Fanfic su artisti musicali > Demi Lovato
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Autore: toobusybeingyours    01/04/2012    1 recensioni
Ecco la mia prima Fan Fiction dedicata a Demi Lovato :) l'ho scritta dopo aver visto il documentario 'Stay Strong'. Quel documentario mi ha aperto gli occhi, e mi ha fatto capire come una star come Demi può in realtà assomigliare a me e a tutti noi.
Genere: Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Grazie Demi, grazie a te e al tuo meraviglioso documentario che mi ha commossa e mi ha aperto gli occhi.
Non cambiare mai, perché sei fantastica ♥




Ormai erano mesi che andavo avanti così.  E i miei genitori prima o poi l’avrebbero scoperto. E il momento era arrivato.
Sono una ragazza originaria di Ottawa, città dell’Illinois, e a quel tempo frequentavo il quarto anno del liceo. Non ho mai voluto ammettere di essere malata, credevo che mangiare per poi vomitare tutto per non ingrassare fosse una cosa normale nell’età adolescenziale, non ci ho mai trovato niente di sbagliato, perché non ero mai stata ricoverata o curata per questo. Non ne avevo mai parlato con nessuno, e appunto per questo credevo che tutte le mie amiche facessero come me, altrimenti come facevano ad essere sempre così magre, pur mangiando discrete quantità di cibo?
Però un giorno, mentre stavo rimettendo la cena, mia madre aprì la porta del bagno dimenticandosi di bussare prima, e rimase sconvolta, perché capì che non era per colpa di qualcosa che mi aveva fatto male, poiché avevo le dita in gola, e quindi era chiaro che l’avevo fatto apposta. Dopo litigi e litigi con i miei genitori, mi convinsero che la cosa migliore era partire per un centro di riabilitazione e rimanerci finché quella dipendenza non mi sarebbe passata. Così, ebbe inizio la mia esperienza al Timberline Knolls.
Era il 14 dicembre 2010 quando varcai la soglia di quel centro, con la mia valigia in mano e la certezza che avrei dovuto passare, se non tutta la vita, parecchi anni lì. Venni subito accolta nella reception da un’infermiera, che mi assegnò la mia stanza. Secondo piano, camera numero 20. Prima lasciarmi andare, mi avvertì che avrei dovuto convivere con un’altra ragazza. Non mi disse il nome, ma solo che aveva il mio stesso problema, che lei chiamò ‘bulimia’. Ne avevo sentito parlare, sapevo cos’era, ma non avevo mai creduto di esserne affetta. Eppure sembrava quella la ragione per cui ero lì. Quella era la parola che mi sarebbe stata affibbiata per tutta la mia permanenza lì. Già il fatto di essere arrivata al punto di essere curata in una clinica mi deprimeva molto, e ora anche questo. Come inizio non potevo chiedere di peggio.
Presi l’ascensore e una volta arrivata al piano seguii le frecce verso la mia stanza. Quando aprii la porta, sentii una canzone abbastanza familiare cantata da una voce già sentita accompagnata solo da una chitarra. Entrai nella stanza per vedere se era la mia compagna o semplicemente un cd che aveva messo lei nello stereo. Mi guardai attorno, poi la vidi. Era di spalle, sul divano del salotto. Non ci potevo credere, era proprio lei. Dallo stupore, la mia valigia mi scivolò via di mano e cadde sul pavimento.
In quel momento, lei si accorse della mia presenza. Si interruppe e si girò per vedere cosa succedeva, e mi vide. “Ciao, tu dovresti essere la mia compagno di stanza, se non sbaglio… Mi hanno avvisato stamattina che saresti arrivata, così ho fatto un po’ di ordine. Ciao, io sono Demi, piacere di conoscerti”. Dubitavo della realtà della cosa. Demi era uno dei miei idoli, la seguivo addirittura dai tempi di ‘Barney and friends’, show che guardavo sempre da bambina. E poi Camp Rock, Camp Rock 2, Sonny Tra Le Stelle, Don’t Forget, Here We Go Again, i tour… È sempre stato il mio modello.
“P-piacere, s-sono L-lullaby. Tu sei proprio tu, cioè, sei Demi Lovato! Oh mio Dio, tu sei il mio idolo, la ragione per cui mi sveglio la mattina, il mio modello di…”.
“Oh no”.
“Perché ‘oh no’?”.
“Non capisco perché la gente mi crede un modello da seguire. Lo dico per voi, non per me! Ok, a me da’ un po’ fastidio, ma io penso soprattutto a voi fans! Se tu sei una vera Lovatic, sai quello che sto passando, e di conseguenza non capisco come fai a ritenermi un modello. Ah, comunque bel nome Lullaby”.
“Sì, sei un modello. So cos’hai passato, e lo sto provando anche io sulla mia pelle, e ho la certezza che sarai abbastanza forte da superarlo. Se ce la puoi fare tu, ce la posso fare anche io”. Demi sorrise, sapevo che amava sentirsi dire queste cose, nelle interviste lo dice sempre. Parlammo un po’, e lasciai spazio soprattutto a lei per raccontarsi, perché io non avevo niente di emozionante o interessante da dire a differenza sua, che è dall’età di sette anni che vive il suo sogno. Poi mi indicò la strada per la mia camera da letto, in modo da sistemare la mia roba. Buttai la valigia sul letto e la stavo aprendo, quando vidi lei ancora sulla soglia della porta. “Vuoi che ti aiuti?” mi chiese. C’erano delle telecamere nascoste pronte a farmi lo scherzo del secolo o il mio sogno si stava realizzando? Era così strano pensare che si stava avverando uno dei miei più grandi desideri in una clinica di riabilitazione dove sono rinchiusa a causa della bulimia. È un paradosso. “No, no, non preoccuparti, faccio da sola, grazie”.
“E dai, hai un armadio al posto di una valigia, se fai da sola ci impieghi una vita!”. E così dicendo non aspettò nemmeno che rispondessi, si avvicinò a me e cominciò a mettere i miei vestiti nei cassetti. Era perfetta, e non sapevo come faceva a non riconoscerlo.
Quella notte, andai a dormire verso le 23, dopo aver chiacchierato un paio d’ore con una dottoressa del mio problema. Nel pieno del sonno mi svegliai sentendo dei rumori provenire dal bagno. Non guardai che ore erano, corsi a vedere che succedeva. C’era Demi che stava vomitando. “Demi, no basta, non farlo!”. Lei tirò lo sciacquone e si sciacquò la bocca.
“Scusa” fu l’unica cosa che disse.
“Non devi chiedere scusa a me. Fai male a te stessa prima di tutto, e in secondo luogo lo fai anche a me e ai milioni di Lovatics sparse nel mondo”.
“Sono migliorata, ma non sono guarita. Non guarirò mai. Essere me è dura, molto, troppo.
Voi siete probabilmente la ragione per cui continuo a fare ciò che amo. Voi siete probabilmente la ragione per cui c’è ancora qualcosa che amo al mondo”.
“Sii forte” le dissi io, e poi la lasciai lì a pensare, seduta in un angolo, mentre io tornavo a dormire.
La mattina dopo mi svegliai tardi, verso le 11. Nessuno mi era venuto a svegliare, l’orario per la colazione era già finito. Non fa niente, per una volta posso anche saltarla. Andai in salotto ancora in pigiama e vidi Demi con un ragazzo pieno di tatuaggi. “Ehi, buongiorno Lullaby! Questo è Trace, mi ha appena fatto un tatuaggio magnifico”, e detto questo mi mostrò i polsi. Sul polso destro aveva scritto ‘Stay’ con un bacio sotto, e sul sinistro ‘Strong’ con un cuore. “Quello che mi hai detto stanotte” mi sussurrò sorridendo. Si era appena tatuata la frase che le avevo detto. Stay Strong: sii forte. Ero così felice di aver legato con lei, il mio idolo, a causa di una malattia in comune. Sembrava un film. Passavano i giorni, e lei migliorava, io un po’ meno, ma comunque rispetto ai tempi del liceo post mensa quando mi rifugiavo in bagno per rimettere il pranzo qualcosa era cambiato in meglio, e ancora oggi sono sicura che i miei miglioramenti li devo più a lei che ai medici. Poi una mattina mi svegliai e non la vidi da nessuna parte, in nessuna stanza. Ancora in pigiama, scesi alla reception e chiesi sue notizie. “Se ne è andata stamattina presto, verso le 6” mi rispose l’infermiera. Non ci potevo credere. Era tutto finito. E non mi aveva nemmeno salutata prima di andarsene, e non riuscivo a capire perché. Ormai potevo considerarla un’amica, e pensavo che lei ricambiasse, ma evidentemente no. Qualche giorno dopo lessi su internet che aveva deciso di ricominciare il tour. Ero molto felice per lei, ero felice che avesse superato il suo momento buio. Glielo dissi e ancora lo credevo, se ce l’ha fatto lei, ce la posso fare anch’io. La prima tappa era prevista per il mese dopo, e ebbi il piacere di sapere che il concerto veniva trasmetto in diretta per TV. Potevo vedere come aveva ricominciato, e ne ero onorata, nonostante fossi al di là di uno sciocco schermo. Il giorno del concerto arrivò. Il momento in cui salì sul palco, un brivido fortissimo mi attraversò la schiena. Mi aspettavo iniziasse con una canzone, e invece no. Fece un breve discorso, che diceva queste esatte parole:
“Come tutti ormai sapete, sono recentemente uscita dal centro di riabilitazione. Ammetto di non essere guarita del tutto, ma non guarirò mai del tutto, ma posso fieramente dire che il peggio è passato, e lo devo ai medici, ma soprattutto a una ragazza. Il suo nome è Lullaby, ed era la mia coinquilina al Timberline Knolls. Mi è stata accanto costantemente, mi ha motivata, mi ha fatto capire che rendermi vulnerabile e farmi del male non era il miglior modo di andare avanti. Mi disse di essere forte. Sto per cantarvi una canzone che ho scritto nel viaggio di ritorno dalla clinica a Dallas, e lei mi ha ispirata”.
Piansi come una bambina con il cuore stracolmo di gioia. Ascolto quella canzone tutti i giorni a tutto volume nello stereo di questa stanza in cui io sono ancora a differenza di Demi. Ho deciso che domani mi dimetto, perché come quella canzone famosa dice, mi sono risollevata, come un grattacielo.


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Grazie per aver letto questa Fan Fiction!
So che 'Skyscraper' non è stata scritta nel viaggio di ritorno dalla clinica,
e so che non divideva la stanza con nessuno,
ma questa storia non l'ho scritta perché sia credibile, altrimenti non sarebbe una FF.
Ancora grazie, lasciate una recensione, è sempre gradita!

   
 
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