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Autore: SunriseNina    30/03/2012    6 recensioni
« OLIVIER ARMSTRONG x SCAR »
Tutti, dal primo all’ultimo monaco Ishvariano, erano impegnati buona parte del giorno nei più disparati compiti per riportare allo splendore originario l’intera regione. Si aprivano scuole e orfanotrofi, si costruivano case, si curavano malati, si assistevano gli invalidi, si restauravano i tempi distrutti dalla guerra e si faceva rinascere l’amore distrutto dall’odio e dalla violenza. Lui stesso, Scar, si concedeva poco tempo per sé stesso, se non per le sue preghiere e le sue invocazioni di perdono quotidiane.
Chi poteva essere, in una giornata del genere, a far visita solenne al Gran Sacerdote di Ishval?
«Guarda chi si rivede!» quella voce fragorosa ed energica, quell’inconfondibile accento nordico.
Ghiaccio e fiamma, come i loro occhi.
Inscindibili e opposti.
Si può vivere solo di sé stessi? Si può vivere senza sentimento alcuno?
~ And I’ve always lived like this, keeping it comfortable,
distance, and up until now I’d sworn to myself that I’m content with loneliness...
Because none of it was ever worth the risk, but you are the only exception.
[Paramore]
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Olivier Milla Armstrong, Scar
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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~ Maybe I know, somewhere
Deep in my soul
That love never lasts
And we’ve got to find other ways
To make it alone
Or keep a straight face

 








Il tempio, a quell’ora afosa del pomeriggio, era come un paradiso d’ombra e frescura isolato dalla torrida calura estiva.
Scar tolse i sandali come da rito, camminò a piedi scalzi fino all’altarino di pietra e si piegò il capo, congiungendo le mani meditabondo.
Il silenzio di quel luogo infondeva una tranquillità e una pace che scioglieva ogni ansia e ogni preoccupazione, anche ad uno spirito turbolento e tormentato come il suo.
Lentamente e metodicamente sciolse il laccio che gli legava le vesti in vita, tolse dalle spalle il mantello cerimoniale porpora e infine la tunica color melograno, restando solo con il misero panno annodato usato dai monaci per coprire le proprie nudità. Si inginocchiò, sfiorando il freddo pavimento di pietra con la fronte.
«Chiedo perdono…»
 
I suoi pugni si strinsero fino a far sbiancare le nocche.
 
«Chiedo perdono…»
 
 
Strinse i denti, mentre le parole gli risalivano con difficoltà dalla gola.
 
 
«Chiedo perdono per i miei peccati…»
 
 
 
Sentì il Creatore e la sua essenza inquisitrice gravare sul suo corpo da umano.
 
 
 
«Chiedo… PERDONO!»
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Si strofinò il viso con il panno inzuppato d’acqua, respirando faticosamente.
Era nella sua casa, se così si poteva definire: una normale cella da monaco, con un letto, un catino colmo d’acqua per rinfrescarsi, una scrivania con uno sgabello e una finestra che dava sull’ampio giardino. Nell’angolo erano ammonticchiati dei libri dalle copertine consunte, e accanto ad essi, in una cesta di vimini, delle vesti pulite e ripiegate.
Avevano insistito tanto perché prendesse un alloggio degno del suo rango di primo sacerdote, almeno quanto avevano insistito perché abbandonasse il suo macabro nomignolo e riacquistasse la sua vera identità;  ma Scar non avrebbe mai infranto la sua promessa, per nulla al mondo. Era il prezzo che doveva pagare per tutto quello che aveva fatto.
«Scar…» un monaco novizio si mostrò titubante sull’uscio «Ci sono visite per lei.»
Lui guardò perplesso il giovane, che, intimorito dal suo sguardo, indietreggiò: «Vai a dire che arrivo.»
Il ragazzo annuì, e scomparì nel corridoio accompagnato da uno scalpiccio di sandali sul pavimento.
Scar immerse le possenti mani nel catino e si gettò dell’acqua sul viso, lasciando che essa scendesse per il mento bagnandogli la veste. Si passò le dita umide tra i capelli, rinfrescando il cuoio capelluto bollente, indossò i sandali e si diresse verso l’atrio dove accoglievano gli ospiti.
Poche persone venivano a fargli visita, o almeno, poche persone che si facevano annunciare; di solito bastava presentarsi da lui direttamente, senza bisogno di quei salamelecchi di interrompere le faccende di un povero monaco e inviarlo come messaggero: tutti, dal primo all’ultimo monaco Ishvariano, erano impegnati buona parte del giorno nei più disparati compiti per riportare allo splendore originario l’intera regione. Si aprivano scuole e orfanotrofi, si costruivano case, si curavano malati, si assistevano gli invalidi, si restauravano i tempi distrutti dalla guerra e si faceva rinascere l’amore distrutto dall’odio e dalla violenza. Lui stesso, Scar, si concedeva poco tempo per sé stesso, se non per le sue preghiere e le sue invocazioni di perdono quotidiane.
Chi poteva essere, in una giornata del genere, a far visita solenne al Gran Sacerdote di Ishval?
«Guarda chi si rivede!» quella voce fragorosa ed energica, quell’inconfondibile accento nordico.
Scar strabuzzò gli occhi, immobilizzandosi: «O-Olivier… Armstrong?»
«Scar!» tuonò la donna, rivolgendogli uno dei suo sguardi di sfida «Ti vedo in forma, strano per un monaco sempre in preghiera!»
Lui, come suo solito, non rispose all’osservazione, e dopo qualche secondo di silenzio chiese con la sua voce profonda e gutturale: «Mi segua.»
Si ritrovarono seduti in una piccola stanza sobriamente arredata con una libreria, un tavolo e alcune sedie: tutti mobili consoni ai normali uffici di Central City, in modo che gli ospiti si sentissero a loro agio.
Certo questo non sarebbe mai stato un problema di Olivier Armstrong, osservò Scar: quella donna impetuosa, lo aveva capito fin dalla prima volta che l’aveva vista, sembrava dominare la scena in qualsiasi circostanza, senza alcun genere di imbarazzo o titubanza; e, ad ammetterlo, aveva sempre ammirato questo suo spirito fiero e combattivo così simile al suo.
C’era però una domanda da porsi, a quel punto.
«Come mai è qui?»
«Volevo vedere come procedono gli affari.» spiegò con fierezza «Non so quanto posso fidarmi di Mustang e degli altri a cui è stato affidato questo delicato compito di ridar vita ad Ishval.»
Scar aggrottò le sopracciglia: «Stiamo svolgendo un buon lavoro.»
«Oh, non mi riferisco certo a lei, Scar!» lo liquidò con un gesto imperioso della mano «Non ho mai avuto dubbio della sua forza d’animo. Spero si ricordi chi è stato a lasciarla in vita.»
«Certo.» annuì lui.
«Non l’ho fatto per compassione, o frivoli sentimenti simili.» i suoi occhi color del ghiaccio lo squadrarono «Sapevo di far un favore al  mio paese.»
Scar annuì, senza sapere esattamente come rispondere. I suoi occhi vermigli sostarono a lungo su quelli azzurri di lei, poi sibilò con serietà: «La ringrazio.» involontariamente unì le mani intrecciando le dita in quello che, a prima vista, poteva sembrare un gesto di timidezza o imbarazzo. Si apprestò a riprendere il suo solito decoro.
«Come sta, ora?»
L’uomo rispose a denti stretti: «Fa… male. Fisicamente, sono in ottima salute. Ma… per tutto il resto, sono un vortice di dolore.» il suo viso fu attraversato velocemente da un’espressione di tristezza, ma presto i suoi tratti tornarono quelli di sempre «Ma non posso lamentarmi. Sapevo come sarebbe diventata la mia vita, e l’ho accettato. Lavoriamo giorno e notte per far tornare tutto come prima, qui.»
«Lo vedo.» sorrise la donna «Non siete gli unici. In tutto il paese ci rimbocchiamo le maniche per un futuro migliore. Non dovranno mai più accadere abomini simili.» la donna fu invasa da un fremito dovuto ai macabri ricordi di ciò che era accaduto.
«Sono sinceramente contento che esistano persone come lei.» proruppe Scar «Con elementi di tale tenacia il futuro di Amestris può davvero essere migliore.»
«Fare i supereroi però stanca…» Olivier sospirò «Dovremmo concederci una vacanza, ogni tanto.» disse con triste ironia.
«Non posso prendere una vacanza dalla mia esistenza. È così che ho deciso di vivere, è così che voglio ripagare tutte le persone che ho ucciso. Sono stato un distruttore, e ora sto ricostruendo. E non importa se questo mi costerà ogni mio singolo respiro fino a quando morirò. In fondo, teoricamente, dovrei già essere morto.» i suoi occhi si persero in quelli di Olivier con un intensità emotiva che la lasciò stupefatta e scossa.
«Non c’è bisogno di idolatrarmi. Ti ho fatto evitare una sentenza capitale, ma null'altro.» la donna sentì il viso diventare improvvisamente bollente, come se le sue gote stessero prendendo fuoco; era una sensazione che non aveva mai provato in vita sua.
Scar contestò: «Mi hai dato la possibilità di redimermi. è più di quanto avrei mai desiderato.»
Olivier sorrise beffarda, ma le sue labbra carnose si incrinarono più che in un ghigno di superiorità in un sorriso incerto: «Qualche volta vieni a far visita a Briggs. Sei un esempio che i miei uomini potrebbero seguire.»
«Mi farebbe piacere. Sul serio.» Scar si guardò intorno, come in imbarazzo «A questo punto qui le cose stanno migliorando parecchio. Forse tra qualche mese verrò a farvi visita.»
La donna annuì, soddisfatta. Guardò alcuni secondi la figura possente e muscolosa dell’uomo davanti a lei, poi chiese: «Non hai intenzione di rivelarmi il tuo nome, vero, Scar?»
«No.» rispose rigidamente lui «Non è più il mio nome. Penso di averglielo già spiegato.»
«Sì, ovviamente.» disse lei, accavallando le gambe e distogliendo lo sguardo da lui.
Nel profondo del suo animo, ancora non capiva perché le interessasse tanto saperlo. Anche riflettendoci, non capiva quale stravagante entità del suo subconscio le imponesse di dover sapere il nome di quell’uomo. Eppure sentiva di volerlo sapere con tutto il suo cuore, avrebbe venduto anche l’anima pur di saperlo.
«Io e te, Scar… siamo molto simili.»
Lui la guardò con la sua solita espressione circospetta: i tratti fieri del viso della donna si erano sciolti in un’espressione abbattuta, triste e al contempo intrisa di una sottile tenerezza. Sembrava terribilmente una madre che, sospirando, osserva il figlio e lo ama anche con tutti i suoi difetti.
Scar serrò la mascella. Sfocate immagini gli passarono per la mente: attimi, ricordi, fugaci sogni di una vita diversa; i loro spiriti selvaggi e indomabili; i biondi capelli di lei che scomparivano dietro la porta della sua camera a Central City; quegli occhi simili a cristallini specchi d’acqua e quelle labbra carnose e rosee come un bocciolo di rosa.
Era innegabilmente una splendida donna; eppure, in una qualche sua egocentrica congettura, aveva l’impressione di percepire una bellezza differente, dentro di lei.
Gli spiriti affini si comprendono meglio di chiunque altro, e inequivocabilmente Scar e Olivier avevano qualcosa in comune nella loro contrastante diversità: un’affascinante donna del Nord e un rude uomo dell’Est. La loro infanzia era rappresentata per la prima da una famiglia ricca dalle nobili origini e per il secondo un doloroso passato frastagliato di morte e povertà.
L’ascesa nell’esercito e la vita da criminale.
Occhi di ghiaccio ed occhi di fiamma, che a lungo nella storia dei loro popoli si erano procurati odio e sofferenza.
Erano identici nella loro forza d’animo titanica, nella convinzione dei loro principi e delle loro decisioni, in quel modo scrutatore di guardare gli altri e, anche se non ne erano ancora completamente consapevoli, lo erano anche nelle loro tumultuose anime tormentate da un insonne senso di agitazione. Erano pesci che risalivano la corrente, lottando contro gli scroscianti flutti del fiume del destino.
Opposti e uguali.
Al pari di ghiaccio e fiamma.
 
«Spero di rivederti, Scar.» la donna gli porse la mano, in segno di commiato.
L’uomo osservò il palmo sospeso in aria qualche secondo, poi lo prese delicatamente con la mano destra e fece un riverenziale baciamano, senza dire una parola.
Olivier aveva gli occhi sbarrati e le labbra schiuse in chiaro stupore; l’altro rimase con una grave espressione sul volto, e solo dopo qualche secondo lei si abbandonò ad una grassa risata: «Che galantuomo!» lo schernì, dirigendosi verso Miles che la attendeva alla porta «Bada a te stesso, Uomo Cicatrice.»
Scar vide nuovamente i fluenti capelli color dell’oro della donna scomparire dietro la porta, sperando inconsciamente in cuor suo che non sarebbe stata l’ultima volta.










Olivier fissava il mondo correre dietro al finestrino del treno, diretta a Central City. Corrucciò le labbra: un insolito pensiero la stava tormentando fin dal principio di quella strana giornata.
Si rivolse al muto compagno di viaggio: «Miles?»
«Sì, signora?»
La donna si morse le labbra carnose, indecisa se proseguire o no il discorso: «Che tu sappia… Quali sono le regole dei monaci Ishavariani, in quanto a matrimoni? Fanno voto di castità?»
Miles tentennò, stupito da quella improvvisa domanda: «Non… non saprei dirle con certezza. Penso che non abbiano alcun genere di precisa regola, ma è assai improbabile che si sposino. Sono persone che dedicano la loro vita al Creatore e all’aiutare gli altri, e si concedono ben poco. Una solida relazione è un concetto troppo egoistico per i monaci.»
«Mh. Capisco.» la donna ricominciò a guardare fuori dal finestrino con aria seria e assorta.
Miles la osservò alcuni secondi, indeciso: era meglio saziare la propria curiosità chiedendo il motivo di quella domanda o perdere un braccio, in caso lei non avesse voluto parlarne? Poi si rassegnò, e il silenzio calò nuovamente tra loro, interrotto solo dallo sferragliare delle ruote sulle rotaie e da qualche sporadico fischio della locomotiva.  
No, in fondo era giusto così.
Maritarsi, perché mai avrebbe dovuto fare una scemenza simile?
A maggior ragione con un uomo scorbutico e taciturno come Scar, che tra l’altro conosceva a malapena.
No. Era una donna libera, e lo sarebbe rimasta fino alla fine dei suoi giorni.



 
 
Uno stupido baciamano. Avrebbe potuto inventarsi di meglio.
Si sentì improvvisamente un idiota: che gesto puerile e inconcludente! Che senso aveva avuto? Nulla. Lei era semplicemente scoppiata in una delle sue meravigliose risate.
Osservò il cielo, in cui le stelle facevano timidamente capolino nel manto di tenebra del firmamento. Non si spiegava il perché di quelle sensazioni così maledettamente infantili, quei sentimenti che, lo aveva ben imparato nella sua travagliata esistenza, erano solo una frivola immaginazione degli animi più deboli.
In fondo era giusto così.
La sua vita, da quel giorno in poi, sarebbe stato solo il riscatto di tutte le vite che aveva interrotto: e nessun pensiero lo avrebbe potuto deviare da ciò.
Nemmeno il volto angelico di Olivier Armstrong incorniciato da un velo da sposa.
 









 

  ~ And I’ve always lived like this
Keeping it comfortable,
distance, and up until now
I’d sworn to myself that I’m content
With loneliness
Because none of it
was ever worth the risk, but…


...you are the Only Exception.
















 

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Non posso crederci, ho DAVVERO scritto una Scar x Olivier. Sono una cosa oscena.
Dopo questo posso anche ritirarmi.
P.S.
La citazione è dei Paramore, "The only exception" :3

Nina.

   
 
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