Storie originali > Fantascienza
Segui la storia  |       
Autore: Patta97    26/03/2012    4 recensioni
Salve!
I capitoli saranno alternati dai punti di vista delle due protagoniste, a distanza di tre anni. Una protagonista, Sabine, ha l'enigmatico potere di trasformarsi in tutti gli animali e di parlare con le piante, mentre l'altra, Celeste, racchiude dentro di sé il potere dell'aria. Due potenti e ricche aziende che si occupano di addestrare giovani con poteri sovrannaturali. Una continua lotta tra bene e male.
Ispirata ai fumetti sugli X-men, prima mia storia originale.
Spero leggerete e mi darete consigli tramite recensioni.
Genere: Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Mi chiamo Sabine Perrot e questa è la mia storia.
A diciotto anni, non avevo una casa, ma vivevo dove capitava.
Sei mesi prima ero fuggita dalla base sperimentale che era stata la mia casa negli ultimi sette anni.
L’abbandonai perché era in fiamme ed ero spacciata.
Lì morirono l’uomo che mi aveva cresciuta come una figlia, il mio gemello, la mia migliore amica e il mio maestro.
Dopo quel doloroso incidente mi rimasero solo il mio migliore amico e il figlioletto del primo morto che ho citato. Il bimbo, di sette anni, tornò subito dalla madre che lo aveva lasciato alla nascita. Il mio migliore amico rimase con me.
Come sempre.
Sedeva accanto a me, quel pomeriggio, sul marciapiede fradicio di una strada trafficata di Manhattan, e cercava di ripararmi col suo impermeabile malmesso.
Seguivo con lo sguardo le auto grigie che passavano sopra l’asfalto grigia sotto l’incessante pioggia grigia e il cielo plumbeo.
Ero intirizzita, e mi stringevo al tepore che emanava il mio amico.
Lui, improvvisamente, si stancò.
Sbuffò esasperato e si alzò in piedi, tenendomi avvolta nel suo impermeabile.
Svoltò nel primo vicolo sudicio e puzzolente che trovò.
Non avevamo mai avuto belle esperienze in vicoli come quello, ma lì eravamo più al riparo.
Scorgemmo un posto miracolosamente asciutto sotto le scale antincendio della palazzina dai mattoni scuri alle nostre spalle. Un cassonetto verde ci nascondeva ai passanti i quali, svelti e armati d’ombrello, camminavano all’imbocco del vicolo.
Mi lasciò cadere accanto a lui e sospirò nuovamente, frustrato.
Continuavo a rabbrividire dal freddo, nonostante il suo tepore confortevole.
E lui era arrabbiato di non poter fare di più per tenermi al caldo. Poteva rischiare di perdere il controllo di sé stesso.
Gli lanciai un’occhiata rassicurante, ma forse lui non afferrò.
- Fa così freddo per te, Sabine? – disse, ansioso.
Le sue parole provocarono una nuvoletta bianca attorno al suo viso pallido.
Io lo guardai come per sminuire il tutto e mi strusciai contro il suo fianco.
“Non basta per dargli conforto” pensai, e presi la mia decisione.
Presi un bel respiro e mi mancò per un attimo l’aria, ma riuscii a diventare di nuovo me e ad abbracciarlo.
Lui ricambiò la stretta per un attimo.
- Dovresti coprirti – disse subito, nervosamente, passandomi il suo impermeabile beige. – Per prima cosa: io ti ho vista nuda altre mille volte e per me non fa tanta differenza. Ma se passasse un altro uomo non credo resterebbe indifferente… seconda cosa: ti prenderai un brutto raffreddore –
Indossai l’impermeabile bollente e provai sollievo rispetto a  prima, nonostante sotto fossi del tutto spoglia.
- È un mese che non prendevo la mia forma umana – dissi, a fatica, mentre stringevo per bene la cintura. – Già stavo scordando come si fa a parlare, come ci si sente ad avere solo due piedi e com’è fatto il mio corpo –
Mi staccai da Simon e mi esaminai le gambe nude, i piedi e le mani.
I capelli scuri mi arrivavano già alle spalle e mi solleticavano la pelle del collo.
Simon cercava di guardare altrove e di mantenersi calmo, ma sapevo che, nonostante la sua apparente tranquillità, era davvero depresso.
- Non possiamo continuare così, Sabine – disse infatti poco dopo, mentre stavo di nuovo stretta a lui in cerca di altro tepore.
Mi baciò il naso con le sue labbra incandescenti e sentì il calore pervadermi il viso.
Rabbrividii di sollievo, chiudendo gli occhi.
Li riaprii e li incatenai ai suoi, marroni e dolci.
- Sì che possiamo. Dobbiamo – mormorai lentamente.
Incapace di trattenersi, diede un bacio svelto sulla mia bocca fredda.
Altro calore mi pervase, ma questa volta non solo il viso, ma anche tutto il resto del corpo.
Stavo per cedere e baciarlo io, con più trasporto.
Ma mi trattenni.
Per lui era già difficile senza che io mi mettessi a fare in quel modo.
Mi limitai ad avvicinare il mio viso al suo e gli baciai le guance rosse per l’imbarazzo e l’insoddisfazione.
- Questo potrebbe farti perdere il controllo e non va bene – sussurrai contro la sua pelle calda.
Poi trattenni di nuovo il respiro mentre i polmoni mi si stringevano e tornai alla mia forma di gatto. Gli saltai in grembo e mi raggomitolai contro il suo petto.
- Hai ragione – convenne, accarezzandomi la schiena, le orecchie e il muso.
Io chiusi gli occhi soddisfatta e feci le fusa.
Mi accorsi a malapena che stava continuando a parlare.
- Non posso più farti vivere così, amore. Devo andare via da Manhattan. E poi… odio la pioggia – disse.
Mentre diceva questo, io però ero già in dormiveglia grazie alle sue coccole. E mi addormentai, convinta di essermi immaginata tutto.
 
Mi svegliai intorpidita e per prima cosa mi accorsi con piacere che non pioveva più.
Spinsi le zampe anteriori in avanti portando il resto del corpo indietro, sbadigliando e tenendo gli occhi chiusi.
Mentre mi stiracchiavo, qualcosa mi cadde sul muso.
Era l’impermeabile beige di Simon.
Me lo scrollai immediatamente di dosso e giocherellai con la cintura di nylon.
Poi scossi la testa, stupita.
Era come se la sera prima quei dieci minuti da umana non fossero nemmeno esistiti.
Mi comportavo come un gatto qualunque. Ma io non ero un gatto.
Ero una diciottenne senza una casa.
Chissà dov’era Simon…
Mi sdraiai nuovamente sul tessuto ruvido dell’impermeabile, aspettando.
Sicuramente Simon era andato a procurare qualcosa per la colazione.
Aspettai, sonnecchiando.
Quando mi risvegliai dall’ennesimo cedimento, il sole era già alto nel cielo e picchiava forte.
Sembrava un contrasto netto con la sera prima.
Il grigio uggioso e la penombra delle nuvole con il bianco abbagliante del sole.
E Simon non c’era ancora.
Mi alzai e feci per fare qualche passo sulle mie quattro zampette nere, muovendo piano la coda.
Ma calpestai subito qualcosa ed abbassai la testa.
Era una carta sudicia con sopra delle parole sbiadite in uno stile che sembrava quello di una macchina da scrivere.
Sui lati bianchi, c’era però qualcosa.
Era una grafia abbastanza ordinata, con frasi brevi e scritte con una penna che inchiostrava a tratti.
Misi a fuoco le parole a stento.
Mi veniva sempre male a leggere quando ero un animale.
Finalmente riconobbi la grafia per una che aveva un non so che di familiare.
 
Sabine,
non potevo più vederti così.
Io sono andato via. Tenterò di trovare le mie origini.
Non mi cercare. Tu puoi trovare dei padroni. Sotto forma di qualunque animale.
Sei sempre adorabile. Ti amo e ti amerò sempre, amore.
Simon.  
 
Dovetti rileggere più volte per capire.
Attesi, interdetta, con le zampe anteriori poggiate su quel foglio malvagio.
Quel foglio che mi informava che Simon era andato via.
Come quando eravamo piccoli.
Mi aveva lasciata di nuovo…
Non potevo più vederti così
Questa è la prova che…
Sei sempre adorabile…
Non mi ama…
Ti amo e ti amerò sempre, amore...
Storie. Era scappato di nuovo.
Era di nuovo andato via da me.
Le lacrime si attardavano a venirmi agli occhi.
Mi resi conto, fin troppo lentamente col  mio cervello limitato e inceppato, che non sarebbero arrivate mai.
I gatti non piangono.
Reagendo d’impulso, senza pensare, mi trasformai in me.
Appena l’aria arrivò nei miei polmoni umani, iniziai a singhiozzare.
Non riuscivo a fermarmi.
Mi avvolsi nell’impermeabile. Era freddo.
Mi stravolse. Era freddo.
Come tutto, ora che Simon era andato via.
Piansi. Piansi. Piansi.
Quando smisi, il sole era arancione e il cielo… infuocato.
Mi asciugai le lacrime secche dal viso con una mano.
Poi sentii una risata roca provenire da qualche parte.
- Ma guarda chi si rivede – disse la voce roca, ancora ridacchiando.
E gelai dalla paura.

_____
Ciao!
Se sei arrivato/a fin qui in buona salute... grazie!
Spero che lascerai una recnsione e mi aiuterai a migliorare!
Patta97

PS Se non hai capito nulla della storia, ti assicuro che per adesso è assolutamente normale!
  
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantascienza / Vai alla pagina dell'autore: Patta97