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Autore: Dem_One    04/04/2012    1 recensioni
Un uomo incontra la Morte che sta per giustiziarlo in un ambiente completamente bianco. Breve storia futuristica con finale a sorpresa
Genere: Science-fiction, Sovrannaturale, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Aprì gli occhi e si trovò in uno spazio completamente bianco. Si alzò lentamente ed ebbe la sensazione di camminare sopra un immenso mare di latte.
Guardò più attentamente in giro e vide in lontananza un puntino nero che vagamente ricordava una figura umanoide. Gli corse in contro, e più si avvicinava più la cosa prendeva forma, finché non si ritrovò a pochi passi da essa e la osservò. La figura era una donna sdraiata di carnagione molto pallida vestita con una armatura forse proveniente da quell’era antica chiamata medioevo; aveva gli occhi chiusi, e gli sembrò come una dolce fata addormentata in un luogo sperduto e incantato, dove solo pochi eletti potevano accedervi attraverso sentieri nascosti ai comuni mortali. Lei era bellissima: aveva il viso bianco e ovale con delle lunghe ciglia nere e una bocca con le labbra rosso fuoco. I suoi capelli le facevano un soffice cuscino nero pece per la sua testa e le sue spalle. In realtà non sapeva ancora se lei fosse o no della razza umana: poteva benissimo essere un’aliena, oppure un Cyborg ben costruito e fin troppo reale tale da essere fuori legge. L’unico modo per saperlo era quello di toccarla. Allungò la mano verso il suo candido braccio e quando le fu a pochi centimetri, quella spalancò gli occhi. Ritrasse subito la mano mentre provava un senso di terrore mai sperimentato in vita sua: gli mancò il respiro, il suo cuore cominciò a battere fortissimo e a una velocità folle, quasi facendogli male.
Indietreggiò qualche metro dalla donna, mentre lei si alzava con i suoi occhi totalmente neri, senza sclera né pupilla, come se quest’ultima si fosse allargata e avesse invaso tutto lo spazio circostante: la donna bellissima e pura che aveva visto gli sembrò ora un orribile mostro. Un ulteriore senso d’orrore lo pervase quando la creatura aprì leggermente la bocca e mostrò i denti: erano simili a quello di uno squalo, piccoli triangoli bianchi uno vicino all’altro con il margine seghettato. La creatura emise un suono acuto, straziante, che penetrò le membra dell’uomo come mille aghi d’argento.
Lui urlò qualcosa ma non sentì la propria voce; più spaventato che mai, le girò le spalle e cominciò a correre all’impazzata, nel tentativo di mettersi al riparo. Ma più correva, più lei gli si avvicinava, fino a quando lui, sfinito, cadde a terra, tutto sudato e con il terrore che gli pervadeva tutto il corpo, molle per la fatica. A quel punto la creatura parlò con una voce doppia, come se due persone fossero all’interno del suo corpo. Disse: - Io sono la Morte e sono qui per portarti con me. Non opporre resistenza o la tua cattura sarà per te più dolorosa.-
Con un evidente terrore negli occhi, lui cercò di dire qualcosa, del tipo ‘Mai!’, ma ancora una volta la sua voce non uscì dalla gola. La Morte, come se avesse capito ugualmente, sorrise, curvò la schiena, e con uno scatto la raddrizzò completamente e subito le spuntarono un paio di ali nere come quelle di un drago, con dei grossi buchi nella membrana che le ricopriva. L’uomo respirava affannosamente a intervalli irregolari e di tanto in tanto il respiro cessava, per poi riprendere più veloce di prima. Lei distese il braccio destro, aprì la mano e immediatamente comparve dal nulla una nera e lunga spada lucente.
L’uomo si rialzò da terra e riprese a correre nella direzione opposta, ma, come se una mano invisibile lo avesse ghermito al collo, si sentì tirare verso di lei e il fiato affievolirsi; si mise le mani al collo per capire che cosa stesse accadendo, anche se non sentì nulla a parte le ossa che sostenevano la sua trachea. La stretta era troppo forte e lui realizzò che l’unico modo per non finire soffocato era quello di riavvicinarsi di nuovo alla Morte, per porre fine alle sue sofferenze. Infatti, una volta inginocchiatosi davanti a lei, fu libero ancora di respirare; l’uomo era sicuro che stava gemendo per la paura, ma continuava a non sentire nulla, come se i suoni gli morivano in gola ancora prima di uscire e risuonare nell’aria. Si mise anche a piangere, e cercava di supplicarla di lasciarlo in vita; qui ebbe di nuovo la sensazione che lei capisse ogni sua singola parola, poichè cominciò a sorridere mostrando di nuovo tutti i suoi bianchi e mostruosi denti aguzzi. Prese la spada e pose la lama vicino al collo dell’uomo, come se prendesse la mira: egli poteva sentire il calore e lo scoppiettio di un fuoco invisibile che imbeveva la lama.
La Morte allontanò l’arma dalla gola dell’uomo e si preparò a dare il colpo di grazia. Lui chiuse gli occhi, mentre le lacrime gli sgorgavano dagli occhi come fiumi in piena, e si preparò per la sentenza immeritata: pensò a tutte le cose malvagie che aveva fatto in vita, ma nessuna gli sembrò così grave da meritarsi un trattamento di quel genere. La Morte sussurrò qualcosa in una lingua sconosciuta e poi colpì. L’uomo sentì un dolore fortissimo e credette stupidamente di vedere la sua testa insanguinata rotolargli davanti ai piedi.

 
Ancora sudato e con il respiro affannoso, si alzò dal letto, mentre la visione della sua testa insanguinata era ancora impressa nei suoi occhi. -È ora di prepararsi.- disse tra sé e sé. Mentre andava in bagno, l’uomo si massaggiò il collo con la mano destra, come se davvero qualcuno o qualcosa lo avesse colpito in quel punto.
Fece una doccia veloce e poi, come da rito, si mise davanti allo specchio per curare tutti i particolari: con un fondotinta si mascherò la cicatrice che aveva sull’occhio sinistro, frutto dello scontro a fuoco con l’ agente Serfer. –Bastardo! La prossima volta che ti incontro sarà anche l’ultima.- Ogni volta che si ricopriva lo sfregio pronunciava quella frase come se fosse un rito scaramantico che lo aiutasse a proseguire la sua dura giornata. Aprì un cassetto e indossò una tuta blu col cappuccio. –È ora di prepararsi.- Prese dall’armadietto sopra il lavandino i suoi soliti occhiali neri che gli ricoprivano tutta la fascia degli occhi; si infilò le scarpe, un paio di jeans scuri e per ultimo indossò la sua bandana rossa che mise attorno alla bocca, lasciando libero solo il naso.
Andò in camera da letto, prese la pistola sotto il suo cuscino e la baciò sulla canna lucente: -Non temere, sei un’amica fedele, non ti abbandonerò mai.- Da sotto il materasso prese una scatola di proiettili che riversò nella tasca della sua tuta blu. Prima di uscire si mise in testa il cappuccio e un cappotto molto pesante: un abbigliamento del genere non poteva destare sospetti in una Russia a meno dieci gradi. Sistemò la pistola nella cintura e, come ogni mattina, fece il giro di tutta la casa, passando dal giardino sul retro. In quel posto vi erano piantate tantissime rose rosse, almeno tre fila da sette fiori ciascuna: lo spettacolo era davvero affascinante. L’uomo si fermò a contemplare il suo lavoro: -Cari miei, voi non mi avete dato soddisfazione alcuna. Continuate a sostenere che esista un dio, ma quando vi faccio la domanda ‘dov’è il tuo dio adesso? Perché non è qui a salvarti?’ nessuno mi risponde mai.- Fece per andarsene, ma come una forza invisibile lo avesse trattenuto, tornò vicino al giardino fiorito. -Come dite? Ah no, non sporcherò la vostra terra con qualche schifoso alieno. Se sarete fortunati, prima di sera avrete compagnia.-
Aprì il cancello, si sistemò gli occhiali, il cappuccio, la bandana e si assicurò che il suo amore fosse ancora al suo posto nella cintura. Guardò l’orologio: le sei meno un quarto di mattina. -La caccia è aperta. Attenta Mosca, Cancer è sulla strada, e ha di nuovo fame.-

  
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