3
I
briganti, i tagliagole, o chiunque essi fossero, presero ad avvicinarsi,
lentamente e da tutti i lati, circondando la carrozza e i due ragazzi.
Saito si manteneva vicino a Louise, perché era
quasi sicuro che fosse lei il loro bersaglio primario, quindi non poteva
permettersi di perderla d’occhio.
«Louise.» le disse «Entra nella carrozza e
chiuditi dentro.»
«Che cosa!?» replicò lei sorpresa
«È più sicuro che starai lì.»
«Che fai, mi mandi via?» disse risentita la
ragazza «Guarda che so difendermi molto bene!»
«Fallo!» rispose perentorio Saito.
Louise restò un momento basita, e due degli
assalitori immediatamente ne approfittarono per tentare di colpirla alle spalle;
Saito però fu più rapido di loro, e giratosi li mise fuori combattimento
entrambi, ma visto che uccidere non era nella sua natura si limitò a ferirli
quel tanto che bastava da renderli innocui.
Uno dei due, pur con un grosso taglio ad un
fianco, si ostinò a voler restare in piedi, ma Louise senza indugio raccolse da
terra un grosso pezzo di metallo staccatosi dalla carrozza e glielo spaccò
sulla testa, mettendolo inesorabilmente a dormire.
«Io non ti lascio solo, Saito!» disse decisa
«Non fare la stupida, Louise! Qui fuori sei in
pericolo!».
Purtroppo non ci fu il tempo di discutere
ulteriormente, perché i briganti a quel punto si gettarono all’attacco
praticamente tutti insieme.
Saito negli anni aveva migliorato
considerevolmente il proprio talento con la spada, al punto da potersi
confrontare, seppure solo per breve tempo, con avversari del calibro di Agnes e
Girche, che invece praticavano la scherma
praticamente da sempre, quindi ormai sapeva difendersi anche senza fare ricorso
ai suoi poteri di Gandalfr.
Ora, però, quei poteri non c’erano più,
un’altra volta, e solo in quel momento, soverchiato di nemici e con una persona
da dover difendere, gli venne da rendersi conto quanto il suo livello, a conti
fatti, fosse ancora piuttosto mediocre.
Più volte si era lamentato del fatto che, per
quanti progressi facesse, gli risultava sempre difficile riuscire a caprie se i
suddetti progressi fossero effettivamente farina del suo sacco, o se invece non
ci avesse messo lo zampino quella conoscenza “istintiva” che gli derivava dal
potere di Gandalfr.
Adesso lo stava capendo, e non era certo il
momento migliore.
Cercando sempre di tenersi il più vicino
possibile a Louise, Saito si batteva come un leone, menando fendenti a destra e
a sinistra; al solo scopo di proteggere la sua amata, era addirittura venuto
meno ai suoi principi, e un paio degli avversari che aveva affrontato non si
era limitato a ferirli.
Ma affrontare venti uomini senza il potere di Gandalfr non era una cosa da poco, soprattutto per uno
spadaccino di livello medio.
Gli assalitori riuscirono a ferirlo più volte,
ferite non gravi per fortuna, ma che minarono ulteriormente la sua resistenza,
e la sua capacità di porre rimedio ad una situazione che di secondo in secondo
stava diventando drammatica.
Di contro, i nemici, dopo aver seguito la
semplice tattica dello sfondamento, avevano iniziato a comportarsi in modo più
imprevedibile, e mentre alcuni tenevano impegnato Saito altri cercavano di
avventarsi su Louise, che si difendeva come poteva sventolando l’asta di ferro
che aveva in mano.
Mentre Louise cercava di difendersi, cercava
di pensare a come venir fuori da quella situazione.
Alla fine, non trovando niente di meglio da
tentare, approfittando di un momento di esitazione dei nemici si avventò su
Saito baciandolo; forse, si disse, in questo modo il contratto tra padrona e
famiglio eventualmente e inspiegabilmente spezzatosi sarebbe stato
ripristinato, e Saito avrebbe potuto contare di nuovo sui poteri di Gandalfr.
E invece, non accadde nulla, e anzi gli avversari
colsero l’occasione per rinnovare il loro assalto.
«Perché?» disse Louise con le lacrime agli
occhi «Perché sta succedendo tutto questo!»
Improvvisamente, mentre Saito era impegnato ad
affrontare uno scontro di forza, uno dei tagliagole si avventò su Louise
arrivandole alle spalle. Lei fece appena in tempo a girarsi, ma pur riuscendo a
mettere il bastone davanti a sé per difendersi dal fendente che le piovve
addosso il colpo fu così forte da farle volare via l’arma improvvisata dalle
mani.
L’assalitore a quel punto la spintonò
violentemente contro la carrozza, quindi la afferrò per il collo con una mano,
mentre con l’altra si preparò a vibrare il colpo di grazia.
«Louise!» gridò disperatamente Saito cercando
di liberarsi dei suoi aggressori.
La ragazza era paralizzata dalla paura, ed
osservava, immobile ed inerme, ora la spada che la sovrastava, ora il volto
dell’uomo che di lì a poco l’avrebbe uccisa.
«Saito…» mormorava
con la poca voce che riusciva a trovare.
In un impeto di rabbia il ragazzo riuscì a
vincere il duello di forza, e nel momento stesso in cui fece per avventarsi sul
nemico questi alzò ancora di più la spada per colpire.
«Louise!»
«Saito!».
Passò un istante, o anche meno.
Louise chiuse gli occhi, terrorizzata,
immaginandosi che da un istante all’altro tutto sarebbe finito.
Invece, non accadde niente, e quando sentì la
stretta al collo allentarsi un pochino riuscì a trovare il coraggio di
risollevare le palpebre.
Il suo carnefice era immobile, gli occhi
sbarrati e la bocca spalancata, da cui usciva un filo di sangue.
Ma non era stato Saito, immobile a pochi
passi, ad ucciderlo.
Quando il brigante, ormai morto, cadde inerme
in avanti, Louise vide comparire alle sue spalle un giovane ragazzo che doveva
avere pressappoco la sua stessa età, capelli neri un po’ lunghi e scompigliati
e occhi di un blu chiaro, più chiaro di quelli di Saito, che invece erano di un
blu intensissimo.
Indossava abiti molto strani, simili a quelli
del mondo di Saito, con un paio di pantaloni azzurro scuro, una maglietta
bianca, probabilmente senza maniche, e una specie di giacca marrone scuro un
po’ trasandata, con un largo cappuccio di pelliccia.
La sua arma era una spada, una katana,
all’apparenza piuttosto vecchia, ma con una lama molto ben tenuta e
scintillante, coperta lungo il filo dal sangue dell’uomo che ora giaceva morto
a terra.
Quello che però colpì maggiormente, e per
certi versi spaventò Louise, erano le ferite, alcune piuttosto serie, che
ricoprivano le parti visibili del suo corpo, soprattutto le mani ed il viso;
doveva anche aver avuto a che fare con il fuoco, perché alcune parti dei suoi
vestiti erano nere di fuliggine o parzialmente bruciate.
Il nuovo venuto era comparso dal nulla, forse
dalla foresta, e nessuno, nella concitazione del momento, si era accorto del
suo arrivo.
Di sicuro gli assalitori non lo conoscevano,
perché furono sorpresi quanto Saito e Louise di vederlo comparire.
Infatti, dopo poco, si misero in guardia, e
uno di loro tentò anche l’attacco, ma quel ragazzo, senza con una grazia e una
scioltezza quasi disarmanti, scivolò fluidamente da un lato, si girò e aprì il
ventre di quello sventurato con un colpo di taglio talmente preciso da
lasciarlo a terra morto senza un lamento.
Approfittando della situazione, e appurato che
non era un nemico ma un alleato, anche Saito riprese a battersi, e la
situazione in breve cambiò a tal punto che non fu neanche più costretto ad
uccidere, anche perché a quello ci pensava il nuovo arrivato, che invece non si
faceva alcuno scrupolo nel tranciare arti e mozzare teste.
Alla fine, messi alle strette, i
briganti, o chiunque fossero, non ebbero
altra scelta che ritirarsi, inclusi i feriti, e rapidamente si dileguarono
scomparendo tra gli alberi.
Saito avrebbe voluto provare a prenderne
qualcuno, per interrogarlo e fargli confessare chi li avesse mandati, ma era
ancora preoccupato per Louise, e per prima cosa volle assicurarsi che stesse
bene.
La ragazza era ancora molto spaventata, ma
voleva anche ringraziare il ragazzo che l’aveva salvata, e che ora le dava le spalle,
rivolto nella direzione in cui l’ultimo suo avversario era scappato senza
neanche provare a combattere.
«Louise!»
«Saito.» disse lei volgendosi nella sua
direzione
«Sai bene? Ti hanno fatto del male?»
«No, tranquillo. Sto bene».
Tuttavia, passata la foga del momento, Saito
era ancora dubbioso circa l’identità del nuovo arrivato, e perciò si frappose
tra lui e Louise tenendo la spada alzata.
«Chi sei?».
Quello non rispose; era leggermente piegato in
avanti, come se faticasse a reggersi in piedi, e la mano che teneva la spada
tremava vistosamente.
Poi, lentamente, si girò nella loro direzione;
i suoi occhi erano quasi spenti, e sembrava riuscire a stare sveglio per
miracolo.
«Vorrei… saperlo
anch’io.» disse, quindi rantolò a terra svenuto.
Senza pensarci, Louise corse da lui per
aiutarlo.
«Aspetta, Louise.»
«Non l’hai visto, ci ha aiutati.» disse lei
cercando di accertarsi delle sue condizioni «Non c’è di che preoccuparsi.»
«Però…» tentò di
protestare il ragazzo.
Louise, che si intendeva un po’ di medicina,
gli tastò il polso.
«È solo svenuto, ma è molto provato.
Portiamolo a casa.» quindi si rivolse al conducente della carrozza, finalmente
decisosi ad uscire «Presto, tu e Saito caricatelo sulla carrozza.»
«Louise, aspetta un momento.» disse Saito
rinfoderando la spada «Non sappiamo neppure chi sia.»
«Vorresti abbandonarlo qui?» replicò lei quasi
ringhiando.
Saito, dapprima spiazzato, poi riuscì quasi a
sorridere: finalmente Louise era tornata la cocciuta testa di marmo che tanto
amava.
A quel punto, lui e il conducente caricarono
il ragazzo su quello che restava della carrozza, quindi risalirono a loro volta
per poi rimettersi in viaggio il più velocemente possibile verso il castello.
Il ragazzo, chiunque fosse, restava disteso ad
uno dei due sedili, mentre Saito e Louise erano seduti su quello dirimpetto,
ora guardando lui ora guardandosi tra di loro. La situazione alla quale erano
appena scampati era drammatica, e se i timori di Saito erano fondati
quell’attacco probabilmente non era destinato ad essere l’ultimo.
D’un tratto la carrozza urtò un sasso con la
ruota, sobbalzando leggermente, e la mano sinistra del ragazzo, da appoggiata lungo il fianco che era,
scivolò inerte sul pavimento; quello che videro Saito e Louise, li lasciò
entrambi senza parole.
«Ma…» esclamò Louise
«Sono le rune di Gandalfr!».
Saito, istintivamente, si avvicinò per
osservarle meglio.
Non c’era dubbio; quelle erano sicuramente le
rune che fino ad un giorno prima erano appartenute a lui. Ma che ci facevano
impresse sulla mano di quel ragazzo?
La situazione stava diventando sempre più
ingarbugliata.
Come
Saito e Louise rientrarono ad Ornielle, Saito ordinò
l’immediato dispiegamento del piccolo contingente di guardie donatogli
personalmente dalla principessa poco dopo il suo matrimonio, con l’ordine di
presidiare il palazzo e di non far passare nessuno.
Il ragazzo svenuto venne portato nella camera
degli ospiti, e Saito, sapendo che il
professor Colbert qualche giorno prima si era
spostato nel vicino villaggio per un periodo di vacanza, lo mandò a chiamare
perché visitasse quel poveretto e si accertasse delle sue condizioni.
Forse era per il fatto che l’aveva salvata,
forse perché, per chissà quale motivo, aveva “rubato” le rune di Gandalfr a Saito, diventando il suo nuovo famiglio, fatto
sta che Louise sembrava molto in ansia per quel ragazzo, e anche dopo che le
guardie lo ebbero disteso sul letto gli restò accanto.
Quando ebbe ricevuto dal capo delle guardie la
conferma che ora il palazzo era a prova di intrusione, anche Saito si recò
nella camera degli ospiti, dove nel frattempo era arrivata anche Siesta.
Il ragazzo dormiva ancora, e alcune delle sue
ferite, quelle più serie, erano state medicate e fasciate. Quando Siesta gli
aveva tolto la giacca e la maglietta ne erano comparse molte altre, quasi tutte
escoriazioni, come se quel giovane, prima che con gli aggressori, avesse
lottato furiosamente anche con qualcun altro, o fosse stato coinvolto in
qualche altro evento violento.
«Come sta?» domandò
«Credo bene.» rispose Siesta «Ha un po’ di
febbre, ma è colpa delle ferite».
Poi, tutti e tre volsero di nuovo i loro
sguardi alle rune sulla mano sinistra del ragazzo.
Che cosa poteva mai essere successo?
Com’era stato possibile che le rune, e quindi,
in un certo senso, anche il contratto tra padrone e famiglio, fosse
arbitrariamente passato da Saito a quel ragazzo?
E soprattutto, perché era successo?
Erano tutte domande alle quali Louise non
sapeva dare risposta, così come non riusciva a capire se tutto quello che stava
accadendo dalla mattina presto a quella parte avesse un senso, o fosse in
qualche modo correlato.
Saito, perplesso e confuso quanto se non più
di lei, si avvicinò alle rune per poterle guardare meglio, per accertarsi se
fossero veramente le sue, quando queste, di colpo, si illuminarono, e lui per
lo spavento cadde all’indietro, ritrovandosi seduto sul pavimento.
«Ehi, compare!».
Tutti spalancarono gli occhi.
«Questa voce…» disse
Siesta
«Derf!» esclamò
Saito
«Finalmente ci rivediamo. Temevo che senza di
me a darti manforte, avrei finito per ritrovarti cadavere.»
«Derf, ma che cosa
sta succedendo?» domandò Louise «Che ci fate tu e le rune di Gandalfr addosso a questo ragazzo?»
«Ah, non chiederlo a me, mia signora. Quello
che so è che fino a due giorni fa me ne stavo tranquillo e beato in compagnia
del mio compare, e da un momento all’altro mi sono ritrovato attaccato a sto
smemorato.»
«Smemorato!?» ripeté Siesta
«Sto tipo non ricorda niente. Quando l’ho
incontrato per la prima volta l’ho trovato mezzo morto sul bordo di un torrente.
Ho provato a chiedergli chi fosse, ma non me lo ha saputo dire.
L’unica cosa che dice di ricordare è il suo
nome: Kaoru.»
«Kaoru!?» ripeté
Saito
«Non è un nome del tuo mondo?» disse Louise
«Sì, è così.»
«Anche i suoi vestiti non mi paiono molto
normali, se capite cosa intendo.» proseguì Derf «È
molto debole, ma avverto una specie di affinità tra questo tipo e Saito.»
«Allora, forse anche lui viene dal mio mondo.»
ipotizzò il ragazzo «Ma perché si trova qui?»
«Questo non lo so».
In quella, entrò un’altra servitrice.
«Mi perdonino, padroni. Il professor Colbert è arrivato.»
«Splendido.» disse Saito «Fallo passare.»
«Come desiderano».
Poco dopo, il professor Colbert
si palesò davanti ai tre ragazzi; Saito e Siesta gli andarono incontro.
«È passato un po’ di tempo, Saito.»
«Professore. È un piacere rivederla.»
«Anche per me. Vi trovo tutti in buona
salute.»
«E lei, professore?» chiese Siesta
«Non mi lamento. Ma devo ammettere che, senza
voi e gli altri, l’accademia d’un tratto si è fatta terribilmente monotona».
I tre risero al commento, poi, anche dietro
insistenza di Louise, il professore visitò il ragazzo, usando anche la sua
magia per curare buona parte delle ferite.
«Tranquilli, non è in pericolo. Ha solo
bisogno di molto riposo.» poi commentò «Accidenti, i suoi muscoli sono tesi
allo spasimo. Deve aver camminato, o addirittura corso per giorni interi senza
mai fermarsi».
Poi, quando si accorse anche lui delle rune
sulla mano, Saito e Louise gli spiegarono per filo e per segno tutto quello che
era successo, e il professore trasse le proprie conclusioni.
«Capisco.» disse «Forse sono state proprio le
rune a guidarlo da voi. È risaputo che un famiglio può percepire la presenza
del suo padrone anche a grande distanza. Probabilmente l’avrà seguita dopo
essersi risvegliato».
D’un tratto, i quattro udirono un gemito, e
voltisi verso il letto videro che il ragazzo sembrava sul punto di svegliarsi.
Louise e Siesta gli si avvicinarono, ma prima
che Saito potesse farlo a sua volta il professore gli mise una mano sulla
spalla.
«Posso parlarti un momento?».
Nota dell’Autore
Salve a tutti!^_^
Questa volta ho
davvero superato me stesso!
Non solo ancora una
volta ho aggiornato in tempi piuttosto rapidi per i mie standard, ma
addirittura ho scritto tutto questo capitolo in sole 4 ore, dalle due alle sei
di oggi.
Il fatto è che negli
ultimi due giorni ho avuto un rognoso impegno di studio, e appena me ne sono
liberato ho voluto mettere subito il turbo e proseguire con la storia.
Il capitolo breve e
conciso è un’esperienza nuova per me, e devo ammettere che mi ci sto trovando
bene, ma è probabile che tra non molto tornerò ai miei soliti standard di
lunghezza.
Concludo ringraziando
come sempre seldolce
per la sua recensione e i miei lettori per aver letto.
A presto!^_^
Carlos Olivera