva spingere a fare qualcosa, ma non capivo bene cosa. Disse sotto voce solo poche parole prima di andarsene “Povera cappuccetto rosso è finita dritta, dritta nella bocca del lupo.”

Nella vita di una ragazza senza problemi, se non quelli della sua età, appare un'improvvisa ombra che oscurerà il sole che rendeva la sua vita serena e con una positiva monotonia.
L'apparizione di un misterioso personaggio le farà cambiare idea.
Salve a tutti.
Questa è diciamo una fan fiction sperimentale.
Vorrei divertirmi ad approfondire il personaggio di Beyond Birthday e ci proverò scrivendo questa storia.
Da subito ringrazio chi leggerà e spero sia di vostro gradimento.
Genere: Dark, Mistero, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Beyond Birthday, L, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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                                         Combinazioni

I giorni passavano svelti, arrivò la fine di giugno ed insieme anche l’epilogo dell’anno scolastico 2001/2002.
Nella mia scuola c’era quel fermento, quell’aria frizzante che preannuncia la fine di tutto.
Tutti non vedevano l’ora di scappare, oltrepassare l’uscita della scuola e dirigersi allo sballo più assoluto nell’albergo dove si sarebbe tenuto il ballo di fine anno. E magari come di consuetudine e tradizione, dopo aver sfoggiato il bel vestitino per il più bello o la più bella del liceo, ritrovarsi in spiaggia ubriachi senza capirci nulla e svegliarsi la mattina dopo, spettinati, stravolti e girandosi dall'altra parte trovarsi con quel tizio vicino che si credeva di conoscere.
Questa è una storia che si ripete come un rosario, ogni santissimo anno.
“Allora hai scelto il vestito per il ballo di fine anno?” Urlò la mamma mentre in bagno era intenta a tamponarsi i capelli con un asciugamano.
“No!” Urlai a mia volta in risposta dalla mia stanza, anche abbastanza innervosita.
Era da una settimana che la mamma tentava in ogni modo di portarmi in una boutique a comprare un abito che avrei indossato una o due volte massimo.
Mi alzai dal letto e socchiusi la porta della mia stanza, iniziava ad arrivare il disturbante rumore del phon.
Nel frattempo Jesse era seduta sulla cassapanca foderata. Quest’ultima è attaccata a tre finestre che formano un piccolo angolo raccolto sul lato sinistro della mia camera e che danno sulla strada.
Quello di solito è il mio posto preferito per leggere, ma lasciai a Jesse l’onore di sedercisi per studiare. Perché lei al contrario di me avrebbe dovuto dare gli esami per il diploma.
Venne comunque distratta dal breve scambio di domande e risposte urlate tra me e mia madre.
Alzò la testa dal libro di fisica e parlò “Questo tuo odio recondito per il ballo di fine anno proprio non lo capisco. Tu non sei normale Leo.”
Sbuffai sedendomi di nuovo sul letto e guardando il legno bianco della mia porta, mi voltai verso di lei e le risposi “Vedi Jesse, il problema non sta nella normalità o nella non normalità. Il problema sta nel fatto che io non odio i balli. Anzi mi piacciono, ma non questi balli. Tu ci vedi qualche forma di romanticismo nel voler accontentare il tipo che ti piace, vestendoti come un manichino d’alta moda e sperare che lui sia innamorato di te come lo sei tu di lui? Perché io non ce lo vedo tutto questo romanticismo. E’ appurato che il principe azzurro non esiste.”
“Ma come?! Una romantica incallita come te che parla in questa maniera cinica. Non puoi affermare di essere romantica allora. E poi io ci andrò al ballo. Mi sento un po’ offesa da quello che dici.” Disse Jesse con tono polemico seguito da un finto broncio.
“No, io non sto giudicando la tua scelta o quella di qualcun’altra nell’andare al ballo solo per divertirsi un po’, ognuno è libero di agire come crede. Ma io vedo molto di più, oltre tutte queste apparenze. Se vuoi una vera festa , dove sarai sicura al cento per cento che succederà qualcosa di romantico, leggiti questo e non ne sarai delusa.” Sostenni ridendo e mettendo davanti agli occhi di Jesse il libro di Romeo e Giulietta.
Jesse prese il libro e se lo girò tra le mani guardandolo.“Io questo lo definirei giocare sporco. Non sei tu a lottare per lui e ad essere la protagonista della storia, puoi solo immedesimarti in lei. Ma non sei tu quella che balla e parla con Romeo.”
“Anche questo dipende dai punti di vista e questo ti assicuro mi basta e avanza, per ora.” Dissi calma ma con un tono appena desolato, perché chiunque avrebbe voluto che un amore come quello di Romeo e Giulietta potesse essere reale.
“La cosa più divertente è che non sei mai andata a un ballo di fine anno. Quindi non si può nemmeno dire che tu ci abbia mai provato. Vedi tutto tramite le tue lenti filtrate Leo.”
“Oh! Basta, non ci sono andata e mai ci andrò, quindi chiudiamo il discorso. Se no rinchiudo te e la mamma da qualche parte e getto via la chiave.” Ero esasperata ma come sempre l’espressione del viso di Jesse, alle mie minacce, stimolava la mia ilarità e cominciai a ridere piano.
Mi diressi poi verso la finestra più grande, che ho vicino al letto e che si affaccia su un piccolo balconcino e dà sulla strada.
Aprii la finestra e un’ondata d’aria calda mi investì, fortunatamente l’ombra dell’albero che avevamo in giardino impediva l’ingresso dei cocenti raggi solari.
Mi appoggiai con i gomiti sulla ringhiera del balconcino e cominciai a studiare il micro mondo del mio quartiere.
La signora Rolland con il suo nuovo tipo tutto muscoli.
La signora Rosemary impegnata ad innaffiare i suoi fiori…e poi qualcosa a colpo d’occhio mi incuriosì in maniera improvvisa.
Dalla casa del signor Morrison uscì un ragazzo, vestito con una tuta da lavoro, non riuscivo a vederlo bene in volto perché era coperto dalla visierina del cappello, potevo solo vedere i suoi capelli neri schiacciati dal copricapo e la tuta crema intera, che lo faceva apparire ancora più slanciato e alto di quanto già non lo fosse.
Il signor Morrison lo pagò sull’uscio della porta, lo salutò e poi il ragazzo si diresse verso il suo furgoncino. Mentre aggirava l’angolo del mezzo, per raggiungere il posto del guidatore, alzò la testa e mi guardò per un breve istante.
Un attimo troppo veloce per capire come fosse il suo viso, ma abbastanza lungo per cogliere che mi fece un fugace sorrisetto, al quale neanche potei rispondere, perché in quello stesso momento fece capolino mia madre sulla porta della mia stanza.
“Allora deciso?” disse la mamma squillante e prendendomi in giro.
“Sì, ed è un no.” Sorrisi prendendola anch’io in giro, solo che il mio tono era un po’ più irritato.
“Ok, tesoro. Però peccato, avresti avuto la casa tutta per te fino alla mezzanotte.”
“Come? Perché hai qualche cena di lavoro?” dissi un po’ delusa.
“Sì, piccolina ma ti prometto che tornerò presto. Hai paura a rimanere sola?” disse la mamma preoccupata e venendo verso di me, accarezzandomi poi i capelli.
“No, non ho paura, tranquilla. Solo stasera avrei voluto cenare con te, ecco tutto.” Abbassai gli occhi sulle mie braccia conserte.
“Non ti preoccupare, domani prometto che ci sarò e faremo il tuo piatto preferito.” Cinguettò sorridente.
“Mamma il mio piatto preferito è la crostata alla marmellata di fragole.” Dissi ironica inarcando le sopracciglia in un'espressione perplessa.
“Beh! Faremo quella.” Disse ridendo e poi seguitò andando verso la porta “ Ora vado, sono le sei e mi aspettano al ristorante per le otto. Tempo di superare il traffico e tutto il quartiere di Bel-Air e si faranno sicuramente le otto.”
“Se vuole, signora Rose, posso rimanere a cena con Leo per una pizza. Poi però dovrò subito andare a casa, mi aspettano e credo anche che mi preparerò per il ballo.” Esordì Jesse sollevando la testa dal libro.
“Oh! Magari! Allora vi lascio i soldi di sotto, sul mobile dell’ingresso in soggiorno. Che ne dici Leo, va bene? Ti va che Jesse rimanga?” Sentii la mamma più tranquilla e trascurai il fatto che entrambe avessero, come sempre, storpiato il mio nome e mi limitai a rispondere pacatamente. 
“ Ok. Certo, per me va benissimo.” Affermai con aria rilassata.
La mamma poi scese le scale parlottando soddisfatta e contenta del fatto che Jesse sarebbe rimasta per cena. La tranquillizzò molto questa cosa, così la sua adorata figlia non sarebbe rimasta sola in casa in una calda notte a Los Angeles.
Però a mio parere il problema restava comunque, perché Jesse alle nove sarebbe tornata a casa e le restanti ore sarei stata comunque sola, ma avevo ormai imparato a barricarmi per bene dentro.
Alla fin fine posso dire che mi sentivo in ogni caso al sicuro.

Io e Jesse verso le sette ordinammo una pizza per telefono, attendemmo l’arrivo della consegna guardando scemenze in tv finché, un'ora esatta dopo l’ordinazione, arrivò la cena.
Appena suonò il campanello balzai dal divano, mettendomi in piedi e raggiunsi la porta di casa correndo.
Avevo una fame da lupi.
Presi in fretta e furia i contanti lasciati dalla mamma sopra la mobile in soggiorno e andai ad aprire.
Di nuovo suonò insistente il campanello.
“Eccomi!” Strepitai e aprii col fiatone “ Eccomi. Mi scusi l’attesa. Quant’è?”
“Sono quindici dollari e cinquanta cents.” Rispose una voce maschile, chiara, ma allo stesso tempo roca e bassa di un ragazzo.
Iniziai ad armeggiare con i soldi e presi quelli giusti per pagare, in modo di non dover avere il resto.
Non avevo alzato una sola volta la testa da quando avevo aperto la porta, quando la alzai e guardai il viso del ragazzo mi sembrò familiare.
Era lui il tipo che era uscito dalla casa del signor Morrison quel pomeriggio.
Non mi permise nemmeno in quel momento di studiarlo, abbassò lo sguardo e si nascose di nuovo sotto la visiera del suo cappello, quasi mi rovesciò le scatole con le pizze addosso, poi mi arraffò i contanti di mano e si voltò veloce per raggiungere il suo furgoncino.
Lo guardai sparire mentre chiudeva lo sportello e metteva in moto.
Io mi voltai e mi chiusi la porta di casa dietro.
Mentre percorrevo il tragitto dalla porta al salotto, non riuscivo a capacitarmi di come fosse possibile che un tipo del genere, uno che avevo visto sì e no di svista, mi incuriosisse in maniera così persistente, dal momento in cui lo avevo visto uscire dalla casa del signor Morrison.
“Allora?” Mi chiese Jesse appena arrivai al divano con le scatole calde in mano.
“Allora cosa?” Risposi con un’altra domanda.
“Hai una faccia…strana?” Jesse aggrottò la fronte in un'espressione incerta e sollevando le mani in una mossa che metteva in risalto la sua curiosità.
“Ah, niente, stavo solo pensando.” Poi tagliai corto per non permetterle di andare oltre con le domande, non avevo voglia di parlare del tizio tutto fare, volevo tenermelo per me. “Mangiamo, sto morendo di fame.”
“Mmmh…” Mugugnò in risposta Jesse, mentre riportava l’attenzione al programma tv che stavamo vedendo. La cena fu molto tranquilla e serena, alternata a scemenze e chiacchiere di ogni tipo tra me e Jesse.
Il tutto fu talmente rilassante che neanche ci accorgemmo che si erano fatte le nove e mezza.
“Oh mio Dio!! Sono già passate le nove! Devo proprio andare Leonor! Porca miseria!” Jesse esclamò senza fiato raccogliendo il suo giacchino e lo zaino con i libri, dal bracciolo del divano.
Poi pensai che ci voleva un ritardo per farle dire il mio nome per intero.
Disponibile le chiesi“Ti accompagno alla fermata Jesse?”
“Beh, se per te non è un problema.” Disse affannata e frettolosa mentre si dirigeva alla porta.
“No, nessun problema. Anche perché appena ritorno devo far rientrare Molly. Alla mamma non piace che rimanga fuori di notte. Ora si mette a fare la protettiva con il gatto, la creatura per eccellenza della notte.” Dissi ridendo e prendendo le chiavi di casa, il cellulare e il mio golfino color nocciola.

Accompagnai Jesse alla fermata della metro e attesi con lei l’arrivo del vagone, che non mise molto ad arrivare.
Fortunatamente i treni della metro passano ogni quarto d’ora.
Ci salutammo dandoci appuntamento per il giorno seguente al parco della scuola, per la sua sessione di studio, poi mi incamminai verso casa.
Per le strade più trafficate della cittadina mi sentivo un po’ più sicura, ma quando raggiunsi quelle più silenziose e isolate del mio quartiere iniziai ad avvertire le prime avvisaglie di timore.
Erano solo le dieci di sera, ma dove vivo io, a quell’ora sono in pochi a passeggiare o a farsi un giretto.
Cercai di distrarmi, così cominciai a osservare le mie scarpe da ginnastica bianche in movimento mentre camminavo, alzai poi gli occhi e mi soffermai a guardare il viale di alberi piantati sugli appositi spazi dei marciapiedi.
D’improvviso mi investì un pensiero.
Mi vennero in mente le parole della giornalista che al tg di qualche giorno prima, parlava di quel tipo che si divertiva a ferire la gente per la strada con un coltello.
Sentendomi di nuovo presa dall’ angoscia, affrettai il passo e in poco tempo fui sul vialetto di casa.
Iniziai a cercare Molly e cominciai a chiamarla “Molly? Molly dove sei finita?”
Di solito rispondeva subito al mio richiamo, ma quella sera era lenta d’orecchio oppure mi stava prendendo in giro anche lei.
“Molly dai esci fuori! Andiamo a casa.” Dissi con tono persuasivo.
Quando stavo per perdere le speranze, sentii un leggero miagolio che proveniva da uno degli alberi che si trovavano sul marciapiede di fronte casa.
Fortunatamente non sono molto alti e potevo raggiungere la mia gatta senza problemi.
Mi avvicinai all’arbusto ma mi voltai sentendomi osservata.
Scacciai subito quell’idea stupida quasi da film horror e mi appoggiai all'albero allungandomi sulle punte per prendere Molly.
“Dai scendi, piccola scema!” Ero divertita perché lei mi osservava dal ramo con fare pigro. Con quel suo musetto bianco contornato da una mascherina nera sul naso e sugli occhi, comodamente seduta spavalda, col suo pelo macchiato, oltre che del bianco e del nero, anche di rosso.
Fortunatamente, dopo qualche secondo notò la mia sofferenza nell’allungarmi e credo che le feci pena, perché si preparò a scendere.
Ma mentre stava per farlo qualcosa catturò la sua acuta e felina attenzione.
Non schiodava gli occhi da un punto dietro di me.
Io rimanevo protesa per prenderla e prima che potessi voltarmi, per vedere cosa vedesse Molly, sentii un flebile lamento alle mie spalle e la caduta di qualcosa di molto pesante a terra.

La mia vera vita stava avendo fine.


Ciao a tutti ^_^
Ecco il secondo capitolo di questa follia, che ho deciso di mettere in atto XD.
Ovviamente avrete notato che non si vede molto B, ma diciamo che a me piace il lento crescere in una storia e quindi ho preso l'abitudine di strutturare le mie narrazioni così.
Ma in questo piccolo spazio finale voglio soffermarmi sui ringraziamenti.
Ho ricevuto così tanti pareri positivi, sia su questa fan fic che quella precedente, che posso solo dirvi un enorme grazie di tutto cuore.
Grazie a chi mi ha recensito.
Grazie a chi mi ha messo tra le preferite, seguite e ricordate.
E grazie ai lettori silenziosi.
Vi voglio davvero bene.
Baci baci da Ama82

   
 
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