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Autore: phoenix_esmeralda    01/04/2012    3 recensioni
Questa fanfiction nasce da una discussione sorta in una mailing list di City Hunter. Tutti ci siamo trovati piuttosto contrariati dal modo in cui Ryo, in Angel Heart, affrontava la morte di Kaori: stanchezza, rassegnazione, tetro umorismo e spesso un fiume di lacrime che lo portavano decisamente fuori personaggio.
In lista ci siamo messi a discutere di come avrebbe reagito il "vero Ryo" di fronte a tale tragico avvenimento, e questo mi ha portato a ideare una fanfiction nella quale avrei espresso il mio personale punto di vista. Così questa fic parte da lì, dalla morte di Kaori e mostra la reazione che io personalmente avrei visto in Ryo.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ryo Saeba/Hunter
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
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- Saeba…Saeba, mi dispiace…

Il volto di Miki era pallido e tirato. Umibozu restava in disparte dietro di lei, gli occhi nascosti dagli occhiali scuri.

Ryo osservò la porta dietro la quale era scomparsa Kaori, trasportata d’urgenza in barella, dopo la lunga corsa in ambulanza.

La luce nella corsia dell’ospedale era troppo chiara, quasi accecante. Ryo aveva visto il chirurgo uscire dalla porta… l’aveva visto parlare con Miki.

- Kaori è morta?

La sua voce risultò fredda, impersonale. Ma solo perché la domanda in sé non aveva senso. Kaori e morte erano due parole che non potevano convivere nella stessa frase.

Miki si voltò, dandogli la schiena e affondò il viso nel petto di Umibozu. Lui rimase immobile e alzò su Ryo uno sguardo cupo.

Ryo strinse i denti. Come in trance, si avvicinò alla porta dalla quale, pochi secondi prima, era uscito il chirurgo.

- Ryo! – lo richiamò Umibozu.

Ma lui non si fermò. Arrivò di fronte alla porta e la spalancò con un gesto brusco. Due infermiere si volsero sorprese. Vicino a loro c’era un lettino, sotto al lenzuolo tirato, s’intuiva una figura umana.

- Signore, per favore…non può stare qui… - iniziò a dire una delle due donne.

Ryo non l’ascoltò. Si avvicinò al lettino e con un gesto secco tirò il lenzuolo.

- Signore…

L’infermiera lo affiancò, ma quando vide l’espressione di Ryo, non riuscì ad aggiungere altro.

Kaori restava immobile nella sua posa, gli occhi chiusi in uno sguardo impenetrabile, la bocca piegata in un’espressione che, da viva, non aveva mai avuto.

L’infermiera arretrò di un passo. Non aveva mai visto tanto furore negli occhi di un uomo. Assisteva ogni giorno a scene di quel genere, ma mai una persona le aveva ispirato tanto terrore. C’era un combattimento in quell’uomo. C’era qualcosa di inesprimibile.

Ryo lasciò il lenzuolo, che ricadde scompostamente sul corpo di Kaori. Diede le spalle a quel corpo senza vita, che non si sarebbe mai più rialzato a guardarlo. Uscì in corridoio quasi correndo.

- Saeba! – urlò Miki – Saeba, aspetta! Non andartene da solo!

Ryo non l’ascoltò. Superò entrambi e camminò quanto più velocemente poteva. Doveva andarsene… fuggire da quello che aveva appena visto.

Uscì dall’ospedale e ritrovandosi nella piovosa giornata invernale, alzò gli occhi al cielo grigio di nuvole.

Rimase immobile a contemplare le strade bagnate di pioggia.

Confusamente si chiese dove mai sarebbe potuto scappare.


* * *


Ryo girò le chiavi nella toppa e diede una spinta alla porta di casa. Si aprì con un cigolio sinistro.

Ryo, quando accidenti ti deciderai a riparare quella porta?

Non seccarmi Kaori, in questo periodo sono troppo impegnato!

Maledetto maniaco, solo a correr dietro alle donne sei impegnato!!


Ryo sbatté dietro di sé la porta con un gesto di rabbia.

Entrò in cucina in cerca di un bicchiere d’acqua. Aveva sete, sentiva ardere la gola.

Nel lavello vide le tazze della colazione ancora da lavare. Due tazze, due paia di bacchette.

Con furia aprì lo sportello e si versò l’acqua. La tracannò in un sorso solo.

Poi sbatté il bicchiere nel lavello, ma lo fece con troppo furia. Il bicchiere urtò contro la tazza di Kaori e la ruppe.

Ryo osservò la scena immobile, senza respirare. Poi si voltò, con uno scatto inconsulto.

Non importa. Quella tazza non le servirà più!

Si diresse in camera per cambiarsi. Era bagnato fradicio, dopo aver camminato per più di due ore sotto la pioggia.

Si svestì velocemente e infilò degli abiti asciutti. Dalla maglietta ripiegata, cadde uno dei suoi giornaletti pornografici. Lo raccolse e lo aprì distrattamente, lo sguardo gli cadde su una modella completamente svestita.

Un cigolio alle sue spalle lo fece trasalire, istintivamente si voltò coprendosi con le mani la testa.

- No Kaori, non colpirmi, non stavo facendo nulla di male!!

Davanti a lui c’era solo il vuoto. La stanza avvolta dalla penombra della sera. La porta aveva cigolato, mossa dalla corrente creata dalla finestra aperta del bagno.

Rendendosi conto della sua reazione, Ryo sbatté furiosamente a terra il giornaletto.

E’ morta! Non c’è più! Devo abituarmi a questa idea!!

Aveva visto morire così tanta gente… Kaibara stesso non era morto da più di un anno. E da tanto tempo aveva imparato ad attutire nell’indifferenza il dolore che, ad ogni morte, rischiava di schiantargli il cuore.

Era riuscito ad accettare molte… infinite morti nel corso della sua vita. Era riuscito a considerare la morte delle persone per lui importanti, come un evento naturale della propria vita.

E questa volta non era diverso. Questa volta…

Non voglio che tu muoia…

Si piegò sul letto, e picchiò un pugno furioso sul materasso.

Maledizione Kaori, eppure te l’avevo detto!!

Si sollevò di scatto, attraversando come una belva inferocita le stanze dell’appartamento. Non sapeva come placare la morsa furibonda che lo attanagliava.

Kaori se n’era andata. Kaori l’aveva lasciato.

Lui non era riuscito a impedire che morisse.

Makimura, cosa stai pensando? Cosa stai pensando del tuo migliore amico?

Si bloccò davanti alla porta della camera di Kaori.

Come avrebbe potuto affrontare tutto quello..?

Aprì uno spiraglio della porta e infilò una mano all’interno. Prese la chiave dalla serratura e velocemente serrò nuovamente la porta, senza gettare neppure uno sguardo all’interno. Diede tre rumorosi giri di chiave, poi si diresse in salotto. Aprì l’ampia porta-finestra, uscendo nella pioggia, lasciandosi sferzare dal vento.

Fissò il cielo burrascoso e digrignò i denti. Aprì il palmo della mano e per un istante fissò la chiave al suo interno. Poi alzò il braccio e la lanciò quanto più lontano gli riuscì. Non controllò in quale direzione andasse a cadere.

Rimase immobile sotto i violenti colpi della pioggia e pian piano il suo sguardo divenne più marcato, più duro, quasi più cattivo.

- Bentornato Ryo Saeba
  
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