Il suo nome era Quoll Luciphul, ma questo non vi dirà
niente: non è un nome celebre.
Tristemente famosa era invece l’organizzazione criminale di cui era a capo, la pericolosissima Brigata Fantasma.
Notato che i verbi sono tutti al
passato? Già, tutto finito…
Per qualche tempo è stato
disponibile in rete anche uno snuff-movie in cui si vedevano chiaramente il suo
corpo e quelli dei suoi compagni mentre venivano brutalmente smembrati, per
finire con un primo piano della sua testa mozzata. Bello,
eh?
Strano anche…
Dato che la testa sembrava
perfettamente al suo posto, attaccata al collo del suo giovane padrone: i
capelli castano scuri, perfettamente lisci e puliti, gli cadevano sulla fronte
tatuata, da un lato ravviati dietro un orecchio a mostrare gli orecchini
antichi, dello stesso colore dei suoi occhi. Quegli occhi che ora fissavano come
specchi gemelli l’infinità della notte, un blu troppo scuro e senza
stelle.
Con tutte le stelle che abbiamo
visto cadere, dovremmo poter realizzare ogni singolo sogno,
no?
No.
Sembrava molto giovane, il volto
ancora infantile per un uomo di ventisei anni - occhi troppo grandi e tratti
troppo dolci – solcato da un sorriso nostalgico. Neanche da solo riusciva ormai
a mostrare i suoi veri sentimenti… non sapeva neanche più se ce li aveva, lui,
quei cazzo di sentimenti!
Poteva catalogare le sue
espressioni senza sforzo alcuno in due sole categorie: sguardo pensieroso e
vagamente triste, gli occhi di solito guardavano in basso o oltre
l’interlocutore; oppure sorrisino furbo ed enigmatico, contatto visivo intenso e
fisso.
Non provava quasi nulla…
Solo un impellente desiderio di
vendetta che i giorni ormai affogavano nella noia e
nell’apatia.
Passava la maggior parte del tempo
a leggere appollaiato sul parapetto della terrazza o nella quiete della sua
stanza, interrotta solo dal lieve ronzio della console in salotto. Il televisore
lo spegneva spesso, non sopportava più di vedere quella foto perennemente
sorridente sfotterlo al di là dello schermo… eppure era tutto ciò che gli
rimaneva ormai… tutto ciò che teneva insieme i pezzi della sua vita: Hisoka.
Come avrebbe riso quello stronzo
conoscendo i suoi pensieri, sapendo che lo considerava quasi la sua ancora di
salvezza… probabilmente se fosse venuto davvero a conoscenza di queste patetiche
riflessioni l’avrebbe ucciso per pietà, per non vederlo umiliarsi ulteriormente
e, cazzo, gli avrebbe fatto un favore!
Se lo immaginava benissimo: la
bocca decisa piegata in un sorriso amaro di scherno e compatimento, gli occhi
allungati dalle palpebre pesanti semichiuse ad osservarlo con scarso interesse,
ed infine la sua voce delusa, scazzata, ed allo stesso tempo sempre carezzevole.
< Quoll sei proprio squallido. > avrebbe detto, il sorriso che si allarga,
compiacendosi del proprio gioco di parole.
E avrebbe anche avuto ragione, si
disse l’uomo.
Hisoka si stava adoperando per
lui, per fargli recuperare i poteri che aveva perso, ma non lo faceva certo per
gentilezza. Era stato chiaro prima di cominciare la ricerca di colui che avrebbe
potuto estrargli la lama di nen dal cuore: quando finalmente Quoll fosse tornato
il guerriero temibile e spietato di un tempo, avrebbero duellato fino alla
morte.
Niente che non si aspettasse, sia
chiaro, ma quel “fino alla morte” negli ultimi tempi aveva cominciato a dargli
da pensare… voleva davvero uccidere Hisoka?
Domanda stupida, perché più ci
pensava e più tutte le sue riflessioni sembravano condurlo ad una sola risposta:
sì, lo
odiava…
sì, grazie al suo tradimento aveva
perso degli amici fidati…
sì, l’aveva
promesso…
e ancora sì, se non l’avesse fatto
sarebbe stato Hisoka a prendesi la sua vita.
Non lasciava mai molta libertà di
scelta quel ragazzo.
… ma allora perché diavolo
esitava?
Pensava troppo nell’ultimo periodo
e sempre a quello stronzo. Sarà che vivere nel suo appartamento, circondato da
tutte le sue cose e libero di curiosarci in mezzo non era proprio un deterrente
per simili pensieri… stava diventando un po’ monotematico.
< Come casa tua? > aveva
chiesto lui sbalordito, ma poco poco, Quoll non si sbalordiva
mai.
< Casa mia! Sai… il posto dove
vivo quando non sono in giro ad ammazzare la gente… > gli aveva risposto
blando, sventolando una mano con noncuranza.
< Ma… così io saprò dove si
trova! > si era lamentato ancora l’uomo, vagamente
preoccupato.
Hisoka aveva sorriso < E che
m’importa, tanto appena torni forte ti uccido! A chi lo dici se sei morto?
>
Il suo gentile anfitrione lo
conosceva bene, sapeva che oltre quelli del Ragno, non c’era nessuno di cui si
fidasse, nessuno che potesse aiutarlo.
Ciò che non aveva considerato era
che forse, dopo due anni da quando si erano incontrati la prima volta e gli
ultimi mesi vissuti a stretto contatto, anche lui cominciava a farsi un’idea di
chi fosse Hisoka in realtà.
Niente famiglia, né amici, né
ragazza: una vita quasi vuota, come la sua.
Solo una foto trovata in mezzo ad
un libro di poesie smentiva questa tesi. Era un bosco d’inverno, l’uomo con il
piumino verde fosforescente ed i capelli rossicci pieni di neve non poteva
essere che Hisoka ed afferrava per la vita la ragazza accanto a lui, una figura
poco più bassa, infagottata in un cappotto grigio ed elegante, una sciarpa
bianca le copriva la bocca creando un netto contrasto con i lunghi capelli
corvini tenuti indietro da un paraorecchi di pelo candido. Lei teneva in alto
con la mano qualcosa che il ragazzo cercava di prendere, sembrava ridessero… ma
la fotografia era storta e mossa, non si vedeva bene.
Quella ragazza però doveva essere
morta, si disse, nessuno con una vita come la loro si sarebbe mai tenuto in casa
le prove di un legame, di una debolezza…
Oppure si era semplicemente
sbagliato: non era Hisoka, ma suo padre in un momento di tenerezza con sua
madre… poteva essere!, non tutti erano orfani come lui.
In ogni caso quello sfocato
quadretto idilliaco gli aveva aperto una porta sull’anima di Hisoka, un lato di
lui che probabilmente non avrebbe mai voluto vedere, che aveva istillato il
dubbio nel suo cuore.
Lo sentiva ancora troppo vicino
nonostante tutto, mentre per riuscire ad ucciderlo senza rimorsi aveva bisogno
di crederlo semplicemente un bastardo senza cuore.
Era una sensazione spiacevole, che
gli rimescolava le viscere.
Aveva richiuso la foto nel libro e
rimesso il libro sulla mensola in alto, ma a volte, quando nuove congetture si
facevano strada nella sua mente, inevitabilmente andava a
rivederla.
Hisoka non c’era mai, era sempre
impegnato a rincorrere il fantomatico specialista all’interno di Greed Island.
Gli unici che suonavano alla porta erano fattorini take-away e postini annoiati
che portavano pacchi dell’assurda roba che il padrone di casa ordinava via
internet.
Non si stupì dunque quando il
campanello suonò.
< Cerco Hisoka. > aveva
detto l’attendente.
< Sono io. > mentì Quoll,
ormai abituato a smaltire la corrispondenza.
L’altro aveva sorriso dicendo <
Ma se non gli somigli neanche! >.
Solo allora l’uomo aveva alzato
gli occhi sul visitatore.
Era un ragazzo di circa vent’anni:
gli occhi grandi, scuri, da gatto ed allo stesso tempo inespressivi ed
insondabili, il viso pallido ed ovale come una maschere di teatro, lunghi capelli lisci del colore della
notte. Sopra a dei normalissimi jeans, indossava una maglietta bianca a maniche
lunghe, che gli si attorcigliava addosso come fosse fatta di garza,
sottolineandone il corpo magro ma ben tornito… ed aveva un aria stranamente
familiare.
< Chi sei? > gli aveva
chiesto irrigidendosi all’istante.
< Chi sei tu! – rispose di
rimando il ragazzo, il tono divertito ma le labbra serie – Sono qui per Hisoka.
>
< Non c’è. > disse lapidario
l’uomo.
L’altro alzò le spalle <
Pazienza. Vorrà dire che lo aspetterò. > e detto questo entrò senza aspettare
l’invito.
Aveva un modo di muoversi veloce
ed aggraziato, come se dovesse spiccare il volo da un momento all’altro,
sembrava essere a suo agio in quella casa,
probabilmente c’era già stato.
Si diresse senza esitazione verso
la camera da letto ed aprì l’armadio, cominciando a far passare gli
abiti.
< Ehi, tu! – disse infastidito
Quoll – Lascia stare i miei vestiti! >
Il ragazzo lo guardò, le labbra
perennemente imbronciate < Questi non sono tuoi. – rispose, afferrando una
felpa nera di Hisoka – Anzi questa, se proprio lo vuoi sapere, è mia.
>.
All’improvviso collegò quello
strano individuo alla figura nella foto che aveva preso per una ragazza… non
poteva essere vero!
< Sei il suo amante!?! >
esclamò, doveva avere davvero un’espressione spassosa perché l’altro si concesse
un sospiro divertito, infilandosi la felpa che aveva in mano e facendo uscire
dal collo di essa i lunghi capelli di seta con un gesto fluido. Si portò al viso un lembo di stoffa
inspirando profondamente l’odore di Hisoka.
< Ilumi Zoldick. > si
presentò poi lasciandosi cadere sul letto, lo sguardo nuovamente
trasognato.
< I-Ilumi! > ripeté
sbalordito l’altro. Cominciava a sbalordirsi un po’ troppo
spesso…
Il ragazzo roteò gli occhi neri
< Sì, mi hai anche assunto una volta. Ci siamo sentiti per telefono.
>
< Stai… stai lavorando per
Hisoka? > chiese, ancora sorpreso per la rivelazione.
Il giovane Zoldick gli lanciò un
occhiata di sufficienza < Credi che te lo direi se così fosse? >. Quoll
non rispose e l’altro continuò <
Devo dire che mi hai molto deluso… Mio padre e mio nonno avevano buona stima di
te e non capisco perché Hisoka ti trovi ancora tanto interessante, dopo che ti
sei fatto fregare da dei principianti. >
< Geloso? > chiese l’uomo
con spavalderia, riacquistando un po’ di self control e assumendo la sua
espressione numero due.
Sorrise anche Ilumi e rispose <
Forse. >.
Non aveva negato quando lo aveva
accusato di essere il suo amante, pensò Luciphul, non aveva negato la possibile
gelosia…. E la cosa cominciava ad avere un senso: Ilumi era un sicario
eccellete, il figlio maggiore di una famosa famiglia di assassini, e non aveva
certo bisogno di protezione. Hisoka non lo considerava affatto un punto debole,
si sentiva tanto sicuro di lui da tenere una sua foto in
casa.
< Potrebbe non tornare per
giorni… > lo informò.
< Ho detto che aspetterò. >
rispose tranquillamente il ragazzo, incrociando le braccia dietro la nuca e
chiudendo gli occhi felini.
Non si sentiva minimamente
minacciato dalla presenza di quell’uomo, non sarebbe riuscito ad ucciderlo
neanche scaricandogli addosso un mitragliatore mentre
dormiva.
< Ilumi… > lo chiamò l’altro
avvicinandosi un po’ ai piedi del letto.
< mh…?
>
< Ti piace la neve? >
chiese.
Il giovane aprì un occhio solo,
squadrando la figura scura, < Adesso sono geloso. > disse, la voce
tranquilla, il viso ovale perfettamente rilassato, mentre tornava al suo
sonnellino.
Quoll arricciò le labbra in un
sorriso, forse finalmente sarebbe riuscito a fuggire quella noia
costante.
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Ciao a tutti, ecco la mia nuova ff... l'ambientazione ed i protagonisti sono abbastanza simili a quelli dell'ultima, ma che volete che vi dica? al cuor nn si comanda!
Ho esitato abbastanza a pubblicarla perchè non mi sembrava che HunterxHunter fosse molto conosciuto (purtroppo...) ma una recensione ha riacceso le mie speranze e sono andata a rileggermi questa storia che avevo in stanby da un po'...
spero piaccia ^_^
fatemi sapere.
Bye bye,
Lem