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Autore: chibimayu    30/03/2012    5 recensioni
-Merlin!-
Tutto era accaduto troppo in fretta perché potesse essere evitato.
-Merlin, apri gli occhi!-
Tutto era sbagliato.
-Mi dispiace, Sire…-
Genere: Angst, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Merlino, Principe Artù, Un po' tutti | Coppie: Merlino/Artù
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Quarta stagione
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Originariamente questa cosa avrebbe dovuto essere un mio prompt per KinkMerlinItalia. Ma dopo qualche settimana mi sono accorta che la trama era già delineata e sarebbe stato piuttosto sciocco non scrivermela da sola.
Cosa che ho fatto dopo mesi.
Sono pigra, bite me, inoltre avevo perso completamente la voglia di scrivere.
Mi sono sempre considerata più una lettrice che una fanwriter.
E’ ciò che mi riesce meglio.
Ma ogni tanto anche io metto la testa fuori dalla mia tana e mi azzardo a buttare giù qualcosa; questo è il risultato, spero che non sia totalmente da buttare via.
Enjoy.
 
Disclaimer: i personaggi di Merlin appartengono alle leggende Arturiane e.. sì anche alla BBC (per quanto ne stiano facendo un uso improprio *trollface*)
 

 

 

There's no need to go and blow the candle out.
Because you're not done.
You're far too young.
And the best is yet to come.


(Lullaby-Nickelback)



 

 

-Merlin!-
Tutto era accaduto troppo in fretta perché potesse essere evitato.
-Merlin, apri gli occhi!-
Tutto era sbagliato.
-Mi dispiace, Sire…-
 

 

 

 

Banditi.
 
Era stato un gruppo di banditi a saccheggiare uno dei tanti villaggi sotto la protezione di Camelot e Arthur, da buon Re qual era, aveva organizzato subito una spedizione per catturare i malviventi e restituire giustizia a quei contadini, troppo spesso vessati da frequenti razzie, che molte volte equivalevano ad una condanna a morte per i bambini e gli anziani.
Normalmente sarebbero bastati cinque Cavalieri per una simile missione, ma Arthur aveva voluto partecipare ad ogni costo, desideroso di condividere l’azione con i suoi uomini (“Vuoi solo fuggire dall’assillante presenza di Geoffrey.” aveva commentato sardonico Merlin).
 
Era una missione tutto sommato semplice; quante altre ne avevano affrontate di simili?
 
Invece era andato tutto storto nel momento esatto in cui Merlin era smontato da cavallo per aiutare Arthur, dimentico dell’ammonimento di quest’ultimo di non scendere mai, mai, da cavallo vista la sua totale inettitudine con la spada.
 
Ma lo Stregone non ci aveva pensato due volte nel mettersi sulla linea del pericolo, come sempre quando il suo Re era coinvolto, senza risparmiarsi alcunché nel tentativo di tenere al sicuro i Cavalieri dagli attacchi di gruppo.
 
Con tutta l’attenzione di Merlin concentrata altrove, il giovane non ebbe modo di prevenire il colpo a lui diretto, e grande fu la sua sorpresa quando si ritrovò steso a terra, con il fiato mozzato in gola e un dolore, come poche volte provato prima, via via diffondendosi sempre di più all’altezza dello stomaco.
 
-Merlin!- gridò Sir Leon, correndo in soccorso dello Stregone facendosi strada a colpi di spada e uccidendo con un fendente l’assalitore che si accasciò a terra con un rantolo.
 
Non appena si fu avvicinato, il Cavaliere cercò di comprimere la ferita con le mani inguantate, per fermare il sangue che sgorgava copioso, imbrattando le ricche vesti di Merlin e le stesse mani di Sir Leon.
-Merlin? Non perdere i sensi, adesso ti portiamo da Gaius e ti rimetterai presto, capito?- lo rassicurò.
 
Merlin non poté fare altro che annuire spaventato, boccheggiando per l’intenso dolore.
 
-Ar…thur….-
-Non sforzarti di parlare… Gwaine! Gwaine!-
 
Leon si guardò freneticamente intorno e vide che anche gli ultimi briganti rimasti in vita erano stati abbattuti, schiacciati dall’evidente disparità di forze e abilità tra quest’ultimi e i migliori Cavalieri di Camelot.
Gwaine, sentendosi chiamare, cercò con lo sguardo Leon e, quando lo vide chino sul corpo di Merlin, gli si gelò il sangue nelle vene.
 
-Merlin!-
 
Arthur, che nel frattempo stava fasciando il braccio di Percival, cercò il motivo di tanta agitazione da parte dei suoi due Cavalieri.
Merlin.
 
-Elyan, lo affido a te, pensaci tu!- ordinò prima di correre dal compagno ferito e inginocchiarsi al suo capezzale.
 
La prima cosa che vide fu il sangue.
 
Il terreno sotto i suoi piedi sembrava esserne pregno, ed era tanto, troppo, per sperare in una ferita da poco.
 
La seconda fu il volto pallido e spaventato di Merlin, che con gli occhi sembrava chiedergli aiuto.
 
-Sire, sono corso non appena lo hanno colpito, dobbiamo portarlo da Gaius il prima possibile!-
-Se lo spostiamo a cavallo, morirà!- tuonò il Re, stringendo fra le proprie mani quella di Merlin, cercando di ignorare il tremore di quest’ultima.
 
Gwaine ritenne opportuno intervenire.
 
-Ma se rimane qui, morirà comunque dissanguato. Dobbiamo fermare il sangue e cavalcare fino a Camelot senza perdere altro tempo!-
 
Arthur era pronto a replicare quando un rantolo del giovane steso a terra lo fermò.
 
-Arth..ur… non fare l’Asino. Portami da… da Gaius. R-resisterò…-
-Risparmia le forze, ti prego.- rispose accarezzandogli una già pallida guancia.
 
Senza ulteriori indugi, Arthur ordinò di recuperare della stoffa per fasciare il più strettamente possibile la ferita e poi partire di gran carriera verso Camelot.
Il giovane Re ringraziò tutti gli dei che l’attacco fosse avvenuto non troppo distante dal castello o le probabilità di Merlin si sarebbero drasticamente ridotte a zero; rafforzando la presa sul ragazzo per non farlo cadere dalla sua stretta, spronò Llmarei ad aumentare l’andatura e, nonostante il doppio carico, riuscirono a distanziarsi dagli altri Cavalieri.
 
 
 
 
Quando arrivarono a Camelot era già notte inoltrata; le guardie di sentinella li fecero passare con aria sorpresa e non appena arrivati nel cortile del castello ognuno di loro aiutò il loro Re come poté: chi aiutandolo a far scendere un Merlin estremamente pallido e già febbricitante, e chi andando a svegliare il vecchio medico di Corte ed informarlo di quanto era successo.
 
Facendo attenzione a non causare ulteriore dolore al giovane Stregone, lo trasportarono di peso nel laboratorio di un Gaius già sveglio e allarmato alla vista delle condizioni del suo vecchio apprendista.
 
-Merlin, ragazzo mio…-
-Gaius, ti prego, fai qualcosa…-
 
L’anziano medico non aveva bisogno di vedere l’espressione del Re per capire quanto fosse angosciato per la sorte di Merlin.
Il suo tono di voce era una chiara espressione dei suoi sentimenti.
 
-Farò tutto quello che è in mio potere, Sire.-
 
Quelle che seguirono furono le ore più lunghe nella vita di Arthur; solo durante la lunga malattia di suo padre si era sentito così impotente di fronte ad eventi di cui non aveva il controllo.
Rifiutandosi categoricamente di andare a dormire, Arthur stette a guardia del laboratorio fino a quando un Gaius stanco, fisicamente ed emotivamente, non uscì.
Il giovane Re non perse tempo nel domandare delle condizioni di Merlin.
 
-Sire…-
-Non… si rimetterà, non è vero?-
 
Il vecchio non rispose immediatamente, sospirando si passò una mano sul volto stanco.
 
-Gaius?- chiese, con una punta di panico nella voce.
-Ho fatto tutto il possibile per Merlin, ma… dobbiamo prepararci al peggio, Sire. Una ferita allo stomaco è spesso mortale e… ha perso così tanto sangue. Tanto da stupirmi che sia ancora vivo.- decretò con voce grave.
-No…-
-Al momento Merlin sta combattendo contro una febbre molto alta, temo per un principio di infezione e debilitato com’è…- si interruppe per asciugarsi una lacrima –Penso… penso sia doveroso mandare a chiamare sua madre.-
 
E fu con queste parole che Arthur capì che lo dava per spacciato.
 
-Ma… sicuramente con la magia ci sarà un modo per guarirlo! Ci deve essere!-
-Arthur…-
-Una pozione, un incantesimo, un sacrificio animale! Qualsiasi cosa, altrimenti che uso potrebbe mai avere la vostra dannata magia?!- gridò, dando un calcio al muro dell’abitazione al cui interno Merlin stava lottando fra la vita e a morte, per poi appoggiarvisi e lasciandosi scivolare a terra, nascondendosi il viso fra le mani.
-Sire, i vostri guanti…-
 
Solo allora Arthur si accorse del sangue che ricoprivano i guanti di cuoio che ancora indossava.
 
Il sangue di Merlin.
 
Con un gesto a metà tra il furioso e il disperato si sfilò i guanti e li lanciò lontano, accorgendosi poi che anche la sua armatura era umida dello stesso sangue.
La gravità della situazione lo investì come un pugno nello stomaco e le prime lacrime cominciarono a scendere dai suoi occhi tormentati come un cimitero pieno di spettri.
Quando il giovane Re si alzò in piedi, su gambe malferme, manifestando l’intenzione di portare personalmente Hunith a Camelot, Gaius cercò di farlo ragionare.
 
-Sire non siete in condizione di intraprendere un viaggio di due giorni a cavallo e ritorno senza cadere svenuto in qualche strada di campagna.-
-Ho affrontato campagne molto più lunghe di così. Non posso fare altro per lui, non sono un medico né tantomeno uno stregone, Gaius.- esclamò con voce spezzata asciugandosi le lacrime.
 
Il vecchio mentore si avvicinò all’uomo che aveva visto nascere e, prendendogli una mano fra le sue, gli parlò sinceramente.
 
-Arthur, so quanto state soffrendo e so che le probabilità che Merlin riesca a sopravvivere sono molto poche ma… ha bisogno di voi. Per me, Merlin è come un figlio e ho il cuore spezzato quanto voi, ma se partiste per Ealdor e Merlin…- non riuscì a finire la frase –Non ve lo perdonereste mai.- finì con un filo di voce.
 
Arthur puntò lo sguardo sulla porta chiusa del laboratorio e nuove lacrime gli rigarono le guance.
 
-Io lo amo, Gaius.-
-E lui ricambia con eguale devozione, Sire. Andate a cambiarvi d’abito e potrete vegliarlo insieme a me. Farò il possibile perché la febbre si abbassi.-
 
Con queste rassicurazioni, Arthur si affrettò a tornare nelle proprie stanze e a spogliarsi dell’armatura ma non prima di affidare ad uno dei suoi Cavalieri il compito di portare la madre di Merlin a Camelot.
Indossati i soliti vestiti informali, si attardò un attimo nelle sue stanze.
 
Tutto al suo interno gli ricordava Merlin: dal calice di vino che avevano condiviso prima della loro partenza, alla ridicola divisa rosso Pendragon completa di cappello piumato - che il ragazzo odiava fino allo spasimo – riesumata dal fondo di un vecchio baule da uno sfrontatissimo Arthur.
 
Queste erano le loro stanze – anche se ufficialmente Merlin era dotato di una sua propria stanza, non lontano da quelle del Re, ma il mago vi aveva dormito solo la prima notte, prima di stabilirsi definitivamente nel letto di Arthur.
 
Non che Arthur si fosse mai lamentato, ovvio.
 
Senza perdere altro tempo, recuperò da un armadio la camicia da notte con cui il mago era solito dormire e, a passo svelto, si diresse nuovamente al laboratorio di Gaius.
 
Per le quattro notti successive non chiuse quasi occhio.
 
 
 
 
Quando Hunith aveva visto arrivare al galoppo un Cavaliere di Camelot, aveva pensato che le portasse notizie di suo figlio e della sua nuova vita, ora che il giovane Pendragon lo aveva nominato Stregone Ufficiale di Corte, come le aveva riferito Merlin stesso in una sua lettera qualche mese prima.
Non pensava certo di doversi affrettare ad arrivare in quella stessa Camelot con il cuore attanagliato dal terrore di arrivare troppo tardi.
Suo figlio, il suo stupendo bambino, non poteva assolutamente morire.
Semplicemente era inconcepibile.
Il suo animo di madre negava con forza lo stesso concetto di vederlo seppellito prima di lei.
 
Merlin aveva un destino, un grandioso destino da portare a compimento.
 
Non poteva morire.
Non doveva.
 
Ma non appena ebbe davanti il figlio, non appena lo vide sepolto da lenzuola bianche quasi quanto il suo colorito, se non di più, capì che ormai era solo questione di tempo.
 
Pianse tutte le sue lacrime di madre e, quando fu esausta, Gaius le fece bere un infuso di tiglio e biancospino per calmarsi.
 
Arthur, in tutti i giorni successivi al ferimento di Merlin, non aveva mai abbandonato il capezzale del suo amato, se non per presiedere alle riunioni del Consiglio – quando la sua presenza era strettamente necessaria -.
Ogni veglia era passata stringendogli la pallida mano e baciandola più e più volte, pregando tutti gli dei dell’Antica Religione di donare forza a quel corpo esangue.
 
Gaius aveva pulito e ricucito la ferita come meglio poteva, ma la febbre non accennava ad abbandonarlo.
Il fisico di Merlin, già gracile di suo, sembrava sparire tra quelle lenzuola in cui era avvolto; poiché privo di conoscenza, non avevano potuto fare altro che strizzagli in bocca un panno imbevuto di acqua, tè addolcito col miele e infusi vari per stroncare la febbre.
 
Arthur stesso era andato avanti con poco e niente, nonostante le raccomandazioni di Hunith e Gaius; sconvolto dal dolore, riusciva solo a pensare ossessivamente a come avrebbe potuto evitare che il suo Merlin, il suo adorabile idiota, non si avesse a trovare in una simile condizione.
 
Se solo non avesse insistito per condurre la spedizione, se solo avesse impedito categoricamente a Merlin di seguirlo…
 
Hunith aveva ascoltato pazientemente - e col cuore gonfio di dolore per entrambi i suoi ragazzi – i ragionamenti sconclusionati del giovane Pendragon, ora rassicurandolo con tono materno, ora riprendendolo con forza.
 
-Mio signore, lo sapete meglio di me quanto cocciuto e testardo sia mio figlio se si mette in testa di fare qualcosa. Niente al mondo lo avrebbe trattenuto dal seguirvi.-
 
Un sorriso malinconico fece capolino fra le labbra di Arthur e si perse nell’osservare il giovane.
 
L’altra faccia della sua moneta.
 
-Non è mai stato capace di eseguire un ordine. Anche quando era il mio servitore, lui..-
-Vi ama davvero tantissimo. Quando veniste ad Ealdor la prima volta, già allora scorsi l’inizio di quel che sarebbe accaduto fra voi.- affermò accarezzando i capelli del figlio, resi fradici dalla febbre –Vado a prendere dell’acqua fresca, torno subito.-
 
Così dicendo recuperò la bacinella a capo del letto ed uscì dal laboratorio. Minuti dopo che se ne fu andata, Merlin aprì faticosamente gli occhi, confuso e disorientato non capì dove si trovasse fin quando non incrociò lo sguardo sconcertato del suo Asino Reale.
 
-Arthur…- chiamò piano.
 
Il biondo si chinò subito sull’amante, lasciandosi scappare un sorriso incredulo.
 
-Merlin!-
-Ho sete…- ansimò.
 
Arthur lo fece bere piano, reggendo il boccale con presa forte e aiutandolo a mettersi seduto, prestando attenzione a non fare pressione sulla ferita i cui punti erano ancora freschi.
Dopo che Merlin ebbe finito di dissetarsi, Arthur posò il dorso della mano sulla sua guancia e notò con sollevazione che non bruciava come nei giorni scorsi.
 
-Non bruci di febbre come prima, sta finalmente cominciando a scendere. Ci hai fatto davvero spaventare, Merlin. Credevamo…- abbassò lo sguardo, incapace di continuare.
 
Il mago si ridistese sul letto con movimenti lenti.
 
-Lo so. Nel delirio riuscivo a capire che non me la passavo bene.- mormorò con voce roca.
 
Il giovane Pendragon raccolse il coraggio a quattro mani e si chinò nuovamente su Merlin, questa volta per baciare con delicatezza le labbra esageratamente calde del mago.
 
-Non è un’illusione, allora.- sussurrò staccatosi.
 
Merlin, sorridendo appena e vicino a scivolare nuovamente nell’incoscienza, scosse la testa e allora Arthur si appropriò di un nuovo bacio. Dopo giorni passati a temere per la sua vita, non gli sembrava vero di poter godere ancora di tali momenti.
 
Hunith scelse di rientrare in quell’esatto istante.
 
 
 
 
Ci volle quasi un mese prima che Gaius dichiarasse Merlin completamente guarito, tanto da abbandonare quel letto che aveva cominciato ad odiare, nonostante Arthur lo avesse preso in braccio (“Vedi che ho ragione a darti di femmina, Merlin?” “Fà silenzio!”) e trasportato fino alle loro stanze, non appena il medico aveva ritenuto sicuro muoverlo.
 
-Ti rimarrà una bella cicatrice, ragazzo mio. Ma poteva andarti molto peggio, in fondo. Ringraziamo gli dei per la tua resistenza.-
-Non ti libererai tanto facilmente di me.- scherzò.
 
Il vecchio medico sorrise benevolo e terminò di fasciare il giovane una volta riapplicato il solito unguento.
 
-Di sicuro hai una tempra molto forte, ma è meglio non sfidare la sorte.-
-Giusto.-
 
Merlin alzò lo sguardo dal suo vecchio mentore per incontrare gli occhi preoccupati di sua madre, appena rientrata dopo aver raccolto erbe medicinali per aiutare Gaius nel suo lavoro.
 
-Non preoccupatevi, madre. Non sarò più così disattento da lasciarmi trafiggere da una spada.-
 
Hunith annuì, per poi sedersi di fronte al letto dove sedeva il figlio.
 
-Di questo ne sono sicura. Tra due giorni tornerò ad Ealdor, sono via da molto tempo e devo assicurarmi che Hebron si sia preso cura delle mie galline e non le abbia vendute. – Merlin rise – E Voglio che tu venga con me…-
 
-Cosa?- il sorriso sparì completamente dal volto del giovane stregone.
-Ascoltami attentamente…- cominciò prendendolo per mano, un gesto ormai tremendamente familiare dopo le notti passate a vegliare il suo sonno di moribondo –Hai rischiato seriamente di morire, Gaius aveva ormai perso ogni speranza che tu sopravvivessi, io avevo perso ogni speranza.-
 
-Madre…-
 
-Ti ho visto agonizzare in questo stesso letto per giorni e giorni, senza poter fare nulla se non bagnarti la fronte e tenerti la mano. Sei mio figlio. Il mio unico e preziosissimo figlio e sono io che ti ho mandato a morire!- scoppiò singhiozzando.
 
Merlin strinse tra le sue braccia la madre piangente, rassicurandola più e più volte che non era colpa sua, che questo era il suo destino e, se anche non lo fosse stato, non avrebbe mai potuto abbandonare il fianco di Arthur.
 
Non lo avrebbe mai fatto.
 
-Madre, mandarmi a Camelot è stata la decisione migliore che abbiate mai preso. Certo, all’inizio ero scettico, Arthur era un vero babbeo, indisponente e rude ma… è qui che voglio vivere. Sono felice qui e finalmente stiamo costruendo insieme Albion. E la magia non è più bandita. Se non fossi mai venuto qui, tutto questo non sarebbe mai successo e forse…- riprese fiato –Forse Arthur avrebbe finito per diventare come suo padre. E lui non si merita questo.-
-Ma...-
-Non preoccupatevi. Tornate ad Ealdor serena, io starò bene.- disse sorridendo, asciugandole gli occhi stanchi.
 
Quella sera, mentre si stavano preparando per la notte, Merlin raccontò all’amante la conversazione avuta in mattinata con la madre, aspettandosi una battuta sarcastica o un commento canzonatorio; Arthur lo sorprese con un silenzio opprimente e uno sguardo terribilmente serio.
 
-Arthur? Che ti prende?-
-Ci ho pensato anche io…- confessò.
-Pensato a cosa?- domandò evidentemente confuso.
 
Il giovane Re, seduto sul suo scranno, si lasciò scappare un breve sospiro prima di puntare lo sguardo in faccia allo stregone.
 
-Se tornassi ad Ealdor non correresti più nessun pericolo. Non rischieresti la vita ogni giorno nel tentativo di proteggermi come fai sempre. Sono il Re, è compito mio
proteggere il mio popolo.-


 
Merlin esitò un attimo prima di rispondere.
 
-Io non sono il tuo popolo, Arthur. Per quanto sia imbarazzante ammetterlo ad alta voce, sono la tua metà, Asino che non sei altro! Dici che è compito tuo proteggere la gente di Camelot? Il mio è assicurarmi che Albion continui ad avere il suo Re; con tutti quelli che ti vorrebbero morto, non posso permettermi un attimo di distrazione. E sì, questa volta mi sono distratto un pochino, lo ammetto, e per poco non ci ho rimesso la vita ma… non cambierei niente di ciò che sono o di quello che faccio per te.-
-Ma è davvero quello che vuoi? A volte penso che tu lo faccia solo per quella storia del destino che il Grande Drago ti ha rifilato al tuo arrivo a Camelot…-
 
Lo Stregone sbuffò sonoramente dal naso e, avvicinatosi ad Arthur, gli diede uno scappellotto in testa.
 
-Ahi! Ma che ti prende?-
-Sei davvero un Asino idiota! Pensi che sarei rimasto al tuo fianco per tutti questi anni solo per il destino che abbiamo in comune? Avrei sopportato per anni le tue pessime maniere e il tuo continuo lanciarmi oggetti in testa, per divertimento? O per dovere?-
-Se dici così, sembra quasi che sia stato un pessimo padrone…-
-Lo eri, infatti.- Arthur protestò –Terribile, in verità.- scherzò -Ma ciò non toglie il fatto che sei quello che sei e io sono qui per rimanerci. Non sono una delicata fanciulla, per quanto ti piaccia pensarlo, non scapperò con la coda fra le gambe a fare vita ritirata ad Ealdor o da qualunque altra parte. Ti amo, brutto testone, mettiti il cuore in pace. Non me ne andrò.-
 
Arthur osservò attentamente il suo amante prima di sospirare e lasciarsi scappare un sorriso divertito.
 
-Passano gli anni, ma non cambierai proprio mai. Ancora incapace di eseguire un ordine.-
-Sono fatto così.- ghignò.
 
Con una mossa veloce, il Re afferrò per la vita il giovane che perse l’equilibrio e finì col ritrovarsi seduto addosso ad Arthur.
 
-E se adesso ti ordinassi di spogliarti? Disobbediresti anche a quest’ordine del tuo Re?- mormorò sulla pelle calda del collo di Merlin, che rabbrividì di piacere.
-Nnnh… Gaius ha detto che sono completamente guarito, quindi…-
-Quindi… che farai?- domandò, intrufolando le mani sotto la larga camicia da notte del mago.
 
E stavolta Merlin non ebbe alcuna esitazione nel rispondere.
 
-Obbedisco…-
 
Arthur non se lo fece ripetere due volte prima di trascinare Merlin sul loro letto.
 

 

 

Fine.

 

 

 

Ringraziamenti: alla mia Sempai Elyxyz che ha betato la storia e alla mia “erborista di fiducia” Luna Senese per il riferimento dell’infuso calmante di tiglio e biancospino (e, per amor di cronaca, qualche goccia di melissa distillata che ai tempi chiamavano “acqua antisterica”).
 
Spero che vi sia piaciuta leggere questa storia come a me è piaciuta scriverla sto sviluppando un sadico piacere nel vedere Merlin ferito e Arthur che si danna per lui.
Comments are love <3

 

 

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