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Autore: Massimo Giorgi    31/03/2012    1 recensioni
"L'incontro col Tempo
quel suo freddo saluto
le stagioni che ha dato
le ragioni che ha avuto"
Genere: Poesia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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- IMPRONTITUDINE -
Massimo Giorgi
 
****
«Bien après le jours et le saisons,
et les êtres e les pays» (Rimbaud)[1]
****

 
1
Improntitudine
Un riparo mi fu offerto
dal fatto che
(poi)
smise di piovere.
E la pioggia fu un ricordo,
gocciolante dai rami,
in ogni occasione di vento.
 
2
Esame di conoscenza
E adesso che lo abbiamo,
questo amore?
 
Sì,
certo, c’è benzina nel motore.
Mi ami e hai detto sì
(Fuor di fumetto)
Ma i sogni che mi dai,
dove li metto
se i sogni che sognai non han cassetto?
 
Amore amore amore
E fra quattr’ore?!
Avremo già notizie del dolore?
 
3
Oggi, il fatidico impiego...
Se Marx non fosse morto
(E ancor vivesse),
Se Marx non fosse sotto
(E riscrivesse)
Se per lui ancor non fossero
(O non mai)
Suonati tanti matti
(E le campane),
E se lo ricuocesse
(Il marxapane),
Suo dolce quanto buono!
(Quanto inane!!!),
Lui certo ridirebbe il suo compendio:
non tanto Kapitàl,
ma «Das Stipendio».
 
4
Il mio gioiello
E’ l’applauso ritmato
che fa il vento alle vele
E’ il rollio che passeggia
sopra un ponte deserto
 
E’ l’occhiata divelta
da ogni mèta sperata
E’ lo sguardo osannato
che sul “qui” sta piantato.
 
E’ l’odore sommesso
di scartoffia, di plico
del segreto rubato
al presente nemico.
 
E’ la luna coi giochi
dei suoi raggi più fiochi
E’ il respiro esalato
da ogni gesto sfumato
 
E’ l’incontro col Tempo
quel suo freddo saluto
le stagioni che ha dato
le ragioni che ha avuto.
 
5
E che sono: un poeta dilettante?!!!
Voglio affacciarmi sui fogli bianchi,
lanciarvi parole-sbirciatine curiose.
Come di passaggio.
 
Abito altrove:
ho l’ansia del ritorno.
Faccio versi?!
Sì, allo specchio.
Non mangio carta,
mi nutro di sangue analfabeta (?)
 
Il mio stile?
(Potevate avvertirmi prima)
 
6
Progetto
Le cicale sonnecchiano appoggiate,
ai loro strumenti ancora caldi.
C’è chi dorme,
con un occhio solo,
per essere il primo al cieco assalto:
a quanto l’oggi non ha assolto.
 
Io,
che non ho occhi e non mi adorno
del pianto che non ho
(e del suo contorno)
al muro del domani
anch’io ritorno,
(svegliandomi,
se posso,
a mezzogiorno)
 
7
In un frattempo
Fervore di formiche al lavoro.
 
L’avete mai sentito,
quell’affannarsi sotterraneo,
uscire dalla crepa di un marciapiede?
 
Io no:
non ho mai udito
i passi di formica risuonare.
 
Le mie orecchie tradite
molte volte hanno pianto
sul bordo di una via
sotto un cespuglio di rose.
 
Da altri livelli sonori,
non mi ha mai raggiunto il camminare,
alla fretta di altri piedi
quel sentiero non mi congiunge.
 
Ma oggi:
in un frattempo:
io camminavo.
 
Mi ero appena alzato:
mi stiravo.
Perché mi sono voltato?! Che ascoltavo?!
Mi seguiva pian piano un formica...
 
(Ancora sbadigliava)
 
8
Dai morti
Sei veramente morte, poca cosa:
soffri coi corpi e il dopo,
ti riposa.
 
(Noi tutti sapevamo dove andare
E non ci rimaneva che restare)
 
La morte ci divide e non ci sposa
agli attimi fuggenti di una rosa.
Si vive e non si pente di non dare
il fascino dei fuochi da domare.
(O i sorsi traballanti dell’amore)
 
Se viene all’orizzonte,
(dietro il mare)
con l’onda che la accoglie sa giocare.
Sdipana sulle rive e non la insabbia
la solida atmosfera della rabbia.
 
E s’alza,
poi ritorna
come nebbia.
 
9
Disparità
Altre notti d’estate,
con le lune più sole
a far fronte alle stelle
e alla terra più spersa
(Vicinante comparsa)
con la gente che suda
ch’è diversa:
più nuda.
 
10
Pieve
Vecchie pietre
Svaporano di luce.
Quante volte,
quanti occhi.
E sarà canto di morte per loro,
vedere brillare questi olivi?
 
E’ in potere di canuti elettroni,
(nella risacca di antichi echi)
lo scandaglio sonoro delle campane?
 
Mi aggrappo alla fatica dei ricordi
Che si embrionano in batacchi di creta.
 
11
Programma e itinerario per un giorno qualsiasi
Quei monti che si aguzzano,
laggiù:
nell’avido orizzonte occidentale.
Che al tramonto sbraneranno il sole.
Annusano già il vento,
sbavandosi di nuvole basse.
 
Allora anche noi celebreremo
Il vorace panteismo dello squalo.
Come sparvieri fatti di vetro,
(Simili a prezzi,
senza un loro mercato)
O alle ancore di un naufragio.
Ci caleremo sul nostro dolore,
in lente spirali scherzose.
Così,
ne faremo una preda. 
 
12
Nell’occasione
Pomeriggio ferragostano.
 
E’ importante
(A questo punto)
Avere tutto sotto mano!
 
Bagnante che annega sottocosta...
Turista cui fa male l’aragosta...
Concerto di ambulanze ormai lontane.
 
Ed io,
 che sdraiato sul divano,
penso alle sirene.
 
(Sbrigate che tardi!!!
Se è questo che vi preme).
 
13
Eleatica
Oggi,
in questo posto,
aspettavo di incontrare qualcuno.
Ma oggi,
in questo posto,
qualcuno non c’è.
 
Manca
 
Questo posto, però,
è ugualmente denso
Continua a profondersi in sé
(si irrora di sé):
come l’ipnotico fluire fresco
dell’acqua in penelòpici merletti.
Sulle bocche di menta:
(Boschi di ninfe?!)
dei chioschi estivi della memoria.
 
Denso,
senza eguali.
Eppure...
 
La freccia si è spostata:
la tartaruga è stata raggiunta
Ed io,
come al solito,
non ne sono stato informato.
 
14
Ricordo di una nevicata in piazza
L’inverno mormorava il suo alfabeto di ghiaccio.
Le strutture cristalline della neve
si abbattevano sull’asfalto
tra l’insinuante presenza
di luci incrociate di fari,
dando luogo a scomposizioni prismatiche
che i nostri occhi non possono
(fotografandole)
Mettere a fuoco e arrestare.
 
Così mi palpitò davanti
un avvenimento cardiaco,
l’aria fredda fu un fatto muscolare.
 
Poi il Tempo mi sfiorì di lato,
correva verso la stanchezza bianca
di quando a smesso di nevicare.
 
15
«Semaforo»
Il treno non ti ha visto.
D’altra parte:
neanche tu,
(impegnato come sempre
a seminare la notte
di non semantici segnali),
avevi visto lui.
 
Sei volato sotto la morte che passava.
(Le avevi dato disco verde?!)
 
Adesso non gesticoli più: più non gestisci,
il traffico dell’accadere.
 
Ricordandoti,
io,
non mi chiederò:
«Chissà che voleva dirmi quella volta?»
 
16
Corrispondenze
Poso il libro,
spengo la luce.
Anche la notte grassa di luglio
(da dietro la finestra semichiusa)
Emette un grido di castrato.
 
Piluccano sonnambuli secondi,
dalla guancia paffuta della sveglia.
Altrove, illuminato a giorno
Si profuma il mondo di essenze fattive,
di comunicazione e di occhi aperti.
Non qui, la luce.
 
17
Esilio
E’ strano
come per rovinare un mare
di notte,
basti una spiaggia estiva,
di giorno.
 
Quattro onde impillaccherate:
un buio
un cuoio abbronzato di bestia turista.
 
18
Trittico Genovese
 
LA MIA POSSIBILITA’ E LA TUA
Vicini,
come navi che si incrociano
nel mare della vita
(se la vita fosse mare)
 
IL LORO METODO
Curvando largo
Come navi che entrano nel porto,
si aggirano in un mare senza porti.
 
LE DISTANZE
Guardo le navi uscire dal porto.
Dapprima sono urtanti,
confidenti.
Troppo definite.
Nel tramonto,
sembrano scarpe da tennis nuove.
Poi,
nuvolette rapprese di ricordo
perdurano
(perdute)
all’orizzonte.
 
19
Incerto temporale estivo nella notte di paese
Non è la mia presenza
di candela pronta a ogni evenienza
o quella di Achab
ciò che conta.
 
Ma è quel diastolico azzurrarsi
di accademici lampi
che inquadra il batticuore dei cartoni,
sotto le prime gocce.
 
Poi è lo sternutire
di fradice magliette
nelle ventate smargiasse delle vie.
 
E l’affannarsi dei gatti alle manovre
in spelacchiate burrasche di cortile.
 
20
Il mio cuore
Il mio cuore a mani di baro:
mani senza riparo.
 
Ha occhi di cortese miopia,
a nessuno ha indicato la via.
 
Il mio cuore firma assegni in bianco:
a volte stringe accordi sottobanco,
con melodie di controparti assenti.
 
Il mio cuore non ha denti,
per ingannare il presente:
cova ardori distanti e se parte,
tira a riva gli alianti in silenzio,
e decolla su navi di vento.
 
Il mio cuore è inconcusso:
assediato soltanto da sempre.
 
Se il mio cuore si alzasse
non starebbe lì, sempre seduto.
 
Il mio cuore è un imbuto:
sostiene, se ha bevuto
che è soltanto che ieri a piovuto.
 
Il mio cuore è arredato
con sedie di pianto, disperate poltrone.
Ma ha posacenere sorridenti di ricordi
e pavimenti di buona cera.
 
Di mattina il mio cuore
(se busso)
apre stanze di lusso in affitto.
 
Ha clienti spezzati
o letti troppo corti,
per il sonno che stanno dormendo.
 
21
Vocaboli dirottati
Abbordaggi di parole in alto mare,
tra l’apatia indiscreta
di ipotetiche rotte
e l’inopportunità sagace di vele fossili.
 
I ritagli di vento,
con titoli qualsiasi,
stampano l’orizzonte di nuvole maiuscole.
 
22
Sulla fiera
Tumefazioni ramose di brina
gemmano gelidi calendari.
Ancora mi cercano
incontri improponibili.
 
Ma sotto quanta ruggine non sua
ci dà appuntamento
la falce lucente della memoria!!!
 
(Spargendosi intorno,
sulla fiera di cose e persone,
un mimetico brusio di aliante)
 
23
Equivoci spinoziani
Equivoci spinoziani
nel mai dimenticato televisore-anni ’60.
 
Per esempio quel dio timido,
(Kennedy)
davanti ai microfoni.
Etc.,Etc.,Etc..
 
24
Le foglie
Solo perché cadendo non urlano,
non maledicono...
solo per questo dovrei credere che le foglie
non sanno dove vanno
cadendo?
 
25
L’esperienza
Gli uccelli marini, pensa il Capitano,
sono necessariamente ironici:
le loro grandi ali
rubano il vento alle vele.
 
Gli uccelli di montagna, a dir della Pipa,
sembrano sbeffeggianti,
mentre sali.
 
(La Pipa ha voce cavernosa,
il Capitano è quel fumo sottile)
 
Sul fondale,
accanto all’ancora,
un Tale sbuccia una mela,
E la buccia sale in vortici,
mescolando silenzio e mare.
  
26
Sub specie aeternitatis
Chiacchierano sulle spiagge.
Lo fanno senza capirsi.
Un oceano e un continente.
 
27
Un altro giorno
La mamma cambia rotta:
stamani invece che pettinarsi,
vuole tuffarsi nello specchio.
 
28
Pressione
Nella tazza d’aria
c’è un elica di vertebre di donna.
Anneghiamo ironici
con i sorrisi annodati al cielo.
 
29
Serata in piazza
Si arpeggiava la gente
tra le corde del mondo
tese come autostrade.
 
Sbavavano facile
in vaporosi crolli di imperfetto
le saltellanti storie di ripetizione.
 
30
Cartolina
La morte calibra il giorno dentro di sé.
Il sole,
dietro la vetrina del cielo
è un manichino che si sta sfasciando...
 
Arretro dallo sconcertante sapore!
Vibro nei miei dintorni ubriachi
e appassiti.
 
Vitree cose si appoggiano con cura
al grande continente risciacquato...
Anima?!!!
 
Le curve di una sedia
si ripetono
irriverenti alla propria stanchezza.

 


1«molto tempo dopo i giorni e le stagioni/ e gli esseri e i paesi»
  
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