Dedicata al mio personaggio preferito: Miroku.
OooO
Vi è mai capitato di
trovarvi in una situazione che vi ha fatto sentire impotenti e condannati al
vostro destino? Vi è mai capitato di supplicare qualunque Dio esistente per
avere almeno un altro giorno ancora, solo per dire quanto
amate e volete bene ai vostri amici, ai vostri parenti ed al vostro
amore? Beati voi che non ci siete passati! Io sto vivendo tutto questo adesso:
la mia cara compagna sempre vestita di nero mi attende alla soglia con
impazienza. La prossima vittima della sua insaziabile voglia di anime da
portare con se, oltre le porte del mondo conosciuto
sono io, purtroppo.
Ma
forse è meglio spiegare sin dall'inizio quello che sto cercando di scrivervi
così precipitosamente, incominciando proprio da quel dannato giorno che mi
scosse dal mio torpore.
Era una giornata di
fine autunno come tante: il cielo terso con giusto qualche
nuvola a sguazzare per il blu turchese della volta ed una leggera brezza
fredda, ma non eccessivamente e comunque piacevole. La tranquillità vagava beata
fra ciò che ci circondava e soprattutto spaziava liberamente fra i miei amici:
Kagome e Inuyasha non apparivano particolarmente
litigiosi, Shippo aveva la bocca ben serrata come a non rovinare quegli istanti
di pace e Sango non mi aveva preso a schiaffi come suo
solito quando avevo cercato di palparle il sedere.
Peccato che tutte le
cose belle di questo mondo, nessuna esclusa, sono
destinate a finire più o meno velocemente: impiegammo giusto qualche secondo ad
udire in lontananza il grido di alcune donne che proveniva ad ovest da noi e ci
mettemmo ancora meno per capire che quelli erano urli di aiuto. Come era nostro solito, ovvero cacciarci nei guai, ci
dirigemmo guidati solo dal nostro istinto e dalla nostra curiosità verso la
fonte della nostra perplessità: poco distante da dove ci eravamo fermati,
trovammo un piccolo villaggio assediato da alcuni demoni minori. I pochi
abitanti della zona volevano semplicemente godersi una delle ultime giornate
della stagione, prima di essere aggrediti da un'orda
di ingorde creature demoniache vogliose di far fuori vite innocenti forse per
noia, per professione oppure per semplice passione? Ma in quel momento la
risposta mai arrivata alla mia domanda interiore era un puro male minore:
avevamo il dovere di salvare quella povera gente in balia di personaggi molto più forti di loro.
Inuyasha fu il primo ad attaccare: irruento, ma efficace come sempre del resto. Sango era già
in sella a Kirara con il suo boomerang, che io
detesto, ben saldo in mano e Kagome aveva già incoccato
la prima freccia.
Ed io? Io avevo
preso i miei talismani e con tutta la semplicità e la buona
mira possibili avevo già ucciso cinque demoni: erano poco potenti, ma
numerosi e di solito questo è un buon vantaggio. Ma per fortuna li battemmo
senza portarci dietro ferite gravi o vittime: qualche uomo che era venuto a
lottare con noi aveva riportato dei piccoli tagli superficiali, ma per il resto
lo scontro si era concluso proprio bene per il nostro
"schieramento".
In questo momento
un'enorme prurito alle mani mi sussurra il desiderio di schiaffeggiarmi: un
difetto che purtroppo comincia a formarsi quando sai di essere
molto forte è il sottovalutare tutto e purtroppo io ed il resto del gruppo,
siamo stati affascinati da questo vizio fino a non renderci conto della sua
esistenza che si propagava in noi.
Se soltanto non mi
fossi "adagiato sugli allori" forse avrei potuto rendermi conto che
l'energia di un demone era rimasta: si era nascosto in
preda alla paura e nel preciso istante in cui capì che il suo clan aveva perso,
il suo sangue demoniaco reclamò vendetta per i compagni morti massacrati. Se solamente avessi affinato i sensi, anziché prendermela
comoda, forse avrei potuto notare che un bambino poco lontano dal gruppo di
persone che ci stava ringraziando, stava andando pericolosamente incontro alla
mano scheletrica e rugosa di un sopravvisuto alla
battaglia contro di noi.
Ma ormai era troppo tardi per concentrarsi e mi toccò sentire, insieme a tutti
gli altri, il grido di quel ragazzino che stava per essere soffocato dal
braccio di quella orripilante creatura: non potevamo avvicinarci troppo,
altrimenti quell'innocente sarebbe morto ancor prima
del desiderio del demone.
E cosa potevo fare
io? Qualcosa che, anche se non dovrei, rimpiango amaramente:
sapevo perfettamente che i miei compagni avevano le mani legate e così mi
rimaneva l'unica altenrnativa del vortice. Avrei risucchiato il demone e tutto si sarebbe risistemato.
Quanto mi sbagliavo, ma non potevo sapere che il mio
"asso migliore" era arrivato ad un punto di rottura: il gesto di
alzare il braccio verso l'essere immondo, togliere il rosario dal palmo ed
urlare con tutta la mia forza -Vortice della mano destra!- diventò praticamente
automatico.
Fu in pochi istanti
che il demone, nonostante gli sforzi di rimanere attaccato a terra, venne
aspirato dall'enorme forza del vento, lasciando il bambino che scappò subito
via dalla traiettoria capendo il pericolo di rimanere in mezzo.
Furono attimi
terribili: sia mentre lo stavo attirando, sia mentre il vortice lo aveva ormai
preso tutto, sia dopo un paio di secondi dalla
chiusura, sentii un dolore terribile. Solamente rammentarlo mi fa venire un
brivido lungo la schiena: mi dovetti chinare per la potenza con la quale quella
sofferenza si era impossessata di me e respirare
affannosamente, mentre un sudore gelido mi colava sulla schiena. I miei amici
mi furono subito accanto, preoccupati come non mai.
"Monaco Miroku,
stai bene?!" Anche se la mia percezione era
minima, avrei potuto riconoscere a cento chilometri di distanza la voce della
donna che amavo.
Prima ancora che cercassi le parole per risponedere,
il dolore da come era comparso, sparì in un lampo: mi rialzai di botto e li
rassicurai con l'unica scusa che mi era venuta in mente, ovvero che quel demone
conteneva abbastanza veleno da avermi paralizzato per un paio di secondi. La
scusa resse ai loro sguardi interrogativi, però capivo che non poteva reggere
con me: nei miei 19 anni di esistenza non avevo mai
provato qualcosa di così enormemente doloroso. Perciò, dopo vari
ringraziamenti, inviti a rimanere quella notte e quando la sera calò su di noi
e mi resi conto che ormai tutti erano nel mondo dei sogni, esaminai
attentamente la mia mano destra.
Ricordo ancora la
delicatezza con la quale osservai e toccai leggermente
con la punta delle dita la superficie del palmo e con quanta ansia scoprii che
il vortice era diventato più grande...
Non so ancora come
riuscii a rimanere calmo e lucido in quell'istante
quando avevo capito la cosa più importante della mia
vita: essa stava per concludersi tra un paio di giorni, massimo cinque...
Non so cosa mi
prese, però ricordavo solo una cosa, la più importante
di tutte: dovevo raggiungere il luogo in cui mio padre era spirato.
Non esistono altri
posti in cui vorrei vedere per l'ultima volta il cielo
e tutta la terra...E ciò che decisi in quel momento fu di non avvertire il
resto del gruppo: come mio padre fece con me quel maledetto giorno in cui venne
risucchiato e mi impedì la visione della sua disfatta, del suo arrendersi al destino
di un bonzo con un fato irriscrivibile. Anche in questo momento approvo la mia scelta: non voglio
che vedano, sarebbe troppo umiliante anche per qualcuno che di vergogne ne ha
subite parecchie. Dovevo solo trovare una scusa ed una copertura che tenesse,
per dirigermi senza destare sospetti verso il luogo in cui avrei alloggiato per
l'ultima volta: la casa di Mushin.
Ebbi subito un'idea.
Chiamai Hachi che mi scrutava interlocutore: non
capiva per quale recondito motivo lo avessi richiesto
a quell'ora. Con calma e con un coraggio ed un sangue
freddo che non credo di aver mai posseduto fino a
questo punto, gli spiegai la situazione: all'inizio credette
che si trattasse di uno scherzo, però cambiò idea dopo aver dato un'occhiata
alla mia mano.
Credo che non mi
scorderò mai e poi mai la sua espressione stupita e le sue
parole traballanti e talmente ovvie da rimanere facilmente impresse.
"Padron Miroku, voi..." Lo bloccai: non volevo sentir
dire da qualcun'altro un'ovvietà così schiacciante.
Ho deciso di
trascrivere il dialogo che ci fu tra me e lui.
"Cosa volete che io faccia?" Mi ricordo così bene i suoi
occhi che a stento trattenevano un paio di lacrime: in fondo penso di essere
stato una figura importante per lui o almeno lo spero vivamente.
"Ciò che ti chiedo è semplice, come tutte le cose difficili del
resto." Ho cercato di essere il più cauto e calmo
possibile nel rivolgermi a lui: non volevo manifestare a nessuno lo spiazzamento di fronte all'avanzare incessante della mia
ultima ora.
Gli
porsi una lettera che avevo ideato mentre lo aspettavo: vi avevo scritto che,
mentre ero fuori un attimo perché non riuscivo a dormire, avevo incontrato una
donna che era fuggita da un villaggio attaccato da un demone debole, ma coricaceo e che lei e la sua gente chiedevano il mio aiuto
immediatamente. Vi avevo
anche aggiunto che sarei stato via un paio di giorni perché quelle persone mi avevano anche richiesto alcune faccende minori.
Hachi la lesse e mi guardò stranito.
"Partite così
presto padron Miroku?"
"La casa di Mushin è abbastanza lontana da dove mi trovo
ora: ci impiegherò massimo un giorno a raggiungerla e comunque non so per
quanto tempo il vortice mi concederà il privilegio della vita."
"Ma cosa può
aver provocato un così forte acceleramento dell'allargarsi del
foro?" Ho sorriso alla sua ingenuità.
"Le varie
battaglie in cui l'ho usato, tutte le volte che ho
risucchiato qualcosa di velenoso, il momento in cui sono stato tagliato ed oggi
deve essere stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso: dovevo essere più
prudente nel suo utilizzo, tuttavia sono contento così. Anche se questo vortice
è un'opera maligna, alla fine è servito a salvare ed
aiutare molte persone..." Non credo di aver mai
detto parole del genere per convenienza o per consolazione: mi sentivo e mi
sento davvero fiero dei vari motivi per
cui ho voluto aprire la mia mano e gridare il nome del mio attacco a doppio
taglio.
"Perché non
vuole avvertire i suoi amici?" Quello che dissi fu talmente falso che un
po' me ne pento.
"Perché io non
ho mai avuto amici." Era stata un'affermazione secca ed efficace: mi bastò
lasciargli la consegna per poter finalmente essere libero
di proseguire il mio cammino verso la fine...
Gli ho chiesto di inventarsi qualsiasi scusa credibile per non farmi seguire
troppo presto: ora mi trovo a qualche centinaio di migliaia di metri dal
piccolo paesino. L'alba sta per spuntare da dietro la
notte: sarà meglio affrettarsi se non voglio impiegare tutto il tempo a
disposizione, perciò è meglio concludere adesso, altrimenti non finirò più.
Spero che chiunque abbia la fortuna di trovare questo
foglio non lo getti via, ma lo apra e lo legga: non so a cosa potrebbe servire,
ma spero che sia utile almeno per qualcuno. Forse per alimentare il fuoco in
una fredda giornata d'inverno...
*
Il sole era ormai sorto sulle terre del Giappone dell'era Sengoku:
era da un paio d'ore che Miroku camminava senza mai fermarsi o fare una pausa.
Non sembrava provare
ne fame, ne sete, ne stanchezza: la voglia di
raggiungere la sua meta lo aveva come insonorizzato a questi bisogni. La sua
unica priorità era continuare a viaggiare.
Come aveva predetto,
ci impiegò un giorno per raggiungere l'abitazione se
non di più per via di alcune commissioni impreviste che si era trovato di
fronte al suo cammino: aveva dovuto soccorere
abbastanza gente aggredita da demoni inferiori.
Ma ora era lì ed il
pensiero lo sollevò moltissimo, ma a tal punto che gli ritornarono la fame, la
sete e la stanchezza.
Mushin non fu sorpreso di rivederlo.
"Allora alla
fine anche tu morirari qui?" Miroku assentì con
fermezza.
Il bonzo ghignò
amaro.
"Non mi è mai
capitato di assistere due volte ad una morte tanto strana come
l'essere risucchiati da un vortice: non penso però che sia una
fortuna...Cambiando discorso, quanto tempo credi che ti resti?"
"Due, tre
giorni al massimo." Gli parve così strano sapere con così tanta certezza
il giorno della sua fine che si spaventò un pochetto.
"Ummmmmhhhh...Mi aspettavo qualche giorno in più...Che cosa
hai intenzione di fare durante questa attesa?" Il
ragazzo sorrise sereno.
"Prima di tutto
ho intenzione di mangiare e bere qualcosa, poi dormirò un poco perché ho dovuto
viaggiare tutta la notte e poi...Si vedrà!" La calma e la dolcezza con la
quale rispose, fecero sorridere il vecchio Mushin.
"Essia Miroku! Voglio solo chiederti un'ultima cosa: quel
mezzo-demone e gli altri sanno che tu sei venuto qui?" Miroku scosse la
testa.
"Preferisco non
avvertirli."
-Eh, ragazzo! Mi
ricordi tanto tuo padre nei suoi ultimi giorni!- Pensò Mushin,
mentre dava al bonzo qualcosa da mangiare e da bere e gli preparava un
giaciglio.
*
Era da due giorni
che Miroku mancava: Hachi aveva avvertito i quattro
ragazzi ed aveva loro consegnato la famosa lettera
incriminata, ma nonostante tutte le precauzioni che il bonzo aveva dato al
procione, Inuyasha, Kagome, Shippo e Sango sembravano
ugualmente preoccupati.
-Chissà perché non è
ancora tornato: eppure ci siamo spostati solo poche
centinaia di metri più in là dal villaggio e comunque abbiamo chiesto agli
abitanti di avvisarlo nel caso lo avessero visto...- I pensieri di Kagome erano
praticamente uguali a quelli del mezzo-demone, a quelli della sterminatrice ed
a quelli del piccolo demone-volpe: tutti e quattro si stavano domandando
continuamente del ritardo di Miroku.
Forse furono le loro
curiosità a spingere il destino in loro aiuto, se quello che fece può definirsi
tale: mandò contro loro Kagura e Kanna.
Molto probabilmente Naraku aveva voluto rivelare loro la triste verità che il
bonzo non aveva voluto dire...
"Chi aspettate
con così tanta ansia? Forse il bonzo?" Chiese Kagura attirandosi i loro sguardi irosi.
"Kagura...Dannata! Non so per quale motivo tu sia qui, ma
sappi che non sprecherò questa occasione per far fuori
te e la tua alleata!" Inuyasha era ormai pronto
per scagliare un attacco con la sua fidata Tessaiga,
ma la mora lo interruppe.
"Sicuro di
volermi attaccare stupido mezzo-demone? Non vuoi sapere dove si trova il tuo
caro amico monaco?" Fu come se una molla avesse
fermato la corsa del ragazzo dai capelli bianchi: Kagome e Sango si fecero più
attente e forse anche più arrabbiate.
"Avete fatto
per caso qualcosa a Miroku?!" Gli urlò contro la
sterminatrice.
Kagura ghignò.
"Noi? Che
motivo avremo avuto per fargli qualcosa? Vieni Kanna e mostra loro dove si trova il loro compagno." La bambina si fece avanti e senza dire niente come
suo solito, alzò lo specchio mostrando il bonzo che si trovava...
"Ma quello è il
cratere che si trova a casa di Mushin!" Esclamò
la reincarnazione di Kikyo capendo senza bisogno di ulteriori spiegazioni: Sango appariva dello stesso
avviso.
"Volete forse
farci credere che per Miroku è arrivata..."
"...Esattamente
ragazzina: il vortice è diventato troppo largo, superando un limite che ha
riportato il vostro amico nel luogo in cui morirono i
suoi avi. Dovreste ritenervi fortunati di esserlo
venuto a sapere prima della sua prematura scomparsa." La secca
affermazione della demone fece sbiancare in un colpo
il viso di Sango: Inuyasha e Kagome erano diventati
anche loro più pallidi.
"Perché allora
ci hai avvertito maledetta!?"
"Perché
in fondo Naraku è un demone buono: chissà che
dispiacere scoprirlo dopo!" La sua ironia fece arrabbiare talmente tanto
il mezzo-demone che riprese il suo attacco verso di lei: Kagura
lo schivò senza troppe difficoltà.
"Non ho tempo
da perdere con uno stupido mezzo-demone: io e Kanna dobbiamo sbrigare altre faccende."
"Dannata
bastarda!" Urlò Inuyasha scagliandoli contro una
potente cicatrice del vento, ma per Kagura era ancora
troppo poco e così volò via insieme alla sua collega senza riportare alcun
danno: Inuyasha era particolarmente infuriato alla
fine di quel combattimento, ma preferì lasciar perdere la sua ira perché in
quel momento avevano un problema ben peggiore.
"Dobbiamo
assolutamente raggiungere Miroku!" Sentenziò Kagome: tutti furono
assolutamente d'accordo.
"Quello stupido
di un bonzo: appena siamo da lui gliene dico
quattro!" Sibilò Inuyasha furioso, ma in fondo
si vedeva lontano un miglio che era in ansia per lui.
Sango si stava
mordendo il labbro cercando di non mostrare agli altri la sua frustrazione per
la totale impotenza che aveva di fronte a quell'evento:
alla morte di Miroku, il ragazzo che amava...E forse
lo avrebbe visto morire. Erano stati degli stupidi: sapevano perfettamente che
la situazione di Miroku era molto delicata e che sarebbe bastato un nonnulla
per trasformare la sua arma in qualcosa di ben più pericoloso. Avevano permesso
che il foro si allargasse troppo ed ora...Per lui non ci sarebbe stato più
niente da fare: non avrebbero mai più sentito la sua voce, i suoi consigli,
Sango non avrebbe più potuto ingelosirsi...Quanto volevano Inuyasha,
Kagome, Sango e Shippo avere solo un altro giorno per
provare ad annientare Naraku e liberare il monaco da
quella morte che gli soffiava sul collo...Ma oramai era troppo tardi.
Il gruppo sembrava
un corteo funebre mentre si apprestava a raggiungere la casa di Mushin...
*
Erano passati due
giorni da quando aveva deciso di rimanere a casa di Mushin
ed erano stati due giorni tranquilli e sereni: Miroku aveva riso, scherzato e
meditato insieme all'uomo che l'aveva accudito da quando era diventato orfano,
ma quando giunse l'ora in cui capì che il fato lo stava attendendo sulla soglia
fu pronto a lasciare tutto ed a raggiungere il centro del cratere in cui suo
nonno e suo padre avevano trovato la pace dopo le
sofferenze inflitte dal foro.
Prima di raggiungere
il punto chiamò a se l'uomo e gli chiese di non far entrare
nessuno, poi si sedette a gambe incrociate ed iniziò la sua veglia.
Il vento si era alzato, piegando dolcemente l'erba, le foglie, i
fiori e scompigliando i capelli corvini del bonzo che chiuse gli occhi ed
inspirò ed espirò intensamente: sembrava strano da dire, ma quello era proprio
un giorno perfetto per spirare, ma...
-...Ma se solamente
potessi vivere un altro giorno...Solo un altro giorno...Vorrei dire a Sango che
l'amo, vorrei scusarmi con lei per tutte le volte che l'ho palpata, vorrei
salutare Inuyasha, Kagome e Shippo per l'ultima
volta, vorrei avere la possibilità di uccidere Naraku
per potermi togliere dai piedi questa morte assurda...Padre mio! Chissà quanto hai dovuto faticare per trattenere la frustrazione e le
lacrime che accompagnano questo sentimento.- Pensò Miroku mentre cominciò a
sentire un dolore atroce alla mano destra che strinse a se, senza neanche
cercare di togliere il sigillo perché sapeva che si sarebbe spezzato da solo e
così fu: il vortice appariva più buio di quanto non fosse in realtà agli occhi
di uno che presto, molto presto, vi sarebbe finito dentro risucchiato. Tutto era pronto ormai per il suo trapasso, quando...
"Dannato
bonzo!"
"Monaco
Miroku!"
Quelle voci
inconfondibili: il ragazzo voltò lo sguardo per scoprire che i suoi amici lo
avevano raggiunto. Con il poco fiato che gli era rimasto per via dell'atroce
dolore, gli urlò per sovrastare il rumore fortissimo del vento.
"Che cosa ci
fate qui?! Andatevene! Non voglio che voi vediate!" Non riuscì ad aggiungere altro perché una
luce fortissima scaturì dal foro fino a toccare il cielo che si era stranamente
ricoperto di nuvole: la fine era ormai vicina.
Sango non ce la fece più: senza preoccuparsi della presenza degli
altri urlò contro al monaco.
"Sei solo uno
stupido! Io ti amo!" Inuyasha si voltò verso di
lei sbalordito, ma Kagome sorrise amaramente: alla fine ce l'aveva
fatta a confessare i suoi sentimenti.
-Appunto per questo
non voglio che tu veda! Ti amo anch'io Sango e per
questo voglio che tu non soffra! Prendi questo come
mio ultimo desiderio!- Il pensiero di Miroku arrivò dritto alla mente della
sterminatrice, come guidato da un telecomando: telepatia o forse un segno del destino? Chi poteva saperlo ora?
Stava di fatto che
la ragazza capì e riferì agli altri.
"Miroku
ci ha chiesto come ultimo desiderio di non guardare: ve lo chiedo con tutta me
stessa, ascoltiamolo!" Era sconvolta, livida e con le lacrime trattenute a
stento: nessuno di loro sarebbe riuscito a discutere con lei in quel momento e
così annuirono ed entrarono in casa, mentre di fuori si scatenava un inferno
pazzesco solo per il povero bonzo.
Il fascio di luce
non era ancora scomparso, ma in mezzo si era formato
un buco nero: ormai era questione di pochi istanti.
-Addio vita, addio
amici, addio Sango: quanto avrei voluto vivere con voi
un'altra avventura in un altro giorno...- Questi furono gli ultimi pensieri di
Miroku prima di essere risucchiata definitivamente dalla sua maledizione: dopo
questo tutto tornò alla normalità.
Tutto quello che si
susseguì conta tutto e niente: Sango pianse amaramente sulla tomba del giovane, rimpiangendo il fatto di non avergli rivelato prima
i suoi sentimenti...Inuyasha aveva giurato vendetta
contro Naraku per quello che aveva fatto, ma ormai
contava poco se non nulla...
Oramai il demone aveva raggiunto lo scopo di uccidere il bonzo e niente lo avrebbe
riportato in vita.
Solo una domanda
vagava per le teste di ognuno.
-Ma se solo ci fosse stato un altro giorno forse...?-
The End
So che l'ultima parte l'ho svolta un po' in
fretta e mi sa che ho scritto tutta la fanfiction, ma spero di aver ottenuto lo
stesso un buon risultato! ^^ (ho scritto un obbrobrio ne
sono sicurissima! ;__;)
Grazie mille per la cortese attenzione!