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Autore: vocalista91    24/10/2006    1 recensioni
Questa fanfiction è ambientata prima dell'arrivo dei sette mercenari e l'ho scritta per dare voce ad una "What If...?" che mi girava già da un po' in testa, ovvero "E se Miroku non riuscisse a sopravvivere?"...Non me ne vogliano male le sue fan perché è anche il mio personaggio preferito, ma mi sembrava legittimo pormi questo quesito! ^^"
Genere: Generale, Triste, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Miroku
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Dedicata al mio personaggio preferito: Miroku

Dedicata al mio personaggio preferito: Miroku.

OooO

Vi è mai capitato di trovarvi in una situazione che vi ha fatto sentire impotenti e condannati al vostro destino? Vi è mai capitato di supplicare qualunque Dio esistente per avere almeno un altro giorno ancora, solo per dire quanto amate e volete bene ai vostri amici, ai vostri parenti ed al vostro amore? Beati voi che non ci siete passati! Io sto vivendo tutto questo adesso: la mia cara compagna sempre vestita di nero mi attende alla soglia con impazienza. La prossima vittima della sua insaziabile voglia di anime da portare con se, oltre le porte del mondo conosciuto sono io, purtroppo.

Ma forse è meglio spiegare sin dall'inizio quello che sto cercando di scrivervi così precipitosamente, incominciando proprio da quel dannato giorno che mi scosse dal mio torpore.

Era una giornata di fine autunno come tante: il cielo terso con giusto qualche nuvola a sguazzare per il blu turchese della volta ed una leggera brezza fredda, ma non eccessivamente e comunque piacevole. La tranquillità vagava beata fra ciò che ci circondava e soprattutto spaziava liberamente fra i miei amici: Kagome e Inuyasha non apparivano particolarmente litigiosi, Shippo aveva la bocca ben serrata come a non rovinare quegli istanti di pace e Sango non mi aveva preso a schiaffi come suo solito quando avevo cercato di palparle il sedere.

Peccato che tutte le cose belle di questo mondo, nessuna esclusa, sono destinate a finire più o meno velocemente: impiegammo giusto qualche secondo ad udire in lontananza il grido di alcune donne che proveniva ad ovest da noi e ci mettemmo ancora meno per capire che quelli erano urli di aiuto. Come era nostro solito, ovvero cacciarci nei guai, ci dirigemmo guidati solo dal nostro istinto e dalla nostra curiosità verso la fonte della nostra perplessità: poco distante da dove ci eravamo fermati, trovammo un piccolo villaggio assediato da alcuni demoni minori. I pochi abitanti della zona volevano semplicemente godersi una delle ultime giornate della stagione, prima di essere aggrediti da un'orda di ingorde creature demoniache vogliose di far fuori vite innocenti forse per noia, per professione oppure per semplice passione? Ma in quel momento la risposta mai arrivata alla mia domanda interiore era un puro male minore: avevamo il dovere di salvare quella povera gente in balia di personaggi molto più forti di loro.

Inuyasha fu il primo ad attaccare: irruento, ma efficace come sempre del resto. Sango era già in sella a Kirara con il suo boomerang, che io detesto, ben saldo in mano e Kagome aveva già incoccato la prima freccia.

Ed io? Io avevo preso i miei talismani e con tutta la semplicità e la buona mira possibili avevo già ucciso cinque demoni: erano poco potenti, ma numerosi e di solito questo è un buon vantaggio. Ma per fortuna li battemmo senza portarci dietro ferite gravi o vittime: qualche uomo che era venuto a lottare con noi aveva riportato dei piccoli tagli superficiali, ma per il resto lo scontro si era concluso proprio bene per il nostro "schieramento".

In questo momento un'enorme prurito alle mani mi sussurra il desiderio di schiaffeggiarmi: un difetto che purtroppo comincia a formarsi quando sai di essere molto forte è il sottovalutare tutto e purtroppo io ed il resto del gruppo, siamo stati affascinati da questo vizio fino a non renderci conto della sua esistenza che si propagava in noi.

Se soltanto non mi fossi "adagiato sugli allori" forse avrei potuto rendermi conto che l'energia di un demone era rimasta: si era nascosto in preda alla paura e nel preciso istante in cui capì che il suo clan aveva perso, il suo sangue demoniaco reclamò vendetta per i compagni morti massacrati. Se solamente avessi affinato i sensi, anziché prendermela comoda, forse avrei potuto notare che un bambino poco lontano dal gruppo di persone che ci stava ringraziando, stava andando pericolosamente incontro alla mano scheletrica e rugosa di un sopravvisuto alla battaglia contro di noi.

Ma ormai era troppo tardi per concentrarsi e mi toccò sentire, insieme a tutti gli altri, il grido di quel ragazzino che stava per essere soffocato dal braccio di quella orripilante creatura: non potevamo avvicinarci troppo, altrimenti quell'innocente sarebbe morto ancor prima del desiderio del demone.

E cosa potevo fare io? Qualcosa che, anche se non dovrei, rimpiango amaramente: sapevo perfettamente che i miei compagni avevano le mani legate e così mi rimaneva l'unica altenrnativa del vortice. Avrei risucchiato il demone e tutto si sarebbe risistemato. Quanto mi sbagliavo, ma non potevo sapere che il mio "asso migliore" era arrivato ad un punto di rottura: il gesto di alzare il braccio verso l'essere immondo, togliere il rosario dal palmo ed urlare con tutta la mia forza -Vortice della mano destra!- diventò praticamente automatico.

Fu in pochi istanti che il demone, nonostante gli sforzi di rimanere attaccato a terra, venne aspirato dall'enorme forza del vento, lasciando il bambino che scappò subito via dalla traiettoria capendo il pericolo di rimanere in mezzo.

Furono attimi terribili: sia mentre lo stavo attirando, sia mentre il vortice lo aveva ormai preso tutto, sia dopo un paio di secondi dalla chiusura, sentii un dolore terribile. Solamente rammentarlo mi fa venire un brivido lungo la schiena: mi dovetti chinare per la potenza con la quale quella sofferenza si era impossessata di me e respirare affannosamente, mentre un sudore gelido mi colava sulla schiena. I miei amici mi furono subito accanto, preoccupati come non mai.

"Monaco Miroku, stai bene?!" Anche se la mia percezione era minima, avrei potuto riconoscere a cento chilometri di distanza la voce della donna che amavo.

Prima ancora che cercassi le parole per risponedere, il dolore da come era comparso, sparì in un lampo: mi rialzai di botto e li rassicurai con l'unica scusa che mi era venuta in mente, ovvero che quel demone conteneva abbastanza veleno da avermi paralizzato per un paio di secondi. La scusa resse ai loro sguardi interrogativi, però capivo che non poteva reggere con me: nei miei 19 anni di esistenza non avevo mai provato qualcosa di così enormemente doloroso. Perciò, dopo vari ringraziamenti, inviti a rimanere quella notte e quando la sera calò su di noi e mi resi conto che ormai tutti erano nel mondo dei sogni, esaminai attentamente la mia mano destra.

Ricordo ancora la delicatezza con la quale osservai e toccai leggermente con la punta delle dita la superficie del palmo e con quanta ansia scoprii che il vortice era diventato più grande...

Non so ancora come riuscii a rimanere calmo e lucido in quell'istante quando avevo capito la cosa più importante della mia vita: essa stava per concludersi tra un paio di giorni, massimo cinque...

Non so cosa mi prese, però ricordavo solo una cosa, la più importante di tutte: dovevo raggiungere il luogo in cui mio padre era spirato.

Non esistono altri posti in cui vorrei vedere per l'ultima volta il cielo e tutta la terra...E ciò che decisi in quel momento fu di non avvertire il resto del gruppo: come mio padre fece con me quel maledetto giorno in cui venne risucchiato e mi impedì la visione della sua disfatta, del suo arrendersi al destino di un bonzo con un fato irriscrivibile. Anche in questo momento approvo la mia scelta: non voglio che vedano, sarebbe troppo umiliante anche per qualcuno che di vergogne ne ha subite parecchie. Dovevo solo trovare una scusa ed una copertura che tenesse, per dirigermi senza destare sospetti verso il luogo in cui avrei alloggiato per l'ultima volta: la casa di Mushin.

Ebbi subito un'idea. Chiamai Hachi che mi scrutava interlocutore: non capiva per quale recondito motivo lo avessi richiesto a quell'ora. Con calma e con un coraggio ed un sangue freddo che non credo di aver mai posseduto fino a questo punto, gli spiegai la situazione: all'inizio credette che si trattasse di uno scherzo, però cambiò idea dopo aver dato un'occhiata alla mia mano.

Credo che non mi scorderò mai e poi mai la sua espressione stupita e le sue parole traballanti e talmente ovvie da rimanere facilmente impresse.

"Padron Miroku, voi..." Lo bloccai: non volevo sentir dire da qualcun'altro un'ovvietà così schiacciante.

Ho deciso di trascrivere il dialogo che ci fu tra me e lui.

"Cosa volete che io faccia?" Mi ricordo così bene i suoi occhi che a stento trattenevano un paio di lacrime: in fondo penso di essere stato una figura importante per lui o almeno lo spero vivamente.

"Ciò che ti chiedo è semplice, come tutte le cose difficili del resto." Ho cercato di essere il più cauto e calmo possibile nel rivolgermi a lui: non volevo manifestare a nessuno lo spiazzamento di fronte all'avanzare incessante della mia ultima ora.

Gli porsi una lettera che avevo ideato mentre lo aspettavo: vi avevo scritto che, mentre ero fuori un attimo perché non riuscivo a dormire, avevo incontrato una donna che era fuggita da un villaggio attaccato da un demone debole, ma coricaceo e che lei e la sua gente chiedevano il mio aiuto immediatamente. Vi avevo anche aggiunto che sarei stato via un paio di giorni perché quelle persone mi avevano anche richiesto alcune faccende minori.

Hachi la lesse e mi guardò stranito.

"Partite così presto padron Miroku?"

"La casa di Mushin è abbastanza lontana da dove mi trovo ora: ci impiegherò massimo un giorno a raggiungerla e comunque non so per quanto tempo il vortice mi concederà il privilegio della vita."

"Ma cosa può aver provocato un così forte acceleramento dell'allargarsi del foro?" Ho sorriso alla sua ingenuità.

"Le varie battaglie in cui l'ho usato, tutte le volte che ho risucchiato qualcosa di velenoso, il momento in cui sono stato tagliato ed oggi deve essere stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso: dovevo essere più prudente nel suo utilizzo, tuttavia sono contento così. Anche se questo vortice è un'opera maligna, alla fine è servito a salvare ed aiutare molte persone..." Non credo di aver mai detto parole del genere per convenienza o per consolazione: mi sentivo e mi sento davvero fiero dei vari motivi per cui ho voluto aprire la mia mano e gridare il nome del mio attacco a doppio taglio.

"Perché non vuole avvertire i suoi amici?" Quello che dissi fu talmente falso che un po' me ne pento.

"Perché io non ho mai avuto amici." Era stata un'affermazione secca ed efficace: mi bastò lasciargli la consegna per poter finalmente essere libero di proseguire il mio cammino verso la fine...

Gli ho chiesto di inventarsi qualsiasi scusa credibile per non farmi seguire troppo presto: ora mi trovo a qualche centinaio di migliaia di metri dal piccolo paesino. L'alba sta per spuntare da dietro la notte: sarà meglio affrettarsi se non voglio impiegare tutto il tempo a disposizione, perciò è meglio concludere adesso, altrimenti non finirò più. Spero che chiunque abbia la fortuna di trovare questo foglio non lo getti via, ma lo apra e lo legga: non so a cosa potrebbe servire, ma spero che sia utile almeno per qualcuno. Forse per alimentare il fuoco in una fredda giornata d'inverno...

*

Il sole era ormai sorto sulle terre del Giappone dell'era Sengoku: era da un paio d'ore che Miroku camminava senza mai fermarsi o fare una pausa.

Non sembrava provare ne fame, ne sete, ne stanchezza: la voglia di raggiungere la sua meta lo aveva come insonorizzato a questi bisogni. La sua unica priorità era continuare a viaggiare.

Come aveva predetto, ci impiegò un giorno per raggiungere l'abitazione se non di più per via di alcune commissioni impreviste che si era trovato di fronte al suo cammino: aveva dovuto soccorere abbastanza gente aggredita da demoni inferiori.

Ma ora era lì ed il pensiero lo sollevò moltissimo, ma a tal punto che gli ritornarono la fame, la sete e la stanchezza.

Mushin non fu sorpreso di rivederlo.

"Allora alla fine anche tu morirari qui?" Miroku assentì con fermezza.

Il bonzo ghignò amaro.

"Non mi è mai capitato di assistere due volte ad una morte tanto strana come l'essere risucchiati da un vortice: non penso però che sia una fortuna...Cambiando discorso, quanto tempo credi che ti resti?"

"Due, tre giorni al massimo." Gli parve così strano sapere con così tanta certezza il giorno della sua fine che si spaventò un pochetto.

"Ummmmmhhhh...Mi aspettavo qualche giorno in più...Che cosa hai intenzione di fare durante questa attesa?" Il ragazzo sorrise sereno.

"Prima di tutto ho intenzione di mangiare e bere qualcosa, poi dormirò un poco perché ho dovuto viaggiare tutta la notte e poi...Si vedrà!" La calma e la dolcezza con la quale rispose, fecero sorridere il vecchio Mushin.

"Essia Miroku! Voglio solo chiederti un'ultima cosa: quel mezzo-demone e gli altri sanno che tu sei venuto qui?" Miroku scosse la testa.

"Preferisco non avvertirli."

-Eh, ragazzo! Mi ricordi tanto tuo padre nei suoi ultimi giorni!- Pensò Mushin, mentre dava al bonzo qualcosa da mangiare e da bere e gli preparava un giaciglio.

*

Era da due giorni che Miroku mancava: Hachi aveva avvertito i quattro ragazzi ed aveva loro consegnato la famosa lettera incriminata, ma nonostante tutte le precauzioni che il bonzo aveva dato al procione, Inuyasha, Kagome, Shippo e Sango sembravano ugualmente preoccupati.

-Chissà perché non è ancora tornato: eppure ci siamo spostati solo poche centinaia di metri più in là dal villaggio e comunque abbiamo chiesto agli abitanti di avvisarlo nel caso lo avessero visto...- I pensieri di Kagome erano praticamente uguali a quelli del mezzo-demone, a quelli della sterminatrice ed a quelli del piccolo demone-volpe: tutti e quattro si stavano domandando continuamente del ritardo di Miroku.

Forse furono le loro curiosità a spingere il destino in loro aiuto, se quello che fece può definirsi tale: mandò contro loro Kagura e Kanna.

Molto probabilmente Naraku aveva voluto rivelare loro la triste verità che il bonzo non aveva voluto dire...

"Chi aspettate con così tanta ansia? Forse il bonzo?" Chiese Kagura attirandosi i loro sguardi irosi.

"Kagura...Dannata! Non so per quale motivo tu sia qui, ma sappi che non sprecherò questa occasione per far fuori te e la tua alleata!" Inuyasha era ormai pronto per scagliare un attacco con la sua fidata Tessaiga, ma la mora lo interruppe.

"Sicuro di volermi attaccare stupido mezzo-demone? Non vuoi sapere dove si trova il tuo caro amico monaco?" Fu come se una molla avesse fermato la corsa del ragazzo dai capelli bianchi: Kagome e Sango si fecero più attente e forse anche più arrabbiate.

"Avete fatto per caso qualcosa a Miroku?!" Gli urlò contro la sterminatrice.

Kagura ghignò.

"Noi? Che motivo avremo avuto per fargli qualcosa? Vieni Kanna e mostra loro dove si trova il loro compagno." La bambina si fece avanti e senza dire niente come suo solito, alzò lo specchio mostrando il bonzo che si trovava...

"Ma quello è il cratere che si trova a casa di Mushin!" Esclamò la reincarnazione di Kikyo capendo senza bisogno di ulteriori spiegazioni: Sango appariva dello stesso avviso.

"Volete forse farci credere che per Miroku è arrivata..."

"...Esattamente ragazzina: il vortice è diventato troppo largo, superando un limite che ha riportato il vostro amico nel luogo in cui morirono i suoi avi. Dovreste ritenervi fortunati di esserlo venuto a sapere prima della sua prematura scomparsa." La secca affermazione della demone fece sbiancare in un colpo il viso di Sango: Inuyasha e Kagome erano diventati anche loro più pallidi.

"Perché allora ci hai avvertito maledetta!?"

"Perché in fondo Naraku è un demone buono: chissà che dispiacere scoprirlo dopo!" La sua ironia fece arrabbiare talmente tanto il mezzo-demone che riprese il suo attacco verso di lei: Kagura lo schivò senza troppe difficoltà.

"Non ho tempo da perdere con uno stupido mezzo-demone: io e Kanna dobbiamo sbrigare altre faccende."

"Dannata bastarda!" Urlò Inuyasha scagliandoli contro una potente cicatrice del vento, ma per Kagura era ancora troppo poco e così volò via insieme alla sua collega senza riportare alcun danno: Inuyasha era particolarmente infuriato alla fine di quel combattimento, ma preferì lasciar perdere la sua ira perché in quel momento avevano un problema ben peggiore.

"Dobbiamo assolutamente raggiungere Miroku!" Sentenziò Kagome: tutti furono assolutamente d'accordo.

"Quello stupido di un bonzo: appena siamo da lui gliene dico quattro!" Sibilò Inuyasha furioso, ma in fondo si vedeva lontano un miglio che era in ansia per lui.

Sango si stava mordendo il labbro cercando di non mostrare agli altri la sua frustrazione per la totale impotenza che aveva di fronte a quell'evento: alla morte di Miroku, il ragazzo che amava...E forse lo avrebbe visto morire. Erano stati degli stupidi: sapevano perfettamente che la situazione di Miroku era molto delicata e che sarebbe bastato un nonnulla per trasformare la sua arma in qualcosa di ben più pericoloso. Avevano permesso che il foro si allargasse troppo ed ora...Per lui non ci sarebbe stato più niente da fare: non avrebbero mai più sentito la sua voce, i suoi consigli, Sango non avrebbe più potuto ingelosirsi...Quanto volevano Inuyasha, Kagome, Sango e Shippo avere solo un altro giorno per provare ad annientare Naraku e liberare il monaco da quella morte che gli soffiava sul collo...Ma oramai era troppo tardi.

Il gruppo sembrava un corteo funebre mentre si apprestava a raggiungere la casa di Mushin...

*

Erano passati due giorni da quando aveva deciso di rimanere a casa di Mushin ed erano stati due giorni tranquilli e sereni: Miroku aveva riso, scherzato e meditato insieme all'uomo che l'aveva accudito da quando era diventato orfano, ma quando giunse l'ora in cui capì che il fato lo stava attendendo sulla soglia fu pronto a lasciare tutto ed a raggiungere il centro del cratere in cui suo nonno e suo padre avevano trovato la pace dopo le sofferenze inflitte dal foro.

Prima di raggiungere il punto chiamò a se l'uomo e gli chiese di non far entrare nessuno, poi si sedette a gambe incrociate ed iniziò la sua veglia.

Il vento si era alzato, piegando dolcemente l'erba, le foglie, i fiori e scompigliando i capelli corvini del bonzo che chiuse gli occhi ed inspirò ed espirò intensamente: sembrava strano da dire, ma quello era proprio un giorno perfetto per spirare, ma...

-...Ma se solamente potessi vivere un altro giorno...Solo un altro giorno...Vorrei dire a Sango che l'amo, vorrei scusarmi con lei per tutte le volte che l'ho palpata, vorrei salutare Inuyasha, Kagome e Shippo per l'ultima volta, vorrei avere la possibilità di uccidere Naraku per potermi togliere dai piedi questa morte assurda...Padre mio! Chissà quanto hai dovuto faticare per trattenere la frustrazione e le lacrime che accompagnano questo sentimento.- Pensò Miroku mentre cominciò a sentire un dolore atroce alla mano destra che strinse a se, senza neanche cercare di togliere il sigillo perché sapeva che si sarebbe spezzato da solo e così fu: il vortice appariva più buio di quanto non fosse in realtà agli occhi di uno che presto, molto presto, vi sarebbe finito dentro risucchiato. Tutto era pronto ormai per il suo trapasso, quando...

"Dannato bonzo!"

"Monaco Miroku!"

Quelle voci inconfondibili: il ragazzo voltò lo sguardo per scoprire che i suoi amici lo avevano raggiunto. Con il poco fiato che gli era rimasto per via dell'atroce dolore, gli urlò per sovrastare il rumore fortissimo del vento.

"Che cosa ci fate qui?! Andatevene! Non voglio che voi vediate!" Non riuscì ad aggiungere altro perché una luce fortissima scaturì dal foro fino a toccare il cielo che si era stranamente ricoperto di nuvole: la fine era ormai vicina.

Sango non ce la fece più: senza preoccuparsi della presenza degli altri urlò contro al monaco.

"Sei solo uno stupido! Io ti amo!" Inuyasha si voltò verso di lei sbalordito, ma Kagome sorrise amaramente: alla fine ce l'aveva fatta a confessare i suoi sentimenti.

-Appunto per questo non voglio che tu veda! Ti amo anch'io Sango e per questo voglio che tu non soffra! Prendi questo come mio ultimo desiderio!- Il pensiero di Miroku arrivò dritto alla mente della sterminatrice, come guidato da un telecomando: telepatia o forse un segno del destino? Chi poteva saperlo ora?

Stava di fatto che la ragazza capì e riferì agli altri.

"Miroku ci ha chiesto come ultimo desiderio di non guardare: ve lo chiedo con tutta me stessa, ascoltiamolo!" Era sconvolta, livida e con le lacrime trattenute a stento: nessuno di loro sarebbe riuscito a discutere con lei in quel momento e così annuirono ed entrarono in casa, mentre di fuori si scatenava un inferno pazzesco solo per il povero bonzo.

Il fascio di luce non era ancora scomparso, ma in mezzo si era formato un buco nero: ormai era questione di pochi istanti.

-Addio vita, addio amici, addio Sango: quanto avrei voluto vivere con voi un'altra avventura in un altro giorno...- Questi furono gli ultimi pensieri di Miroku prima di essere risucchiata definitivamente dalla sua maledizione: dopo questo tutto tornò alla normalità.

Tutto quello che si susseguì conta tutto e niente: Sango pianse amaramente sulla tomba del giovane, rimpiangendo il fatto di non avergli rivelato prima i suoi sentimenti...Inuyasha aveva giurato vendetta contro Naraku per quello che aveva fatto, ma ormai contava poco se non nulla...

Oramai il demone aveva raggiunto lo scopo di uccidere il bonzo e niente lo avrebbe riportato in vita.

Solo una domanda vagava per le teste di ognuno.

-Ma se solo ci fosse stato un altro giorno forse...?-

The End

So che l'ultima parte l'ho svolta un po' in fretta e mi sa che ho scritto tutta la fanfiction, ma spero di aver ottenuto lo stesso un buon risultato! ^^ (ho scritto un obbrobrio ne sono sicurissima! ;__;)

Grazie mille per la cortese attenzione!

  
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