Il segnale di libero mi fa sobbalzare ogni volta, è come un timer che indica quanto tempo mi rimane per prepararmi psicologicamente a sentirti di nuovo, e a rivelarti novità che potrebbero stupirti o annoiarti, ma qualcosa devo pur dirtela.
Tu sei il più veloce della casa, e come al solito sei tu che raggiungi la cornetta dandole il tempo di squillare al massimo quattro volte. La tua voce appare calma, già piuttosto adulta se non consideriamo l’altezza, sembri felice di sentirmi e mi chiedi immediatamente cosa ho fatto durante questi ultimi mesi.
Ti ho incessantemente pensato e sei stato protagonista dei miei sogni e delle mie poesie.
-Niente d’eccezionale, la mia vita scorre placidamente come un torrente di montagna.-
Non è proprio la verità, ma è pur sempre meglio dell’affermazione di prima.
A questo punto mi chiedi come me la passo a scuola, e appena senti la frase “ho avuto 9 di inglese” sembri abbastanza sorpreso, ma ancora non tentenni. Ti limiti a farmi i complimenti.
Adoro quando ammetti la mia bravura in qualcosa.
-Nemmeno io mi aspettavo un voto così alto, appena ho saputo ho iniziato a urlare dalla gioia.-
Molto meglio, decisamente.
Andiamo alle cose più serie; mi chiedi come sto e se sto continuando a seguire il corso di arti marziali che ti incuriosisce così tanto.
Cado continuamente in una sottospecie depressione perché la gente mi discrimina.
-Ho un principio di scoliosi, ma ce la sto mettendo tutta per continuare le lezioni.-
E lì, per chissà quale motivo, rimani in silenzio, per poi uscirtene qualche secondo dopo dicendomi che se non è uno stato avanzato non dovrei preoccuparmi, ma non devo neppure sottovalutare la cosa.
Chissà se sei davvero preoccupato o lo dici solo per educazione.
E dopo aver passato un’ora a parlare di film, libri e vacanze estive mi viene la bellissima idea di farti sentire i miei progressi con il pianoforte, dopotutto anche tu lo suonavi.
Nel mentre stringo la spalla per tenere il telefono e protendo le mani sui tasti bianchi e neri ti sento sospirare.
Anche tu ti stai preparando psicologicamente a qualcosa?
Inizio a suonare impiegando entrambe le mani, facendo attenzione a non sbagliare per evitare inutili commenti, e quando quelle dolci note raggiungono le tue orecchie il tuo sospiro si trasforma in affanno, e io suono mettendoci più espressione per rendere il tutto più magico.
Non credevo di essere capace di farti emozionare in questo modo.
Siamo giunti alla fine, ma sento il dovere di dirti altro.
-Non attaccare, non ho ancora finito.-
-Ti ascolto.-
-Dopo che avrò parlato mi odierai per il resto della tua vita.-
-Dipende, non hai ancora detto niente.-
-Ti amo.-
-Non mi arrabbio per cose del genere.- Rispondi accennando una flebile risata.
-Sei sicuro?-
-Puoi fidarti.-
Non ho fatto altro per tutto questo tempo.
Credo sia meglio cambiare espressione.
-Mi ha fatto piacere sentirti, non vedo l’ora di rivederti.- Incredibile ma vero, sto sorridendo anche io.
-Anche io voglio rivederti, non vedo l’ora di tornare a giocare a calcio con il portiere migliore che conosco.-
Un leggero rossore mi avvolge le guance, ma non ci faccio neanche caso.
Dopo i saluti finali riattacco.
Ce l’ho fatta, dopo tre lunghi anni sono riuscita ad aprirmi in modo definitivo.
Mi sarebbe piaciuto dirtelo.