Era
una splendida giornata di primavera. Regina era sdraiata sul prato in
giardino,
come ogni mattina. Le piaceva guardare il cielo attraverso i rami
nodosi del
suo melo. Tutto sembrava più bello visto da quella
prospettiva. Le sembrava di
poter vedere oltre quelle nuvole grigiastre. Era proprio curiosa di
sapere cosa
ci fosse lassù, oltre quel cielo così azzurro.
Aveva sempre immaginato di
visitare il mondo in sella al suo cavallo Sun, abbandonando tutto e
tutti alle
spalle senza mai voltarsi indietro: non c’era nulla per cui
valesse la pena
restare, se non per il suo adorato albero. Sembrava assurdo che una
singola
pianta significasse così tanto per lei. Ovviamente per lei
non era solo un
melo. Rappresentava Mikael, il suo migliore amico d’infanzia,
che aveva dovuto
dimenticare nel corso degli anni. Erano già passati otto
anni dall’ultima volta
che lo aveva visto. Con lui aveva fantasticato sul mondo, sulla
possibilità di
attraversare ogni bosco, ogni paese del regno, di conoscere gente nuova
e
disposta a mostrargli nuovi aspetti della vita. Sospirò.
Purtroppo non avrebbe
mai fatto nulla di tutto ciò. La sua vita era già
stata programmata e non aveva
nessuna possibilità di scelta. Era sua madre a
“dirigerla” come meglio credeva.
Era lei a decidere chi e cosa fosse adatto a sua figlia e cosa non lo
era. Così
era successo con Mikael. L’umile figlio di un macellaio non
era di certo
all’altezza della figlia bella e fine, destinata a grandi
cose. Anche lei non
era nessuno in fondo: era esattamente come Mikael, una ragazzina di
appena dieci
anni, curiosa di scoprire la vita e coglierne ogni singolo sapore,
suono,
odore. Quello che li separava era un’insignificante, almeno
per lei, titolo
nobiliare. Perché doveva essere così importante? Non
contava nulla. Era solo una stupido
titolo, ma evidentemente sua madre non era della stessa opinione. Una
volta
scoperta la particolare amicizia tra lei e Mikael, aveva subito fatto
allontanare il ragazzo dal palazzo, licenziando suo padre, lasciandoli
così per
strada, costretti a mendicare per avere un po’ di pane.
Regina non aveva potuto
fare nulla per impedirlo. Una sola lacrima le era costata un mese
rinchiusa
nella sua stanza senza poter uscire, senza poter correre sotto il suo
adorato
melo, dove era solita trascorrere le ore con il suo migliore amico.
Dopo quel
giorno la sua vita era calata a picco e sembrava non esserci
più una via
d’uscita.
Regina
si voltò sul fianco. Chiuse gli occhi, improvvisamente
accecata da una lacrima.
Cora, sua madre sarebbe venuta a prenderla in pochi minuti. Aveva due
alternative. Rifiutarsi di eseguire il suo volere e affrontarla o
chinare il
capo, come era ormai abituata a fare e lasciare che esercitasse il suo
potere
su di lei. Cora diceva di amarla più di ogni altra cosa,
diceva di agire solo
per il suo interesse di essere pronta a tutto pur di darle ogni cosa
possibile.
Regina non vedeva tutto questo amore. Se l’amava, aveva un
modo perverso di
dimostrarlo. Quale madre priva la sua unica figlia della
possibilità di amare?
“L’amore
è debolezza, Regina. Se tieni a
qualcosa e sei disposta a tutto pur di salvarla, i tuoi nemici
tenteranno di
portartela via per distruggerti… non devi cedere
all’amore..”
Era questo
che continuava a ripeterle ogni volta che intraprendeva la strada dei
suoi
sentimenti. Scosse la testa rassegnata. Avrebbe seguito il suo volere,
in fondo
lei era sempre stata una ragazza debole e piena di paure. Tentava di
nasconderle come meglio poteva, ma sua madre le conosceva bene e le
sfruttava
al meglio. Cora l’aveva privata di tutto. Quando da piccola
desiderava solo
uscire a giocare con gli altri bambini, lei la obbligava a restare in
casa a
dedicarsi al suo aspetto. “Tutto ciò che
una giovane donna possiede è la sua bellezza. Senza quello,
non vale niente.”
La faceva sedere davanti a un grosso specchio argentato e le pettinava
i lunghi
capelli neri. Le piaceva sperimentare su di lei nuove pettinature,
mentre
canticchiava melodie, simili a macabre litanie. Regina riusciva a volte
a
liberarsi, sgattaiolando fuori dalla finestra del salotto. Solo
così poteva essere
come tutti gli altri bambini. Fingeva di avere una madre troppo
apprensiva e
tornava a casa prima degli altri. Quando giungeva quel momento, Regina
tremava.
Sapeva che sua madre l’avrebbe punita, lo faceva ogni volta.
Si scusava per
essere fuggita, ma riceveva sempre lo stesso trattamento. Cora le
legava i
polsi e le caviglie e la chiudeva in uno stanzino umido e buio per un
giorno
intero. Il silenzio era assoluto, interrotto a momenti dallo squittio
di un topolino
di passaggio. Era sicura che persino i topi provassero pietà
per lei. Cora sosteneva
che questo l’avrebbe resa più forte e
più obbediente e in parte era vero.
Regina aveva il terrore di sua madre e la seguiva ciecamente per timore
di
contraddirla. Non aveva il coraggio di reagire, così
rispondeva passivamente a
qualsiasi situazione a lei imposta. E suo padre? Lui era sempre stato
un debole
esattamente come lei. Aveva sposato una donna che credeva diversa ed
ora era
costretta a farle da servo, mentre guardava sua figlia gettare via i
suoi sogni
come fumo nel vento. Era sola, senza un alleato e spaventata da tutto e
tutti.
Ogni sua azione era dettata dalla paura di una possibile ritorsione da
parte
della madre. Fece leva sui palmi delle mani per alzarsi in piedi.
Lacrime
salate le rigavano il viso. Si asciugò con
le maniche del vestito e
s’incamminò verso l’ingresso di corsa.
Era
senza dubbio in ritardo per la prova dell’abito e sua madre
non reagiva bene
con chi non rispettava le scadenze.
Poco
tempo dopo era pronta, vestita, truccata e pettinata. Sembrava un vero
e
proprio pacco regalo, un regalo per un destinatario non gradito. Senza
dire una
parola, Regina salì in carrozza seguita da Cora. Durante il
viaggio non dissero
nulla, anche se si aspettava da un momento all’altro una
raccomandazione della
madre, sul suo modo di comportarsi e di parlare. Indossava un vestito
bordeaux
a balze, che le metteva in risalto le forme sinuose. La stretta fascia
dell’abito metteva in mostra il seno prosperoso, facendole
mancare il respiro.
Si vergognava a portarlo. Le sembrava di essere troppo appariscente. I
capelli
erano raccolti dietro la nuca con un fermaglio nero. Folti boccoli
scuri le
ricadevano lungo le spalle e la schiena nuda. Alzò gli occhi
su sua madre incrociando
il suo sguardo freddo e distaccato. Li distolse rapidamente, timorosa.
“Regina,
guardami.” Il suo tono non ammetteva repliche.
A
malincuore Regina si voltò verso di lei.
“Bene.
Non manca molto al castello. Ora voglio che mi ascolti con molta
attenzione…”
così dicendo avvicinò il viso a quello della
figlia. “Poco più avanti si trova
il tuo futuro. Tutto quello a cui hai rinunciato in questi anni, ti
sarà
riconosciuto e ti renderai conto che tua madre non ha fatto altro che
aiutarti
a ottenere quello che ti meriti. Una volta dentro, comportati come ti
ho
insegnato. Sii gentile e fine, ma al tempo stesso attira la preda nella
tua
ragnatela. Gli uomini sono creature elementari. Basta mostrargli
l’oggetto
primo del loro desiderio per averli in pugno.” Cora sorrise
astuta. Giunte
davanti al massiccio cancello in acciaio del castello, regina si
sentì mancare.
Avrebbe voluto restare nella carrozza, avrebbe desiderato decidere
della
proprio vita… allo attento sguardo attento della madre non
era sfuggita questa
piccola esitazione.
“Ora
sorridi Regina e non azzardarti a rovinare tutto.” Disse
gelida. Lei annuì.
Cos’altro poteva fare? Un servitore aprì la porta
della carrozza tendendole la
mano per aiutarla a scendere. Regina avanzò verso il grosso
portone del castello.
Di fronte a quella struttura così imponente, si sentiva come
un minuscolo insetto
insignificante e aveva la netta sensazione che una volta varcata quella
soglia,
la sua già fragile personalità, si sarebbe
completamente azzerata, assorbita
dalle pareti del castello. Esitò, ma sentendo lo sguardo
crudele della madre
perforarle la schiena, riprese a camminare, tentando di sembrare decisa
e
sicura. Dall’interno proveniva della musica e il profumo di
cibo riempiva
l’aria. Forse non sarebbe stato tanto male come aveva
immaginato. Una voce la
distolse dai suoi pensieri.
“Mi
scusi, potrebbe riferirmi il suo nome?” Un paggio reale le
stava di fronte in
un abito estremamente pomposo di un ocra pallido.
“Signora
e signorina Mills, prego.” Fu sua madre a rispondere per lei,
come sempre. Il
paggio controllò i nomi nella lista degli invitati e li
annerì soddisfatto.
“Prego
da questa parte, il re vi attende.”
L’uomo
le scortò fino ad una grossa porta in mogano scuro, di un
marrone brillante.
Regina respirò a fondo, ora non avrebbe dovuto combinare
casini. Doveva essere
bella, felice sorridente, piacente e tutte quelle altre cose
con cui sua madre le riempiva la testa fin da quando aveva
l’età per capire. Il paggio spalancò il
portone, lasciando intravedere un’enorme
sala colma di gente. Il re aveva dato una festa in onore di sua giovane
figlia Snowhite
e a quanto sembrava, aveva colto l’occasione per invitare
anche le ricche
figlie delle famiglie più in vista del regno per cercarsi
una nuova moglie.
Appena Cora era venuta a conoscenza della notizia non aveva certo perso
la
possibilità di presentare sua figlia al re. Così
ora, Regina si trovava in
quella sala immensa, accerchiata da una folla di invitati che avevano
abbandonato la loro precedente occupazione, improvvisamente interessati
a
scoprire di più sulla nuova arrivata. Prese ad avanzare
affiancata da sua
madre, che si guardava attorno soddisfatta della reazione che sua
figlia aveva
suscitato. Regina era in imbarazzo. Mentre attraversava la sala la
gente si faceva
da parte senza toglierle gli occhi di dosso. Abbassò lo
sguardo. Si sentiva
nuda in mezzo a tutte quelle persone, che sembravano pronte a saltarle
addosso
da un momento all’altro. C’era chi fingeva di
essere interessato ad altro, chi
era imbarazzato, chi era visibilmente incantato e chi riusciva a stento
a
contenersi dal compiere una pazzia. La reazione delle donne in sala era
oltre
modo differente. La guardavano con disprezzo o palese invidia. Regina
non
voleva sembrare volgare, ma a giudicare da quegli sguardi indignati,
era così
che appariva. Giunte dinnanzi al trono, il re si alzò,
pronto a esibirsi del
suo saluto di routine.
“Permettetemi
di presentarvi la mia bellissima figlia, Snow.”
Così dicendo indicò la ragazza
alla sua destra che, restando all’aspetto, non doveva avere
più di dodici anni.
La ragazza sorrise orgogliosa delle attenzione ricevute.
“Voi
siete?”
“Cora
Mills, vostra maestà e questa è mia figlia
Regina.”
Regina
aveva mantenuto sguardo basso per tutto il tempo, ma ora doveva
reagire. Alzò
gli occhi incrociando quelli del re. Si accorse che lui era
particolarmente
interessato alla collana di cristallo nero che portava al collo o
più
semplicemente al piccolo cristallo esagonale che le attraversava i
seni. Il re
si riscosse facendo un passo verso di lei. Le prese la mano e la
baciò, senza
smettere di fissarla. Sembrava intento ad ammirare una merce pregiata
più che
una donna.
“Incantato.”
I suoi occhi di un castano chiaro si spostarono nei suoi. Regina poteva
giurare
di aver intravisto un lampo di desiderio attraversarli. Dopo un tempo
che le
parve un’eternità, il re le lasciò la
mano e tornò a sedersi sul trono.
“Godetevi
la festa signore.”
Cora
prese la mano di sua figlia stringendola così forte da farsi
venire le nocche
bianche. Senza dare troppo nell’occhio, la
trascinò verso il balcone nella
parte sinistra della sala, mentre rispondeva con un falso sorriso a
ogni saluto
rivoltole. Probabilmente non conosceva neanche la metà di
quella gente, ma
l’apparenza era tutto per lei. Una volta fuori dalla sala e
lontano da occhi
indiscreti le liberò la mano, che ormai aveva raggiunto un
colorito violaceo.
“E’
fatta Regina. Il re non riusciva a toglierti gli occhi di dosso. Sono
più che
sicura che vostra maestà manderà un servo a
prelevarti nei prossimi giorni.”
Sorrise con un’espressione di totale soddisfazione dipinta
sul volto. Regina da
parte sua era a dir poco disgustata e questa volta non era poi tanto
sicura di
poter tacere.
“Madre,
non posso sposarlo.” Lo aveva detto tutto d’un
fiato ad una velocità senza
dubbio innaturale. Lo sguardo di disapprovazione e profondo disprezzo
con cui
Cora la fulminò, la costrinse ad abbassare gli occhi,
convinta di aver detto
per l’ennesima volta la cosa sbagliata. Se le avesse
confessato di voler mettere
fine alla sua misera vita di certo sarebbe stato meglio. Non disse
nulla però e
lei ne approfittò per continuare il suo discorso.
“Non
posso… potrebbe essere mio padre, avrà il triplo
dei miei anni! Poi non lo
conosco nemmeno, non lo amo… non mi
conosce nemmeno, come può volermi sposare?”
“Quanto
sei stupida e ingenua figlia mia.” Cora la guardò
con compassione. “Certo, ti
ho allevata abituandoti a non pensare e a quanto sembra ci sono
riuscita bene.
Nonostante ciò, la tua stupidità è
disarmante. A lui non importa come ti chiami
o cosa ti piace indossare, mangiare e tutti questi inutili dettagli.
Vuole solo
una giovane moglie che allieti le sue serate solitarie, se capisci cosa
intendo… e tu lo sposerai naturalmente, perché
è per questo che ti ho cresciuta.”
Cominciò a girarle attorno come un avvoltoio, con una
smorfia stampata in
volto. “Inoltre Regina, cos’altro può
fare una ragazza come te, debole e priva
di carattere, che non sia sottomettersi al volere di qualcun
altro?”
Regina
si voltò verso la madre, gli occhi pieni di lacrime.
“Perché
mi state facendo questo? Non mi avete sempre detto di amarmi e di
volermi
vedere felice?” si rendeva conto di quanto suonasse patetica,
ma non le
importava più nulla ormai.
“Esatto
ed è per questo che devi sposare il re. Lui ti
terrà al sicuro nel suo
castello, sotto la sua protezione. Una ragazza fragile come lo sei tu
non è in
grado di affrontare il mondo da sola.”
Regina
nascose il volto tra le mani, mentre i singhiozzi si facevano
più intensi. Non
aveva la forza di ribattere ancora e comunque qualsiasi commento
sarebbe stato
inutile. Non aveva mai visto sua madre così. Non era furiosa
o alterata: era
estremamente calma e questo la rendeva ancora più diabolica.
“Non
diamo spettacolo, per cortesia.” Le porse un fazzoletto in
cotone. “Asciugati
gli occhi e torna dentro a fare il tuo dovere.” Disse
asciutta.
Regina
si strofinò gli occhi umidi. Doveva rassegnarsi e fare
quello che le era stato
ordinato. In fondo quell’uomo era il re e anche se non
incarnava per nulla i
suoi ideali sull’amore, l’avrebbe rispettata e si
sarebbe preso cura di lei.
Doveva convincersi di questo, altrimenti sarebbe impazzita.
Il
resto della serata si rivelò essere estremamente snervante,
il tempo sembrava
non voler passare. Più di un uomo le aveva chiesto di
ballare e lei aveva
sempre accettato, suo malgrado. Farsi notare dagli altri era il modo
migliore
per farsi notare dal re, che come previsto, seguiva ogni sua mossa
senza
perderla di vista. Al termine della serata, il re e sua figlia si
congedarono
ringraziando tutti per aver partecipato alla cerimonia.
Il
viaggio di ritorna verso casa non fu certo migliore di quella
all’andata, solo
che questa volta, Cora osservava la figlia esaminandone ogni centimetro
di
pelle, compiaciuta di non trovare neanche un minuscolo difetto.
Arrivate
a casa, Regina scese dalla carrozza senza attendere l’aiuto
di Nolan, il
maggiordomo e si ritirò nella sua stanza. Non voleva vedere
né sentire nessuno
e per fortuna sua madre la lasciò in pace. Nemmeno suo padre
si fece vivo,
forse per timore di ricevere la brutta notizia. Lui era
l’unico a cui importasse
veramente della sua felicità, ma purtroppo non aveva voce in
capitolo quando si
trattava di prendere decisioni importanti.
L’indomani
mattina Regina venne svegliata da un suono insistente e oltre modo
fastidioso.
Aveva quasi paura di sapere da dove provenisse. Si mise a sedere sul
bordo del
letto passandosi una mano tra i capelli per ravvivare i boccoli scuri.
Sentiva
delle voci provenire dal giardino così si diresse verso il
balcone. Si affacciò
incuriosita e le mancò il respiro. Non è
possibile, non possono essere loro… il re non può
volermi veramente sposare.
Un messaggero stava riferendo qualcosa a sua madre con voce concitata.
Cora
annuiva sorridente a ogni sua parola. Al termine del colloquio,
l’uomo risalì
sul suo cavallo scortato da un paio di guardie reali e sparì
oltre la collina. Regina
rientrò in camera, indossò una vestaglia e scese
le scale più veloce che
poteva. Sua madre l’aspettava ai piedi dell’ampia
gradinata, come immaginava.
“Che
cosa volevano?” era certa di saperlo già, ma
voleva sentirselo dire da lei.
Trattenne il respiro.
“Re
Leopold chiede la tua mano e ovviamente io acconsento. Il matrimonio si
farà
entro cinque giorni. Congratulazioni figlia mia.” Cora
l’abbracciò entusiasta.
Regina si lasciò buttare le braccia al collo, incapace di
dire o fare qualsiasi
cosa. Deglutì con fatica. Aveva la bocca asciutta e un nodo
in gola che le
impediva di parlare.
“Ma
– madre…”
“Shhh,
zitta Regina, non rovinare tutto!” Cora la guardava con
sguardo severo. “Il
matrimonio non è oggetto di discussione. Piuttosto lo
è scegliere l’abito, il
bouquet e tutto il resto. Dobbiamo sbrigarci, cinque giorni passano in
fretta.”
Cora
aveva ragione. Il tempo era volato nei giorni successivi tra la prova
dei vari
abiti la estenuanti “sedute di bellezza”.
Continuavano a ricevere visite da
lontani parenti, che non aveva mai visto in vita sua. Erano tutti
così carini e
gentili con lei, che le veniva quasi da piangere. Erano euforici per il
grande
evento, mentre Regina si sentiva in trappola. Il massimo
dell’intimità che
poteva raggiungere era mentre dormiva. Scappare non era
un’opzione. Cora
l’avrebbe trovata e l’avrebbe riportata indietro.
La mattina del quinto giorno
sua madre la fece svegliare all’alba per prepararsi. Doveva
essere perfetta.
Appena fu tutta agghindata, una carrozza reale passò a
prelevarle. Suo padre si
era rifiutato di partecipare alla cerimonia e Cora non aveva
protestato: la sua
presenza era relativa. Regina raccolse da parte la tendina della
carrozza e
guardò un ultima volta la sua casa d’infanzia, non
che l’avesse amata poi
tanto, ma l’idea di non rivederla mai più le
metteva addosso una tristezza
inspiegabile. Guardò il suo melo. Quello non lo avrebbe
lasciato lì. Una volta
sposata, avrebbe chiesto al re di farlo spostare nei giardini del
palazzo
reale. Voleva averlo sempre accanto per ricordarsi i momenti felici
della sua
infanzia.
Davanti
alla chiesa era raccolta una folla di gente sorridente. Prima di
scendere dalla
carrozza Cora le afferrò il braccio, trattenendola.
“E’
inutile che io ti dica che ti accompagnerò io
all’altare, visto che tuo padre si è rifiutato di
venire. Vedi, lui non
tiene a te come ci tengo io.” Le
accarezzò i capelli con dolcezza. Regina rimase spiazzata,
sua madre era
veramente convinta di fare la cosa giusta.
“Certo,
madre.” Regina abbozzò un mezzo sorriso prima di
fare il grande passo verso
quello che rappresentava il suo futuro: sul fondo dell’ampia
navata,
l’aspettava il re. Si fece coraggio. Quando era bambina non
si sarebbe mai
sognata di sposare in uomo molto più vecchio di lei, ma si
sa, i sogni che si
fanno da bambini restano tali…solo sogni. La
realtà era ben diversa e per una
ragazza, soprattutto se appartenente a una famiglia nobile, le
possibilità
erano sempre poche. Regina prese ad avanzare puntando gli occhi in
quelli del
re. Sembrava felice e questo le diede forza. Lei non lo amava, anche se
lui era
evidente che la desiderava, ma avrebbero imparato a volersi bene con il
tempo,
ne era sicura. Sorrise timida. Tutta quella gente era lì per
lei e la guardava
con ammirazione facendola sentire un dea, venerata e amata da tutti.
Giunse di
fronte a Leopold che le sollevò il velo sorridendo. Il resto
della cerimonia trascorse
più veloce del previsto, culminando in un coro di applausi.
Era fatta. Ora
poteva dire di essere una vera e propria regina e di conseguenza la
seconda
persona più importante in tutto il regno. Provava un
po’ di orgoglio per se
stessa, anche se non riusciva a togliersi dalla testa quanto fosse
stata
innaturale e strana quella cerimonia. Gli invitati si spostarono nella
sala da
ballo, che era stata imbandita a dovere per l’occasione,
preceduti dal re e
dalla sua nuova sposa. Leopold le teneva la mano delicatamente e Regina
si
sentiva rilassata al fianco di quell’uomo così
sicuro di sé. La cena si
trasformò ben presto in un via vai di gente che conveniva al
tavolo reale per porgere
i propri omaggi. Di fianco al re sedeva la piccola Snowhite, che
sembrava
entusiasta di avere un nuovo membro in famiglia. Ogni tanto lanciava
uno
sguardo ricco di gioia verso Regina sorridendole. Regina rispondeva
ogni volta
al suo sorriso. Era sicura che si sarebbe davvero affezionata a quella
piccola
principessa così buona e gentile.
Fu
Leopold ad abbandonare la sala per primo. Regina lo guardò
allontanarsi
consapevole di doverlo seguire da lì a breve. Cominciava ad
avere paura. Solo
l’idea di trovarsi da sola in una camera da letto con
quell’uomo o con
qualsiasi altro uomo, la metteva in imbarazzo. Per lei era la prima
volta e
sperava davvero che il re lo comprendesse. Prese congedo salutando
tutti
cordialmente. Sapeva di essere osservata: sua madre le stava sorridendo
da un
angolo della sala. Voleva senza dubbio incoraggiarla, ma Regina
percepì un
brivido attraversarle la schiena: quella donna aveva veramente uno
sguardo
diabolico e solo il fatto che l’avesse obbligata a sposare un
completo
sconosciuto, la rendeva ancora più spietata ai suoi occhi.
Si diresse verso la
sua stanza. Lì le sue nuove dame di compagnia
l’avrebbero lavata e preparata
per “l’incontro” con il re. Poco dopo era
pronta. L’odore intenso di rosa
selvatica con cui l’avevano lavata le riempiva le narici.
Indossava una
vestaglia, sempre che così si potesse chiamare, di un bianco
quasi trasparente,
che lasciava intravedere il suo corpo nudo. L’abito, aperto
sul davanti
mostrava le cosce lisce e snelle e una generosa scollatura a V le
metteva in
risalto il seno. Le lunghe maniche le ricoprivano le dita affusolate,
solleticandole i palmi delle mani. Rilassò il volto prima di
bussare.
“Avanti!”
Quella
voce così profonda la fece sobbalzare. Sentiva le ginocchia
molli e un senso di
nausea la costrinse a deglutire. Spinse delicatamente la porta per
richiuderla
velocemente alle sue spalle. Alzò lo sguardo verso il re, ma
vedendolo puntare
verso di lei, si affrettò ad abbassare gli occhi sentendosi
fragile e
vulnerabile. L’uomo la raggiunse facendo svolazzare la
vestaglia di seta
vermiglia.
“Non
devi avere paura di me. Non ho intenzione di farti del male.”
Aveva una voce
sincera o così Regina sperava.
“Quanti
anni avete?” le chiese mentre le accarezzava delicatamente la
guancia destra.
“Diciotto,
vostra maestà.” Rispose esitante.
“Così
bella, così giovane…”
Fece
scorrere il palmo della mano lungo il suo collo soffermandosi sui bordi
cuciti
della vestaglia. Senza dire una parola, cominciò a sfilarle
lentamente la
manica sinistra del vestito. Regina chiuse gli occhi. Voleva fidarsi di
quell’uomo, voleva credere che non le avrebbe fatto del male,
ma quella
situazione le sembrava davvero troppo innaturale. Non voleva concedersi
a un
uomo che non amava, aveva sempre detto che si sarebbe affidata solo
all’uomo
che amava e invece ora era costretta a farsi toccare da qualcun altro,
senza
poter fuggire. Pregò che quell’incubo finisse in
fretta, nonostante fosse
consapevole che ormai era la regina, nonché moglie di re
Leopold e quindi costretta
a compiacere sua maestà fino alla fine dei suoi giorni. Si
abbandonò al suo
volere, convinta che con il tempo avrebbe imparato ad amarlo.
“Vieni…
vieni da me…” Regina si svegliò di
colpo ansimando. Quella voce era
terrificante, stridula e diabolica al tempo stesso. Aveva gli occhi
lucidi e un
mal di testa tremendo. Si sentiva diversa, come se un’altra
persona avesse
preso il suo posto. All’altro lato del letto il re dormiva
russando
profondamente. Regina era disgustata: era successo davvero quello che
sperava
di aver solo sognato. Scostò le pesanti coperte e mise i
piedi a terra
sospirando. Si alzò in piedi con estrema cautela sentendosi
indolenzita e
debole. Leopold si rigirò nel letto mugolando.
Sentì le lacrime riempirle gli
occhi: doveva uscire da lì. Le pareti sembravano puntare
verso di lei con il
solo desiderio di soffocarla. Infilò la vestaglia bianca e
uscì dalla stanza,
facendo attenzione a non fare rumore. il pensiero che il re potesse
svegliarsi
e richiamarla dentro le metteva i brividi. Si affrettò a
raggiungere la sua
stanza che per fortuna non era lontana: si trovava sullo stesso piano,
posta
sulla sinistra del lungo corridoio. Doveva mettersi addosso qualcosa e
uscire
da quella prigione e in fretta. Rovistò
nell’armadio alla ricerca di qualcosa
di presentabile da indossare e optò per un vestitino azzurro
pallido abbastanza
accollato e a maniche corte. Per fortuna le sue nuove “dame
di compagnia” non
si fecero vive, considerando che era notte fonda. Almeno poteva lavarsi
da
sola. Detestava non avere la sua intimità, soprattutto dopo
che il re… scosse
la testa per scacciare quel pensiero. Nella sala da bagno
trovò una tinozza
d’acqua ancora tiepida. Pescò una spugna da una
cesta di legno intrecciata e la
immerse nell’acqua. Si massaggiò
l’interno coscia, ma la vista del sangue le
diede la nausea. Lanciò con rabbia la spugna contro il muro
e si lasciò
scivolare lungo il freddo muro. Sua madre aveva ragione: non poteva
farcela da
sola. Non era né forte né coraggiosa per
affrontare nulla da sola. Non riusciva
nemmeno a guardarsi senza stare male. Scoppiò a piangere
senza ritegno pregando
che i muri del palazzo fossero abbastanza spessi da contenere le sue
lacrime. Rimase
in quella stessa posizione tutto il resto della notte senza riuscire a
muovere
un muscolo.
Improvvisamente
sentì delle voci provenire dal corridoio. Probabilmente era
l’alba e la servitù
si era già attivata per rendere il castello pulito per
l’arrivo del nuovo
giorno. Coraggio,
riprenditi… non
lasciare che qualcuno ti veda così… pensò
Regina. Si alzò da terra decisa e
dopo essersi lavata velocemente gli occhi con quell’acqua
ormai gelida, indossò
il vestito selezionato e uscì dalla camera di soppiatto.
Doveva avere una
faccia improponibile perché la serva che la
guardò dritta negli occhi, nel
vederla, abbassò lo sguardo affrettando il passo nella
direzione opposta alla
sua. Regina si morse il labbro inferiore preoccupata di quello che la
donna
potesse pensare di lei. Puntò verso le scale dandosi della
stupida: prima
usciva da quella gabbia e prendeva un po’ d’aria
fresca, meglio era. Pose il
piede sul primo gradino, ma qualcosa la obbligò a fermarsi.
“Perché
sei così triste?” disse una vocina assonnata e
incuriosita.
Regina
era sicura che si trattasse della piccola Snowhite che, per una
malaugurata
coincidenza, dormiva proprio nella camera acconto alle scale dal lato
opposto
rispetto alla stanza reale. Si voltò verso di lei sfoderando
il suo migliore
sorriso.
“Non
sono triste, sono solo un po’ stanca. Tornate pure a dormire,
principessa.”
Rispose dolcemente.
“Non
chiamarmi principessa per favore. Chiamami Snow, è
più carino.” Sorrise. “E non
dirmi bugie. Sarò anche piccola, ma non sono
stupida… sei triste, si vede che
hai pianto tanto. Cosa c’è che non va?”
aggiunse con sguardo triste.
Regina
rimase un attimo spiazzata. La sensibilità di quella bimba
era disarmante,
sentì gli occhi lucidi e si affrettò a voltarsi
per non tradire le sue
emozioni.
“Ehm
no… Snow…
va tutto bene, voglio solo
prendere un po’ d’aria fresca in
giardino.” Mentì, senza ottenere un grande
risultato.
“Menti...”
la sua voce s’incrinò. “Non…
non ti fidi di me? Hai pianto a causa di mio
padre? Ti ha fatto del male?”
Regina
increspò le labbra in un nuovo sorriso, ma il secondo
tentativo si rivelò
essere peggiore del primo. La piccola decise di cambiare strategia;
raggiunse
le scale e le prese la mano.
“Mi
faresti compagnia? Non riesco più a dormire e mi sento
sola…” disse arrossendo.
“Ma
certo, Snow.” Sorrise, un sorriso sincero. Così si
lasciò trascinare nella
camera di quella bimba tanto gentile. Una volta dentro Snow accese una
candelina rosa e la posizionò sul suo comodino invitando la
sua ospite ad
accomodarsi sulla poltrona di fianco al letto. Regina si sedette e la
guardò
prendere posto sul bordo del letto a baldacchino. Dopo un lungo momento
di
silenzio Snow sospirò.
“Ho
capito che non vuoi parlarmi, sai… io vorrei tanto essere
tua amica però… la
mia mamma non c’è più e io non ho
nessuno con cui parlare…” abbassò gli
occhi
sulla punta dei piedini rosei. Regina sentì un tuffo al
cuore: quella giovane
principessa sembrava sola quanto lei e desiderava un’amica
con cui confidarsi,
qualcuno che potesse farle da madre. Anche Regina desiderava avere una
persona
con cui parlare, con cui trascorrere il tempo e magari che le mostrasse
quel
mondo a lei così estraneo. Così
l’abbracciò lasciando che
la bimba le appoggiasse il mento sulla spalla. Non dissero nulla, non
servivano
parole. Entrambe sapevano di aver trovato qualcosa di prezioso che le
avrebbe
legate per sempre.
Nei giorni
successivi impararono a conoscersi meglio. Snow le
mostrò ogni stanza del castello, ogni “luogo
segreto”, come diceva lei. Le fece
visitare i giardini costellati da cespugli di rose e alberi da frutto.
Era
grazie a lei se ora poteva ammirare tutti i giorni il suo melo dalla
finestra
della sua camera. Era stata lei a convincere Leopold a piantare il suo
melo nel
giardino di fronte alla finestra di Regina. Da parte sua Regina non
parlava
molto con lui, se non era strettamente necessario. Tutte le volte che
apriva un
discorso lui la zittiva con un gesto della mano, mostrandosi
tutt’altro che
interessato ad ascoltare quello che aveva da dirgli. Così di
giorno, tentava di
stargli distante, eccetto nelle occasioni mondane che Regina trovava
snervanti.
Giungevano nobili e amici da ogni parte del regno e lei doveva
presenziare
sorridendo e fingendo di essere felice. Leopold sembrava essere a suo
agio
durante quegli eventi. Non faceva altro che ridere e scherzare, lodando
la sua
bellissima moglie, come se fosse un trofeo: un oggetto pregiato che
tutti
avrebbero voluto possedere. Oltre a quelle occasioni, le giornate
trascorrevano
tranquille. Nonostante ci fosse Snow a farle compagnia la maggior parte
del
tempo, Regina odiava la monotonia e lo scorrere lento del tempo, ma
allo stesso
tempo sperava che la sera non arrivasse mai; ma l’incubo
puntualmente si
ripeteva. Leopold la faceva convocare nelle sue stanze e lei non poteva
fare
altro che soddisfare i suoi desideri. Ogni mattina si domandava con
quale
coraggio avesse ancora la forza di guardarsi allo specchio. Era ridotta
a fare
da schiava a un uomo che disprezzava e che, sfortunatamente, non era
migliorato
nei tre mesi che erano trascorsi dal matrimonio. Anzi, diventava sempre
più
possessivo e sospettoso. Non le permetteva di lasciare il castello se
non sotto
sua concessione o al seguito delle guardie reali. Era per questo che
era sua
madre a farle visita e non viceversa. Lei aveva libero accesso al
castello e
non perdeva occasione per andarla a trovare e tormentarla. Le domandava
sempre
le stesse cose. “Allora figlia mia,
quand’è che mi farai il dono di un bel
figlio maschio?”,“Com’è la
vita a palazzo?”,“Come trascorri le
giornate?” “Come
sta la piccola Snow?” e Regina si era anche stufata di
risponderle. Così ogni
volta ripeteva le stesse identiche parole, come se recitasse un
copione, tanto
aveva già provato a spiegarle quanto fosse infelice e si era
sentita rispondere
che era solo un’ingrata viziata. Aveva deciso di dire che era
tutto perfetto e
che non era mai stata più felice, tanto sua madre era cieca
davanti alla
sofferenza, ormai ne era certa.
Regina
sedeva sul muretto che delimitava la fontana al centro del
giardino. A breve sarebbe arrivata anche Snow a strapparla da quei
pensieri
tormentati. Le aveva detto di farsi trovare alla fontana dopo pranzo
perché
doveva farle vedere qualcosa e non poteva aspettare. Adorava quella
bambina,
sempre così gentile e affettuosa. Se non fosse stato per lei
non avrebbe saputo
come fare a sopravvivere… le teneva compagnia e le ricordava
come ci si sentiva
ad avere accanto qualcuno che ti ama. Snow spuntò da dietro
il muro che
circondava i giardini. Regina sorrise alzandosi per andarle incontro.
“Snow!
Finalmente! Ti…”
“Shhh”
la interruppe lei facendole segno di non parlare. “Nessuno
sa che sono venuta qui adesso. Dovrei essere a lezione di storia, ma
dovevo
farti vedere assolutamente una cosa. Forza, seguimi!”
continuò.
Regina la
fissò perplessa. “Sei scappata dalla tua lezione?
Cosa
c’è di più importante?”
Snow la
guardò con occhi severi. “Regina non dobbiamo
farci
sentire. Quello che ti devo far vedere è segretissimo e se
qualcuno ci vede,
allora non avrà più senso!”
così dicendo la superò e si diresse verso un
folto groviglio
di rampicanti che crescevano proprio a ridosso del muro del palazzo.
Regina la
seguì incuriosita notando di non aver mai fatto caso a quei
cespugli situati
proprio sotto il balcone della sua stanza. La bimba si fermò vicino
ai rovi e cominciò a spostarli lentamente
rivelando la sagoma di una porta scura in legno con una grossa maniglia
al
centro. Snow la guardò negli occhi e sorrise.
“Ieri
mentre mi parlavi della tua casa e di quando non vedevi
l’ora che arrivasse il pomeriggio per poter cavalcare sul tuo
cavallo in
compagnia di tuo padre, ho deciso di mostrarti questa. È
un’uscita segreta che
porta dritta dietro al castello, vicino alle scuderie reali nei pressi
del
bosco… ho pensato che ti avrebbe fatto piacere poter
rivedere il tuo cavallo,
visto che ci sei così affezionata e ti manca cavalcare con
lui. Ho capito che
soffri perché lo puoi vedere solo nelle occasioni speciali e
non quando lo
desideri…”
Regina era
senza parole: un’uscita segreta ed era stata sotto il
suo naso per tutto il tempo. Sbatté le palpebre un paio di
volte immaginando di
avere un’espressione ridicola stampata in faccia. Si
schiarì la voce con un
colpo di tosse: “Ma… ” non fece in tempo
a terminare la frase.
“Sì,
è aperta. Mio padre non l’ha fatta sbarrare
perché il caso di
pericolo possa essere subito utilizzabile. Comunque non ce ne sarebbe
stato
bisogno, i rovi la nascondono perfettamente…” Snow
cambiò espressione,
mostrando la sua inquietudine. “Non avrei dovuto
dirtelo… se mio padre lo vieni
a sapere, sono guai. Gli avevo promesso di non dire niente, ma tu mi
sembravi
così infelice e ho voluto farti un regalo… solo
che…” si rabbuiò.
“Snow,
ti ringrazio per tutto quello che hai detto e per quello
che hai voluto mostrarmi… ma non userò mai questa
porta, se non sarà davvero
necessario… e poi ho già te.” Le
sorrise allargando le braccia. Snow ridacchiò
lasciandosi abbracciare.
“Voglio
che tu questa porta se lo desideri, me lo prometti?”
Regina
esitò. “Sì, te lo prometto,
Snow.”
“Sono
felicissima, ma ora devo tornare dentro o si accorgeranno della mia
assenza.”
S’incamminò verso l’uscita del giardino,
ma si bloccò di colpo ricordandosi
qualcosa: “Regina… è il nostro
segreto.” Mise la mani sui fianchi mettendosi in
posa, come le piaceva fare e poi corse via saltellando allegramente.
Appena
la vide voltare l’angolo, Regina si rilassò e si
allontanò dei cespugli per non
destare sospetti. Si sedette sul bordo della fontana giocherellando con
i
sassolini sul fondo della vasca. Cercò di pensare a qualcosa
di interessante,
senza riuscire a togliersi dalla testa l’immagine di quella
porta in legno
consumato. Rimase a fissare quei rovi per un tempo indefinito,
maledicendosi
per la sua indecisione. Per una volta aveva la possibilità
di scegliere e non
riusciva a decidersi. Aveva la sensazione che una volta attraversata
quella
porta le cose non sarebbero più state le stesse e forse era
proprio quello che
le ci voleva: una svolta che cambiasse la sua vita. Si alzò
di scatto e si
diresse verso il punto preciso del castello che ad un tratto non
sembrava più
così scontato. Scostò i rami dei rampicanti
sentendo le spine pungerle le
morbide mani. Afferrò la maniglia e tirò con
tutte le sue forze. Entrò
velocemente richiudendosi il portone alle spalle. Spalancò
gli occhi
meravigliata. Si aspettava di trovarsi immersa
nell’oscurità più assoluta e
invece si poteva intravedere della luce filtrare dal fondo del
corridoio. Prese
ad avanzare con cautela tenendosi alle pareti umide. La gradinata
diventata
sempre più ripida. Probabilmente stava attraversando la
parte del castello
sottostante ai giardini. La luce si fece sempre più vicina.
Qualcosa bloccava
l’uscita: si avvicinò lentamente facendo
attenzione a non scivolare su quei
gradini viscosi. Alcuni rampicanti spinosi ricadevano rigogliosi fino a
terra.
Fece per spostarli di lato, ma ritrasse la mano immediatamente. Le
spine le
avevano lasciato dei profondi graffi sul dorso della mano.
Constatò che avrebbe
dovuto trovare una buona scusa per giustificarli. Aveva paura a
procedere, ma
ormai era arrivata fino a lì e non si sarebbe tirata
indietro tanto facilmente.
Spostò con forza i rovi di lato quel tanto che le bastava
per passare incolume.
La luce accecante la costrinse a nascondere gli occhi. Sarebbe stato
difficile
abituare di nuovo la vista alla luce. Dopo un serie di tentativi
riuscì a
mettere a fuoco: davanti a lei si estendeva un boschetto e proprio di
fronte si
ergeva una costruzione in legno chiaro. Quelle dovevano essere le
stalle.
Regina si massaggiò il braccio ferito e si diresse verso la
scuderia. Sperava
che non ci fosse nessuno, almeno avrebbe potuto passare un
po’ di tempo da sola
con Sun. Entrò di soppiatto scoprendo una serie di stalle
una di fianco
all’altra. Regina era stupita, lo stalliere che si occupava
di quel posto era
veramente in gamba. Si guardò intorno alla ricerca di Sun
notando l’entrata per
un’altra stanza sul fondo destro dell’entrata.
Doveva trovarsi lì e infatti lo
vide. Era impegnato a brucare del fieno in un angolo della stanza.
Regina
sorrise correndogli incontro.
“Sun!
Quanto mi sei mancato, amico mio!” aveva le lacrime agli
occhi per la felicità.
Accarezzò l’animale sul muso appoggiando la fronte
contro quella del cavallo.
Sun sembrò gradire e nitrì lasciando cadere la
paglia. Si lasciò coccolare
socchiudendo i grandi occhi castani. Una voce catturò la
loro attenzione.
“Ehi,
scusa, ma te ne devi andare. Non puoi stare qui! Quello è il
cavallo della
regina e non credo che gradirebbe vederti giocherellare con
lui.”
Regina
si voltò di scatto. Un ragazzo stava sulla porta con aria
preoccupata.
Sicuramente stava pensando a cosa sarebbe successo se
all’animale fosse
successo qualcosa. Non rispose subito. Qualcosa nei suoi occhi
catturò la sua
attenzione: erano di un grigio chiaro che le ricordava il colore della
luna
nelle notti d’estate. Anche lui sembrava guardarla con
interesse. Regina rimase
un attimo spiazzata. Lo sguardo di quel ragazzo non era come quello che
le
rivolgevano tutti gli altri uomini che aveva conosciuto.. era sincere,
puro,
quasi intimidito, ma sembrava non aver capito chi era lei. In genere
tutti i
servitori appena la vedevano passare s’inchinavano
rispettosamente, pratica che
lei non riusciva a sopportare… lui invece no, la fissava
stranito. Era
incantata da tanta naturalezza che si scordò persino quello
che le era appena
stato detto. Lo stalliere si riscosse avanzando di qualche passo verso
di lei.
“Scusa,
ma ti devo chiedere di uscire. Se la regina o il re venissero a sapere
che hai
importunato questo cavallo, ci sarebbero delle conseguenze molto
serie.”
“Veramente…”
Regina non era sicura di voler rivelare la sua identità. Se
avesse saputo chi
era l’avrebbe guardata diversamente e lei non voleva che
quegli occhi così
belli puntassero verso il pavimento invece che dritti nei suoi.
“Io.. non credo
che alla regina darebbe fastidio…”
Il
ragazzo rise. “Credimi, le darebbe fastidio, ma soprattutto
darebbe fastidio al
re.”
“Il
cavallo è non è suo, ma della regina e lei non ha
problemi a far coccolare il
suo cavallo da qualcun altro.” Rispose indispettita.
Lui
la guardò perplesso. “Sei una dama di compagnia
della regina?”
“Sì..”
rispose d’impeto. No,
non voglio mentirti,
non è giusto maledizione…
Regina abbassò gli occhi senza smettere di
massaggiare il muso di Sun.
“Cioè
no…”
“Allora
chi sei?” lo stalliere era visibilmente indispettito, lo
poteva intuire dal
tono della sua voce.
Regina
alzò gli occhi incerta se dirgli la verità o
mentire spudoratamente. Sospirò,
sicura che si sarebbe pentita della sua decisione.
“Sono
la regina.” disse in un sussurro. Si aspettava una reazione
come “Mi dispiace
di averla infastidita vostra
maestà, mi perdoni..”,
invece il ragazzo scoppiò a ridere, una risata
genuina. Regina si accigliò. Non sapeva se essere felice che
lui l’avesse presa
sul ridere o sentirsi offesa. Probabilmente con quelle ferite sulla
mano, i
capelli spettinati e il vestito rovinato, non dava l’idea di
essere una nobile,
tantomeno la regina.
“Lo
trovate divertente?” Regina sorrise.
Lui
non rispose. Non riusciva a smettere di ridere. Regina si
preoccupò, forse era
una risata isterica del tipo “Oddio è la
regina, ora mi farà giustiziare per come l’ho
trattata.”
Gli
si avvicinò lentamente senza nascondere un mezzo sorriso.
Quel ragazzo era
davvero buffo mentre rideva, quasi contagioso.
“Ehi...”
Il
ragazzo si era appoggiato allo stipite della porta e continuava a
ridere.
“Va
bene se non mi vuoi credere, meglio
così…” gli toccò una mano
per attirare la
sua attenzione, ottenendo il risultato sperato. “Ti prego
solo di non riferire
niente al re o a qualcun altro. Nessuno deve sapere che sono stata qui,
intesi?” lo stalliere cambiò espressione,
facendosi quasi serio.
“Perché
nessuno dovrebbe sapere che sei qui?” disse incuriosito.
Doveva trovarla
davvero divertente, perché nonostante fingesse di essere
serio, era evidente il
suo tentativo di assecondare le teorie di una povera pazza che si
credeva la
regina.
“Perché
non posso lasciare il castello per nessuna ragione se non sotto lo
stretto
controllo di mio marito.” Rispose senza esitazione.
“Con permesso..” così
dicendo si diresse verso l’uscita, sperando che quel ragazzo
le dicesse ancora
qualcosa… aveva una voce così dolce.
Imboccò la stradina verso la galleria,
delusa di non averlo potuto sentire un’ultima volta.
“Ehi!”
Regina
si fermò di colpo sorridendo. Si girò
immediatamente nascondendo l’emozione.
“Sì?”
“Come
ti chiami?”
“Mi
dispiace, ma dovrete convivere con l’idea di non averlo mai
saputo.” Rispose
divertita. Lo stalliere la guardò indispettito.
“Tornerai per dirmelo?”
Regina
si sentì avvampare, ma mantenne la calma. “Non
credo…Voi invece, come vi
chiamate?” disse incuriosita.
Sorrise
furbo. “Mi dispiace, ma dovrai convivere con l’idea
di non averlo mai saputo.”
Regina
socchiuse gli occhi fingendosi offesa. Poi riprese a correre verso il
passaggio
nel muro, che ormai non era più tanto segreto. Qualcosa le
diceva che quel
ragazzo non avrebbe detto nulla del loro incontro.
“Tornerai
per scoprirlo?” gridò il ragazzo.
Regina
continuò a correre senza voltarsi. Sì, sarebbe
tornata, forse per l’ebbrezza di
rischiare la vita o forse perché il pensiero di non rivedere
più quegli occhi
così belli le spezzava il cuore.
Durante
il tragitto verso la fontana ripensò all’accaduto
scoprendosi essere quasi
euforica per quell’incontro fortuito. Avrebbe tanto voluto
raccontarlo a Snow,
ma per ovvi motivi era meglio tacere. Doverle nascondere una cosa
così
importante la rattristava, ma era necessario. Purtroppo non avrebbe
capito.
Regina scosse la testa. In fondo non era successo nulla, giusto? Se si
escludeva il fatto che aveva lasciato il castello per un breve lasso di
tempo,
disobbedendo così agli ordini di suo marito e comportandosi
come una
comune paesana come avrebbe
detto
sua madre. Ora doveva pensare ad una scusa plausibile per la sua
assenza e per
i graffi che si era procurata. Avrebbe cominciato con il darsi una
ripulita.
Tanto Leopold era fuori dal castello a quell’ora a svolgere
qualche “importante
missione diplomatica”, come tutti i pomeriggi.
Imboccò l’entrata secondaria
laterale e salì in fretta le scale. Per fortuna
incontrò solo un paio di serve,
che la guardarono meravigliata, ma non fecero domande. Una volta sola
in camera
si tolse i vestiti sporchi e si recò nella sala da bagno.
Ringraziò il cielo
che Gelda, l’avesse ascoltata fin dall’inizio. Ogni
ora la cameriera entrava
nella sua camera e le cambiava l’acqua così che
potesse sempre esserci per ogni
emergenza, come quella ad esempio. Essere la regina aveva i suoi
vantaggi:
ognuno faceva esattamente quello che lei richiedeva. Eccetto quello
stalliere.
Regina abbozzò un sorriso. Non l’aveva davvero
riconosciuta e questo le faceva
piacere. Almeno si sarebbe comportato naturalmente la prossima volta
che si
fossero incontrati.. Regina si morse il labbro inferiore meravigliata
dei suoi
stessi pensieri. La prossima volta? Ci sarebbe stata una prossima
volta? Aveva
davvero intenzione di rifare quella follia? Sì,
sì e mille volte sì.
Quello che era accaduto seppur stupido, le aveva fatto
provare qualcosa di strano, aveva risvegliato in lei sensazioni che non
provava
fin da quando era piccola, fin da quando Mikael se n’era
andato per sempre. Sarebbe
tornata in quella stalla: doveva a tutti i costi sapere come il nome di
quello
stalliere. Il resto della giornata sembrò volare. Snow le
raccontò quello che
aveva fatto con il suo tutore, ma Regina non riusciva ad ascoltarla.
L’unica
cosa che riusciva a vedere erano quegli occhi chiari, quei lineamenti
gentili,
quella voce così dolce…
“Regina,
ma mi stai ascoltando?”
“Uhm?
Sì certo Snow!” mentì.
La
piccola non sembrava tanto convinta, ma decise di non investigare.
Era
stata davvero una giornata memorabile. Iniziata come tutte le altre
mattine, ma
migliorata in un crescendo di belle notizie. La ciliegina sulla torta:
il re
sarebbe restato lontano da palazzo per una settimana, doveva concludere
alcuni
affari nel regno vicino. Regina non poteva desiderare di meglio. Per la
prima
volta in quei tre mesi di prigione si addormentò felice,
pensando che il giorno
seguente sarebbe stato diverso e inaspettato. La mattina trascorse
relativamente
veloce. Regina era tranquilla e Snow sembrava apprezzare il sorriso
stampato
sul suo viso. Lei fremeva. Non poteva aspettare, doveva tornare in
quella
scuderia il prima possibile. Dopo pranzo baciò sulla fronte
Snow augurandole
una buona lezione e corse a cambiarsi. Voleva indossare qualcosa di
meno
ingombrante rispetto ai suoi soliti abiti. Scelse un vestitino lilla
con una
leggera scollatura e le maniche corte a sbuffo. Raccolse i capelli in
una
treccia e li legò con un nastro dello stesso colore
dell’abito. Corse in
giardino e dopo essersi assicurata di non essere osservata,
imboccò l’ingresso
sentendo l’eccitazione aumentare sempre di più.
Quando varcò l’ingresso della
scuderia aveva il fiato corto e un dolore lancinante allo stomaco la
costrinse
a sedersi per riprendere fiato. Si guardò intorno e scelse
una balla di fieno
proprio accanto alla cella di Sun. Gli soffiò sul muso
affettuosamente e si
lasciò cadere sul fieno sfinita. Prese la testa tra le mani
e chiuse gli occhi.
“Siete
tornata..”
Regina
sobbalzò. Vedendolo si rilassò. “Mi
avete fatto prendere un colpo…”
“Mi
dispiace.. non era mia intenzione spaventarvi…”
rispose con un filo di voce.
Regina
corrugò la fronte. C’era qualcosa di diverso nel
suo atteggiamento.. siete,
spaventarvi.. le
possibilità
erano solo due: o la stava prendendo in giro per assecondare la sua
folle idea
secondo la quale lei era la regina o aveva scoperto chi era in
realtà.
“Beh,
sono tornata per sapere il vostro nome.” Sorrise.
Mantenendo
lo sguardo fisso sul cavallo, il ragazzo si schiarì la voce.
“Daniel.”
“Io
mi chiamo Re…”
“Regina.”
La interruppe lui. “So chi siete..” aggiunse con un
tono dispiaciuto.
“Oh..”
Regina abbassò lo sguardo sui fili di fieno che ricoprivano
il pavimento della
stalla.
“Non
vi avevo mai vista prima, non potevo sapere che eravate davvero la
regina… di
solito è l’altro stalliere che prepara i cavalli e
li porta al castello… io mi
occupo solo di tenere in ordine le stalle. Ieri ho chiesto notizie
sulla regina
e mi è stata descritta una donna molto simile a
voi… così ho collegato.. mi
dispiace di avervi mancato di rispetto in quel modo
ieri…perdonatemi.” Chinò il
capo in segno di rispetto.
Regina
non sapeva cosa dire. Si sentiva così stupida e ridicola ad
aver anche solo
pensato per un secondo che potesse accadere qualcosa tra di loro. Cosa
diavolo
le era passato per la testa? Avrebbe fatto meglio a uscire da
lì o non sarebbe
riuscita a trattenere le lacrime. Accarezzò il muso di Sun e
s’incamminò verso
l’uscita senza staccare gli occhi da terra. La voce di Daniel
la bloccò.
“Posso
chiedervi una cosa?”
Regina
esitò. Aveva paura di sentire ancora quella voce. Si sentiva
come se non
potesse più farne a meno.
“Ditemi…”
“Perché
siete venuta qui?” domandò tutto d’un
fiato.
“Per
vedere Sun… il mio cavallo. Non ho mai la
possibilità di vederlo, se non
durante le occasioni speciali quando sono costretta a spostarmi da
palazzo.
Volevo solo stare un po’ da sola con lui...”
“No,
intendevo dire…perché siete tornata
oggi?”
Regina
si voltò incontrando gli occhi di Daniel.
“Perché..”
esitò. “Perché volevo sapere il vostro
nome.” Ammise.
Il
ragazzo si fece più vicino. “E perché
volevate sapere il mio nome?” Quegli
occhi le erano così vicini che si sentì mancare
l’aria. “Ero solo curiosa…”
Distolse lo sguardo. “Devo andare o si accorgeranno della mia
assenza.” Uscì
velocemente dalla scuderia senza voltarsi. Daniel le corse dietro.
“E
voi avete rischiato di farvi scoprire solo per conoscere il mio
nome?”
“Sì..”
rispose senza fermarsi. Doveva riflettere e lì non ci
sarebbe riuscita.
Si
sentiva confusa. Non doveva più tornare in quella stalla e
rivedere quell’uomo.
Era sbagliato: lei era sposata, era la regina e quello era solo uno
stalliere.
Chissà cosa avrebbe pensato sua madre se l’avesse
vista, se avesse anche solo
saputo che lei aveva fantasie su quell’uomo.
Daniel… che nome semplice e
limpido, proprio come i suoi occhi chiari. Ora lui conosceva la
verità e non le
avrebbe più rivolto la parola senza un “vostra
maestà” finale. Si era
comportata da stupida. Avrebbe raccontato a Snow di aver utilizzato il
passaggio segreto per andare a trovare Sun e di aver incontrato uno
stalliere e
poi avrebbe dimenticato quell’esperienza per sempre. Era
giusto così, anche
perché si stava facendo tanti problemi per nulla. Lui senza
dubbio non si era
neanche sognato di fantasticare su di lei a maggior ragione una volta
scoperto
che era la regina; se fosse stato scoperto anche solo a parlare in modo
irrispettoso di lei, il re l’avrebbe fatto giustiziare senza
battere ciglio.
Allora per quale motivo le era sembrato dispiaciuto di scoprire che era
la
regina? Se fosse stata una normale paesana lui si sarebbe interessato a
lei?
Avrebbe potuto succedere qualcosa tra di loro? Quelle domande la
tormentarono
per tutta la serata. Snow si era offerta di farle compagnia in mancanza
di
Leopold e Regina gliene era infinitamente grata. Riusciva a distrarla
di tanto
in tanto da quel pensiero fisso. Avrebbe voluto raccontarle tutto, ma
come
l’avrebbe presa? Cosa poteva dirle? “Ehi
Snow, mi sono innamorata di uno stalliere che
a quanto pare lavora a palazzo, cosa ne
dici? Tuo padre non l’ho mai amato e mai lo amerò,
sono stata costretta a
sposarlo… ”
Suonava a dir poco folle. Innamorata, forse era una parola
azzardata, ma Regina provava qualcosa per quel ragazzo e di certo non
era
indifferenza. Decise di dormirci sopra senza escludere la
possibilità di
tornare in quella stalla il giorno seguente. Invece non ci
tornò né quel giorno
né il successivo. Si sarebbe sforzata di dimenticare tutto.
Così giunse il
giorno del ritorno del re. Regina gli andò incontro fingendo
che gli fosse
mancato, ma Leopold sembrava contrariato. La salutò appena e
le diede
appuntamento la notte stessa nella sua camera de letto. Lei si
presentò
puntuale pronta a fare quello che le veniva richiesto. Leopold
l’attendeva sul
letto con un’aria pensosa. Quando la vide le fece cenno con
il capo invitandola
a raggiungerlo. Regina non se lo fece ripetere due volte. Si
sdraiò al suo
fianco sorridendogli.
“Come
è andato il v..?” non fece in tempio a finire la
frase. Leopold la zittì con un
gesto della mano.
“Ho
fatto visita ad un amico che si è appena sposato. Sua moglie
a un mese dalle
nozze aspetta già un bambino. Poi ho fatto visita a un mio
lontano zio. A poco
più di un mese dalle nozze anche sua moglie aspetta un
figlio…”
Regina
sapeva dove voleva andare a parare e abbassò lo sguardo
preoccupata. Il re le
prese il mento puntando gli occhi nei suoi. “Tu a tre mesi
dalle nozze non mi
hai fatto questo dono. Sei sempre fredda e distaccata ed è
evidente che mi
detesti.”
“Vostra
maestà, sono..”
“Non
interrompermi.” Disse severo. “Purtroppo non vali
nemmeno la metà della mia
prima moglie. Lei era una vera regina, in grado di amministrare gli
affari in
mia assenza, sempre diplomatica e sorridente…Lei era
amorevole e intelligente,
mentre tu…” Lasciò quelle parole in
sospeso, ma Regina sapeva bene cosa volesse
dire. Conosceva qualcun altro che la pensava esattamente allo stesso
modo.
“Posso
chiedere il permesso di ritirarmi nelle mie stanze?” La voce
s’incrinò. Leopold
sbuffò infastidito a quell’ennesima manifestazione
di debolezza.
“Ovvio.
Per questa sera desidero restare solo.”
Regina
abbandonò in fretta la stanza sicura di esplodere da un
momento all’altro. Non
poteva sopportare più quella situazione. Nessuno la riteneva
all’altezza per
poter fare nulla. Cora la considerava una debole e ora aveva deluso
anche il
re… e se fosse scappata? Senza riflettere, corse nella sua
stanza, prese una
mantella dell’armadio e scese le scale di corsa diretta verso
la scuderia. Un
nuovo inizio era quello che le ci voleva: nessuno si sarebbe accorto
della sua
assenza almeno fino alla mattina successiva. Le dispiaceva solo per
Snow. Lei
era sempre stata carina e gentile… perdere
un’altra madre sarebbe stato un duro
colpo, ma Regina non sarebbe stata di molta utilità se fosse
rimasta lì. La
scuderia era immersa nel silenzio come si aspettava. Con passo veloce
raggiunse
Sun.
“Bello,
io e te ce ne andiamo ora…” prese un paio di
briglie agganciate al muro e le
mise a Sun. La sella non le serviva. La usava solo per fare contenta
sua madre
quando lei la guardava correre “una donna
deve cavalcare regalmente, non come un uomo..”
lo trascinò verso l’uscita.
Era senza dubbio una pazzia quello che stava facendo. Avrebbe avuto
alle
costole tutti una volta abbandonato il regno: il re, sua madre e
chissà chi
altro. Sarebbe stata disonorata e ridicolizzata da ogni abitante del
regno, ma
era sempre meglio di restare in una corte a sentirsi dire quanto era
stupida e
inutile.
“Tu,
cosa credi di fare!” quella voce… sulla soglia
stava Daniel, illuminato della
luce lunare. Aveva un’aria sospettosa. Naturalmente non
poteva riconoscerla
visto che era ancora nascosta nell’ombra. Avanzò
decisa senza guardarlo in
faccia. Il ragazzo lasciò andare il bastano che teneva in
mano visibilmente
sconvolto.
“Regina?
Cosa ci fate qui a quest’ora di notte?”
Regina
non gli rispose anche perché era già abbastanza
chiaro cosa avesse intenzione
di fare. Oltrepassò il portone tirando Sun per le briglie.
Daniel non si diede
per vinto. La seguì fuori parandosi davanti a lei.
“Cosa
avete intenzione di fare?”
“Non
sono affari vostri. E ora per favore lasciatemi passare.”
Disse.
Lo
stalliere la guardò con occhi indagatori.
“Qualcuno vi ha fatto del male? Non
credo che scappare sia la soluzione migliore
comunque…”
Regina
non riuscì a trattenere le lacrime. “Voi non
potete capire come mi sento! Cosa
si prova ad essere continuamente criticati, considerati meno di niente,
sempre
inadatti a ogni situazione. Non potete immaginare cosa voglia dire
essere
obbligati a sposare qualcuno che non si ama, relegati in quattro mura
senza mai
poter essere liberi di fare quello che si vuole. Doversi sempre
comportare
educatamente in ogni situazione, essere belli, piacenti, sorridenti,
fingere
che vada tutto bene, fingere di non soffrire, fingere di amare un uomo
che in
realtà detesti, dover accontentare ogni suo desiderio senza
mai potersi tirare
indietro. Sentirsi dire di non essere all’altezza di una vera
regina, di non
essere abbastanza forte per affrontare la vita…”
si accovacciò a terra senza
riuscire a smettere di piangere. “Sono stanca di dover essere
quello che non
sono. Voglio solo poter essere felice.. perché tutti gli
altri possono avere il
loro lieto fine e io no? Cosa ho fatto per meritarmelo?”
continuò
singhiozzando. Daniel non si era mosso di un centimetro. Stava ancora
di fronte
a lei in piedi, impietrito da quello sfogo inaspettato. Regina avrebbe
voluto
prendersi a pugni per il suo comportamento infantile, ma ormai non
aveva più
senso. A breve se ne sarebbe andata e non lo avrebbe visto mai
più. Il ragazzo
s’inginocchiò al suo fianco senza dire una parola.
Le sollevò il mento
delicatamente per poterla vedere negli occhi. Regina lo
lasciò fare, senza
smettere di piangere. Quello che vide la sorprese: non era compassione
quella
che traspariva da quegli specchi perlati, ma un’infinita
dolcezza.
“Avete
ragione, non so come ci si sente, non ho idea di cosa voglia dire farsi
controllare dagli altri o essere costretti a fare quello che gli altri
ci
ordinano di fare, ma so una cosa per certo: tutti possono avere il loro
lieto
fine in un modo o nell’altro. Anche quando sembra che non ci
siano vie d’uscita
e che tutto vada per il verso sbagliato, c’è un
modo per andare avanti, per
risollevare la testa e far capire a chi ci disprezza quanto valiamo
veramente.
I forti e i potenti esistono solo perché esistono coloro che
si fanno
assoggettare al loro volere per paura di mostrarsi per quello che sono
in
realtà. La vostra è solo paura della vita e con
questo non vuol dire che siate
debole, ma solo più sensibile di altri. Ora, se pensate che
il vostro lieto
fine sia lontano da questo palazzo, lontano da questa scuderia, lontano
da…me,
allora andate, non sarò certo io ad
impedirvelo.. ma se deciderete di restare e combattere e se me lo
permetterete,
proveremo a superare queste difficoltà, e vi prometto che in
un modo o
nell’altro vi aiuterò ad avere il vostro lieto
fine.”
Regina
gli gettò le braccia al collo. Piangeva, ma questa volta non
per disperazione.
Era felice e per la prima volta aveva capito che non tutti erano
crudeli come
aveva sempre pensato. Sarebbe rimasta.. per
lui..
Qualcosa
era cambiato e Snow non era certo stupida, lo aveva intuito. Regina
passava
meno tempo con lei e quelle poche volte che si vedevano lei aveva la
mente
lontana, assente. Snow era proprio curiosa di sapere cosa la mettesse
di buon
umore, cosa fosse successo per renderla così serena. Aveva
provato a
chiederglielo, ma Regina aveva tergiversato, cambiando discorso. Era
sicura che
prima o poi glielo avrebbe detto, in fondo erano amiche e le amiche si
dicono
tutto.
Regina
era euforica. Si sentiva rinata da quando aveva conosciuto Daniel, lui
le
trasmetteva allegria come nessun altro era mai stato in grado di fare.
Era
dolce e sempre disponibile ad ascoltarla, a consolarla, a coccolarla, a
farla
sentire amata. Ormai non era più un problema dover passare
la notte con
Leopold. Lo prendeva come un compito da svolgere: il dolore che provava
in quei
momenti era insignificante rispetto alla felicità che
provava quando si trovava
in compagnia di Daniel. Correva da lui ogni pomeriggio, appena Snow la
salutava
per le sue lezioni giornaliere e il re partiva per qualche viaggio
lontano.
Ogni giorno il ragazzo le raccontava qualcosa di nuovo, le mostrava
luoghi
segreti oltre il boschetto dietro la scuderia e la guardava correre con
Sun. Era
successo tutto così velocemente. Si conoscevano solo da un
mese, ma le sembrava
che fosse passata una vita. Daniel la conosceva meglio di chiunque
altro e
Regina non si era mai aperta così con nessuno. Non aveva mai
confidato ogni suo
segreto a una persona, non aveva mai donato tutta se stessa a qualcuno.
Con
Daniel era diverso. Tutto sembrava più bello quando la
guardava dritta negli
occhi, quando la baciava, quando restavano abbracciati per ore
all’ombra degli
alberi nodosi del boschetto.
Un
giorno Regina aveva tardato al loro solito appuntamento a causa di un
pranzo
diplomatico. Era corsa alla scuderia più veloce che poteva,
ma di Daniel
nessuna traccia. Vicino a Sun aveva trovato un biglietto scritto con
una
calligrafia stentata. Regina aveva sorriso. Era stata lei a insegnargli
a
scrivere
e doveva ammettere che il
risultato era piuttosto soddisfacente. Quel “ti
amo” alla fine le riempì il
cuore di gioia. Daniel l’aspettava oltre la collina. Era
montata su Sun senza
esitare e l’aveva raggiunto. Lui l’attendeva su
Theodora, il suo cavallo,
pronto a ripartire al suo fianco. L’aveva portata a un
ruscello proprio nel
centro del boschetto. Avevano mangiato insieme e avevano fatto
l’amore cullati
dal gorgoglio dell’acqua limpida. “Daniel non
lasciarmi mai… non sopporterei di
perderti…” aveva detto in un sussurro.
“No
Regina. Non ti abbandonerò mai. Qualsiasi cosa accada
resterò sempre al tuo fianco,
te lo prometto. Il mio futuro è con te e nessuno
potrà mai portarci via il
nostro amore.” L’aveva baciata, accarezzandola con
quel tocco gentile di cui
solo lui era capace e Regina aveva appoggiato la testa sul suo petto
nudo
sentendo di aver trovato tutto quello che aveva sempre desiderato.
Naturalmente
qualcosa o meglio qualcuno cominciò ad accorgersi del suo
repentino cambiamento
d’umore. Cora veniva a trovarla sempre più spesso
ultimamente, senza nascondere
la curiosità di sapere cosa portasse sua figlia ad essere
così felice. Regina
si guardava bene dal dirglielo. Se sua madre avesse anche solo
sospettato che
lei avesse una relazione con un altro uomo, avrebbe fatto una pazzia,
ne era
sicura. Anche il re sembrava aver notato qualcosa di diverso nella
moglie. Le
aveva domandato più volte cosa era successo per renderla
così felice e lei
aveva risposto che voleva semplicemente comportarsi come una moglie
amorevole,
mentendo spudoratamente. Leopold sembrava accettare quella spiegazione,
anche
se manteneva sempre un’aria sospettosa e indagatrice. Per non
parlare di Snow.
La piccola le aveva detto più volte di sentirsi trascurata e
Regina non poteva
darle torto. Le voleva bene come a una sorella, la odorava, ma
l’amore per
Daniel era indescrivibile e il desiderio di correre ad abbracciarlo era
più
forte di qualsiasi altra cosa.
Una
pomeriggio successe quello che Regina temeva. Si era recata presso il
giardino,
come tutti i giorni, ma ad attenderla aveva trovato Leopold seduto sul
bordo
della fontana. Teneva le braccia incrociate e guardava nella sua
direzione con
circospezione.
“Vostra
maestà..”
“Cosa
c’è in questo giardino che vi piace tanto,
Regina?” disse asciutto.
“Non
capisco.. nulla, mi piace trascorrere del tempo vicino al mio melo,
tutto qui.”
Bugiarda…
“E’
un chi?
O un cosa?” continuò lui
imperterrito.
“Come?
Non capisco cosa stiate insinuando…” Oddio…
“Lo
sai benissimo invece. Chi
vi
raggiunge ogni pomeriggio in questo giardino?”
Regina
non sapeva cosa rispondere, ma una cosa era certa, il re sospettava
qualcosa e
le cose non si stavano mettendo per niente bene.
“Nessuno,
lo giuro. Perché dovrebbe raggiungermi qualcuno? Se state
facendo questa
scenata solo perché non capite come mai io sia
così felice, la spiegazione è
semplice…” e adesso cosa si doveva inventare? Pensa Regina, pensa…
improvvisamente le venne un’idea, pazza sì, ma
geniale. “.. aspetto un bambino da voi…e vengo qui
ogni pomeriggio per
rilassarmi all’ombra del mio melo…”
Il
volto di Leopold s’illuminò. “Ma..
è una notizia fantastica, perché non me
l’avete detto prima?”
“Volevo
che fosse una sorpresa. Ho detto al medico reale di non riferirvi
nulla, perché
volevo trovare io il momento giusto per annunciarvelo.”
Il
re le accarezzò il volto. Aveva le mani lisce, come quelle
di un uomo che non
ha mai alzato un dito per lavorare in vita sua. Non erano come quelle
di
Daniel, callose, ma calde e rassicuranti.
“Bene,
ora devo partire Regina. Una questione urgente richiede la mia
attenzione
lontano da qui, ma tornerò entro due giorni e daremo una
festa per annunciare
la bella notizia.” Si congedò baciandole la mano.
Regina
attese che il re svoltasse l’angolo, poi si prese la testa
tra le mani
massaggiandosi le tempie. Questa volta aveva combinato un casino
immenso. La
soluzione poteva essere una sola e per quanto si sforzasse di trovarne
una
migliore, non ce n’erano: lei e Daniel dovevano lasciare il
regno al più
presto. Era l’unico modo. Doveva assolutamente dirglielo.
Corse alla scuderia e
lo trovò intento a spazzolare Sun, come tutti i giorni.
Appena la vide sorrise.
“Ciao!”
Le
andò incontro a braccia aperte. Regina rispose
all’abbraccio e lo baciò sulle
labbra con trasporto. Ora che lo rivedeva si rendeva conto che la sua
era la
scelta più giusta.
“Vieni
Regina! Oggi ho pensato di fare un salto al nostro laghetto, almeno
facciamo
correre un po’ Sun e Theodora.” Disse eccitato.
“No,
aspetta Daniel, ti devo dire una cosa importante.” Si fece
seria.
“Cosa
succede amore? Qualcosa non va?” rispose preoccupato.
“In
effetti sì. Ora ti dirò tutto, ma tu devi
promettermi che non ti arrabbierai e
che esaminerai bene la mia proposta, va bene?”
Il
ragazzo annuì senza nascondere una certa preoccupazione.
Regina gli raccontò
ogni cosa, senza tralasciare la sua “brillante”
trovata per giustificare la sua
contentezza. Gli espose il suo piano con calma, annunciando
l’ora e il luogo in
cui si sarebbero dovuti incontrare. Daniel la guardava con interesse
sempre più
meravigliato ad ogni sua parola.
“Allora?”
Lui
si massaggiò la radice del naso chiudendo gli occhi.
“Va
bene. Facciamolo. Domani appena cala il sole, ci vedremo
qui.”
“Lo
sapevo che saresti stato d’accordo.” Regina lo
baciò mentre gli accarezzata i
capelli lisci. “Ti amo più della mia stessa vita,
Daniel. Vedrai che saremo
felici insieme, lontano da questa prigione. Non dovremo più
nasconderci,
potremo essere liberi di stare insieme ogni ora, ogni
secondo…” le vennero le
lacrime agli occhi per la gioia. Lui la guardava con una sguardo colmo
d’amore.
“Io di più… farei di tutto per renderti
felice, lo sai.”
Si
salutarono con un lungo bacio pronti a compiere quella follia.
Ancora
con un sorriso spensierato stampato in faccia, uscì dal
tunnel sbucando nel
giardino. Di fronte a lei stava Snow con un’aria perplessa.
Abbassò gli occhi
dispiaciuta.
“Sapevo
che mi stavi nascondendo qualcosa…perché non mi
hai detto che hai usato la
porta che ti ho mostrato?”
“Snow,
mi dispiace..” Regina s’inginocchiò
davanti a lei per guardarla dritta negli
occhi. “Non te l’ho detto perché avevo
paura…”
Snow
si accigliò. “Paura di cosa? Tu sei mia amica,
perché dovresti avere paura di
me?”
Regina
non se la sentiva di mentirle, non più. In fondo era solo
grazie a Snow se
aveva conosciuto Daniel. Lei meritava la verità, tanto si
fidava di lei, sapeva
che Snow non avrebbe detto nulla a nessuno, almeno fino a quando lei e
Daniel
non fossero partiti.
“Snow,
se io ti confidassi un segreto, tu non lo diresti a nessuno
vero?”
“Certo
che no.” Rispose offesa.
“Anche
se si trattasse di un segreto molto
pericoloso?”
Snow
indietreggiò sopetta. “Così mi fai
spaventare Regina.”
“Va
bene.. ti dirò la verità, ma tu non dovrai dire
nulla a nessuno, non a tuo
padre, non alla tua tata, ma soprattutto no a mia madre…ho
usato questo
passaggio parecchie volte Snow, per andare a trovare Sun…e
alla scuderia ho
conosciuto un uomo…io e lui, ecco. Ci amiamo e non possiamo
più nasconderci
così. Domani sera abbiamo intenzione di scappare e lasciare
per sempre il
regno. So che può sembrare sbagliato, ma è la
cosa giusta da fare, te lo
assicuro… me lo hai sempre detto anche tu: una persona deve
fare l’impossibile
per poter essere felice, ricordi? Bene, io lo voglio fare, lo devo
fare. Mi
mancherai Snow, ma è l’unica
soluzione…”
La
piccola la guardava ad occhi sgranati senza riuscire a capire il
significato di
tutte quelle parole.
“Vuoi
lasciarmi qui da sola?” disse con le lacrime agli occhi.
Regina
le si avvicinò stringendola stretta contro il suo petto.
“Ti giuro Snow, mi
mancherai tantissimo, ma devo farlo, lo capisci? Finalmente ho trovato
un uomo
che mi ama e non voglio che qualcuno me
lo porti via…” aveva gli occhi lucidi e un vuoto
nel cuore. Lasciare lì quella
bimba le procurava un dolore tremendo.
Snow
si divincolò dal suo abbraccio e si asciugò gli
occhi.
“Non
dirò nulla a nessuno, lo giuro. Io non voglio che tu te ne
vada, ma se così
facendo sarai felice, allora vai….”
“Grazie
Snow…se mai avrò una figlia, voglio che sia
esattamente come te…” Era commossa
e felice essersi tolta quel peso dalla coscienza.
La
mattina seguente Regina si svegliò all’alba. Non
era riuscita a chiudere occhio
e non vedeva l’ora di partire e lasciarsi alla spalle tutte
quelle bugie che
era stata costretta a dire, tutte quelle false abitudini, falsi
sorrisi. Non
avrebbe mai più rivisto sua madre per fortuna…
Snow
era seduta sul bordo del
vicino
all’ingresso del castello quando vide arrivare la carrozza.
Scese rapida, il
cuore che batteva all’impazzata. La porta della carrozza si
spalancò e Cora
scese elegantemente, aiutata da un servo.
“Principessa!
Cosa ci fate qui, mi stavate aspettando per caso?” disse con
falsa gentilezza.
Odiava quella mocciosa viziata, ma era la figlia del re e quindi era
cosa buona
non mancarle di rispetto.
“Io..
ehm, sì in effetti..” la piccola muoveva
nervosamente gli occhi da una parte dall’altra
indecisa se parlare o meno. Cora la osservava incuriosita. Qualcosa le
diceva
che la piccola aveva un segreto inconfessabile da rivelarle e lei non
se lo
sarebbe fatta scappare per niente al mondo.
“Venite
principessa… facciamo in giro in giardino, così
potrete dirmi con tranquillità
quello che vi tormenta..” disse infima.
La
piccola prese a camminarle di fianco, tenendo lo sguardo basso. Si
accomodarono
su una panchina appena dopo l’ingresso dei giardini. Snow
guardò la donna negli
occhi e si decise a parlare. Le rivelò tutto. I sentimenti
di Regina, l’amore
per il suo stalliere, il loro piano di fuggire quella sera stessa. Cora
stette
ad ascoltare senza scomporsi minimamente, ma dentro fremeva. Doveva
immaginare
che quella stupida di sua figlia tramasse qualcosa. L’odio
profondo che provava
per lei in quel momento non aveva limiti. Le avrebbe fatto pagare quel
gesto
impulsivo. Le avrebbe fatto pagare per il suo comportamento. Se fosse
riuscita
a scappare con quel ragazzo, cosa avrebbero detto di lei, oltre che di
sua figlia?
Cosa avrebbe fatto il re? Ci avrebbe pensato lei a sistemare ogni cosa,
come
aveva sempre fatto. La vocina insicura di Snow interruppe il flusso dei
suoi
pensieri.
“Io
speravo che voi avreste potuto farle cambiare idea.. lei mi ha detto di
non
dirvi nulla, ma io ho preferito raccontarvi tutto. Siete sua madre e le
farete
cambiare idea, vero? Una madre sa sempre cosa è meglio per
sua figlia…. io non
voglio che se ne vada via…”
“Non
andrà via Snow, te lo prometto. Questa sera avrai di nuovo
Regina tutta per te
e tutto si sistemerà. Le parlerò io e vedrai che
cambierà idea.” Rispose
fingendo di essere gentile. La bimba sembrò convinta e si
allontanò, lasciando
Cora da sola con il suo desiderio di vendetta. Snow aveva ragione, una
madre
sapeva sempre cosa era meglio per la figlia e per Regina, sapeva
esattamente
cosa fare. Quella ragazza aveva sempre avuto la tendenza ad
affezionarsi a
persone insignificanti e deboli, come Mikael, come suo padre, come
questo..
stalliere. Era furiosa, ma non le avrebbe permesso di
vincere…
Regina
era rimasta nella sua stanza tutto il giorno, pensando e ripensando a
dove
sarebbero potuti andare una volta lontani dal castello. Avrebbero
visitato il
mondo, proprio come avrebbero dovuto fare lei e Mikael anni prima.
Questa volta
nessuno le avrebbe impedito di essere felice. La piccola non avrebbe
detto
nulla, ne era sicura. Chissà, magari con il tempo avrebbe
trovato il modo per
tornare a trovarla e ringraziarla di quello che aveva fatto.
Guardò fuori dalla
finestra: il sole era calato ormai. Indossò un abito leggero
e comodo con una
giacca e raccolse i capelli in una treccia centrale. Senza esitare,
oltrepassò
il tunnel e sbucò nel campo di
fronte
alla scuderia. Non riusciva a contenere l’eccitazione.
Varcò la soglia
ansimando. “Daniel, sono qui! Sei pronto?”
Nessuna
risposta. “Daniel?” … niente. Regina si
guardò attorno preoccupata. “Daniel non
è divertente! Dove ti sei nascosto?” nulla. Una
strana sensazione cominciò a
impossessarsi di lei. Avanzò lentamente, trattenendo il
fiato. Qualcosa non
andava. Il silenzio era pressante e la leggere brezza notturna
trasportava uno
strano odore di… morte. “Daniel, dove
sei?”
“Daniel?
Chi è questo Daniel?”
Regina
sentì il sangue gelarsi nelle vene. Indietreggiò
boccheggiando. Sua madre uscì
dall’ombra facendosi illuminare dalla leggere luce lunare.
Teneva le braccia
conserte e la guardava con un’aria di intensa soddisfazione.
“Chi è? Un
conoscente, un amico, un amante?”
Regina
si sentì mancare. “Cosa..cosa gli hai
fatto?”
“Io?
Nulla cara.” Così dicendo si mise una mano sul
petto fingendosi indignata.
Rabbrividì… una sostanza viscosa e scura le
gocciolava lungo le dita
affusolate. Regina poteva giurare di sentire le gocce cadere a terra
con un
tonfo sordo.
“No…”
oltrepassò la madre correndo verso la stalla di Sun. Si
lasciò cadere sulle
ginocchia… non poteva essere reale.. doveva essere un brutto
sogno. No..
no..no..
“Oddio..”
disse con un filo di voce..
“Dio
non c’entra Regina. La colpa è solo tua.
È morto.” disse con voce crudele.
Regina
scoppiò a piangere senza distogliere gli occhi da quel
macabro spettacolo.
Daniel era steso a terra accanto a Sun, un rivolo di sangue scorreva
lungo le
sue labbra perfette. Gli occhi puntavano sgranati nella sua direzione,
sembravano
volerle dire qualcosa. Regina si buttò a terra strisciando
verso di lui, non
aveva la forza di camminare. Le assi di legno grezzo del pavimento le
graffiavano le braccia, ma a lei non importava. Doveva raggiungere
Daniel… era
inorridita. Il suo corpo era riverso di lato in una posizione
innaturale, le
ossa del petto spezzate. Il cuore era stato strappato via, lasciando
una
profonda cavità vuota. Regina lo sollevò,
poggiando la sua testa contro le
ginocchia. Gli accarezzò il viso con mani tremanti. Il
sangue ancora caldo le
scorreva copioso lungo le gambe graffiate, ma non le importava. Nulla
le
importava più…
“Daniel,
ti prego non lasciami qui da sola… io ho bisogno di
te..” disse tra i
singhiozzi… “Mi avevi promesso che non mi avresti
mai abbandonata, che saresti
rimasto sempre con me! Non puoi lasciarmi.. non puoi..”
gridava disperata, ma
nessuno rispondeva. Il buio assorbiva le sue grida smanioso di
riceverne di
nuove.
Lacrime
di rabbia le rigavano il viso gocciolando lungo le guancie pallide di
quello
che un tempo era stata la sua unica gioia, il suo unico motivo di vita.
Non
avrebbe potuto più vivere senza di lui… non
voleva vivere senza di lui… lo
baciò sulle labbra fredde riuscendo ad assaporare solo il
ferroso sapore del
sangue.
Una
mano le toccò la spalla. “Io ho fatto solo
ciò che andava fatto… ma non ce
l’avrei mai fatta senza la piccola Snow…
è stata lei a rivelarmi tutto… se non
fosse stato per lei, voi due avreste potuto lasciare per sempre il
regno e
vivere felici..”
Cora
stava ancora parlando, ma lei non riusciva a distinguere le sue parole.
Nella
sua testa sentiva mille voci che le sussurravano parole senza senso..
alcune la
incitavano ad agire… altre la pregavano di
smettere… le gridavano di mettere
fine a quel pianto straziante… ma una voce era
più forte delle altre, urlava
sempre le stesse parole, facendosi largo tra la folla, graffiando e
mordendo
ogni cosa… era una voce profonda e forte.. una voce
magnetica, che s’insinuò
nel suo animo stringendo il suo cuore in una morsa velenosa. Cresceva
ogni
secondo di più come un rampicante che trova terreno fertile
in un vecchio vaso
di rose ormai morte. Quella voce le diceva solo una cosa.. continuava a
ripeterla facendo vibrare ogni fibra del suo essere… vedetta…
Nulla le avrebbe impedito di ottenere quello che voleva,
nessuno si sarebbe più permesso di mettersi contro di lei.
Daniel aveva
ragione: i deboli esistono solo perché hanno paura di
mostrarsi per quello che
sono realmente, ma lei non aveva più paura. Si sarebbe
mostrata per quello che
era veramente e questa volta avrebbe gioito lei della sofferenza degli
altri. Avrebbe
goduto nel vedere i suoi nemici soffrire… avrebbe fatto
tutto ciò che era
necessario per ottenere la vendetta, qualsiasi cosa. Socchiuse gli
occhi
cullata dal dolce suono di quella singola parola… vendetta.
Ciao a tutti ^-^ .
E’ la
prima volta che pubblico una mia storia, quindi siete clementi xD ..
Qualsiasi
critica/commento, è bene accetto!
PS: scusate eventuali
errori
di battitura, ma questa storia doveva essere pubblicata molto prima e
per via
della scuola, non sono riuscita a terminarla in tempo. Sta mattina ho
fatto una
follia e mi sono alzata presto a finirla =P
Buona lettura ^-^