Premessa: tutti i personaggi di
questa storia mi appartengono, sono inventati da me solo per puro divertimento
personale, senza scopo di lucro.
Note
dell’autrice:
terza ed ultima one-shot con protagonisti Harry e Steve, da collocarsi un anno e
qualche mese dopo “Amore e Pioggia”, anche se può benissimo essere letta senza
aver letto le due fic precedenti. Ci tengo inoltre a precisare che in questa
fic si parla di una malattia terminale e di un rapporto yaoi,
ovvero amore omosessuale. Chi non fosse interessato a tali argomenti o provasse
fastidio, ribrezzo ecc…è pregato vivamente di non leggere, non voglio
sconvolgere nessuno ^^
Vola, mio angelo
di Moon89.
Bip,
bip, bip.
Un
rumore costante che scandisce il tempo, qui dentro.
Quando
arrivo l’infermiera mi fa il solito cenno di saluto, invitandomi come sempre ad
entrare.
Lo
avrei fatto lo stesso, comunque.
Non
appena varco la soglia il solito odore di medicinali mi avvolge, provocando il
mio fulmineo correre alla finestra, spalancandola.
Deve
entrare aria fresca, anche se è proibito.
Il
mio sguardo si posa su di te, infine, bellissimo ed etereo.
Come
vorrei poterti osservare come un tempo, come prima…
Quando
insieme facevamo la strada verso scuola, rigorosamente in silenzio e
rigorosamente distanziati di un buon metro e mezzo.
Non
hai mai voluto mostrarti in pubblico, non hai mai voluto svelarci, riconoscere
quel noi del quale hai negato tanto l’esistenza.
Eppure
tutte le mattine eri lì, la sigaretta in mano e i capelli biondi al vento, ad aspettarmi. Aspettare me, cavoli. Quando
mi vedevi iniziavi ad aumentare il passo, distanziandoti. Sembrava quasi un
rituale tutto tuo, per farmi capire che ci saresti sempre stato. Lontano, ma ci
saresti stato.
Bip,
bip, bip.
La
linea di questa macchina infernale continua a registrare i battiti lievi del
tuo cuore, che tanto ho amato ascoltare anch’io, poggiando l’orecchio sul tuo
petto, sorridendo felice.
Mi
siedo meccanicamente su questa sedia bianca, come bianche sono le lenzuola che
ti avvolgono.
Tutto
sembra eterno qui, senza tempo alcuno, proprio come te.
Mi
chino verso di te e poso un lieve bacio sulla tua fronte, accarezzandoti piano
la guancia.
So
che non mi avresti mai permesso di fare una cosa del genere, prima. E mi fa
ancora più male.
-
Ciao – dico, tentando di stamparmi in faccia il più falso dei sorrisi, quasi
sperando che tu possa vederlo.
Mi manchi.
Mi
manca il tuo volto freddo, il tuo irriducibile contegno, la tua espressione
impassibile e il tuo fare distaccato. Ma mi mancano anche i tuoi rari sorrisi,
quella scintilla negli occhi nei nostri momenti magici, le tue parole che
volevano essere dolci, tutti i piccoli gesti d’affetto.
Non
sei mai stato bravo a mostrare i tuoi sentimenti ed io non so cosa ho trovato
di bello in te, la prima volta che ti ho visto.
Ora
lo so.
Tu
sei tu, tutto qui.
Per
quanto potessi essere pieno di difetti, altezzoso, arrogante e molto altro, ho
capito che non avrei mai scelto nessun altro, fin da quando sei venuto a casa
mia e mi hai confessato il tuo amore, entrando nel mio cuore che non aspettava
altro che accoglierti, amarti disperatamente.
- Mi ami, Harry? -.
- … -.
- Harry? Mi hai sentito? -.
- … -.
- Ti prego… -.
…
…
…
- Se sorridere, perché tu
sorridi, se piangere, quando tu piangi, se vivere, quando tu vivi, vuol dire
amore…hai già la risposta, Steve -.
Una
lacrima scende dal mio volto, lenta, piccola, sola.
Avevo
già la risposta, allora.
Ce
l’ho anche adesso, se è per questo.
-
Dimmi Harry…mi amerai anche da lassù? –sussurro, al vento.
Bip,
bip, bip.
- Buon anniversario -.
- Anche a te -.
…
…
- Harry, secondo te dove
cadono le stelle cadenti? -.
- Nel cuore di chi le sa
afferrare -.
Quell’anniversario…il
primo.
Improvvisamente,
una consapevolezza mi colpisce.
Sarà
anche l’ultimo…
Altre
lacrime si aggiungono alla prima, in un susseguirsi continuo e desolante.
Piangere
dovrebbe farti sentire meglio, ma non è così, ora.
- Harry, pensa…quest’estate
potremmo partire in vacanza, soli…che ne pensi? Mancano solo due mesi… -.
- Non vedo come… -.
- Harry! -.
Un corpo che cade a terra,
pallido.
Un ragazzo che disperato
invoca il nome dell’altro.
E poi gli accertamenti, le
visite in ospedale.
L’agghiacciante verità…
Progetti inutili mai
realizzati, sogni infranti, vite spezzate.
Biiiiiip…
Alzo
il volto di scatto.
No.
Non
oggi.
Spalanco
subito la porta della stanza di Harry, ma trovo i medici già pronti per
entrare.
Mi
hanno preceduto.
Vengo
spinto di lato a forza, mentre impotente osservo il mio ragazzo, il mio amore,
la mia ragione di vita…volare via.
Persone
frenetiche che corrono in tutte le direzioni, gente sconosciuta che tenta di
salvare una vita come tante altre, non capendo la sua importanza.
Non
capendo quanto Harry sia meraviglioso, non capendo quanto dannati sogni ho
fatto, di me, di lui e di una piccola casa con lo steccato bianco, la nostra
casa.
Loro
lavorano, io spero. Spero di potermi svegliare domani, spero di poterlo di
nuovo osservare in silenzio, dopo aver fatto l’amore, prima che anche lui si
desti e rovini un momento per me idilliaco, con una qualsiasi delle sue frasi
glaciali. Spero di poter vedere i suoi occhi ancora aperti, di quel bellissimo
colore pallido di un cielo mattutino, spero di poterlo vedere sorridere ancora
una volta, solo per me.
Biiiiiip…
Speranze vane.
Tutto
si ferma.
Nessuno
lavora più.
Io
non respiro.
Cado
a terra in ginocchio, non mi preoccupo di trattenere i singhiozzi, non bado
alle infermiere che mi scrutano compassionevoli, non mi curo della processione
di medici che esce, della voce che annuncia “Ora del decesso, 16.25”.
Non
leggo la cartelletta che viene richiusa, che dice che sei malato di cancro, che
sei morto da poco più di cinque minuti, che non avevi speranze.
Non
mi importa più di nulla.
[…]
-
…e che la sua anima possa riposare in pace, Amen -.
Terra
e sassi fanno un rumore che a me sembra il più fastidioso del mondo.
Mi
tappo le orecchie mentre mia madre mi posa una mano sulla spalla, in un gesto
che vuole essere di conforto.
-
Ti aspetto in macchina – mi dice, quando tutto è finito.
Quando
tutti se ne sono andati.
Mi
avvicino con cautela a quella che sarà la mia meta ogni giorno, da domani in
poi.
“Harry David
Drewford,
1988 – 2005”.
“Che il
cielo lo possa accogliere,
che possa
vivere felice nell’eternità,
così come lo
è stato sulla Terra”.
Mi
abbasso verso la tua fotografia e la sfioro con un bacio.
-
Ti amo… - sussurro allontanandomi.
Vola,
mio angelo.
E
aspettami.
Perché
quando arriverò…non ti lascerò più andare.
Rimarrai
sempre…il mio Harry.