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Autore: Angel666    26/03/2012    3 recensioni
Halle non aveva mai pensato a sé stessa come ad un'amante di misteri. Tuttavia c'era un enigma che proprio non si sentiva di lasciare irrisolto.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Halle Lidner | Coppie: Mello/Near
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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A/N: questa storia non è mia, ma è una traduzione di una fan fiction americana di darkhelmetj, che mi ha gentilmente concesso il permesso di tradurla. Per chi vuole leggere l’originale il link è: http://www.fanfiction.net/s/3379072/1/Something_Near_the_Truth
n.b. Qui Near viene descritto con problemi di vista perché questa è una conseguenza effettiva dell’albinismo, anche se nel manga non ha questa caratteristica.
 
 
 
 
Halle Linder aveva quasi finito di radunare i suoi effetti personali, quando un lieve colpo di tosse alla porta catturò la sua attenzione.
La bionda si fermò, con una camicetta bianca a mezz’aria tenuta tra le lunghe dita sottili, e lanciò uno sguardo interrogativo al suo collega, in piedi accanto alla porta della sua stanza.
 
Scostando un ciuffo ribelle di capelli neri dagli occhi, Stephen Gevanni  le offrì un ghigno divertito, indicando con un gesto la pila di vestiti rimasti sul letto di Halle, ancora da mettere via.
“Se non ti conoscessi bene, direi quasi che te la stai prendendo comoda perché non te ne vuoi andare.” Rise, i suoi occhi guizzarono maliziosi “ Sai, quando penso ad una donna, la prima persona che mi viene in mente è mia madre; e Dio sa, ogni anno, ad ogni singola vacanza che abbiamo fatto quando ero bambino, faceva minimo tre valige. Tre. E solamente per una settimana.”
 
“Se non altro non troverò le mie camice stropicciate una volta a casa.” replicò Halle aspramente, rispondendo al leggero ghigno del ragazzo con uno dei suoi. “A che punto sei tu con i bagagli?”
 
Gevanni restò un momento in silenzio, come se la domanda lo avesse preso in contropiede “A buon punto.” rispose, ficcandosi le mani in tasca con un gesto nervoso. “Più o meno.” Ammise alla fine, dopo che Halle gli rivolse uno sguardo eloquente, in cui lasciava intendere che non aveva creduto ad una sola parola della sua prima risposta. “Ok, ancora all’inizio…”
 
La donna tornò a fissare la camicetta nelle sue mani, dopo di che la lasciò scivolare sul letto, guardando le maniche di seta piegarsi e diventare una massa informe accanto alla valigia.
“Non vuoi partire?” chiese piano, non sapendo dentro di sé se la domanda fosse rivolta effettivamente a Gevanni oppure se fosse solo una ripetizione di quella posta precedentemente a lei.
 
“E’ che non so cosa farò.” disse l’uomo, mentre il suo sorriso sparì definitivamente. Alzò gli occhi, lasciando scivolare lo sguardo sul metallo chiaro della stanza; poi fuori, attraverso il lungo corridoio che conduceva al comando centrale di investigazione.  “Immagino che tornerò al mio vecchio lavoro, se potrò.”
 
Quell’edificio era stata la loro casa solo da quando un bombardamento li aveva costretti a lasciare il rifugio precedente; ma tante di quelle cose erano accadute tra quelle mura che Halle aveva pure pensato che non sarebbe stata in grado di uscirne viva.
Anche ora le sembrava quasi un sogno, qualcosa ai confini dell’assurdo; e quando ripensava al suo ruolo in quella storia, ne era sempre più convinta.
Il caso Kira era stato molto più di un caso qualunque. Era diventato parte di lei: corpo, mente e anima… sudore, sangue e lacrime.
 
“Immagino che farò così anch’io.” Disse dopo un po’, sospirando con aria assente, grattandosi il retro del capo “ Mi sembra di ricordare che Near abbia menzionato qualcosa riguardo una raccomandazione, o per come l’ha definita lui ‘ qualcosa di accettabile’ per la prospettiva di nuovi impieghi.”
Questo riportò un mezzo sorriso sul volto di Gevanni “ Conoscendo Near, potrebbe trattarsi di qualunque cosa. Farai meglio a stare in guardia, o potresti finire a fare la ballerina in qualche strip-club di Las Vegas…”
 
“Questo non è accettabile. E’ semplicemente disgustoso.” Halle sospirò ancora. Alzò lo sguardo e incontrò il viso di Gevanni. Lo sguardo del suo collaboratore era stanco, quasi triste; e lei era certa di apparire nello stesso modo ai suoi occhi. Per quanto diversi fossero loro quattro, la loro squadra aveva affrontato cose inimmaginabili; erano sopravvissuti alla fine del mondo insieme, e questo era qualcosa che creava un legame talmente profondo che, anche se non riusciva bene a definirlo, non avrebbe mai potuto scioglierlo, neppure volendo.
 
“Che ne pensa Rester di questa storia?”
Gevanni scrollò le spalle “La stessa cosa scommetto, conoscendolo. Mezza età, scapolo, uno a cui piace affondare le mani in casi di investigazione che nessun’altro vorrebbe. Un po’ come noi. Anche se dubito che rivedremo qualcosa del genere in futuro.” Si interruppe. “Dio, lo spero!”
 
Un debole ghigno apparve sulle labbra di Halle, il fantasma di quel sorriso che compariva spesso sul suo viso, prima che il mondo cambiasse così drasticamente in meno di otto anni. “Lo spero anche io. Ma conoscendo Near, probabilmente non abbiamo nulla di cui preoccuparci…” il pensiero del piccolo ragazzo albino le fece venire in mente la fine del caso e, inevitabilmente condusse i suoi pensieri ancora più indietro, al ragazzo – uomo – che avrebbe dovuto restare al fianco di Near fino alla fine. Solo che non c’era più. Era rimasto solo il ricordo di un sorriso arrogante, l’odore dei suoi vestiti di pelle nera, e del cioccolato amaro…un ricordo che sapeva non avrebbe mai dimenticato, e sperava che neppure gli altri lo avrebbero fatto.
 
“Hey.” La voce di Gevanni interruppe il filo dei suoi pensieri. “Io e Rester ne stavamo parlando a pranzo, e pensavamo che forse sarebbe carino festeggiare la chiusura del caso.” Girò i tacchi e si avviò verso la porta “Sai, tanto per chiudere in bellezza.”
 
“Mi sembra un’ottima idea.” disse Halle, cercando di mantenere il sorriso sulla faccia, per non assumere un’espressione triste. Sospettò che, seppure Gevanni fosse girato di spalle, si sarebbe accorto lo stesso del suo dispiacere “Dove?”
 
“Mi farò venire in mente un posto dove possiamo avere un po’ di privacy.” L’uomo tirò una mano fuori dalla tasca e la scosse sulla testa a mo’ di saluto “Fammi sapere quando sei pronta.”
 
Per quanto provò a mantenerlo, il suo sorriso lentamente scemò, dal momento che Halle sapeva che quella sarebbe stata l’ultima cena che avrebbe condiviso con i suoi tre colleghi. Quel pensiero, nonostante venne presto scacciato dalla consapevolezza che tutti erano sopravvissuti, fu lo stesso demoralizzante. Che fosse stato un caso accidentale o volere del Fato, loro quattro avevano affrontato insieme la morte stessa, sconfiggendola; ed ora erano costretti a separarsi.
 
Sarebbe stata dura per tutti tornare alla vita di una volta, sospettò, mentre afferrava la borsetta con lo specchietto e i trucchi. Ad eccezione forse di Near, il quale, per quanto si fosse dimostrato immensamente fedele nei confronti della sua squadra, non aveva mai manifestato un particolare interesse per la loro amicizia.
“Di nuovo solo con te stesso.”  Mormorò Halle, tirando fuori un rossetto e applicandolo con gesti esperti. Il lavoro di L era solitario, suppose, e seriamente quando si sarebbe mostrato un altro individuo intelligente come Light Yagami? Ora che Kira era morto non c’era più bisogno di loro; nessun partner per L.
La donna si fermò, osservando il suo riflesso nello specchio.
Soddisfatta di ciò che vide all’esterno, un po’ meno per quello che sentiva dentro, afferrò la borsa e uscì dalla stanza, con la ferma intenzione di trovare Gevanni prima che potesse scegliere un club troppo eccentrico per i suoi gusti.
 
 
Quando Rester aveva suggerito, più meno con tatto, di chiedere a Near se voleva unirsi a loro quella sera, né Halle né Gevanni avevano preso la proposta molto seriamente. Era di certo, dedusse Halle, semplice educazione quella di chiedere al ragazzo di venire con loro. Nessuno si aspettava che sarebbe venuto, e infatti avevano programmato una cena per tre. A Near non piacevano le persone, la folla, i posti pieni di gente, e qualsiasi luogo in generale dove la sua piuttosto scarsa vista veniva messa in difficoltà.
 
 “Stasera usciamo.” Aveva esordito quella montagna di Rester, sedendosi accanto a dove Near  era acciambellato sul pavimento, con gli occhi fissi su un trenino e delle rotaie che a quanto pare non aveva intenzione di mettere in valigia nel prossimo futuro. “E’ per festeggiare insieme la fine del caso, prima che tutti partiamo domani. Ti piacerebbe venire con noi?”
 
Rester, come tutti sapevano, era quello che aveva più successo nel guadagnarsi risposte da parte di Near; ma anche il collega più vecchio a volte si trovava a lottare con la terribile riservatezza del ragazzo.
Nessuno sembrò particolarmente sorpreso quando l’albino non diede alcun segno di risposta alla domanda del comandante, ma si focalizzò invece sul suo trenino giocattolo che aveva improvvisamente deragliato e buttato giù una torre del plastico.
Halle sospettò, data l’inclinazione di Near per la violenza, che l’incidente fosse stato causato apposta.
 
“Partiamo tra una ventina di minuti.” Aveva aggiunto Rester, tamburellando le dita su un ginocchio “Se non vuoi venire, faremo il possibile per tornare relativamente presto, nel caso tu non voglia restare per troppo tempo da solo.”
 
Il ragazzo albino annuì lievemente, fissando in modo assente, con i suoi occhi grigi, il vagone del treno rovesciato. “Ok.” Disse piano, alzandosi goffamente in piedi e inciampando sui vari giocattoli prima di riuscire trovare un’equilibro e camminare con passo fermo.
Senza rivolgere uno sguardo ai suoi collaboratori uscì dalla stanza, diretto verso i suoi appartamenti.
 
Halle guardò Gevanni, che a sua volta guardò Rester, il quale tornò a fissare la donna.
 “Bè, è stato facile.” Disse Gevanni con uno sbuffo, a indicare il suo adattamento per lo strano comportamento di Near.
 
“Spero che non ci sia rimasto male.” Mormorò Halle, guardando la bianca figura del ragazzo scomparire nel corridoio buio del quartier generale. “So che non gli piace rimanere da solo.”
 
Rester si concesse un lungo sospiro “Near fa sempre quello che vuole. Penso che oramai l’abbiamo capito tutti.” L’uomo incrociò le grosse braccia sul petto, guardando brevemente nella direzione che aveva appena preso il ragazzo “Se avesse pensato che non sarebbe stato sicuro per lui restare solo, ce lo avrebbe sicuramente comunicato. Se vuole venire, verrà.”
 
Halle scosse la testa “Immagino tu abbia ragione.” Lanciò uno sguardo ai suoi due colleghi, poi controllò l’ora. “Allora andiamo?”
 
Gevanni stava per rispondere qualcosa, ma il lieve rumore di calzini sul pavimento catturò l’attenzione di tutti. La squadra si voltò contemporaneamente verso la porta del corridoio, dove trovarono Near in piedi, con la sua solita espressione vacua e un borsellino stretto nella mano sinistra. Si portò l’altra mano ai capelli e prese ad arrotolarsi lentamente una ciocca con aria assente.
“Allora dove andiamo?”
 
Il quartetto di persone, tre delle quali erano leggermente scioccate e non molto inclini alla conversazione per il momento, si ritrovò nel garage dell’edificio.
Rester prese posto alla guida, mentre Gevanni si accomodò davanti sul sedile del passeggero.
Halle venne lasciata dietro con Near, che sembrava più interessato ad arricciarsi i capelli piuttosto che a quello che gli accadeva intorno.
Lanciandogli uno sguardo divertito, la donna si sporse in avanti verso Gevanni sussurrando “ Il posto che hai scelto…è poco illuminato vero?”
 
Gevanni sembrò pensarci su un momento, poi si voltò verso di lei con un sopracciglio alzato “Immagino di si. Non lo sono forse tutti i ristoranti di un certo livello?”
 
“Dipende cosa intendi tu per un certo livello.” Si intromise Rester acidamente, lanciando un occhiata a Gevanni. Con un ghigno accese il motore e portò la macchina fuori dal garage, nella pallida luce del tramonto giapponese. “Ci sono già stato Halle. Io e Gevanni abbiamo ordinato del cibo a portar via un paio di settimane fa, quando eravamo piuttosto stufi del ramen. Bel posto.”
 
La donna annuì soddisfatta. “Ottimo.” Ovviamente aveva dato un’occhiata al ristorante scelto prima di prenotare, e non aveva fatto male, soprattutto adesso che Near, per una sconosciuta ragione, aveva deciso di andare con loro. “Scommetto che voi due avete assaggiato tutto quello che è sul menù e siete perfettamente in grado di consigliarci i piatti migliori!”
 
“Lui l’ha fatto.” ridacchiò Gevanni, indicando Rester con un dito. Il più grande gli restituì uno sguardo di avvertimento, continuando a guidare senza commentare. “Per quanto mi riguarda, mi è piaciuto tutto, tranne l’insalata della casa. Aveva una specie di mollusco buttato in mezzo, che non mi ha particolarmente entusiasmato.” Il ragazzo fece una faccia disgustata “Una specie di polipo.”
“Siamo in Giappone. Personalmente, ho trovato l’insalata davvero squisita.”
Gevanni guardò male Rester. “Stiamo andando in un ristorante con cucina occidentale… e il polipo nell’insalata!” la macchina sterzò di colpo, quando Rester evitò un passante che era saltato giù dal marciapiede; Gevanni imprecò, afferrando con forza il retro del sedile per mantenere la sua precaria posizione, continuando a guardare di dietro.
“Ad ogni modo hanno una vasta scelta di piatti.”
 
Annuendo Halle lanciò uno sguardo a Near, seduto al suo fianco; nulla nella posizione del ragazzo era cambiata: un ginocchio al petto e l’altra gamba poggiata sul sedile. “Near, c’è qualcosa che non ti piace mangiare?”
 
Near girò la testa verso la donna, gli occhi pallidi guardavano un punto imprecisato del suo viso “Si.” Fece una pausa e prese ad arrotolarsi una ciocca di capelli “Cioccolata.”
 
Né Rester né Gevanni commentarono la sua risposta; si limitarono semplicemente a scrollare le spalle, attribuendola apparentemente ad una delle tante stranezze del ragazzo.
La donna, tuttavia, non riuscì a chiedergli di spiegarsi meglio per soddisfare la curiosità dei compagni.
 
Aveva paura di conoscere fin troppo bene quale sarebbe stata la spiegazione.
 
Il ristorante era decisamente grazioso, giudicò Halle dopo una prima occhiata.
Affacciato sul porto, era composto da due piani con varie sale divise da alcuni separé, elegantemente arredato con lampade giapponesi e dipinti orientali appesi alle pareti, decorati con incisioni Kanji. Il loro maitre, un omino basso e tarchiato, con uno strano paio di baffi, li condusse ad un tavolo in fondo, fortunatamente lontano dagli sguardi curiosi degli altri clienti.
Lasciò un paio di menù sul tavolo e si congedò velocemente, per andare ad accogliere un gruppo di persone appena apparso alla porta.
 
Dopo un secondo sguardo in giro, Halle decise che quel ristorante era stata davvero un’ottima scelta. L’atmosfera era tranquilla e pacata, inoltre i divisori garantivano una maggiore privacy ai clienti. La struttura era vistosamente occidentale, come aveva detto Gevanni; e dal momento che Halle ultimamente aveva mangiato spesso in ristoranti esclusivamente giapponesi, trovò strano essere circondata da un ambiente così familiare.
Rester e Gevanni avevano già afferrato i menù  e li stavano studiando, indicando cose che avevano già assaggiato precedentemente e ridacchiando ad altre che invece sembravano più scenografiche che commestibili.
 
Lo stomaco di Halle brontolò, e la donna realizzò di essere piuttosto affamata. Prese un menù per sé e passò l’ultimo a Near, che sedeva vicino alla grande finestra del secondo piano, guardando la notte giapponese prendere piano vita sotto di loro. Sembrava incantato più nei suoi pensieri che dal panorama.
 
Halle dubitava che riuscisse a vedere davvero qualcosa. Near aveva momentaneamente indossato delle lenti a contatto, più per necessità che per scelta, per il breve periodo in cui si era incontrato con Light Yagami al molo. Da quel momento tuttavia, avvenuto più di dieci mesi prima, era andato in giro mezzo cieco inciampando come aveva sempre fatto, contando più sugli altri sensi piuttosto che sugli occhi. Nessuno aveva affrontato l’argomento, e Near con gratificazione ( o più probabilmente con scarso interesse ) non aveva detto nulla al riguardo.
 
La donna sospirò dentro di sé, desiderando per la centesima volta conoscere che cosa stava passando in quel momento per la testa del ragazzo. Ma poi, come sempre, decise che alcune cose era meglio non saperle; e un mondo come quello dove Near era immerso non era per deboli di cuore.
Visto tutto quello che aveva dovuto subire nell’arco della sua breve vita, il ragazzo aveva tutto il diritto di comportarsi nel modo più strano che voleva.
 
Prima che Halle avesse occasione di studiare il menù, una giovane cameriera, con non più di vent’anni, si accostò al loro tavolo. Sorrise e fece un piccolo inchino, prima di tirare fuori un blocchetto nero dalla tasca. Halle, senza riuscire a controllare la sua paranoia, si ritrovò ad esaminare le fattezze del libretto: altezza, spessore e materiale della carta. Un veloce sguardo attorno al tavolo, seguito da espressioni colpevoli, rivelò che anche Rester e Gevanni avevano fatto la stessa cosa.
 
“Benvenuti da Ichigo” disse la ragazza cordialmente, ma pur sempre con tono pacato, apparentemente ignorando le occhiate del gruppo al libretto che teneva tra le mani. “Posso portarvi qualcosa da bere prima della cena? Offriamo praticamente di tutto, sia alcolici che analcolici.”
 
I due uomini considerarono la sua offerta, dopo di che annuirono.
 
“Io prendo un martini” disse Gevanni “Diciamo…così.” Indicò un grosso bicchiere immaginario sul tavolo. “Tu?” chiese rivolto a Rester.
“Birra.” Grugnì lui “Qualsiasi marchio avete andrà bene.” Ad un sorpreso Gevanni, il quale pensava ordinasse qualcosa di diverso, rispose “ Pensavo che lo sapessi, mio padre era solito far fermentare la birra nella nostra fattoria di famiglia. Ovviamente, quelle commerciali non hanno lo stesso buon sapore come quella che faceva lui. E poi, qualcuno deve guidare al ritorno.”
 
La cameriera segnò sul libretto e si voltò verso Halle “Per lei signora?”
“Tequila Sunrise, se ce l’avete.” decise con un mezzo sorriso. Quando Rester aprì bocca per contestare la sua scelta, lei lo precedette dolcemente “Carino, colorato, ma se ne bevi troppo ti arriva dritto al cervello.”
 
Gevanni sorrise di fronte all’espressione shoccata del comandante e al ghigno di Halle “Proprio quando stavo per definirlo coktel da femminucce…”
 
“Lo è,” disse Halle, mentre la cameriera lo annotava sul taccuino “ma credevo avessi imparato a non immischiarti nelle cosa da ragazze.”
 
Apparentemente imbarazzato e intenzionato a non approfondire l’argomento, Gevanni decise di rimanere in silenzio. Scrollò le spalle e la donna poté giurare di aver scorto un lieve rossore attraverso le sue guance. “Se lo dici tu.”
 
Alla fine la cameriera si rivolse a Near e, dopo un momento di esitazione in cui Halle immaginò che la ragazza stava valutando se lui le stesse prestando attenzione o meno, chiese “ Per lei signorino? Abbiamo del frullato al cioccolato se lo gradisce.”
 
Un silenzio pesante scese sul tavolo, tanto che Halle pensò seriamente di picchiettare Near su un braccio. Alla fine però, il ragazzo diede le spalle alla finestra e indirizzò lo sguardo verso la cameriera.
 
La ragazza sbatté le palpebre, e Halle notò che era leggermente a disagio, non appena lo sguardo vuoto di Near si posò su di lei. Spesso, il ragazzo tendeva a suscitare quella reazione sulle persone. “Posso portarti qualcosa da bere?” ripeté, più piano stavolta, come se la sua voce non volesse collaborare.
 
Near sbatté le palpebre un paio di volte, soppesando la sua offerta “Si.” Fece una pausa e, con sgomento di Halle, prese ad arricciarsi una ciocca di capelli prima di continuare. “Vino bianco. Quello della casa va bene.”
Ognuno a tavola, eccetto Near ovviamente, assunse un’espressione scioccata.
 
“Tu non bevi!” esclamò Rester a gran voce.
 
“Tu non sei abbastanza grande!” se ne uscì Gevanni ancora più forte.
 
“Voi state tutti urlando.” Soffiò Halle, cercando di mantenere basso il livello di privacy del tavolo, come poco prima. “Abbassate la voce!”
I due uomini, alle parole della donna, tornarono ad appoggiarsi allo schienale, con aria decisamente imbarazzata. “Onestamente, perché mi sembra di essere l’unica adulta a questo tavolo?”
 
La cameriera, incredibilmente, non aveva aperto bocca, ma guardava confusa Near, come quando si cerca di studiare un quadro astratto.
 
 In risposta al suo silenzio, il ragazzo si infastidì e, Halle poté giurare di sentire che si lasciò sfuggire un’impercettibile sospiro, affondando una mano in tasca e tirando fuori qualcosa lo lanciò sul tavolo in direzione della cameriera. La mira fu completamente sbagliata, tanto che la bionda dovette afferrarlo al volo per evitare che cadesse dall’altra parte del tavolo. Mentre lo passava, gli diede una breve occhiata e si rese conto che era un documento di identità che Near si era portato dietro dal quartier generale.
 
La cameriera lo afferrò al volo e lo studiò. Si bloccò improvvisamente, rivolgendo un paio di sguardi sospettosi al ragazzo, prima di lanciarlo di nuovo verso la sua direzione.
Lo colpì in pieno petto e Near sobbalzò al tocco, poi lo prese e se lo rimise in tasca.
 
“Un vino bianco.” Disse la ragazza con apparente sgomento, scrivendo velocemente l’ordinazione sulla carta. “Altro?”
 
I quattro investigatori si guardarono tra loro, Near più interessato al soffitto che ai compagni al tavolo.
 
“Immagino di no.” Azzardò Rester, ricevendo gesti di assenso dagli altri, tranne che dall’albino.
 
“I vostri drink saranno serviti a breve allora. Per favore, fatemi sapere quando siete pronti per ordinare.” La cameriera si inchinò e scappò via piuttosto velocemente.
 
Ci fu un momento di silenzio imbarazzato, prima che Gevanni chiedesse a bassa voce “Quello è un documento falso vero?”
 
Near annuì “Ovviamente. Ho modificato leggermente la foto, così che mi somigli abbastanza per funzioni come queste, ma che non sia uguale per potermi uccidere. E’ perfettamente sicuro dagli effetti di un Death Note.”
 
“Io credo” disse Rester con calma “che intendesse l’età.”
 
Near lo guardò confuso un momento, prima di continuare “No. Bè, forse leggermente.” Aspettò paziente che i suoi colleghi provassero, seppure con discrezione, a studiarlo più da vicino. “Tecnicamente sono maggiorenne in molti altri paesi, incluso quello nel quale sono cresciuto.” Aggrottò leggermente le sopracciglia “Non mi sento particolarmente in colpa a concedermi una piccola indulgenza che potrei benissimo scavalcare in altri paesi; e non ho molta voglia di aspettare più di trecento giorni per soddisfare la legge giapponese.” Prima che gli altri tre potessero replicare il disaccordo espresso da Near nelle leggi di altri stati, aggiunse seccamente “Inoltre non sarebbe propriamente sicuro viaggiare con documenti che riportano la mia esatta data di nascita.”
 
Halle scambiò uno sguardo sorpreso con gli altri due colleghi, non era rimasta particolarmente colpita dal fatto che Near infrangesse la legge, ma era sorpresa che lo avesse fatto per qualcosa di così frivolo.
 
“Quindi non hai vent’anni.” Dichiarò Gevanni, scivolando con la schiena lungo la panca, così che la testa fosse appoggiata al cuscino. “Decisamente no.” Fece una pausa, come se una qualche verità lo avesse improvvisamente colpito “Diciannove? Mi sembra comunque troppo…”
 
Near scrollò le spalle “Come preferisci.” Poi tornò ad arrotolarsi i capelli. Sorpresa, anche se non particolarmente, dalla rivelazione, Halle tornò a studiare il menù con l’intenzione di distrarsi con il cibo.
Per quanto ci provasse, tuttavia, la cosa più interessante in tutta la sala restava il ragazzo, anzi il giovane uomo, seduto accanto a lei, di cui non sapeva assolutamente nulla.
 
“Il pesce è ottimo.” Offrì Rester imbarazzato, tornando velocemente a guardare il menù. Il resto del gruppo seguì il suo esempio: Gevanni leggermente a disagio, Halle sperando che qualcuno portasse un migliore argomento di dibattito. Near, apparentemente tranquillo, continuò ad arricciarsi i capelli.
“Il pesce è ottimo.”
 
Le bevande arrivarono piuttosto velocemente, ma non abbastanza per permettere comunque al gruppo di scegliere cosa mangiare. Salutarono con calore la cameriera quando riapparve, Halle in particolare si sforzò di farle un largo sorriso. La ragazza, in apparenza diffidente nei confronti di Near, cercò di passare i drink sul tavolo il più velocemente possibile, prendere gli ordini, e dirigersi verso quella che sembrava essere la porta della cucina.
 
Halle divertita, afferrò il suo coktel e lo sollevò in aria “Al ritorno della normalità!”
 
“Qui, qui.” Disse Gevanni alzando il suo Martini, e facendo tintinnare piano il suo bicchiere con quello della donna.
 
“E al ritorno della pace.” Aggiunse Rester, alzando la sua birra e aggiungendo un’altro piccolo clin al mix di bicchieri “Alla buon ora, aggiungerei!” lanciò brevemente uno sguardo attraverso il tavolo, in direzione di Near.
 
Che avesse notato lo sguardo del comandante o meno fu discutibile. Ma a sua discolpa, per fortuna, Near sembrò essere più incline ad alcune abitudini sociali che ad altre; alzò il suo bicchiere di vino, senza guardare davvero il gruppo, e lo unì agli altri tre in aria “Concordo.” Disse impassibile, con gli occhi costantemente rivolti verso la finestra e all’oscurità riflessa della strada sottostante. Poi, lentamente, tirò indietro il bicchiere, lo portò alle labbra e diede un piccolo sorso.
 
Halle dovette trattenere a forza una risata quando il ragazzo ingoiò il liquido in fretta e un breve espressione nauseata attraversò il suo viso, di solito freddo. Era sparita veloce come era venuta, tuttavia, così come il suo bicchiere. La bionda si chiese se lei fosse stata l’unica a notare che Near avesse poggiato il bicchiere sul tavolo un po’ troppo velocemente rispetto al normale.
 
Potrà anche avere diciannove anni- pensò sarcastica- ma mia nipote di quindici anni probabilmente ha molta più esperienza di lui negli aspetti banali della vita. Era strano, riflettendoci bene, come Near alla sua età potesse essere così ingenuo ed innocente per alcune cose, e allo stesso tempo avere la saggezza e la sicurezza di un uomo tre volte più vecchio di lui. E forse, era anche abbastanza triste.
 
Non per la prima volta Halle si domandò quale evento traumatico avesse plasmato in maniera così profonda un’anima così chiusa e introversa e desiderò, anche solo per un momento, che Near mostrasse una minima inclinazione a condividere con loro qualcosa che non riguardasse il caso Kira.
 
Prendendo un sorso del suo coktel, mentre Rester e Gevanni si erano lanciati in un’accesa discussione riguardo i risultati dei Playoff del Campionato Americano di Baseball della stagione passata, Halle ripensò a tutte le volte che si era trovata sola con i due uomini, e con Near.
Fece mente locale sulle cose che sapeva di loro, e poi lentamente cercò di riempire i buchi con informazioni dedotte.
 
Aveva presto scoperto che, attraverso normali conversazioni o per pura necessità, sapeva tantissime cose su Gevanni e Rester di quante ne aveva immaginate all’inizio.
Gevanni era particolarmente fissato con il gelato alla menta, in modo specifico con quello che si trovava nei coni preconfezionati. Rester aveva come punto debole i film romantici, e sua sorella più piccola lo aveva convinto a vedere Titanic con lei, con la conseguenza di aver irrimediabilmente traumatizzato la sua psiche.
 
La lista andava avanti, e Halle si ritrovò quasi a sorridere al pensiero di loro tre rispediti alle loro vecchie vite, sollevati per la conclusione del caso, e incredibilmente felici di essere ancora vivi. Si erano scambiati memorie del passato, speranze per il futuro, e parlando del presente, la volontà forse, che il brutto ricordo di questo caso diventasse sbiadito.
 
Sbiadito come i ricordi legati alla squadra, che sarebbero andati sfumando negli anni a venire, quando sarebbero stati tutti lontano, ognuno a percorrere la propria strada.
Sperò che non fosse quello il suo caso, e giurò a se stessa, bevendo un lungo sorso, che se avesse dovuto proprio dimenticare qualcosa non sarebbero stati i suoi compagni.
 
Deglutendo, Halle si girò leggermente di lato, catturando con lo sguardo il retro della testa bianca di Near e il suo pallido riflesso nel vetro.
Che cosa avrebbe ricordato di Near?
C’erano i giocattoli, ovviamente, e la sua strana ossessione per gli oggetti impilati. C’era il silenzio che ogni volta portava con sé quando entrava in una stanza; la strana sensazione che una mente superiore permeasse lo spazio, così che quando uno entrava in quell’ambiente avvertiva quasi di poter sforare qualcosa di eccelso.
 
 
No, pensò la donna, guardando il ragazzo che aveva gli occhi chiusi, come se volesse tagliare fuori il mondo attorno a lui. Quello che avrebbe sicuramente ricordato, negli anni a venire, sarebbe stato quel momento di massima tensione in cui, nel capanno al molo, contro ogni aspettativa, Near aveva affrontato Light Yagami, Kira, con molta più fermezza di quanto tutti gli altri avessero dimostrato, e gli aveva detto esattamente dove mettersi quel dannato quaderno.
La fiamma nei suoi occhi, la maturità e la sicurezza emanata in quell’istante, avevano mostrato un lato che Halle sospettava lui tenesse nascosto sotto larghi pigiami candidi e trenini giocattolo.
 
Era troppo semplice limitare il ragazzo ad un computer che camminava, un retorico robot che proclamava la giustizia in numeri e percentuali, senza curarsi di alcuna persona, essere umano, o ideale a parte le sue convinzioni. Sospettava che Near fosse piuttosto consapevole di questo, e nascondesse volentieri la sua vera natura dietro questa facciata, sia per la sua incolumità che per la semplicità che questo ruolo gli permetteva di non relazionarsi con gli altri.  Eppure, non riusciva a togliersi dalla mente l’espressione così umana di disgusto quando aveva assaggiato il vino poco prima. Come non poteva ignorare la sua presenza a quel tavolo in primo luogo, quando ogni logica suggeriva che sarebbe stato meglio se fosse rimasto a casa.
 
Forse Near, proprio come i puzzle bianchi che adorava, non si limitava ad essere un problema da risolvere, o ad essere capito dalle persone comuni.
Per quante facce si potessero nascondere sotto la superficie, lui doveva sempre indossare una maschera, essere una lettera su un monitor, per il resto del mondo. E probabilmente sarebbe rimasto sempre così, un mistero, con un'unica soluzione segreta per l’unica persona al mondo in grado di capire la sua mente : se stesso.
 
“Hai bisogno di qualcosa?”
 
Halle sbatté le palpebre, realizzando improvvisamente che Near si era rivolto a lei; girando la testa si era ritrovato lo sguardo della donna addosso. Il suo viso era troppo vicino a quello di lei, mentre cercava di studiare la sua espressione attraverso la sua scarsa vista.
“No.” Si scusò Halle, cerchiando con un dito il bordo del suo bicchiere di tequila. “No, stavo solo pensando.”
 
Il fantasma di un sorriso attraversò il volto di Near per un momento “Lo trovo decisamente un utile passatempo.” Lanciò un breve sguardo al suo bicchiere, dopo di che si lasciò scivolare con la schiena lungo la panca, fissandosi le mani in grembo. “Probabilmente più utile di altri.”
 
“Non mi piace molto il vino.” confessò Halle, facendo roteare la sua tequila “A volte lo trovo piuttosto amaro, a seconda dell’anno e del raccolto.”
 
“Sembra piuttosto gradevole.” replicò Near, spostando brevemente lo sguardo su Halle, per poi ritornare a guardare in basso “Anche se non mi ritengo un particolare esperto in materia; inoltre ero piuttosto di fretta.”
 
“Se ce lo avessi detto, ti avremmo concesso più di un minuto per scegliere da bere.”
 
Near scrollò le spalle, apparentemente disinteressato “ Nella vita ci sono scelte più importanti che quella di prendere un buon coktel. Tuttavia,” arricciò lievemente il naso “al momento non me ne viene in mente nessuna.”
Portandosi una gamba al petto, e appoggiando la testa sul ginocchio, Near chiuse gli occhi “Probabilmente il frullato al cioccolato sarebbe stata una scelta migliore.”
 
Halle inarcò lievemente un sopracciglio “Ma tu hai detto che non ti piace il cioccolato.”
 
Il ragazzo restò in silenzio per qualche secondo “Io credo” azzardò dopo un po’ “ che ci siano momenti in cui è possibile pensare troppo. Di analizzare troppo le cose.” sempre senza alcuna particolare espressione aggiunse piano “Non mi piace neppure la torta alle fragole.”
 
Il peso dell’ultimo commento risultò completamente oscuro ad Halle, ma la donna sospettò che celasse un pesante significato, se era stato detto da Near.
 
“A Rester piace la birra.” Disse improvvisamente, come se qualcosa fosse scattato nella sua testa “Dice che gli ricorda suo padre.”
 
Near la guardò accigliato, ma non disse nulla, aspettando che la donna finisse il suo ragionamento.
 
“Ricordo che una volta mi raccontò” continuò Halle “che suo padre morì dieci anni fa, piuttosto improvvisamente. A quel tempo fu un grande shock per tutti. Per mesi, Rester non riuscì a toccare nessuna bevanda fermentata. Ma dopo un anno, il giorno della ricorrenza della morte di suo padre, la sua famiglia organizzò una celebrazione commemorativa, e sua sorella fermentò della birra con la vecchia attrezzatura del padre.” Si fermò, per permettere a Near di cogliere bene tutti i particolari della storia “ Mi disse che pianse per ore, fino a prosciugarsi le lacrime, ma quella fu la migliore birra che avesse mai assaggiato in vita sua.”
 
Halle non aveva la minima idea del perché gli avesse raccontato quella storia, e se questa avesse avuto qualche effetto su Near. Per quello che poté vedere, le sue parole gli aveva attraversato la testa da un orecchio all’altro, senza suscitare particolari reazioni. Il ragazzo tuttavia annuì lievemente, prima di riabbassare la testa sul ginocchio.
 
“Halle!” la voce di Gevanni distolse la donna dalla conversazione; si voltò e vide i due colleghi sorridere nella sua direzione felici come due bambini, indicando la cameriera che si stava avvicinando al loro tavolo con un vassoio pieno di cibo.
 
“Sembra ottimo.” Disse Halle, ricambiando il sorriso. Prese il suo piatto dalla cameriera, poi passo a Near quello che aveva ordinato. Il ragazzo lo afferrò senza commentare e lo posò davanti a sé, dove continuò a fumare ed emanare un profumo invitante.
Con gli occhi fuori dalle orbite Gevanni prese la sua porzione senza degnarla di uno sguardo, indicando invece la cena di Near, che continuava a sfrigolare. “Non sapevo che servissero una cosa del genere qui. Perché non me l’ha detto nessuno?”
 
Affondando la sua forchetta nel suo purea di patate, Halle scrollò le spalle, e dopo aver ingoiato una bella forchettata disse “Ci deve essere proprio scappato di mente.” Fece un mezzo sorriso a Gevanni, che fu prontamente ricambiato. “Giusto Near?”
 
Il ragazzo annuì in modo apatico “Giusto.”
 
“E’ stato tutto calcolato.” Aggiunse Rester velocemente, non volendosi sentire escluso dal divertimento. “Vero, Near?”
 
“Vero. Faceva parte di un piano accuratamente studiato per non farti godere appieno la tua ultima cena in Giappone.”
 
Gevanni lo guardò a bocca aperta, suscitando ilarità negli altri due colleghi. “Era una battuta quella, vero?” chiese dopo un po’, con voce incerta.
 
“Si.” Rispose Near, impassibile.
 
I tre investigatori si scambiarono uno sguardo veloce, per poi scoppiare a ridere contemporaneamente, incluso Gevanni. Halle, a cui era parso sentire una piccola risatina da parte di Near, dubitò che fosse stata recepita anche dai colleghi, seduti dall’altra parte del tavolo, impegnati a ridere a tutto spiano.
“Diamoci dentro.” Disse Rester alla fine, asciugandosi le lacrime con la sua mano grande come la zampa di un orso. “Il cibo sembra squisito, e la bella notizia è che la compagnia è anche meglio.”
 
“Brindiamo!” disse Gevanni, alzando di nuovo il suo martini mezzo vuoto. Gli altri due lo seguirono a ruota, insieme a Near dopo una piccola esitazione. Sorridendo Gevanni continuò “Ai migliori colleghi che esitano al mondo!”
“Alla giustizia.” Le parole di Near, seppur sussurrate, tagliarono il rumore del ristorante, facendo piombare il tavolo in un rispettoso silenzio. “A quelle persone che hanno servito la giustizia in cui credevano, e che adesso non sono più con noi.” Rimase immobile per un lungo momento, con la testa piegata, prima di avvicinare il bicchiere alla bocca, guardarlo con evidente disgusto, e buttare giù l’intero contenuto in un unico sorso. Il ragazzo fu visibilmente scosso da un brivido, infine poggiò il bicchiere vuoto sul tavolo con un rumore secco “Al futuro.”
 
Il resto della serata passò in un baleno. Il gruppo aveva ritirato fuori alcuni ricordi del caso, aveva riso ad alcuni e sospirato ad altri; e avevano deciso che, almeno i primi tempi, sarebbero sicuramente rimasti in contatto. Perfino Near se n’era uscito con alcuni aneddoti, suscitando particolare sorpresa nei compagni con una divertente storia della sua infanzia che riguardava il precedente L, la povera donna che si occupava di lui all’orfanotrofio inglese dove era cresciuto, ed una salamandra messa in una cesta di asciugamani puliti. Nessuno aveva chiesto come Near fosse a conoscenza di quella storia, tuttavia Halle aveva iniziato a sospettare, dopo una serie di racconti su L, che Near ad un certo punto avesse conosciuto davvero il detective.
 
Per tutto il tempo l’espressione di Near era rimasta assente e inalterata, ma il suo tono era risultato leggermente più rilassato del solito, come se per un momento anche lui fosse preso solo dal presente e avesse cercato di dimenticare il passato.
 
Adesso, sette ore dopo, Halle si trovava a guardare in giro le sue stanze vuote, chiedendosi come la notte fosse passata così in fretta, e perché era già giunto il mattino. Gevanni era partito all’incirca una mezz’ora prima, per prendere una coincidenza di un volo da Los Angeles, che lo avrebbe riportato a casa, a Seattle. Rester era momentaneamente uscito a prendere gli ultimi beni necessari per Near, ma aveva promesso di tornare presto e di aspettare con il ragazzo fino a quando il suo misterioso tutore fosse arrivato da chissà dove.
 
Controllando il suo orologio, Halle notò che aveva ancora venti minuti prima di partire per l’aeroporto e prendere il suo volo. C’era ancora tempo quindi per dire addio a Near, qualcosa che, sapeva, aveva cercato di evitare fino all’ultimo.
 
Lasciando le sue stanze, la donna si incamminò lungo il corridoio buio, con i tacchi che risuonavano sul pavimento d’acciaio lucidato, facendo rimbombare il rumore a distanza.
Raggiungendo finalmente la porta di Near, si fermò e bussò piano.
 
“Avanti.” La voce di Near era soffocata, e quando Halle aprì la porta, trovò il ragazzo seduto sul suo letto, con la schiena rivolta verso la porta, le ginocchia piegate al petto e la testa immersa tra le gambe. Qualcosa di luccicante era poggiata sulle lenzuola accanto a lui, e quando Halle si avvicinò, notò che era una tavoletta di cioccolato mezza aperta, ancora incartata nella sua pellicola luccicante.
 
Realizzò con grande stupore, non appena il ragazzo si girò verso di lei, che Near stava piangendo: grosse lacrime colavano lungo le sue guance per poi cadere libere sulle soffici lenzuola di cotone che ricoprivano il letto. Macchie scure di cioccolato sciolto gli contornavano la bocca, e Halle notò anche dei segni attorno agli occhi, come se lui avesse cercato di asciugare le lacrime, con l’unico risultato di farsi ancora più male.
 
La donna fronteggiò l’espressione di Near, sentendosi orribile per essere subentrata in un momento così intimo per il ragazzo, ma allo stesso tempo chiedendosi se Near effettivamente avesse voluto la sua presenza lì, e sentendosi felice del tempismo con cui aveva bussato alla porta. Avrebbe potuto cacciarla. Nessuno gli avrebbe rimproverato il suo comportamento.
 
Near sbatté le palpebre, facendo scivolare sul suo letto altre lacrime; e anche se si lasciò sfuggire solo un piccolo singhiozzo, Halle lesse nei suo occhi una tristezza più profonda di qualsiasi altra emozione avesse mai visto sul viso del ragazzo.
“Immagino che partirai a breve.” Disse Near, con voce stanca, e gli occhi rossi e gonfi. “Fai buon viaggio.”
 
Quello fu troppo. Incapace di trattenersi, Halle si precipitò verso Near e lo strinse forte tra le sue braccia. Lui si contrasse sotto il suo tocco; le sue piccole e ossute spalle si alzavano e si abbassavano ad ogni respiro che rilasciava.  Halle lo abbracciò per un lungo momento, conscia del fatto di aver superato i limiti imposti, eppure fregandosene ampiamente perché, capì che ci teneva troppo.
 
“E’ stato bello lavorare con te.” Sussurrò infine la donna, stringendolo un’ultima volta, per poi lasciarlo andare e alzarsi finalmente. Near non diede segno di volerla seguire, ma non sembrò neppure turbato dall’abbraccio. Quella era stata la prima e unica volta che Halle lo aveva toccato, e la donna si sentì privilegiata per aver avuto questa unica opportunità.
 
Near non si fidava davvero delle persone. Ma si era fidato abbastanza di Halle per farla entrare nella sua stanza e farle vedere qualcosa che era sicura quasi nessun’altro avrebbe mai visto.
Per un breve istante, in uno strano modo tutto suo, Near le aveva mostrato il suo cuore, e le aveva fatto sapere che forse, le sue parole quella notte non erano andate sprecate.
 
Tornando verso la porta, Halle si arrestò sulla soglia, con una mano sulla maniglia. “Manca anche a me.”
 
Dietro di lei Near si mosse sul letto, ma non disse nulla.
 
Temendo di aver detto troppo, la donna lasciò ricadere la mano al suo fianco. “Addio Near.” Poi, sentendo di non riuscire a mantenere la sua compostezza ancora per molto, scivolò nell’oscurità.
 
Avendo altre cose in mente, come passaporti e carte d’imbarco, Halle fu colta di sorpresa dalla suoneria del cellulare poco prima di imbarcarsi sul suo volo per Los Angeles. Spostando i documenti nella sinistra, immerse la mano libera nella borsa alla disperata ricerca del telefono, trovandolo finalmente sotto una pila di cosmetici, fazzoletti e cartine arrotolate che aveva dimenticato di buttare prima di salire a bordo.
 
Aprendo lo sportellino, la bionda accostò il telefono all’orecchio, sperando di riuscire a sentire qualcosa attraverso il rumore dell’aeroporto. “Pronto?”
 
“Ciao Halle.” La voce di Rester risuonò chiaramente attraverso l’apparecchio.
 
Decisamente sorpresa, lei inarcò un sopracciglio “Rester? Perché mi chiami su questa linea? Non credevo dovessimo mantenere questi numeri di telefono.”
 
L’uomo grugnì “Near li aveva a portata di mano. A quanto pare pensa che potrebbero tornare utili da un momento all’altro.”
 
“Qualcosa non va?”
 
“No.” Rester fece un pausa, per poi riprendere a parlare leggermente confuso “A dire il vero, voleva che ti recapitassi un messaggio.” Si fermò, e Halle percepì la voce di Rester chiedere qualcosa a qualcuno in sottofondo. “Vuole che ti dica che avevi ragione.”
 
Essendo arrivata al suo gate, Halle porse la carta d’imbarco all’hostess, la quale indicò bruscamente il suo telefono. La donna la fulminò con lo sguardo, facendole intendere che stava per riagganciare.
 
“Ragione riguardo cosa?”
 
“Ha detto che quella è stata la migliore cioccolata che ha mangiato in vita sua. Mi dispiace Halle, ma non ho idea di quello a cui si riferisce. Tu?”
 
Le parole di Rester la fecero fermare di botto. Anche se le persone dietro di lei le urtarono contro e le urlarono di muoversi, visto che stava bloccando il passaggio per l’aereo, lei sentì che la sua mente aveva completamente abbandonato l’aeroporto.
 
“Si.” Riuscì finalmente a dire, scuotendo la testa per lo straordinario enigma che era Near. Anche se, ancora una volta, si rese conto che forse non era questo gran mistero.
Dopo tutto, era finalmente riuscita a incastrare insieme un po’ dei suoi piccoli e uguali pezzi bianchi.
 
Lo stuart chiese ad Halle di spegnere il telefono, ma lei si limitò a sorridere e scrollare le spalle. “Si Anthony, ce l’ho. Grazie per la telefonata.”
Spegnendo il cellulare, lo ricacciò velocemente nella borsa e riprese il suo viaggio, sentendosi molto più leggera di quando era arrivata per la prima volta in Giappone.
 
Ora, dopo quell’ultimo messaggio, si trovò finalmente pronta a tornare a casa.
 
 
 
 
A/N: Personalmente ho amato questa storia dal primo momento in cui l’ho letta, anche se per alcuni forse può risultare un po’ lenta, e mi ha commosso talmente tanto che ho sentito il bisogno di tradurla e condividerla con voi.
Near è il mio personaggio preferito di Death Note; mi sono limitata a tradurre perché, nonostante ci stia provando e mi piacerebbe da morire riuscirci, scrivere su di lui è la cosa più difficile che si possa fare. Visto che non amo l’OOC non voglio combinare casini e rovinare un personaggio che amo così tanto. Casualmente ho trovato questa piccola perla, e il mio pensiero coincide completamente con quello dell’autrice (e di Halle nel racconto) sulla descrizione psicologica dell’albino. Io non avrei saputo scriverlo meglio. Lui è un personaggio complicato, che spesso viene stereotipato e incredibilmente limitato.
Un’altra cosa che amo è proprio la coppia Mello/Near. Dato che nel manga la morte di Mello è stata liquidata con un ‘va bene così, era necessario’, questa storia è la mia piccola rivincita personale. Secondo me il loro rapporto qui è trattato con una dolcezza e una delicatezza infinita, che vi assicuro, mi ha fatto piangere; senza scivolare nell’OOC, a mio avviso. Perché per quanto odio ci possa essere stato tra i due, qualcosa di profondo li ha sempre legati, come se avessero effettivamente bisogno l’uno dell’altro.
Infine la figura di Halle. Tutte le donne in questo manga sono trattate peggio che mai, ma secondo me lei è l’unica che si salva. Mi piace la sua figura un po’ burbera per il troppo contatto con gli uomini, ma allo stesso tempo materna con Near. Mi piace che si accorga di ogni dettaglio, perché in fondo è una donna e certe cose non ci sfuggono mai.
Spero di essere stata in grado di trasmettervi qualche emozione, proprio come l’autrice le ha trasmesse a me, e vi sarei molto grata se mi lasciaste un commento o un parere, così che io possa rigirarglielo. Ne sarà sicuramente felicissima. Grazie a tutti voi che siete arrivati fin qui!
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

   
 
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