Capitolo 1: Il Triste Risveglio
Non so che ore erano quando il telefono squillò, pur non sapendo l’ora una
voglia omicida mi indicava che era presto, troppo presto per chiamare a casa.
Mio malgrado ero solo come un cane, anzi no, c’era Ekips,
ero solo CON un cane. Odio i cani, quando ti servono mai una volta che tirino
fuori il loro pollice opponibile, nemmeno per rispondere al telefono
quando il loro padrone dorme. Ad ogni modo mi alzai o meglio rotolai giù
dal letto e mi alzai da per terra, mai più di quel
momento ho desiderato la presenza di un altro individuo in casa, cosa che,
partendo dal presupposto che non sono autistico, dice
tutto. Alzai il cordless e me lo portai all’orecchio,
come pesava quel giorno non aveva mai pesato, un po’ come le donne, sorreggerle quando balli è facile, ma quando svengono e devi
sostenere ttto il peso morto li sono cazzi.
Dal telefono uscì una voce
che mi salutava come se fosse mezzogiorno, l’avrò maledetta
miliardi di volte prima di chiedermi a quale stupidissima bocca apparteneva, ma
alla fine lo chiesi:
“chi è?”
“lorè,
so io!”
“mi sono appena svegliato,
non so nemmeno se sei maschio, femmina o un alieno che vuole entrarmi nel
cervello e conquistare il mondo e vista l’ora mi auguro per te che sia la terza
opzione”
“ma
no! Lorè! So io! Giulietta!”
era una donna, o meglio, questo divulgava l’anagrafe,
io non ci avevo mai creduto tanto, aveva più baffi di me, ma la cosa più bella
sta nel fatto che il suo vero nome era Giulietta quant’è
vero che era una donna attraente, infatti si chiamava Valeria.
Valeria era una mia quasi
amica che avevo conosciuto quasi due mesi prima, una di quelle persone più
patetiche di un cantante alcolizzato, dico solo che per soddisfare il suo ego,
ormai seppellito da anni cento metri sotto la Fossa delle Marianne,
si era autoproclamata Giulietta e aveva osato
nominare ME il SUO romeo.
Trovo però che sia doveroso
aggiungere a questo punto che oltre a essere di
discutibile bellezza era anche di dubbia intelligenza, insomma, si poteva
distinguere tra migliaia di ippopotami perché era la più brutta e stupida.
Tornando alla telefonata dopo
aver scoperto l’identità dello scorticatore di scroto una parte di me mi suggeriva di riattaccare e tornare a dormire mentre
l’altra, probabilmente ancora in fase di dormiveglia, era curiosa di sentire
cosa aveva da dirmi Valeria, purtroppo, vinse la seconda.
“che
vuoi a quest’ora?”
“ma
quale ora che so le dieci”
Come in un baleno mi ricordai
che ieri avevo fatto tardi e che le serrande non facevano passare luce per via
della mia fotosensibilità. Ripresi tentando di non
far notare la mancanza del mio orologio biologico:
“ah… allora che vuoi e basta”
“niente lorè,
volevamo sapere se tu potev…”
“volevamo chi?”
“io e Benedetta”
“no.”
Dopo aver riattaccato mi
avviai alla finestra della mia camera e, tirando occhiatacce al cane, alzai le
serrande.
“sai benissimo che è colpa
tua èh?” le dissi “ieri avevamo concordato che stava
a te alzare le serrande stamattina”
Ekips non rispose, un po’ perché sapeva che la colpa era
sua e con me nessuna difesa tiene e un po’ perché era un cane.
Dato che al mondo l’idea di
lasciarmi in pace non piace affatto il telefono suonò
nuovamente, quando risposi mi trovai di nuovo a parlare con Valeria:
“lorè,
però nun fa cosi, ‘o sai che
me pija a male quando me riattacchi senza motivo”
“un motivo c’era, ad ogni
modo cosa volevi?”
“volevo solo sapè se eri libero il trentuno ottobre, stavamo a organizzà una pizza per Allouìn”
“Allouìn
è una festa che non appartiene al nostro paese, in quanto non mi sento in
obbligo di prendere parte a questi festeggiamenti inutili e poi se proprio devo
fare una festa creata per scacciare gli spiriti maligni di certo non la celebro
mangiando pizza con uno di loro”
“sei popo
cattivo lorè”
“e
tu non sei più fica se parli romanaccio”
Dopo questa frase gli
riattaccai, non sono maleducato ma trovo che i
convenevoli di saluto siano un privilegio da riservare per chi mi chiama dopo
colazione. La giornata era già partita molto male e sarebbe proseguita peggio
me lo sentivo, è come il cellulare: quando lo compri nuovo
può non cascarti per mesi, ma la prima volta che ti si sfrange
per terra sai già che è solo l’inizio di una lunga serie di schianti che lo
porteranno a rompersi nel giro di poche settimane.