Selinunt
Hill
Selinunte,
30 Agosto 2005
Mi
chiamo Riccardo.Il mio cognome non ha più importanza ormai.
Ho 15 anni. Non so
se qualcuno leggerà mai queste pagine,ma saranno necessarie
se qualcuno vorrà
ricostruire gli avvenimenti degli ultimi giorni.
Antefatto
Nella
ridente Selinunte,la sera del 14 Agosto,tutti si stavano preparando per
la
lunga notte dei falò in spiaggia.Ma qualcosa di insolito
accadeva:davanti la
statua di Padre Pio:delle strane figure incappucciate,vestite di nero
recitavano strani versi in latino. O almeno il mio amico RLG,anche lui
quindicenne, mi ha riferito.
Selinunte,
15 Agosto 2005
Era
la mattina dopo Ferragosto,le 6.30 circa.Tornavo dal falò al
Cantone, un po’
stordito per il sonno,un po’ per la birra. Non
c’era anima viva per
strada,tutto era chiuso “Tutto
normale”pensai”Saranno tutti a dormire
“.Ma
qualcosa di strano stava accadendo: c’era una puzza di zolfo
nell’aria e una
strana nebbia stava avvolgendo piano piano tutto il paesino. Avevo
intenzione
di farmi un bel cornetto caldo prima di andare a letto,così
mi diressi verso il
panificio; all’altezza del lido Tuxn incontrai Riccardo La
Guardia (da adesso
RLG).Riccardo era poco più basso di me,circa 1,75, capelli
castani corti,
corporatura robusta e spalle larghe.Anche lui era stanco della nottata
e sotto
l’effetto di alcool o non so di che cos’altro
(motivo per cui non do molto
credito al suo racconto dei tizi incappucciati).Ma era un po’
nervoso,glielo si
leggeva in faccia.
“
Cos’hai?” gli chiesi.
“
Niente,è che ho bussato a casa e non mi ha risposto
nessuno.Non ho le chiavi
per cui sono chiuso fuori…..”.
“Hai
notato che desolazione che c’è?Che strana
atmosfera…..”
“Allora
lo hai notato anche tu? Pensavo di essermelo immaginato.”
“Vediamo
se da Ciccio è aperto”
Detto
questo ci incamminammo verso casa di Francesco Sgamaglino (detto Ciccio
o
Cilo).Ma le imposte del pian terreno erano chiuse .Così
salimmo le scale a
fianco della casa per provare a bussare al piano di sopra,dove
c’è la seconda
entrata,sulla Via Pammilo,che in quel momento era sommersa dalla
nebbia.Bussammo ma non ricevemmo alcuna risposta. D’un tratto
sentimmo urlare
aiuto dalla nostra sinistra.Era la voce di Bruno,un ragazzetto che
conoscevamo
di vista. “Andiamo a vedere” suggerì
RLG.Ci avvicinammo e vedemmo in lontananza
due sagome scure,di cui una a terra e una in piedi che la aggrediva. Un
brivido
ci percosse,non capivamo niente,sembrava lo stesse
divorando:così scappammo giù
dalle scale e scendemmo verso il lido,correndo.Ci fermammo per la
stanchezza,
con il fiatone e sena capire niente. Un altro urlo ci fece sobbalzare
pochi
secondi dopo,ma stavolta era una voce conosciuta,la voce di Ciccio:ci
voltammo
subito,ma l’unica cosa che vedemmo era una sagoma che
scompariva nella nebbia.
Provammo a seguirlo urlando il suo nome,ma non lo ritrovammo.Scoprimmo
però
un’altra verità:la strada in quella direzione era
bloccata da un cumulo di
automobili,probabilmente in seguito a un grande incidente. Ma di Ciccio
nessuna
traccia. Ci incamminammo nella direzione opposta,con un'unica
meta,trovare
Giancarlo e delle risposte a quello che stava succedendo.Camminammo
sempre
nella nebbia,determinati,ma terrorizzati da quell’atmosfera e
dal quello che
avevamo visto. Ironia della sorte anche la strada per casa di Giancarlo
era
bloccata,ma stavolta da un palazzo crollato. “Che diavolo sta
succedendo?”pensai”Chissà
cosa sta pensando RLG? E’ da un po’ che guarda a
terra “.Guardando anche io la
strada notai un tubo di ferro,doveva essere pesante,ma non era il caso
di
pensare a certe cose.Essendo bloccata quella strada,l’unico
modo per scappare
era Via Caboto,parallela a via Pammilo, Salimmo verso casa mia,la
superammo e
continuammo dritto. A un certo punto sentimmo puzza di carne in
decomposizione;la ricollegammo a Bruno,anche se non ne avevamo la
certezza..Tirammo dritto senza soffermarci sul corpo.salimmo le scale a
ovest
più veloci che potevamo,preoccupati di fare la stessa fine
del cadavere.
Ma,tanto per cambiare, le scale erano crollate.Eravamo disperati ma mi
venne in
mente che la casa di Giuseppe Cagliari aveva due entrate,una dove
eravamo
noi,l’altra dava sulla via Caboto. Bussammo,ma non ottenemmo
risposta.La porta
di casa era in legno,abbastanza fragile:RLG si ricordò del
tubo di ferro vicino
casa di Giancarlo,e gli venne in mente di usare quello per
sfondarla.Preso il
tubo e sfondata la porta,scoprimmo che l’altra porta era
chiusa e blindata.
L’unica via di fuga trovata era il balcone:lo scavalcammo,RLG
con più
difficoltà a causa del dito rotto, ed entrammo.Ci si
presentò una scena raccapricciante
:era tutto sporco di sangue,c’era puzza di morto e membra
umane sparse a terra.
A terra notammo una fotografia di Bruno con la sua famiglia.Era casa di
Bruno.Ma anche in questa casa la porta era chiusa a chiave.Chiave che
forse
avremmo trovato esaminando i resti del cadavere del malcapitato
ragazzino.Scesi
velocemente sulla strada,mentre RLG mi aspettava.Trovai le chiavi,e
dell’aggressore,fortunatamente, nessuna traccia.Ma appena mi
riavvicinai alla
casa di Peppe, sentii dei passi dentro di me.Mi misi a correre in preda
al
panico,salii le scale e scavalcai,quella "cosa" era vicino a me,lo
sentivo.Ma RLG aprì la porta del balcone e diede una
sprangata alla cieca,che
fortunatamente colpì quella "cosa"e la fece cadere dal
secondo
piano:ma non era bastato,la cosa si rialzò per continuare a
inseguirci,ma noi
chiudemmo la porta del balcone.Il mio amico andò per aprire
la porta con le
chiavi di Bruno,ma non appena la aprì la richiuse
velocemente e si girò a
guardarmi:era pallido.”Forse fuori ci saranno delle "cose"
come
quella di prima” pensai d’istinto.Mi fece cenno di
guardare fuori dalla
finestra e disse “Sono quelli i tipi dell’altra
sera,che recitavano davanti
Padre Pio”. Guardai fuori: due file di uomini
incappucciati,che sembravano non
finire mai,che trasportavano due bare chiuse dalle quali colava del
sangue.O
almeno sembrava. Guardai RLG: era pallido, si leggeva la paura nei suoi
occhi.Anche io probabilmente non ero molto bello da vedere:ero
paralizzato,non
riuscivo a muovere un muscolo per il terrore.
“Chissà chi ci sarà lì
dentro?”
mi chiesi tra me e me.Sicuramente anche il mio compare pensava la
stessa cosa.
Aspettammo qualche minuto,poi ci riaffacciammo e vidimo che la strada
era vuota
così decidemmo di uscire allo scoperto e, spaventati, ci
dirigemmo verso casa
di Giancarlo nella speranza di trovarlo vivo. Dopo circa un quarto
d’ora di
cammino, vedemmo di fronte a noi una fila di sagome seminascoste nella
nebbia;
sembrava che ci stessero aspettando, non capimmo subito chi fossero
finchè non fummo
a pochi metri da loro. Io ero rimasto paralizzato dal terrore, riuscii
soltanto
a sentire:”Fuga!!”.”Che hai
detto?” chiesi girandomi verso RLG ma non ebbi
risposta: lo vidi correre disperatamente e scomparire
all’orizzonte.2Bell’amico”
pensai mentre mi affrettavo a raggiungerlo,convinto anch’io
che in fondo
scappare fosse l’ unica cosa sensata in quel frangente.
Corremmo senza mai
voltarci finché non fummo sicuri di averli seminati; durante
la fuga mi parve
di vedere una bambina, affacciata ad un balcone, ridere tenendo tra le
braccia
una bambola ma ero troppo occupato a scappare per fermarmi ad osservare
meglio.
Chiesi ad RLG se anche lui l’avesse vista, ma mi rispose che
probabilmente me
l’ero solamente immaginata.
"O
MIO DIO…!” sentimmo urlare attraverso la nebbia
davanti a noi. Ci avvicinammo
con cautela: lo spettacolo che ci si presentò ci fece capire
il motivo di
quella strana esclamazione. Nino Panino, famoso paninaro di Selinunte,
era
stato orribilmente ucciso, impalato all’ interno del suo
camioncino, con lo
spiedo sul quale era solito fare arrostire il kebap(piccola vendetta
personale
degli scrittori). Giancarlo guardava fisso la scena con gli occhi
sbarrati.
Giancarlo è un ragazzo di 14 anni , ma ne dimostrava almeno
17: era alto 1,85,
molto robusto, capelli neri e di carnagione molto chiara. Ci facemmo
avanti ,
gli misi una mano sulla spalla in segno di conforto, ma quello non mi
riconobbe
e fece istintivamente un passo indietro guardandomi, terrorizzato.
Capì solo
dopo qualche attimo chi eravamo e ci abbracciò felice di
sapere che non era
rimasto solo. “Picciò, sono felice di vedervi, non
avete idea di quello che ho
passato!” “Invece
io temo di sì!”
rispose RLG e gli raccontammo la nostra storia. Eravamo molto stanchi e
spaventati, la nostra unica preoccupazione in quel momento era trovare
un
rifugio dove recuperare le forze così chiedemmo a Giancarlo
se ci potesse
ospitare a casa sua. Rispose senza esitazioni di sì. Prima
di andarcene mi
venne in mente di cercare delle provviste e/o qualcosa di utile
all’interno del
furgoncino. Quando entrammo notai subito l’aria gelida e
pesante. L’interno era
molto illuminato dalle lampade a neon; c’era il silenzio
più assoluto: sentivo
chiaramente il respiro e i battiti cardiaci dei miei amici;solo un
ronzio,probabilmente
dell’aria condizionata,accompagnava quei suoni.
Fortunatamente trovammo dei
coltelli, del pane,della carne e qualcosa da bere.
Ci
incamminammo verso casa di Giancarlo.Ripassammo davanti al palazzo dove
avevo
visto la bambina.Guardai meglio la finestra,ma non c’era
nessuno. A terra notai
però un articolo di giornale.Era datato a una settimana
prima,l’8 Agosto ma di
20 anni fa,del 85.Nella foto era ritratta una bambina con le trecce
lunghe,con
in braccio una bambola. L’articolo diceva che si chiama
Elizabeth Smith, era la
figlia di due turisti inglesi in vacanza a San Vito. L’8
Agosto era scomparsa
in circostanze misteriosei. Giancarlo,mentre leggevo
l’articolo, notò che
dietro c’era scritto col sangue "TANTO E’ TUTTO
INUTILE".
Ci
guardammo in faccia, con un’ espressione mista di
stupore,paura e
curiosità.Mentre io continuavo a rileggere
quell’articolo,ci incamminammo verso
casa di Giancarlo. Nonostante disti pochi minuti, la nebbia e
l’ansia ce li
fecero sembrare interminabili.Arrivammo a destinazione senza problemi.
Entrammo
in casa e barricammo la porta;non c’era corrente
elettrica,per cui eravamo al
buio.Un poco di luce filtrava dalle serrande e bastava a farci
distinguere le
sagome all’interno.
Selinunte,
16 Agosto 2005
Ci
svegliammo alle 3 di notte circa. Appena svegliato mi accorsi subito
che RLG
non era in casa. Lo trovai fuori con il coltello sguainato.
“Sto facendo la
guardia” mi
disse. “Una buona idea “
pensai. Intanto anche Giancarlo ci raggiunse fuori. La strada a destra
era
ancora bloccata,mentre a sinistra scorgevamo delle figure che
emettevano strani
versi. L’unica via di salvezza era il mare.Pensammo
così di dirigerci al porto.
Misteriosamente non c’erano barche ormeggiate;quelle poche
che erano
raggiungibili erano state troppo danneggiate. La nebbia era troppo
fitta per
vedere a più di dieci-venti metri oltre la punta del molo.
RLG si volse verso
la città mormorando “Come ha fatto questo posto a
ridursi così?” Ci voltammo e
vedemmo in effetti che la Selinunte che conoscevamo non esisteva
più:al suo
posto c’era solo un triste paese deserto,avvolto in una fitta
foschia e circondato
da un’aura sinistra.”Già”
pensai tra me e me. Giancarlo nel frattempo stava
osservando ancora il mare. Quando ci voltammo verso di lui ci
indicò un punto
in acqua: in un banco di alghe galleggiava, probabilmente ormai da
molto tempo,
il corpo di un ragazzo che conoscevamo molto bene, Giuseppe Mammana. Il
corpo
era ormai in preda alla decomposizione, ma erano ben visibili i suoi
lineamenti, e oltre a questi, i segni di un’aggressione.
“Anche
lui……”commentò
Guancarlo che lo conosceva meglio di tutti. Ripercorremmo il molo senza
dire
una parola, a causa anche della vista di altri corpi in mare, purtroppo
di
gente conosciuta. Ci sedemmo sulle panchine del lungo mare per decidere
il da
farsi.”Ragazzi, facciamo il punto della
situazione”dissi”dal Danimarca non
possiamo salire verso lo Zabbara,e per scendere allo Scaro dobbiamo per
forza
optare per il giro largo” “E quindi?”
intervennero gli altri due “E quindi possiamo
solo sperare di uscire dal paese dalla via Cavallaio.Potremmo andare
alla
stazione a vedere se ci sono autobus ancora
funzionanti……oppure andarcene
semplicemente a piedi” “Beh,vale la pena
tentare” disse Giancarlo. E ci
incamminammo verso la stazione dirigendoci verso ovest. Arrivati quasi
sulla
cima della curva, un’automobile ci sfrecciò
accanto e si diresse verso la
pineta, inseguita da due "cose". Ritenemmo giusto andare a
controllare,anche perché avevamo trovato un mezzo di
trasporto. Corremmo per
qualche minuto e ci ritrovammo di fronte la barra che impedisce
l’entrata di
veicoli nella pineta: l’auto era ferma con uno sportello
aperto,ma del
conducente e degli aggressori nessuna traccia. Mentre io e Giancarlo
controllavamo l’orizzonte oltre la sbarra, RLG diede
un’occhiata all’interno
del veicolo: sfortunatamente era senza chiavi ma trovò nel
sedile del
passeggero una rivoltella e un pacchetto con una ventina di proiettili.
A quel
punto le cose erano due: o cercare il conducente del veicolo, e fuggire
poi con
l’auto,o proseguire verso la stazione. Non sapevamo che
fare,e RLG suggerì di
dividersi in due gruppi. Ma come fare una cosa simile? Solo in tre
significava
che un gruppo sarebbe stato composto da un singolo
elemento……Presi la
rivoltella appena trovata “Ragazzi io con questa vado a dare
un’occhiata alla
stazione……voi state in guardia, al limite provate
a difendervi con i coltelli o
qualunque corpo contundente vi capiti a disposizione. Ci vediamo qua
alla
macchina fra un’oretta.” Intanto si era fatto
mezzogiorno.
Giancarlo
e RLG avanzarono piano verso la pineta. Sentivano spesso fruscii
inquietanti
provenienti dalle siepi ai lati della strada, altre volte rumori di
passi,come
se qualcuno li seguisse,ma poi nessuno….Giunsero fino alle
scale che conducevano
al lido della Pineta,ma ancora nessuna traccia,quando udirono un urlo
agghiacciante provenire dal bosco oltre il lido. Poi scorsero delle
figure
muoversi fra gli alberi e si nascosero dietro degli arbusti sul lato
destro
della strada. Le due "cose" camminavano strisciando i lunghi e sudici
arti a terra. Passarono davanti i due ragazzi che ebbero
così la possibilità di
guardarli meglio. Avevano una forma umanoide,con entrambi gli arti,
superiori e
inferiori, gonfi alla fine, come a zampa di elefante, di un colorito
roseo
striato da vene da cui scorreva sangue nero, come se fossero dei pezzi
di carne
putrida. Non avevano volto, ma solo du piccoli buchi a metà
viso, e una bocca
larga quanto la loro "faccia", con più file di denti. In
quel momento
i due si sentirono il sangue gelare nelle vene ed emisero un gemito che
purtroppo venne avvertito da quei mostri: si voltarono verso gli
arbusti e
fecero dei lenti passi in avanti. I due ragazzi indietreggiarono
istintivamente, dimenticando di essere a circa 15 metri di altezza
dalla
spiaggia sotto di loro…..Caddero giù, rotolando
per una trentina di secondi, su
un terreno sabbioso con però pericolosi spuntoni di pietra.
Nella caduta
persero i sensi. Le creature, come se soddisfatte
dell’accaduto,se ne andarono
senza infierire sui corpi apparentemente senza vita.
Ignaro
di tutto ciò io in pochi minuti, abbastanza tranquilli devo
dire, arrivai nei
pressi della stazione. La zona era deserta oltre che di persone,
purtroppo,
anche di mezzi di trasporto. Passando accanto al campetto da calcio
senti degli
strani rumori, come di palleggi.”Chi potrebbe fare una cosa
del genere in un
momento simile?” pensai. Entrai nel campetto dal buco nella
rete, ma non vidi
muoversi nessuno. A terra però, vicino un pallone da calcio
macchiato di sangue
c’era un corpo dagli abiti familiari. Non potevo crederci
“Non può essere
lui,non è giusto!” e invece purtroppo era proprio
il corpo del povero Giuseppe
Allegra, ragazzino di Napoli che anche se più piccolo di noi
era un nostro
grande amico, quasi un cuginetto. Mi voltai per l’orrore e
notai che nell’area
di rigore c’era del sangue disposto in maniera
strana.”Sembrano lettere, una
parola” dissi a voce bassa. In effetti avevo ragione o quasi:
era un indirizzo “Via
Marco Polo N° 108, mmmm, è dove
c’è il Pierrot”. Il Pierrot è
il ristorante del
padre di un nostro amico, Dario Agoglitta, chitarrista capellone e
dall’aria un
po’ assente. Non sapevo cosa potesse significare, ma una cosa
era certa: dovevo
dirigermi là. L’oretta era quasi passata
così mi diressi verso la Pineta. Pochi
minuti di tragitto in discesa e arrivai alla strada d’accesso
della pineta.
Vidi nella nebbia due figure avvicinarsi a me “Saranno i
ragazzi,mi hanno visto”
pensai.ma mi sbagliavo. Dall’andamento convulsivo delle due
figure capii che
non erano i miei amici. Ma era tardi non appena realizzai che erano le
due
"cose" che avevano inseguito l’auto, una di queste si mise a
correre
nella mia direzione e mi saltò addosso con un balzo quasi
felino. Io d’impulso
alzai la rivoltella che avevo in mano e sparai tre colpi di cui due
andarono a
segno,uno in testa e uno presumibilmente nel petto. Dalla "cosa"
schizzò un getto nero e cadde a terra avvinghiandosi.
L’altra, probabilmente
spaventata o non so cos’altro, scappò via verso il
molo. Corsi verso la
macchina, ma di Giancarlo ed RLG nessuna traccia. Provai a chiamarli ma
fu
inutile. Entrai nell’auto, chiusi le sicure e mi concentrai
sul da farsi:
dovevo andare al Pierrot, ma come?
Da
li l’unica soluzione era ritornare alla stazione e da li
scendere verso i
templi e poi arrivare al Pierrot da dietro;gli altri forse li avrei
incontrati
per strada. Stetti qualche minuto in auto immaginando il tragitto. Con
la
speranza che forse gli altri avevano solo avuto un contrattempo, mi
morsi un
polpastrello e col sangue scrissi sul parabrezza “Sono al
Pierrot”. Il dolore
non era più nulla in confronto a quello che stavamo
passando. Mi allontanai
stringendo in mano la rivoltella.
Persi
circa un quarto d’ora per arrivare al ristorante. La nebbia
era sempre più
fitta, e mi parse fosse diventata pian piano notte. La porta del
Pierrot era
socchiusa: la aprii piano tenendo la rivoltella puntata a braccio teso.
Il
locale era deserto, e nessun rumore echeggiava nell’aria,
tranne un rosichio
sinistro. Addentrandomi il rumore si faceva sempre più
forte. Capii che la
fonte del rumore era dietro l’angolo. Lo girai di scatto,con
la pistola
puntata, e fui colto da un grande stupore. Non era un mostro a
rosicchiare il
corpo del povero Dario Agoglitta, ma una persona. Si accorse subito
della mia
presenza e si alzò in piedi. Fui sconvolto ancora di
più: dai capelli e dagli
abiti capii che quello davanti a me era il mio amico Ciccio. Era molto
pallido,
i capelli gli si erano lisciati ed erano ancora più neri;
due canini affilati
facevano capolino dalla bocca ancora sporca di sangue: sembrava un
vampiro.
Stava per avvinghiarsi contro di me, quando un vetro si ruppe: una
"cosa" gli balzò addosso. I due fecero una capriola e
rotolarono per
qualche metro. Poi Ciccio si rialzò e saltò fuori
dalla finestra, inseguito
ancora dal mostro. “Strano” pensai “ Ma
non dovrebbero attaccarsi fra di
loro……che diavolo sta succedendo, e soprattutto
cos’è successo a Ciccio?” Mi
avvicinai alla finestra per cercare di capire dove fossero scappati,ma
la
nebbia impediva di vedere a più di due - tre metri di
distanza. Mentre ero
ancora voltato sentii la porta dietro di me aprirsi: mi girai di scatto
e vidi
Giancarlo e RLG fermi davanti a me,ansimando,forse per la corsa, e con
alcune
ferite sul corpo.Mi raccontarono cosa gli era successo. Perdevano
però troppo
sangue,così proposi di andare alla guardia medica che, anche
se deserta ci
avrebbe fornito le medicazioni per i due. Durante il tragitto, che
durò solo
qualche minuto, gli raccontai della scena a cui avevo assistito.
Arrivati alla
guardia medica forzammo la serratura ed entrammo. Li era tutto
tranquillo,forse
anche troppo, ma non avevamo tempo per preoccuparci di questo. Li
medicai come
potei e, presi da uno strano torpore, ci addormentammo. Era come se
quelle
poche ore ci avessero stancato come un intero giorno. Fu questo il mio
ultimo
pensiero prima di perdere completamente conoscenza.
Selinunte,
XX Agosto (forse) 2005
Fui
l’ultimo a svegliarmi. Giancarlo e RLG erano già
in piedi a chiacchierare e a mangiare
dei cornetti duri, che avevano preso dal bar Danimarca lì
accanto: me ne
offrirono uno: era duro e secco, ma era l’unica cosa che
c’era. Non so perché
ma sia io che loro avevamo la sensazione che fosse passato molto
più di una
sola notte da quando ci addormentammo.
Mentre
discutevamo Giancarlo prese la rivoltella e la puntò verso
la porta: si era
accorto che qualcuno o qualcosa si era appostato lì dietro.
La porta si
spalancò piano e ci apparve una figura alta, dalla folta
chioma e abiti neri;
si reggeva a malapena in piedi, era ferito, era Ciccio.
“Allora siete vivi”
disse con voce ansimante ma in cui si poteva percepire un tono di
sollievo. “Ciccio”
urlammo in coro abbracciandolo. Ci svenne tra le braccia, e io lo potei
guardare meglio: non aveva più i tratti che avevo notato
l’altra sera.
Aspettammo un paio d’ore che rinvenisse: ci volle un
po’, ma alla fine si
riprese del tutto. Ci raccontò che parecchi giorni prima un
gruppo di figure
incappucciate si era intrufolato in casa sua per prenderlo. Era
riuscito a
fuggire dalla porta sul piano terra, provò a fuggire fuori
città correndo come
un pazzo ma la strada che portava fuori città era interrotta
da un burrone
interminabile e quelli riuscirono a catturarlo. Da quel momento non
ricorda più
niente. Era strano, ma ci fidavamo di lui, e quindi era vero. Fuggire
era
impossibile. Uscimmo anche per prendere un po’
d’aria "fresca".
Selinunte era davvero deserta stavolta: neanche le urla o i muggiti
delle
"cose" che sentivamo di solito. In un modo o nell’altro tutte
le
strade erano bloccate. Rimanemmo a camminare senza niente di cui
curarsi fino a
sera, in cui si concluderà la nostra storia. Saranno state
le sei del
pomeriggio. Eravamo sulla spiaggia dello Scaro, e un rumore sinistro ci
accompagnava, come di racchettoni di legno. Ci avvicinammo alla fonte
del
rumore. A pochi metri il rumore cessò, e Giancarlo
inciampò su una carcassa.
Guardando meglio a terra notammo che i corpi erano due. Sembravano due
anziani.
In quel momento il sole cominciò a tramontare. Niente di
strano se non fosse
che Ciccio cominciò a mugugnare. Cadde a terra. RLG
andò per rialzarlo, ma lo
lasciò subito: lo aveva visto in volto, e non era
più quel Ciccio. Era come lo
avevo visto io giorni prima. Saltò addosso al mio amico, ma
Giancarlo ebbe il
tempismo di sparargli alle gambe. Lo pseudo - vampiro cadde a terra,ma
non
sembrava demordere. Noi scappammo senza guardarci indietro e ci
rifugiammo di
nuovo alla guardia medica, e ci barricammo dentro.
“
Non vi lascerà in pace fino a quando la sua sete di sangue e
di vendetta non si
sarà placata” disse una voce dietro di noi. Nella
penombra era seduto un tizio
incappucciato. “Chi sei?” gli chiesi. “Il
mio nome non ha importanza. Ma sono
un membro del XII Ordine”
“ E che
diavolo è?” chiese Giancarlo. “
E’ un gruppo formato da persone che conoscono i
segreti dell’occulto meglio di ogni altra cosa; nel mondo
accadono tanti
fenomeni inspiegabili alla scienza moderna, ma non alla scienza
dell’occulto.
Noi siamo i suoi scienziati” “E allora sapreste
dirci cosa succede qui?” disse
RLG. “ E’ una storia lunga: anni fa una
bambina….” “ Elizabeth Smith
immagino….”
dissi io. “Bene,sapete già la storia. Quella
bambina non scomparse
misteriosamente: venne rapita da quello che voi conoscete come sig. Di
Mario” “Il
putiaro l’avrebbe rapita?” “Rapita e
stuprata per essere esatti. Dopo che il
simpaticone si divertì con la ragazzina, in una giornata di
nebbia la gettò fra
gli scogli del molo. Ma la bambina non morì sul colpo. Le
onde la trasportarono
sulle rive del Lido Zabbara, dove venne trovata e portata in ospedale.
La
bambina era però in stato comatoso e i genitori la
lasciarono qui in ospedale.
Ma anche se senza conoscenza, Elizabeth nel suo profondo provava un
odio
smisurato verso la persona che la condannò a quello stato
pietoso e il paese in
cui avvenne. Un odio incommensurabile covato per ben
vent’anni, che adesso si è
rovesciato fuori e scaraventato verso questa piccola e ridente
cittadina”
Stette poi in silenzio. Noi non potevamo credere a ciò che
sentivamo, ma in
effetti era la spiegazione più "sensata". “Ma voi
cosa avete fatto a
Ciccio? Perché lui è così e noi
no?” chiesi.”Purtroppo il vostro amico è
servito al nostro rito per eliminare il male….Era il
più adatto. Attraverso arcane
formule abbiamo imprigionato tutto l’odio di Elizabeth dentro
di lui. Ma il
male si fa vedere solo di notte. Se riuscissimo a ucciderlo in quello
stato
porremmo fine a tutto, alla vendetta della piccola. Altrimenti questa
si
espanderà verso i paesi vicini. Ma gli unici che possono
fermarlo sono i Ghoul,
mostri informi che attaccano qualunque cosa dia segni di vita: una
soluzione
inumana, ma indispensabile. Strano come voi siate rimasti vivi in tutto
questo,
ma probabilmente è stata solo fortuna. O sfortuna. Ora il
vostro amico vi
cercherà accecato dall’odio. E io non posso
aiutarvi”. Detto questo scomparve
avvolto da un’aura nera.
Non
parlammo per ore. Ognuno in silenzio commentava nella sua mente quello
che
avevamo appena udito. Io in un vecchio portatile trovato lì
decisi di mettere
per inscritto gli avvenimenti di questi ultimi giorni.
Lo
sento, è vicino, ci ha fiutati, o forse ricorda solo che
questo è il nostro
nascondiglio………I suoi
passi……….carichiamo la rivoltella,
impugniamo i
coltelli……..forse possiamo
salvarci…….
FINE
Questa
ragazzi è la prima storia che scrivo una parodia di Silent
hill ambientata in
un piccolo paesino della Sicilia.. Non tutti posso apprezzarla al
meglio, non
conoscendo i luoghi in cui ambientata e i personaggi che li abitano, ma
spero
comunque che vi abbia appassionato anche solo un po’, che vi
abbia trasmesso
qualcosa. Questo racconto è stato iniziato con la
supervisione dei veri RLG,
Giancarlo e Ciccio, ed è dedicata a loro e a tutti i miei
amici di Selinunte,
primi fra tutti Peppe "Cagliari" e Martino,Gioacchino, Giorgio, Gigi,
Piero,Renato, Dario,Alessia,Martina,Testa di Mela,la Meretrice
Francesca e
Flavia (complimenti per la serie C?).Un saluto a tutti e arrivederci a
"Selinunt Evil"
Riccardo "Zoro" Marino
Selinunte 20-08-2006