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Autore: Hayley Black    28/03/2012    8 recensioni
Agron/Nasir ♥ | Romantica, introspettiva | One shot, slash
Agron è pensieroso, Nasir ha un rimedio.
«Stavo per scoparti qui davanti a tutti» annuncia Agron sorridendo, e allaccia le dita dietro la nuca per godersi lo spettacolo del cielo. Nasir scoppia in una sonora risata e si gira verso di lui: «Non vedo il problema» asserisce.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Bury all your secrets in my skin.

 

Resta solo il tuo profumo, il profumo della pelle, lo sfondo delle stelle, e un vago senso di dolore che scompare col respiro, col respiro del tuo amore. 

 

Il soffio del vento non riesce a placare gli animi allegri e festosi degli uomini, che brindano e cantano come se questa sia l’ultima notte da passare in vita. Agron ha sempre amato lo spirito della propria gente, arrivata al momento adatto per portare un’aria diversa, ma ha la convinzione che agli altri quei guerrieri rozzi e barbari non piacciano molto.
Sono cento volte meglio di quei Galli del cazzo, pensa, osservando i germani ballare attorno al fuoco come un gruppo di ubriachi. Quando uno di loro cade a terra, ormai vittima del vino, scoppia in una sonora risata e pensa che sì, sono cento – ma anche mille – volte meglio dei coetanei di Crixus.
E’ una gioia per lui condividere il campo di battaglia con i propri conterranei, un po’ perché non ne può più dei Galli e un po’ perché sente rinforzato il legame con la patria: impugnerà la spada, o qualsiasi altra arma che gli permetta di versare sangue romano e, con la coda dell’occhio, intravederà tra le file amiche quegli uomini che ora fanno baccano come matti.
«La tua gente porta sorrisi» dice Nasir, comparso da chissà dove all’improvviso, «forse la tua è stata una buon'idea».
«Ne dubitavi, omuncolo?» replica lui sorridendo beffardo, beandosi dell’espressione offesa del siriano.
«Non ero l’unico. Anche Crixus_», Agron lo interrompe prima che possa finire la frase:
«Non m’importa di ciò che pensa Crixus».  
Nasir aggrotta la fronte e incrocia le braccia, annuendo; il suo sguardo è perso tra la festa che si sta consumando nel cortile del tempio, sulla polvere calpestata e sulle foglie che si muovono silenziose.
«Come mai non ti unisci a loro?» gli chiede poi, fissandolo attentamente.
Agron scrolla le spalle in un gesto di stizza e scuote la testa: «Preferisco godermi lo spettacolo» risponde, scompigliandogli i capelli con affetto.
«Vado a prendere un altro sorso di vino» annuncia Nasir, allontanandosi velocemente e scomparendo nella folla rumorosa.
Agron sorride, appoggiandosi con la schiena a una delle colonne del tempio; quel fottuto siriano è una delle persone più odiose che abbia mai conosciuto, ma gli piace da impazzire – e forse se n’è accorto anche qualcun altro, perché Mira gli si avvicina con una strana luce nello sguardo.
«Spartacus è soddisfatto dell’aria nuova che porta la tua gente» gli dice, offrendogli un bicchiere di vino colmo fino all’orlo. «Rare volte ho visto quel sorriso brillare sul suo volto. Anche tu sembri piuttosto allegro».
«Mi sento più vicino alla mia patria» Agron con un lieve tremore nella voce, perché non ammette a se stesso che tutte quelle persone gli ricordano suo fratello.
«Spartacus è soddisfatto anche dei progressi che sta facendo Nasir nel combattimento» spiega Mira risoluta, e i suoi occhi si posano sul siriano che conversa animatamente con Naevia. «Tiene molto a te, Agron, e a quanto vedo i suoi sentimenti sono ricambiati» aggiunge, sorridendo.
«Credo che nessuno avrebbe scommesso su quel cane selvatico» dice Agron, «eppure i suoi progressi sono notevoli».
Mira ha ragione, i sentimenti di Nasir sono ricambiati eccome – è che lui sente qualcosa esplodergli dentro quando quel fottuto siriano lo guarda, quando gli parla o quando gli sorride. E tutto quel sentimentalismo gli farà venire un collasso, prima o poi, e se la prenderà con lui perché è per colpa sua se si sta riducendo a una misera donnicciola romana con gli ormoni in tempesta.
«Stanno tutti facendo progressi: questo non può che essere un bene per noi» borbotta Mira sovrappensiero, e gli lancia un ultimo sguardo indagatore prima di congedarsi. «Domani sarà una lunga giornata».
Stanno tutti facendo progressi per andare in contro a morte certa, sibila una parte della sua coscienza, e Agron preferisce sopprimere quelle parole nefaste con l’ennesima bevuta.

 

***

 

I pensieri di Agron sono annebbiati dal vino che ormai, alla fine di quei festeggiamenti, è limitato a poche gocce solitarie: ha appena la forza di premere la testa contro la pietra fredda del tempio, respirando a pieni polmoni per cercare di riprendersi, e scivola a terra contro la colonna grigia graffiata dalla violenza degli anni.
Non c’è più nessun rumore ad animare la foresta alle pendici del Vesuvio, ma solo quello del vento e del russare dei gladiatori vittime della sbornia. Le braci del fuoco, morenti al centro dello spiazzale polveroso, sono l’unica luce che i suoi occhi riescono a percepire – troppo violenta per quelle pupille stanche, semi coperte dalle palpebre che minacciano di chiudersi ad ogni respiro.
La mano di Nasir, inaspettata e improvvisa, si posa sulla sua spalla e il ragazzo si siede accanto a lui con un sorriso soddisfatto: «Sono l’unico sopravvissuto a questo massacro» dice divertito, «Spartacus ha avuto la buona idea di affidarmi la guardia».
«Allora siamo spacciati» replica Agron sarcastico, la testa che diventa sempre più pesante. «Portami dell’acqua» gli chiede. Nasir obbedisce e, intuendo cosa voglia fare il germano, gli vuota il contenuto del bicchiere sulla faccia.
Agron spalanca gli occhi di scatto, come se gli avessero dato un pugno nello stomaco, e lo guarda con espressione truce: «Volevo berla, quell’acqua». Nasir sorride colpevole, grattandosi la nuca.
«Chiedo scusa. Pensavo che tu fossi più utile da sveglio» mormora, e qualcosa – Agron non ha ancora capito cosa, forse a causa della sbornia – gli brilla negli occhi.
Agron incrocia le braccia, sbuffando, con l’acqua che ancora gli gocciola dal viso: «Spartacus dice che sei migliorato molto».
«Me l’ha riferito» afferma Nasir.
«Così la prossima volta che proverai ad ucciderlo sarai più letale» sorride il gladiatore, accarezzandogli il volto con affetto – insomma, odia quelle dimostrazioni così sentimentali, ma non può trattenersi di fronte a lui.
«Sono fedele alla causa di Spartacus» Nasir con aria solenne, abbassando lo sguardo. E’ in ginocchio davanti a lui, sembra pensieroso, e Agron non conosce un modo per fugare i suoi dubbi.
«Non sembri convinto» dice. «Ma credo tu sappia che ti proteggerò. Qui, sul campo di battaglia, dovunque». Gli si aprì un vuoto nello stomaco quando pronunciò quelle parole: erano uscite dalla sua bocca anche molto tempo prima.
«Non l’ho mai messo in dubbio».
Il silenzio cala fra loro, entrambi immersi nei propri pensieri; Agron sta per venire sopraffatto dai ricordi – Duro, il suo sangue che gli bagnava le mani – ma per fortuna c’è Nasir a riportarlo alla realtà.
«Un giorno sarò abbastanza bravo da invertire i ruoli» dice, e il volto gli si illumina come la luna che brilla al di sopra delle loro teste.
«Anche lui la pensava così» mormora Agron con lo sguardo vacuo, facendo accigliare il siriano di fronte a se. «Sai, a volte mio fratello ti assomiglia».
«Non voglio ricordarti lui e renderti infelice a causa di questo».
Non lo farai, pensa il germano, ma non dà voce alle sue parole. Preferisce assaporare le labbra di Nasir e annegare nel suo profumo, mentre lo stringe e la mente gli si annebbia ancora di più – quel fottuto siriano riesce ad avere effetti peggiori del vino. E’ così bello sentirlo suo, accarezzargli la pelle, baciarlo e morderlo e marchiarlo – perché Nasir è suo, suo, suo.
Il petto gli si accende e brucia, Agron si preme contro di lui perché ha bisogno di sentirlo così vicino: Nasir gli passa le dita sul volto come per imprimerlo sui polpastrelli, per ricordarlo per sempre; ma poi si allontana e il cuore del germano può battere a un ritmo più moderato.
«Mi farai impazzire, fottuto siriano» mormora, con il poco fiato che ha in gola, mentre Nasir affonda il naso nell’incavo del suo collo.
La sua bocca contro la pelle gli manda in frantumi il cervello, facendo scomparire l’ultimo pensiero sensato sopravvissuto, e in un secondo la schiena di Nasir è contro il pavimento e Agron lo sovrasta con la sua muscolatura imponente.
Lo farà impazzire, si ripete, ed è una cantilena interrotta solo dal respiro spezzato di Nasir che lo guarda e sorride come se fosse la cosa più meravigliosa del mondo.
«Non ridere, mi fai sentire un idiota» borbotta Agron, premendo la fronte contro quella del siriano sotto di lui. Il dolore alla testa lo sta dilaniando, ma è soppresso da un calore strano che si propaga dal petto in tutto il corpo.
E all’improvviso si blocca, sfiora la guancia di Nasir e scivola accanto a lui, con le stelle che brillano riflesse negli occhi. Le palpebre si abbassano come il suo torace, su e giù, su e giù, lo stesso movimento del ragazzo che approfitta del momento per riprendere fiato.
«Stavo per scoparti qui davanti a tutti» annuncia Agron sorridendo, e allaccia le dita dietro la nuca per godersi lo spettacolo del cielo. Nasir scoppia in una sonora risata e si gira verso di lui: «Non vedo il problema» asserisce.
Il germano sospira e scuote la testa, beandosi del silenzio calato su tutta la radura circostante; è ancora spossato per tutto ciò che gli provoca la vicinanza di quel maledetto siriano. Avrebbe voluto passare tutta la notte ad accarezzargli la pelle – gli piace da impazzire.
«Ci rifaremo la prossima notte» afferma, annuendo convinto. In realtà non vuole ammettere che, a fermarlo, è stato il ricordo doloroso di Duro – un fratello che amava più di ogni altra cosa -, e cancellarlo dalla mente è troppo difficile; non vuole ammettere che Nasir gli ricorda terribilmente lui e, non sa neanche perché, non vuole ammettere che sta cadendo vittima di quei sentimentalismi del cazzo che ha sempre odiato.
Sarà l’influenza dei Galli.
In effetti, gli piace essere sentimentale con Nasir, gli piace sapere che lui ricambia tutte le sue attenzioni. Ma la paura che anche lui possa morire a causa della sua protezione, proprio come ha fatto Duro, lo intrappola in un susseguirsi di domande senza risposta – la maggior parte delle quali scompaiono quando Nasir è con lui.
«Sei pensieroso» mormora, preoccupato. «Cos’è che ti turba?».
«Nulla. Segreti e preoccupazioni passate». Già, segreti. Quanti segreti ha Agron? Quanti sono rimasti sepolti sotto il ludus di Batiatus, quanti sono volati via con la morte di suo fratello?
«Mi piacerebbe che tu seppellissi tutti i tuoi segreti nella mia pelle» sussurra Nasir, mettendosi a sedere. Agron apre gli occhi e lo guarda, quindi sorride; seppellire i segreti nella sua pelle. Gli piace.
«Te l’ho già detto che sei un fottutissimo siriano?» chiede ilare, quindi alza la schiena dalla polvere e gli da un ultimo bacio, imprimendosi del suo odore.
Nasir non fa altro che stampare il proprio sorriso sul collo di Agron, chiudendo gli occhi per qualche attimo.
Il silenzio li avvolge, ci sono solo i loro respiri – si scontrano e si intersecano come fumo nell’aria – e il battito dei loro cuori, così vicini…

***

L’alba del nuovo giorno è vicina; Agron è sveglio da qualche minuto, sbatte le palpebre e respira profondamente tra le coperte del giaciglio. Non ricorda quasi nulla di ciò è accaduto la notte prima ma forse Nasir, che rantola accoccolato al suo fianco, saprà dirgli cos’è successo.
Quando il ragazzo si sveglia Agron gli sorride, accarezzandogli una guancia con fare affettuoso e tenendo gli occhi fissi in quelli stanchi di lui.
«Mi hanno dato il cambio e ne ho approfittato per venire da te» spiega, appoggiando la fronte contro la sua spalla. «Dormivi già della grossa» ridacchia, «e scommetto che non ricordi niente di ieri sera». Il germano scuote la testa, confermando ciò che ha appena detto Nasir.
«Mi sono preso una bella sbronza» sbadiglia, cingendogli le spalle con un braccio e lasciandogli un bacio sulla fronte.
«Sì, stavi per violentarmi davanti a tutti» sogghigna Nasir. «Ma a un certo punto ti sei fermato borbottando di certi segreti, di certe preoccupazioni… il vino ti fa male, Agron».
«Non siamo tutti spensierati come te, omuncolo. Forse anche tu eri ubriaco».
«Io però ricordo ciò che è successo. Hai detto che avresti seppellito tutti i segreti nella mia pelle. Bello, no? Non vedo l’ora di cominciare».
«E’ una buona idea».
Agron odia essere così sentimentale, ma ancora una volta si annulla completamente davanti a quegli occhi scuri che sembrano scavargli nel profondo – perché, a dirla tutta, Nasir avrebbe scoperto anche i suoi più nascosti segreti.
O perché i Galli hanno influito profondamente su di lui.
Maledetti Galli del cazzo.
«Che ne dici, iniziamo subito?» chiede Nasir con un sorriso e Agron, la stessa espressione sul volto, si porta sopra di lui sorreggendosi con le braccia.
Appoggia la fronte sul petto magro del ragazzo, la testa segue i movimenti del suo respiro e gli sembra quasi di sentire il battito cardiaco che sta per esplodere nella cassa toracica.
«Cominciamo da quando avevo sette anni…» sussurra, solleticandogli la pelle con la punta del naso, «… liberai i serpenti che aveva trovato mio fratello e non gliel’ho mai detto» ride, ripensando a quel ricordo lontano giorni e giorni. Duro era scoppiato in lacrime quando la gabbia improvvisata con ramoscelli e foglie secche era stata trovata vuota, perché Agron aveva liberato gli animali la notte precedente.
«Poi, a dodici anni, uccisi per errore un ragazzino moribondo che si aggirava per i boschi, e nessuno l’ha mai saputo…».
Agron sussurrava sulla pelle di Nasir che si increspava come acqua limpida a ogni parola soffiata sul collo, sul petto, sull’addome, andando avanti e indietro e continuando quel rituale di segreti e sospiri nato chissà per quale motivo.
«A quattordici anni, invece…».

***

Quella storia stava andando avanti da molto tempo.
Agron rivelava ogni segreto al proprio amante, confidandoli alla sua pelle e al suo respiro; era un rituale quasi religioso, il loro, che si consumava alle prime ore dell’alba o alla notte più profonda, in un comodo giaciglio o sul pavimento della stanza più isolata. Nessuno poteva vederli, nessuno poteva e doveva ascoltarli.
«Credo di aver provato qualcosa oltre la fratellanza, per Duro» dice, lasciando un bacio sulla spalla di Nasir. Lui ascolta e non commenta, a volte sorride o gli accarezza i capelli, ma è lì in silenzio a farsi torturare finché i segreti non finiscono – almeno per quella volta.
«Forse lui lo sapeva» aggiunge Agron, e c’è un altro bacio. «Non mi è mai importato. Mi sono comportato da fottuto egoista». Sussurro, bacio.
«Al ludus, tempo fa, pensai di ammazzare Spartacus» stavolta c’è una risata sulla pelle di Nasir. «E anche Crixus, lo odiavo profondamente».
I segreti scivolano via man mano che andava avanti, parola per parola e lettera per lettera, lentamente, assaporando ogni secondo come se fosse l’ultimo della loro vita.
«Ho paura. Ho paura che tu faccia la sua stessa morte a causa mia» bacio. «E ho anche paura che alla fine di tutta questa follia troveremo tutti quanti la morte» bacio e bacio e bacio e bacio.
«E ti amo».
Bacio.

E anche l’ultimo segreto fu seppellito nella pelle di Nasir.

 

 

 

Viaggio al centro del cervello malato di Hayley 

Saaalve a tutti tutti tutti. Non vedevo l'ora di pubblicare la mia prima storia Nagron (sono letteralmente innamorata di loro, il mio nuovo OTP ufficiale <3), ed eccomi qui. 
Premettendo che sono terribilmente in ansia per la puntata di venerdì - perchè sono sicura che uno di loro morirà, oppure entrambi se i produttori sono cattivi -, ho scritto questa roba un po' a valvola di sfogo. Sto tartassando sia Dan Feuerriegel (l'attore di Agron, per chi non lo sapesse) che Steven DeKnight, e ho ripetuto un paio di volte che mi avranno sulla coscienza se mi distruggono l'OTP c: tanto per, eh. Li ammazzo c: mi unisco a Spartacus e farò una rivolta contro la produzione e contro il regista e contro tutti quanti.
Comunque, io sono letteralmente caduta in fissa per questi due. All'inizio non mi ero sconvolta più di tanto, dato che appena scopro una nuova coppia faccio così con tutti, ma poi lo stato da cerebrolesa si è proteso con il tempo e io sono seriamente (no, LOL!) preoccupata di soffrire di Nagrofobia. Ne vado fiera FUCKYEAHFUCKTHESYSTEM!
Ho scritto questa one shot principalmente perchè sentivo il bisogno di sfogarmi su questa coppia in qualche modo, dato che da un paio di settimane ho cominciato a sognarli la notte e, beh, dovevo scrivere su di loro ù_ù
A ogni modo, basta con le seghe mentali e passiamo a parlare di questo schifo da me prodotto C: E' ambientato dopo la settima puntata, ovvero dopo che Agron & co. assaltano il porto di Napoli (che emozione, dove vivo io <3 <3 <3 Wait, io abito sotto al Vesuvio. *si emoziona* Beh sì, quando si sono ritirati sul Vesuvio io ero tutta dhnlfrjgbjgnbjknbgj) e riempiono le fila con guerrieri germani. Le ultime parti della storia, invece, quando la storia dei segreti comincia, è ambientata in un tempo random. Il titolo della storia è preso dalla canzone "Snuff" degli Slipknot, che mi ha ispirata e che vi consiglio di ascoltare perchè è molto bella. Invece la citazione sotto è tratta da "Dove arriva quel cespuglio" di Lucio Battisti che mio padre ha messo nello stereo così a caso e, bo, grazie papà per l'ispirazione c: Fine. 
E' il mio primo esperimento su questi due dvlfkbdjkg e non è venuto come volevo, ma devo accontentarmi; spero di aver reso i personaggi il più IC possibile, ho trovato un po' di difficoltà per caratterizzarli perchè sono dannatamente abituata a sentirli parlare in inglese. Mannaggia. A voi la parola, comunque.
Come sempre ringrazio la mia beta Alih che oggi più di ogni altra volta si è scervellata (?) a betarmi. <3 Se non ci fosse lei, boh, non so come sarebbe. c:
Ora scappo via che ho già rotto le scatole a tutti. Spero che la storia vi sia piaciuta, che questo tour all'interno del mio cervello sia stato di vostro gradimento, e che non mi lancerete pomodori marci. (In ogni caso, sono lì in fondo alla stanza).
Alla prossima!

P.S. Nagron is the way!

   
 
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