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Autore: lispeth_    26/03/2012    1 recensioni
Chi ha mai sentito parlare del termine amnesia lacunare? Perdita della memoria di uno specifico periodo di tempo che può essere ristretto oppure prolungato. Winter Jones ha eliminato dalla sua memoria due anni della sua vita dimenticando il suo amore per Storm Black.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
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«Signorina Jones! Vuole partecipare anche lei alla lezione?» la voce acuta della professoressa Chance interruppe  i miei pensieri rivolti a qualcosa che sicuramente non aveva a che fare con la lezione. Perchè ripetere sempre la stessa solfa ogni anno? In fondo nessuno stava effettivamente seguendo la lezione. Tranne Tracy. Oh Tracy era in grado di leccare il culo a chiunque pur di avere una bella pagella per il college. Non mi interessava il mio futuro, almeno era troppo presto per pensarci. Se avessi dovuto decidere in quel momento probabilmente mi sarei indirizzata verso veterinaria nonostante la settimana prima avessi urlato al mondo che odiavo gli animali. La mia vita non era fatta di piani, in fondo non venivano mai rispettati.
«Certamente» risposi con un sorriso smagliante che sembrò bastarle.
Emily Chance, un cognome che dava una certa speranza a noi poveri studenti del suo corso; in realtà era la professoressa più stronza della scuola. Si nascondeva dietro a un paio di occhialetti rossi con montatura da film porno e si presentava ogni giorno con la scollatura al vento. La sua camminata imitava Angelina Jolie nel film The Tourist anche se l’effetto era completamente l’opposto: sembrava una sessantenne in cerca di attenzioni che camminava storta a causa dei tacchi troppo alti.
Riprese la sua spiegazione sui minerali, qualcosa a che fare con polimorfia o qualcosa del genere. A volte mi chiedevo che cosa ci trovassero di affascinante nei sassi?
Insomma perchè non concentrarsi in qualcosa di più serio come la psicologia? O almeno su qualcosa di animato che sapesse almeno parlare.
Pensare troppo all’inutilità di quella materia non l’avrebbe certo cancellata dalla faccia della terra quindi ripresi a fissare la lavagna con un sorriso finto-soddisfatto sulla faccia.
Winter Emma Jones era il mio nome intero. Ma odiavo terribilmente il mio secondo nome che non lo usavo mai da nessuna parte, avevo vietato i miei genitori a inserirlo in qualche carta burocratica che mi riguardasse.
Emma dava troppo l’idea di ragazza con il mondo ai suoi piedi. Sicuramente doveva essere stata una regina o qualcosa del genere, me la immaginavo nel suo vestito gonfio di orgoglio di una tinta tendente al rosa ma adornata da un nome con accento francese.
Winter invece richiama a qualcosa di più freddo, più sinistro nonostante non abbia niente a che fare con la sottoscritta. La gente tremava nel ripetere il mio nome, mi faceva sembrare una tiranna senza nemmeno aver aperto bocca. Ma era meglio così, meglio essere temute che scernite. Certo l’effetto non era uguale per tutti, sarebbe stato troppo bello non essere considerata da nessuno nella scuola o nella vita in generale, ma era un livello di indifferenza che potevo benissimo sopportare.
No, state sbagliando. Non stavo per essere accettata nella più importante scuola di magia e stregoneria e state certi che non mi lasciavo abbordare da uno stupido vampiro luccicante che non scopa da più di cento anni. Non ero nemmeno una ragazza difficile che improvvisamente piaceva a tutti. No, quella non ero io.
Avete presente una ragazza normale? Una di quelle che non fa niente per salvare il mondo e che non ha voglia di studiare? Bè quella ero –e sono ancora- io. Qualcosa di noioso che sicuramente non suscita interesse ai nostri lettori ma scusate non posso certo raccontar balle solamente per costringervi a continuare a leggere.
 
La campanella strillò improvvisamente  facendomi sobbalzare. Quel suono significava che era finita quell’assuefante lezione di geologia o quello che era. Mi alzai comunque controvoglia dal mio banco, ormai avevo preso confidenza con la mia sedia ma venni trascinata fuori dalla marea di studenti che non vedeva l’ora di andare a mangiare. I miei libri finirono rumorosamente sul tavolo facendo tremare la zuppa che ci avevano propinato quel giorno. Dovevo decisamente darmi una svegliata, sembravo essere una morta di fame che non amava se stessa e il mondo.
Per migliorare la situazione arrivò Samantha. La spumeggiante Samantha con una massa di capelli rossi e un viso pieno di deliziose lentiggini che circondavano il suo sorriso troppo bianco per appartenere ad un’adolescente. A lei non serviva parlare, anzi non lo faceva poi così spesso, le bastava semplicemente sorridere al mondo ed esso le dava tutto ciò di cui aveva bisogno. Leggermente invidia faceva. Insomma chi di noi non ha mai desiderato avere una vita stipata di favori e regali?
Desideri qualcosa e ti viene dato all’istante senza nemmeno darti il tempo di spegnere le candelline o di aprire gli occhi. Ti passa anche la voglia di desiderare sinceramente.
«Come è andata con la Chance mi hanno detto che ti ha beccata fantasticare» mi disse la sua voce melodiosa come un’arpa accordata alla perfezione. Si mise a decifrare la tabella nutrizionale del suo yogurt alla fragola. Ecco, un suo difetto era proprio quello: guardava le calorie di ogni singolo alimento che ingeriva in quel corpicino esile fino allo stremo. Prendeva troppo sul serio la sua forma fisica, ma quello solo perchè proveniva da una famiglia di atleti che miravano alla perfezione ogni secondo della loro vita. Nonostante questo Samantha faceva parte di quel 30 % di persone che amavano la propria vita ed erano felici; il restante 70 % fasciava tutto il resto del mondo.
«Si ma niente di così esaltante. Mi ha beccata a bocca aperta con bava alla bocca mentre sognavo Brad Pitt» dissi con un piccolo sforzo ficcandoci dentro dell’umorismo che faceva bene a piccole dosi la mattina. Riuscii a rendere visibile nuovamente il suo sorriso mentre le sue unghie curate aprivano lo yogurt con la velocità di un bradipo zoppo.
«Hai notato che oggi sono troppo silenziosi?» disse leccando rumorosamente la linguetta di alluminio pregustandosi la parte migliore del suo pranzo. Mi guardai attorno e notai che tutti erano composti ai loro tavoli. Mangiavano talmente lentamente e silenziosamente tanto da pensare che qualcuno fosse morto o che il preside avesse messo un ordine di restrizione ai fumatori entro il perimetro scolastico. Alzai le spalle con indifferenza decidendo che fosse più plausibile la mia seconda ipotesi in fondo il nostro preside odiava talmente tanto i fumatori che gli avrebbe sterminati con un mitragliatore, preferiva la prigione piuttosto che morire in mezzo al fumo e gli davo abbastanza ragione, tranne per lo sterminio ovviamente. Ripresi a giocare con un pezzo di qualcosa dentro al mio piatto. Sembrava un pezzo di osso di qualche animale innaffiato per bene dal brodo di carne , le scaglie di formaggio grana scaduto da due giorni erano stati messi apposta per nasconderlo ma l’avevo beccato senza alcun problema e non avevo alcuna intenzione di morire avvelenata.
«Cindy Harper è sempre stata così sexy?» mi chiese nuovamente Samantha squadrando per bene la ragazza al tavolo di fianco. Capelli biondi, occhi azzurri e una stupida risata, certo se sei un tipo a cui piacciono le oche, Cindy è sicuramente la persona della tua vita anche se il suo nome ricorda più un nome per assorbenti interni.
«Da quando ti interessa?»
«Mhm solo oggi ho notato che si è messa la minigonna» nemmeno una mente tanto intelligente come quella di Samantha era arrivata a capire che Cindy si era messa quella gonna solamente per essere osservata nonostante le sue gambe fossero storte e ossee. Ma Sam sembrava rapita dai suoi gesti e dal modo in cui si controllava il lucidalabbra allo specchietto. Dovevo veramente farle capire quali erano le persone al suo livello altrimenti sarebbe finita con la ragazza sbagliata.
«Andiamo stai parlando sul serio? Cindy? La ragazza spazzolino? Sinceramente il mio spazzolino dura di più della sua disponibilità a darti la sua vagina...e poi ci sono ragazze più belle per te Sam...decisamente più intelligenti» era uscita da una storia di due anni con una ragazza più grande che veniva da Brooklyn. Si chiamava Gwen e avevo imparato a capirla solamente quando aveva deciso di andarsene via e mollare la mia amica come una vecchia scarpa con i buchi. Mi sarebbero mancati i suoi assurdi orecchini con le piume e il suo neo a forma di cuore vicino alla bocca.
«Per una volta decido di ascoltarti, ma solo perchè sei mia amica»
«Alleluja» dissi alzando le mani al cielo in segno di ringraziamento divino. Era una delle poche volte in cui decideva di ascoltarmi, doveva essere davvero un giorno diverso dagli altri nonostante non avesse nulla di diverso rispetto a quello precedente. O forse era semplicemente un segno che stava per succedere qualcosa di inaspettato.
Come se quella teoria fosse pienamente fondata la porta della mensa di aprì con un tonfo che fece eco per tutta la stanza trasportando un po’ di quell’aria gelida di una giornata di settembre.
William Clarke aveva fatto la sua appariscente entrata in scena, proprio come da copione e il suo pubblico è in completa adorazione.
Castano chiaro, occhi piccoli di un colore insignificante e un passo da vip sbronzo per la metà della giornata, Will non era altro che il più pomposo e egocentrico ragazzo della nostra generazione. Era assurdo come si sentisse la puzza del suo ego immerso nel dopobarba di marca anche da un kilometro di distanza.
No se state pensando a quello che penso io, siete completamente fuori strada.
Non era certo mia intenzione cambiare il carattere di quel povero ragazzo perduto con il bacio del vero amore. Il mio obbiettivo era quello di stargli lontana il più possibile, la mia vita si era incrociata anche troppo con la sua in passato. Sbagli di gioventù si chiamano.
E Will lo era stato, un’irresistibile sbaglio che mi aveva resa uguale alla maggior parte di tutte le ragazze della scuola. Io uguale a cindy Harper? Mi veniva un conato di vomito al solo pensiero.
Persone come me e William non erano destinate a stare insieme o il destino dovrebbe prendersi una bella sbronza per decidere una simile eresia.
Primo: io e lui eravamo l’opposto, e la puttanata degli “opposti si attraggono” è infondata siccome due persone diverse si detestano.
Secondo: lui è di natura odioso, un adorabile antipatico...un sexy stronzo. Ok è meglio finirla all’istante prima che mi fotta tutte le mie decisioni mentali nei suoi confronti solamente con una frase.
Mi girai verso Narciso e come c’era da aspettarsi si stava specchiando su un cucchiaio di metallo. La prevedibilità era così  esatta su di lui. Se fosse stato per lui le pareti della scuola sarebbero state più belle ricoperte di specchi.
Specchi che avrebbero ritratto la sua travolgente bellezza totalmente sprecata.
«Non vi vedete più tu e il simpaticone?» mi chiese Sam cercando di essere il più disinteressata possibile riuscendo comunque a farmi sfuggire un sorriso divertito da quella situazione.
«Ho la faccia di una che esce don William Clarke per caso?» le chiesi sarcastica puntandomi il dito indice su al petto assumendo una posa da copertina di supermodelle dimenticate. Sam rise di gusto pensando di aver fatto la domanda più stupida al mondo e probabilmente era così ma poche volte ci divertivamo in quel modo, quindi lasciai che le nostre risate interrompessero l’entrata trionfale con tanto di colonna sonora del nostro protagonista.
«Seriamente che è successo tra di voi?» mi chiese Sam tra una risata e l’altra.
Uno sguardo acido mi trafisse direttamente la spalla e mi accorsi che Will si era fermato a guardarci con pugni stretti e l’aria di un toro pronto a scattare.
«Diciamo che non eravamo sulla stessa lunghezza d’onda e poi dai persone come lui vanno bene solo a sè stesse» dissi mimando un inchino in segno di scuse al ragazzo dall’altra parte della stanza che decise di sedersi al suo tavolo lisciandosi i capelli e riprendendo a parlare probabilmente di sè. 

  
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