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Autore: Melanto    05/04/2012    7 recensioni
Aria. Acqua. Terra. Fuoco. Alla disperata ricerca del Principe scomparso, mentre nel cielo rosseggia un'alba che odora di guerra. Una lotta contro il tempo per ritrovare la Chiave Elementale, prima che finisca nelle mani del Nero, e salvare il pianeta.
Siete pronti a partire?
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Alan Croker/Yuzo Morisaki, Hajime Taki/Ted Carter, Mamoru Izawa/Paul Diamond, Teppei Kisugi/Johnny Mason
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Elementia Esalogy'
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ELEMENTIA
- The War -





CAPITOLO 14: All'ultimo respiro (parte IV)

Via Crociata – Sistema Montuoso del Nohro Sud, Regno degli Ozora, Terre del Sud Meridionali

Shibasaki teneva la pietrificazione dell’Elemento di Terra sotto stretto controllo. A ogni attimo che passava, verificava di quanto fosse aumentata e ormai stava per diramarsi all’inguine.
La pozione rallentante non era sufficiente per fermare anche quello.
“Dottore, possibile che non ci sia altro che la sua magia possa fare?”
L’uomo scosse il capo alla domanda di Deva, ma non rispose. Detestava dover arrendersi, l’aveva fatto anche per troppo tempo, e gli risultava inaccettabile che proprio lui, che aveva molta più esperienza, dovesse farsi battere da un branco di ragazzini alle prime armi. Velocemente corse alla traboccante libreria. Cominciò a pescare diversi volumi di cure naturalistiche. Gli sembrava di ricordare qualcosa a proposito di un particolare unguento, ma non ricordava dove l’avesse letto. Gettò a terra i libri che non gli servivano, mettendo tutto a soqquadro sotto lo sguardo dell’assistente.
Afferrò il volume più grande della scaffalatura, con la morbida copertina in pelle nera e due simboli incisi rispettivamente uno davanti e uno sul retro del libro. Una ‘alfa’ e una ‘omega’.
Aprì il tomo e vi piazzò sopra la mano aperta, recitando dei versi di cui la giovane non riuscì a capire nemmeno una parola. I fogli scorsero velocissimi senza che lui nemmeno li toccasse. Si fermarono da soli, dopo aver passato la metà del libro.
Lo sguardo di Shibasaki ebbe un guizzo. “Eccolo!” Velocemente seguì le scritte e contemporaneamente si mosse alle grandi mensole dove aveva tutti gli ingredienti per cure e pozioni.
“Sì. Sì. Sì” borbottò. Gli occhi correvano dal libro ai barattoli, mentre controllava che avesse tutti i componenti. Poi, un’imprecazione gli sfuggì. Con rabbia sbatté il dorso delle dita sulla pagina. “Dannazione, questo mi manca! Se solo la pietrificazione si fosse manifestata prima avrei potuto chiederlo a quel Tritone!”
“Avete trovato una cura?” domandò Deva; lo sguardo speranzoso. L’uomo le si fece dappresso, appoggiando il tomo sul tavolo accanto al corpo di Teppei con malagrazia e un moto di frustrazione.
“Mi manca un ingrediente fondamentale! Senza non funzionerebbe mai! E dire che fino a poco fa avevo un Elemento d’Acqua proprio qui, merda!”
“Di cosa avete bisogno?”
Hiroyuki sbuffò, passandosi una mano tra i capelli. “Una squama. Una squama di Tritone di Agadir.” Scosse il capo. “E non è nemmeno una merce che si può trovare in giro: viene usata solo nella Magia Nera.” Accennò un mezzo sorriso ironico nell’aggiungere: “Noi le ricavavamo dagli Elementi d’Acqua che catturavamo o uccidevamo. E dire che adesso potrei usarla per salvare uno di loro…” Osservò intensamente il volto del tyrano. Quest’ultimo aveva ancora gli occhi stretti e le labbra deformate in una smorfia; continuava a lottare, almeno lui.
Spostò lo sguardo verso il torace, seguendo i percorsi delle vene e dei capillari infettati dal veleno di Rankesh e, lì, qualcosa brillò, legata al suo collo e un po’ nascosta sotto il lembo della camicia aperta.
Shibasaki allungò la mano, scoprendo il ciondolo. Un ciondolo composto da una squama di Tritone.
Le labbra gli si distesero in un sorriso inaspettato. “Non immagini nemmeno quanto tu sia fortunato, ragazzo” disse a Teppei e, in un attimo, la squama era nella sua mano.
Senza dire nulla a Deva, che continuava a guardarlo correre avanti e indietro per il laboratorio, il Naturalista si mise a preparare l’unguento con cui avrebbe contrastato la pietrificazione.
Questa volta ebbe bisogno di tutte le sue conoscenze di Magia Nera: miscelò i componenti in un unico recipiente e iniziò a salmodiare parole incomprensibili mentre versava dell’acqua fredda. A ogni verso, l’acqua iniziò a tingersi di nero. Sembrava godere di vita propria, aggrediva e divorava gli altri ingredienti della mistura e li fondeva, rendendoli una sola amalgama compatta. Infine prese la squama, continuò il suo fraseggio e la lasciò cadere nel recipiente, ma questa si mantenne sospesa, i contorni illuminati da un alone blu, intenso. Oscillò nell’aria, quasi che i poteri di un Elemento di Alastra le impedissero di cadere, poi si dissolse, sgretolandosi in polvere che si fuse al resto, rendendo il composto nuovamente trasparente, limpido. Aveva perso la sua consistenza liquida in favore di una più viscosa e densa.
“Deva, taglia gli abiti” ordinò alla sua assistente che, svelta, lacerò i pantaloni indossati dall’Elemento di Terra, visto che sfilarglieli era troppo pericoloso: si correva il rischio di rompere la roccia friabile.
Il Naturalista immerse le mani nell’unguento e iniziò a spalmarlo lentamente e con attenzione sulle gambe del tyrano. Era consapevole che si sarebbe trattato solo di un rimedio momentaneo, ma in questo modo avrebbe recuperato del tempo prezioso e permesso ai compagni del giovane di continuare le loro ricerche nella palude. Inoltre, avrebbe permesso il ritirarsi della pietrificazione in tempi lampo, una volta che gli fosse stato somministrato l’antidoto di zaikotto, sempre che i suoi compagni fossero riusciti a trovarne davvero uno. Ma scacciò quel pensiero pessimista dalla mente dedicandosi solo alla cura la quale, si accorse, stava già dando i frutti sperati: la pietrificazione si era fermata.
Shibasaki sollevò le mani ancora sporche di unguento e annuì per esserci riuscito, per aver avuto fiducia in sé stesso.
In quel momento e senza che né lui né Deva si fossero accorti del rumore di zoccoli in avvicinamento, perché troppo impegnati a dedicarsi al tyrano, la porta dell’abitazione si aprì di schianto e sulla soglia comparve la figura, fradicia a prima vista, del Tritone. Attorno al collo aveva un serpente giallo con una pietra rossa al centro della testa.
Shibasaki fissò sia il giovane che il serpente come fossero due fantasmi.
Era incredibile, lo aveva trovato sul serio.
Gli Elementi erano davvero i maghi più speciali di tutto Elementia.

Mamoru arretrò di un altro passo e il tacco dello stivale contro la pietra gli disse che, ormai, non poteva più muoversi. L’avevano messo con le spalle al muro, nel senso più letterale del termine: dietro di lui, c’era la roccia delle montagne.
Inspirò brevemente e in maniera rantolata.
L’aria era gelida, tutto era gelido, tanto che ormai un braccio era fuori uso, abbandonato lungo il fianco.
Maledizione.
Tre Stregoni erano troppi anche per lui, che era stato convinto di poterne battere a decine, tutti quelli che si sarebbe trovato davanti, ma non in quelle condizioni.
Espirò. L’ossigeno usciva in una piccola nuvola bianca. Freddo ovunque. Dentro, fuori.
La mano ancora sollevata davanti a sé, l’unica che poteva muovere, tremava vistosamente e aveva un colorito troppo pallido che non era più il suo.
Gli era bastato distrarsi per un solo attimo. Aveva perso di vista lo Stregone più piccolo, tra gli attacchi di quello grosso e del cane; gli si era portato alle spalle e lo aveva colpito con un incantesimo di Congelamento. Quei bastardi conoscevano bene i punti deboli dei propri avversari elementali, e il suo era anche fin troppo facile da scoprire; così come per quelli di Acqua. Le temperature erano un fottuto problema.
Ma non si sarebbe arreso. Oh, no. Avrebbero dovuto ucciderlo, prima che avesse gettato la spugna, e ucciderlo non sarebbe stato affatto facile. Anche perché, se proprio sarebbe dovuto morire, fanculo!, se li sarebbe portati all’Infero!
Tese le labbra in un mezzo ghigno, l’altra parte della faccia era gelata, nemmeno la sentiva più.
“Però! Quanta tenacia, devo riconoscertelo” disse proprio lo Stregone più piccolo. Ora vedeva solo loro due, gli erano davanti, uno di fianco all’altro, mentre del cane non c’era più traccia e Mamoru cercava di scorgerlo tra le fronde o in qualunque altro posto si fosse nascosto.
“Grazie… del… complimento…” faticò a rispondere. “Perdonami se… non mi inchino…”
“Hai ancora tanto ardore da fare simili battute? Ma come? Non ti si sono sedati i bollenti spiriti?”
Tsk… fottiti…” Con uno sforzo tentò di creare una sfera di fuoco, ma la sua intensità era irrisoria e la dimensione ridicola. Non avrebbe ferito nessuno con quella, tantomeno due maghi. Era proprio arrivato alla fine. Il freddo dell’incantesimo stava sopraffacendo la sua fiamma vitale e per quanto si sforzasse, i suoi poteri non erano più in grado di reggere il confronto. “Non mi piego… bastardi… Fatevi… sotto…”
Se dalle altre parti del corpo, il fuoco stava regredendo, soffocando, cristallizzando sotto il gelo, negli occhi la fiamma continuava a bruciare senza sosta e avrebbe arso fino alla fine, fino a che non avesse esalato l’ultimo respiro.
L’ultimo respiro.

“Ti giuro che fino a che avrò vita e respirerò, resterò al tuo fianco.”

Il cuore venne attraversato da una fitta di dolore.
Non avrebbe mantenuto la parola. Avrebbe lasciato da solo il volante.
L’attacco degli Stregoni venne interrotto da una pioggia di lame.
In un attimo si conficcarono nel terreno, costringendo gli avversari ad arretrare con un balzo per non esserne trafitti.
Mamoru le guardò senza capire, fino a che non le vide dissolversi in aria pura.
Indietro!” intimò una voce che fino all’attimo prima era stato convinto che non avrebbe sentito mai più.
Il volante si frappose tra lui e i due Stregoni, restando in sospensione. Nei palmi, il vento spirava in turbini pronti a colpire chiunque avesse osato fare un passo.
“Cosa… fai qui?!” biascicò tra l’irritato, il preoccupato, il felice.
“Secondo te?” Yuzo non perdeva di vista gli avversari che restavano a distanza e avevano incupito gli sguardi, seppur apparissero nient’affatto preoccupati del suo arrivo.
“Stupido!” Gli intimò l’altro con fatica. “Vedi… di andartene!”
“Ce ne andremo insieme.”
Ma Mamoru non poteva abbandonare il campo, non sapeva nemmeno se Hajime fosse o meno riuscito a trovare lo zaikotto. Non poteva correre il rischio che quei bastardi si accorgessero anche del Tritone. Strinse i denti.
“No! Va’ via… è pericoloso! Loro… sono… quelli che… ci hanno attaccato!”
Yuzo affilò lo sguardo. “I Konsawatt.” Mormorò il loro nome tra le labbra e poi inarcò un sopracciglio. Erano solo in due? “E il terzo?”
In quel momento, una chiazza scura balzò fuori dai cespugli cogliendolo alla sprovvista e attaccandolo di lato. Il grosso cane nero era lo stesso che avevano incontrato quando Teppei era stato ferito, Yuzo lo riconobbe, e fu costretto ad allontanarsi per non essere azzannato.
Mamoru si allarmò; la volta precedente, quel bastardo aveva detto chiaramente di averlo puntato. “Scappa! Non pensare a me!”
Il volante arretrò ancora, in volo radente al suolo, perché in alto le fronde avevano di nuovo coperto il cielo.
Il cane gli tenne dietro. Con rapidi balzi, sfruttando i tronchi degli alberi, riuscì a raggiungerlo, mentre Yuzo doveva controllare di non andare a sbattere.
Adesso, Chana!” abbaiò lo Stregone e il più piccolo del trio recitò la formula di rilascio.
Yuzo vide il cane assumere sembianze umane. Erano praticamente uno sull’altro, in volo. Un ghigno perfido, le orbite nere.
Kela rhat!” Nelle mani, formò un’enorme sfera nera e gliela esplose contro a distanza ravvicinata.
Yuzo cercò di contrastarla con una barriera di vento, ma la sua posizione era di svantaggio e la sfera lo colpì all’altezza dello stomaco, schiacciandolo al suolo. L’impatto fu tanto violento da sollevare la terra e fargli spalancare la bocca per espellere tutto l’ossigeno che aveva in corpo.
Yuzo!” Mamoru si mosse per soccorrerlo, ma il grosso Sakun gli bloccò la strada.
“Non andare di fretta. Siamo noi i tuoi avversari, fuocherello.”
Più distante, quasi nascosto tra le fronde, il volante era a terra.
Lo stomaco era divenuto tutt’uno con reni e spina dorsale. Per un attimo, pensò di essersi rotto qualche costola, ma quando scorse la figura dello Stregone in procinto di attaccarlo di nuovo, riuscì a effettuare una capriola e poi spiccare un balzo per allontanarsi. Ora erano l’uno di fronte all’altro.
Lo Stregone sogghignava, divertito. Aveva gli occhi dal taglio allungato e i capelli castani. Era quello il suo vero volto.
“Te l’avevo detto che mi sarei ricordato di te.” Gli disse in tono insinuante. “Avevi osato far del male al mio fratellino.”
“Il tuo fratellino se l’era cercata.”
L’altro sputò in terra, in un gesto di sdegno. “Credete di essere dei veri sapientoni, voi Elementi d’Aria. Sarà un piacere cavarti gli occhi.”
“Dovrai riuscire a battermi, prima. E non sarà affatto facile.” Yuzo lanciò un’occhiata a Mamoru. Lo Stregone con cui stava per ingaggiare battaglia lo aveva allontanato dalla Fiamma, e già prima, quando si trovavano vicini, aveva avuto il sentore che stesse molto male. A guardarlo ora, stretto contro la parete di roccia, con il fuoco che non aveva la solita intensità incandescente, il sentore divenne una certezza. Probabilmente si era riacutizzata la sua febbre bassa.
Storse le labbra: doveva portarlo via da lì il prima possibile.
“Dove guardi?!” Lo Stregone si riprese la sua attenzione di prepotenza.
Yuzo schivò una scarica di fulmini neri e purpurei. Con un salto s’appoggiò in piedi al tronco di un faggio, ma lo Stregone manovrò i fili elettrici per inseguirlo all’interno della boscaglia. Non potendo volare agilmente, Yuzo si ritrovò a saltare da un albero all’altro con il suo avversario che rideva divertito da quello spettacolo. Il volante sfruttò gli alberi per far intrecciare le folgori ai rami e impedendo così all’altro di muoverli.
“Non scappare!” rise il cane di cui ignorava il nome e che non si accorse di ciò che stava facendo fino a che, nell’attimo in cui Yuzo sbucò tra due faggi volando in picchiata verso di lui, si rese conto che i fulmini erano ormai incastrati.
“Io non scappo” disse il volante, prima di colpirlo in pieno viso con un calcio.
Lo Stregone ruzzolò di schianto sul terreno, ma quando si fermò la sua figura si dissolse in melma.
Yuzo strinse le labbra. “Un doppio?”
“Sorpresa!”
Il volante se lo ritrovò al fianco, pugnale alla mano. Lo fermò in tempo dall’essere infilzato, sollevando il braccio e deviando il colpo. Quello dello Stregone venne afferrato e stretto contro il suo corpo.
“Già, sorpresa” sorrise Yuzo. “Gli scontri ravvicinati sono i miei preferiti.”
Il volante lo colpì al volto, e questa volta per davvero, con una sonora testata e poi con un calcio ben assestato allo stomaco, mandandolo disteso.
Subito dopo si volse per cercare Mamoru con lo sguardo; lo scorse che tentava di difendersi strenuamente, senza riuscire ad attaccare, la parete alle spalle non gli permetteva un’ampia scelta di movimenti. Fece per raggiungerlo, ma il suo avversario tornò alla carica.
Una corda nera gli avvolse la vita senza che se ne accorgesse, se non quando fu troppo tardi. Yuzo venne scaraventato contro gli alberi con violenza. Dei tronchi più sottili si spezzarono nell’impatto fino a che uno più solido non fermò la sua corsa, facendolo scivolare al suolo, senza fiato.
“Dove credevi di andare?” ringhiò lo Stregone. “Non abbiamo ancora finito.” Le unghie gli si allungarono e ispessirono, tramutandosi in artigli. Gli fu addosso in un attimo e cercò di sfregiargli il volto, ma Yuzo lo tenne a distanza sollevando il vento, mentre cercava di riprendersi abbastanza per rimettersi in piedi.
L’altro oppose resistenza alle raffiche, tracciando solchi nel terreno, ma non fu in grado di avvicinarsi, anzi, si ritrovò a indietreggiare.
“Maledetto, bastardo! Ti caverò gli occhi!”
“L’hai già detto” arrancò Yuzo, alzandosi lentamente. Inspirò a fondo; la schiena gli faceva un male cane e doveva trovare un modo di liberarsi del suo avversario per poter prendere Mamoru e fuggire da lì.
Kela rhat!
Una nuova sfera nera riuscì a bucare le sue raffiche, costringendolo a rotolare di lato più agilmente che poté per evitare di essere colpito. Il suo incantesimo si interruppe e mentre recuperava una nuova posizione di difesa, Yuzo si rese conto che era impossibile combattere contro uno Stregone puntando solo a stordirlo; quello poteva farlo contro persone comuni, ma contro altri maghi… Era un modo diverso di combattere che non aveva mai affrontato; nemmeno quando si era trovato faccia a faccia con un Demone di Terra. Vero era che lui non era ancora all’ultimo anno di scuola, e molto probabilmente il combattimento con il fine di uccidere veniva insegnato solo ai ragazzi più grandi, mentre a lui sarebbe toccato impararlo da solo, lì, sul campo. L’idea gli fece gelare il sangue.
Faran! Noi siamo pronti!
D’un tratto, la voce di uno degli altri fratelli Konsawatt, quello più piccolo, attirò l’attenzione del suo sfidante, facendo preoccupare anche lui. Lanciò uno sguardo fugace a Mamoru: lo vide prostrato e in ginocchio. Doveva raggiungerlo. Adesso.
Perfetto!” rispose lo Stregone. “Fatela crollare!
Yuzo lo guardò senza capire e l’altro gli mostrò un mezzo sorriso di rivalsa. Il sorriso di chi aveva la vittoria in pugno, doveva solo alzare il trofeo. D’un tratto, dall’altro terreno di scontro il rumore assordante di un boato lo fece girare di scatto: i fratelli Konsawatt avevano colpito la sommità della montagna con degli incantesimi incrociati. Vide la roccia iniziare a staccarsi e precipitare.
Precipitare su Mamoru.
“Allora, Elemento. Te l’avevo detto che te l’avrei fatta pagare, no?” Faran aveva il tono di chi si stava divertendo da matti. “La scelta è tua: combatti con me o muori con il tuo amico.”
Yuzo mosse lo sguardo da Mamoru a lui. Non aveva nemmeno bisogno di scegliere.
“Faran, hai detto?” Le iridi nocciola lo trapassarono da parte a parte. “Stavolta sarò io a ricordarmelo.” Si sarebbe impresso la sua faccia e il suo nome nel centro del cervello. E se il destino, le Dee o chi per loro gliel’avrebbero fatto incontrare ancora, lo Stregone poteva stare certo che non avrebbe avuto la possibilità di raccontarlo in giro. Con uno scatto sfrecciò in volo per raggiungere Mamoru, mentre l’altro, rimasto alle sue spalle, sbuffava quel supponente: “Prevedibile.”
Nel frattempo, fermo contro la roccia, la Fiamma non riusciva a muoversi di un passo.
Il suono assordante della pietra che franava fu tutto ciò che gli fece capire cosa stava succedendo, poi, delle braccia attorno a lui lo portarono a sollevare il capo con uno sforzo. Ebbe solo il tempo di scorgere il profilo di Yuzo e poi l’ombra sulle loro teste sembrò dirgli che era giunta la fine.

Mentre continuava a mescolare velocissimamente con la sua Magia Nera la polvere di zaikotto, grattata via dalla pietra che l’animale aveva sulla fronte, mista a tutta un’altra serie di ingredienti, Shibasaki continuava a tenere lo sguardo fisso sul Tritone di nome Hajime che restava seduto al capezzale del tyrano di nome Teppei. Non aveva voluto nemmeno cambiarsi d’abito, aveva preso uno sgabello e l’aveva messo accanto al compagno.
“Ancora non ci credo che tu sia riuscito a trovare un vero zaikotto” borbottò, ma più se lo ripeteva, più ne restava sconcertato. Era riuscito a trovare l’ago nel pagliaio. Forse aveva usato l’incantesimo di Richiamo? Eppure non era affatto una magia facile, da quello che ne sapeva. Solo maghi molto potenti riuscivano a eseguirlo a dovere.
“Se è per quello, anche a me risulta ancora incredibile” rispose Hajime, le mani stringevano quella di Teppei. Lo sguardo fisso sulle sue espressioni che sembravano aver stemperato di molto quella estremamente sofferente che gli aveva visto prima di dirigersi alle paludi. Non avrebbe mai pensato che, al suo ritorno, l’avrebbe trovato addirittura in fase di pietrificazione.
Spostò le iridi scure alle gambe, ora nascoste sotto una coperta.
Lo zaikotto restava attorcigliato al suo collo. Spostava gli occhi d’argento da lui all’altro Elemento. Fece schioccare la lingua e Hajime gli accennò un sorriso. “Era per questo che avevo bisogno del tuo aiuto.”
Shibasaki accennò un mezzo sorriso ironico. Era sempre stato convinto che i matti votati al chiacchiericcio con piante e animali fossero solo gli Erboristi, ma a quanto pareva anche gli Elementi non scherzavano. Scosse il capo e fece per spostare lo sguardo al siero che stava preparando, quando lo zaikotto scivolò dal collo del Tritone e andò ad acciambellarsi sul ventre del tyrano.
Se non fosse stato uno Stregone, che quindi poco credeva a simili smancerie, avrebbe pensato che l’animale avesse capito che il giovane di Terra fosse molto importante per quello che adesso era divenuto il suo ‘padrone’ e che quindi si fosse arrotolato su di lui per… fargli compagnia.
“Per il culo d’oro di Kumi, adesso posso dire di averle proprio viste tutte” borbottò prima di concentrarsi solo su quello che stava facendo.
“Il mio compagno, quello di Aria” Hajime gli parlò senza distogliere lo sguardo da Teppei.
“Si chiama Yuzo, no?”
“Sì, dov’è andato?”
“E’ venuto a cercarvi, un po’ di tempo fa, per aiutarvi a trovare lo zaikotto.” Fermò il mescolare, ormai il siero era pronto, e lo guardò da sopra gli occhiali. “Non lo hai incrociato?”
Stavolta, Hajime si volse. “No. Ma quando ero nella palude e stavo tornando ho sentito… dei rumori, credo anche di aver percepito della magia ma non ne sono sicuro. Ero troppo concentrato a rientrare qui.”
L’uomo inarcò un sopracciglio. “Dei rumori?”
“Sì, cupi, duri.”
“Come un combattimento?”
Hajime drizzò la schiena. Il volto assunse un’espressione improvvisamente preoccupata mentre ci ripensava e, sì, erano proprio come quelli di un combattimento. Yuzo e Mamoru erano impegnati in un duello?
Shibasaki aspirò il siero in una siringa e si avvicinò a loro.
Come lo vide, lo zaikotto gli soffiò e sibilò contro, minaccioso.
“Sta’ buono tu! Ho capito che non ti sono simpatico!” Già quando aveva cercato di prendergli un po’ di polvere dalla sua pietra, l’animale aveva tentato di morderlo. Percepiva la magia negativa e quindi lo associava al pericolo. Aveva dovuto grattargliela via mentre restava attorno al collo del Tritone, e non era stato semplice comunque.
“Puoi stare tranquillo” intervenne Hajime. “Non gli farà nulla di male, anzi.”
Lo zaikotto parve comprendere, ma rimase ugualmente ritto e con lo sguardo puntato su di lui per seguirne ogni movimento.
“Quanto tempo ci vorrà perché faccia effetto?” domandò mentre l’uomo iniettava l’antidoto nel braccio di Teppei.
“Non lo so, è la prima volta che lo uso, ma so che la sua azione è molto rapida. Il vostro compagno è un Elemento, quindi dovrebbe volerci ancora di meno.” Shibasaki estrasse la siringa e si allontanò per ripulire gli arnesi e mettere via il siero rimasto in piccole fiale.
Hajime annuì, ma la sua espressione rimase pensierosa, fissa in un punto del tavolo; adesso c’era il problema dei suoi compagni di Aria e Fuoco. Doveva tornare nella palude per avvisarli e vedere che diavolo stava succedendo.
“Dove sono?! Che è successo?! C’è uno Stregone?! Adesso l’ammazzo!”
Teppei era balzato a sedere in un attimo, sbraitando di questo e quello e con le mani già sollevate in direzione di Shibasaki per attaccarlo.
Avvenne tutto talmente di fretta che Hajime non ci capì quasi nulla, seppe solo che il tyrano era sveglissimo e stava così bene da non sembrare affatto uno che, fino a qualche secondo prima, era un moribondo.
“Ma che vuoi fare?! Stai fermo, maledizione! E abbassa le mani!” Hajime lo afferrò prima che potesse fare danno e l’altro lo guardò tra il perplesso e il felice.
“Hajime!” Gli si buttò addosso, abbracciandolo così stretto da essere sul punto di stritolarlo. “Stai bene?”
Il Tritone sorrise, emettendo un lungo sospiro rassegnato. “Io sto benissimo, sei tu quello che è stato a un passo dalla morte, stupido roccioso dalla testa dura.” Ricambiò il suo abbraccio e nessuno poteva immaginare quanto fosse felice di vederlo di nuovo sveglio, di nuovo lui, di nuovo vivo e chiacchierone.
“Sei bagnato. Perché sei bagnato?” domandò il tyrano staccandosi da lui e osservandolo con occhio critico e un po’ preoccupato. “E puzzi.”
Hajime assottigliò minacciosamente lo sguardo. “Beh, fattelo tu un bel tuffo nelle paludi e poi vediamo se profumi di margherite.”
Shibasaki non trattenne una mezza risata, mentre dava le spalle ai due e Teppei gli lanciò un’occhiata perplessa, senza capire, ma restando in allerta. Si rivolse nuovamente ad Hajime, abbassando un po’ la voce.
“Ma è uno Stregone? Perché siamo con uno Stregone?”
“Sì, è uno Stregone e ti ha appena salvato la vita.” Inspirò a fondo, guardando Shibasaki. “Ringrazialo.”
L’uomo rivolse la coda dell’occhio all’Elemento d’Acqua. Sbuffò via un mezzo sorriso. “Non ce n’è bisogno” disse, girandosi completamente.
“Siete… un Naturalista?” osò Teppei, ancora perplesso.
“Sì.”
“Un altro?!” domandò il tyrano, questa volta cercando conferme in Hajime.
“Il vostro amico Yuzo mi ha parlato di tale Hans” spiegò il medico, incrociando le braccia al petto. “Io però sono uno Stregone vero, non un dilettante.” Ci tenne a precisare.
“Non ricordi nulla di quello che è successo?” Hajime prese nuovamente la parola e Teppei si strinse nelle spalle.
“L’ultima cosa che ricordo è che vedevo tutto nero.”
“Durante lo scontro con gli Stregoni sei stato avvelenato, attraverso la ferita alla spalla” spiegò il Tritone. “Stavamo andando a Hemur per trovare un medico, quando un pescatore ci ha mandato qui. Eri…”, ingoiò con sforzo, “ridotto proprio male. Te l’avevo detto di non lanciarti allo sbaraglio contro di loro!”
“Sì, scusa” Teppei incassò il rimprovero senza replicare, stavolta non era davvero il caso. Dallo sguardo che Hajime aveva, doveva essersi preoccupato tantissimo.
“Ho setacciato tutta la palude per riuscire a trovare uno zaikotto affinché il Naturalista potesse creare un antidoto a quel veleno. Già che ci sei, ringrazia anche quella bestiola” concluse il Tritone, indicando verso un punto del suo corpo.
Teppei seguì l’indice con lo sguardo fino a che non si trovò, appollaiato sulle gambe una macchia gialla dagli occhi vispi, che prese a dondolarsi e far schioccare la lingua. E poiché lui aveva una passione smodata per i serpenti, e quando era stato a Dhèver era rimasto incantato dai rubinati, andò in visibilio.
“Oddee, che carino!” squittì. Lo zaikotto gli fece subito le feste, giocando con le sue dita e attorcigliandosi al braccio. “Possiamo tenerlo?!”
Hajime chiuse gli occhi inspirando a fondo, sollevò una mano prima che il Naturalista aprisse bocca. “No, non dite niente. Vi prego.”
Hiroyuki si limitò a ridacchiare e ingoiare una pessima battuta, mentre il giovane d’acqua tornava a fissare Teppei con un sopracciglio inarcato.
“Parlane con Mamoru, sono certo che sarà lietissimo di avere una serpe al seguito.”
“Oh, eddai! Mi ha salvato!” insistette l’altro, poi si guardò intorno. “A proposito, dove sono Mamoru e Yuzo?”
“Mamoru era venuto con me nella palude, poi ci siamo divisi. Credo siano ancora lì, verso la zona delle montagne.” Hajime aveva assunto un’espressione più seria. “Devo tornare a cercarli.”
Teppei non ebbe il tempo di dire che sarebbe andato con lui, che la porta si aprì e l’assistente di Shibasaki comparve sulla soglia visibilmente agitata. “Dottore, stanno arrivando degli uomini da Hemur, sono armati.”
Poco dopo, anche loro furono in grado di udire un chiacchiericcio farsi sempre più vicino e più forte, assieme al rumore di passi e tintinnare d’oggetti. Deva si fece da parte e un giovane con corti capelli biondi entrò brandendo un lungo forcone.
“Dottore!” esclamò, con foga, poi si accorse degli altri due giovani e perse un po’ della sua verve. Tossicchiando e togliendo il cappello, in segno di rispetto, fece un mezzo inchino. “Pe-perdonatemi per il disturbo.”
“Nessun problema, Saragoza(1). Che succede? Come mai tutta questa gente?”
“Sta succedendo qualcosa nelle paludi” spiegò piuttosto agitato. “Abbiamo visto levarsi del fumo, stiamo andando a dare un’occhiata. Volete venire con noi?”
Shibasaki si portò le mani ai fianchi. Era titubante. “In questo momento non posso, ho un paziente di cui occuparmi-”
“Vengo io.” Hajime si alzò, attirandosi gli sguardi sia del medico che dell’abitante di Hemur. “Devo accertarmi che Yuzo e Mamoru stiano bene.”
“Vengo con te-”
“No, tu non ti muoverai” Hajime puntò seccamente l’indice contro Teppei. “Anche perché non puoi: le tue gambe sono ancora pietrificate, stai buono.”
“Le mie…?” Il tyrano sollevò la coperta. Non se n’era nemmeno reso conto né pensava che fosse arrivato addirittura a quel punto. Se l’era vista ben più che brutta, allora. “Tch! Dannazione!” sbuffò, quando scorse la pietrificazione ritirarsi lungo le ginocchia. Ne avrebbe avuto ancora per una mezz’ora.
Nel frattempo il Naturalista stava spiegando a Saragoza che i due giovani erano degli Elementi e che, quindi, il Tritone avrebbe potuto fornire tutto l’aiuto magico di cui avevano bisogno. L’altro annuì, ma un improvviso boato spezzò l’aria attorno a loro e fece tremare la terra, tanto che gli alambicchi di Shibasaki preso a tintinnare tutti insieme, cozzando tra loro.
Un suono cupo, rombante, li attraversò come un lunghissimo sciame e poi si spense nell’eco.
“Che diavolo è stato?” mormorò il Naturalista, tenendosi saldo al legno.
“Un terremoto?” propose Saragoza, il cui sguardo saettava d’intorno quasi che avesse potuto scorgere chissà cosa da un momento all’altro.
“No.” Teppei si attirò gli sguardi dei presenti. “Non era un terremoto; le vibrazioni partivano dalla superficie.” Guardò intensamente Hajime. “Qualcosa è crollato. Qualcosa di molto grande.”
E quando uno degli uomini rimasti fuori gridò di un’enorme nuvola di polvere che proveniva dalla zona più esterna delle paludi, per Shibasaki fu chiaro cosa fosse venuto giù.
“La montagna.” 

“Stupido…”
La voce di Mamoru lo raggiunse flebile in quel luogo che nemmeno lui poteva identificare con precisione.
Aveva agito in un attimo, perché tanto era stato il tempo che aveva avuto per pensare. Quando era accorso per salvare la Fiamma dal crollo della montagna, gli Stregoni avevano impedito loro di fuggire accerchiandoli con una barriera e anche Yuzo, per un solo momento, aveva creduto che sarebbero stati schiacciati dalle rocce: aveva visto il foro di quella tana solo con la coda dell’occhio, ma era stata sufficiente per sceglierla come via di fuga.
La grotta era abbastanza profonda, ma stretta, tanto che potevano restarvi al massimo seduti. A occhio e croce, la copertura rocciosa era troppo spessa affinché avesse potuto sbalzarla via con la forza del vento: se non fosse morto per lo sforzo, avrebbe finito col compiere un disastro, era pur sempre una montagna.
Le pietre chiare avevano una loro luminescenza che, nel buio totale in cui l’ambiente era piombato, stemperava leggermente l’oscurità, permettendo alla vista di abituarsi. Di Mamoru riusciva a scorgere dei contorni, seppur con fatica, mentre l’unica entrata era stata bloccata dai detriti in seguito al crollo.
Erano sepolti vivi.
“…avresti dovuto… lasciarmi lì… e fuggire…”
Mamoru aveva il viso contro la sua gola, e ora che poteva stringerlo, Yuzo si accorse di quanto, effettivamente, stesse male: sotto le dita, sentì nuovamente la pelle gelida come durante la febbre bassa.
“Non ti avrei mai abbandonato” disse con decisione e naturalezza senza accorgersi del battito che era saltato nel petto del compagno. Svelto si tolse il cappotto per avvolgervi Mamoru e poi aprì i primi bottoni della camicia per permettergli di assorbire il calore del proprio corpo, liberando anche il vento shurhùq. “Piuttosto, dimmi cosa ti è successo. Hai di nuovo la febbre?” Doveva cercare di riscaldarlo o, almeno, stabilizzarlo in attesa che fosse arrivato Hajime ad aiutarli: di sicuro doveva aver udito il boato in seguito al crollo.
Eppure, si rese conto che c’era qualcosa che non andava.
Mamoru spostò la mano che gli aveva poggiato sulla guancia. “Questa volta… non puoi… fare nulla…”
“Cosa? Che stai dicendo-”
“Non è una… febbre normale…” La Fiamma si accorse di non riuscire ad assorbire il suo calore. “Si tratta di… un incantesimo… Congelamento…” Respirò contro il suo collo con ancora più fatica. Ogni parola sembrava un ostacolo insormontabile. “Può contrastarlo… solo… una sorgente… intensa… molto, molto… intensa…”
Yuzo si allarmò, Mamoru lo capì dal tono della voce. “No, deve esserci qualcosa che io… io…”
Il vento shurhùq aumentò il suo spirare e un po’ del calore. Il volante gli offrì più pelle possibile da cui attingere e lui si trovò ad accennare un sorriso affettuoso sulle labbra gelide. Lo fermò, a fatica, tirandosi leggermente su. Riusciva a comandare solo metà del proprio corpo, ormai.
“Ehi… basta…” Gli toccò il viso con l’unica mano di cui aveva ancora il controllo. Nell’oscurità non vedeva altro che sagome e odiò che non ci fosse nemmeno un filo di luce per poter scorgere i suoi occhi; avrebbe dovuto fare affidamento sull’udito per capire le sue reazioni. “…non sprecare… energie…”
“Ma non puoi dirmi che non posso fare niente! Deve esserci qualcosa che io… per aiutarti… per-”
“Hai fatto… tutto quello che… potevi…” Non riusciva nemmeno a percepire il calore del corpo di Yuzo. Mamoru faceva scivolare le dita contro la sua guancia, ma seguitavano a rimanere fredde. Stava perdendo sensibilità anche a quella mano e presto non sarebbe più stato in grado di muoverla, ma almeno poteva ancora sentire il calore del suo fiato. Era vicino.
“Ma stai tremando…”
“Lo so…” sorrise un po’ di più. Il volante era spaventato, lo sentiva, ma gli Elementi d’Aria come lui non potevano contrastare gli incantesimi di Congelamento. Tornò a poggiare il viso contro il suo collo. Respirava con affanno e sentiva il corpo intorpidito e le membra stanche. Quasi non riusciva a tenere gli occhi aperti. Faceva fatica addirittura ad articolare i pensieri e spesso ne perdeva il filo logico. “Forse qualcuno… ci troverà…”
Sentì le braccia di Yuzo stringerlo con più forza. La voce sembrava aver recuperato un filo di sicurezza e determinazione. “Certo che ci troveranno. Hajime verrà a cercarci quando non ci vedrà tornare. E magari ci sarà anche Teppei con lui.”
La solita, ottusa vena ottimista da volante. Mamoru sbuffò un sorriso contro la sua pelle. In quel momento la trovò piacevole e di conforto. Dee, era proprio arrivato alla fine, se pensava certe cose.
“Avranno… già cominciato… al Nord?...” Perché gli fosse venuta in mente la guerra e la battaglia non avrebbe saputo dirlo. La sua mente si perdeva in pensieri strani, che si rincorrevano tra coscienza e oblio. “A quest’ora… avrei dovuto… essere al fronte… lo sai? Non ricordo… se te l’ho detto…” Apriva e chiudeva gli occhi lentamente, ed era più il tempo in cui li teneva chiusi. Tanto non cambiava nulla, era sempre troppo buio. “…avevo… firmato per… essere nell’avanguardia.” Ma che gli andava a raccontare? “E invece… sono stato spedito… a fare la balia…” Yuzo non lo interruppe, lui prese fiato accorgendosi che ne entrava troppo poco a riempirgli i polmoni. “…credo sarei… morto… al primo assalto… visto come… mi hanno ridotto…”
“Ci hanno solo colto di sorpresa. E poi erano tre contro uno! Un duello sleale!”
Mamoru rise, per quanto gli fosse possibile, del tono stizzito usato dall’uccellino. Era spaventato, ma si ostinava a non mostrarsi tale ai suoi occhi; forse per non spaventare anche lui. Adorabile. “No, Yuzo… in guerra… non esiste la… slealtà… ma solo… la vittoria.” Inspirò l’odore della sua pelle, quasi a marchiarselo dentro finché poteva ancora farlo. “Che ci serva… di lezione… Non dovevamo… sottovalutarli…”
L’altro sospirò. “Va bene, ne riparleremo quando saremo al sicuro.”
“Questa volta… non credo… di farcela.”
Sentì Yuzo irrigidirsi. Le mani che gli passava sulle braccia e sulla schiena, sfregando, per cercare di scaldarlo in qualche modo nonostante gli avesse detto che fosse inutile si fermarono per un momento. Poi ripresero, con maggiore vigore.
“Non voglio sentire simili assurdità.”
Il tono del volante si era fatto severo, di rimprovero, ma Mamoru sapeva che illudersi non avrebbe fatto altro che rendere tutto più doloroso. Inspirò ancora; il suo odore era così familiare, lo rassicurava nonostante tutto, nonostante il freddo stesse camminando sotto la sua pelle come un esercito che avanzava senza fare prigionieri, nonostante gli riuscisse impossibile sollevare un braccio, nonostante lì fosse tutto buio e silenzioso, nonostante non sapesse nemmeno in che direzione si trovasse l’uscita dalla grotta. Nonostante non avesse visto l’alba del giorno dopo, si sentiva tranquillo, stretto contro di lui, e non aveva paura.
“Yuzo… non diciamoci… bugie… non sento... le gambe… non-”
“Smettila!”
La voce spezzata e il petto che si sollevava e abbassava seguendo il respiro più veloce, arrabbiato. Ferito.
Mamoru si costrinse ad aprire gli occhi – da quanto tempo li teneva chiusi? – e sollevare la mano per toccargli una guancia, quasi a volerlo rassicurare anche se non poteva, né aveva più scuse da tirar fuori.
“Calmo… non sento nemmeno… dolore…”
“Non parlare in questo modo…”
Però era vero: non sentiva dolore. Era come se il suo corpo si stesse riducendo fino a divenire piccolissimo. Perdeva un pezzo a ogni respiro, ma non faceva male. Il freddo ovattava le sensazioni, rendendo tutto distante, anche le sue reazioni; sembravano avvenire in ritardo rispetto a ciò che diceva o pensava, tanto che faceva fatica a non accavallare pensieri e parole. Chiuse di nuovo gli occhi. Il freddo stancava e nemmeno si rendeva più conto di tremare né di addormentarsi. Era così subdolo.
Yuzo si accorse che Mamoru stava scivolando nel sonno quando avvertì la sua mano abbandonare lentamente la guancia, dove l’aveva appoggiata. Cadeva lentamente, come un peso morto e lui lo scosse subito, allarmato.
“Mamoru! Mamoru, svegliati! Non devi dormire, hai capito? Non chiudere gli occhi! Mamoru!” Non ottenne risposta e sentì il terrore dare un altro colpo d’artigli al ventre; si faceva strada tra le viscere e la cassa toracica.
Non poteva finire così.
Perché stava precipitando tutto in quel modo?
Teppei e il veleno, Mamoru e il freddo.
Davvero non c’era più nulla da fare e lui e Hajime stavano combattendo contro mostri di nebbia impossibili da afferrare e colpire?
Davvero i suoi poteri non erano abbastanza? Il suo Elemento non era abbastanza? Non era… utile?
Non poteva arrendersi, non prima di aver tentato anche l’impossibile. E nemmeno dopo averlo fatto. Non poteva, perché non voleva perderlo; non voleva perdere Mamoru.
Prese un respiro profondo. Se era un incantesimo di congelamento che doveva combattere, allora l’unica arma possibile era il calore e se da fuori il suo calore non era sufficiente… allora avrebbe provato dall’interno: doveva impedire che i polmoni e il cuore congelassero. Yuzo sollevò il viso della Fiamma, cercò le sue labbra nel buio e gliele aprì il necessario per poterlo baciare e trasmettergli il suo respiro; proprio come Mamoru aveva fatto con lui quando si trovavano a Sundhara.
Provò una, provò due, provò tre volte.
“Andiamo! Combatti!”
Alla quarta, Mamoru tossì con forza e si svegliò, facendogli tirare un profondissimo respiro. Il capo sollevato, arrivò a toccare il muro appoggiandovisi contro.
“Grazie, Yayoi” mormorò in preghiera, prima di rivolgere nuovamente lo sguardo alla Fiamma. “Mamoru, mi senti? Non devi addormentarti, hai capito? Parliamo… parliamo di qualsiasi cosa, ma non dormire, va bene?”
La Fiamma aprì e chiuse gli occhi, la testa intontita e piena d’aria. “Volante…” masticò, disorientato.
“Vedrai che ne usciremo, dobbiamo solo resistere, ma fino ad allora, continua a parlarmi… ti prego…”
Mamoru sorrise, quasi non ricordava più nemmeno dove fosse, non aveva alcuna percezione dello spazio e a fatica riusciva a sentire sé stesso, però il tono di Yuzo, la sua voce, il modo in cui si preoccupava per lui… erano così dolci per non sorriderne. Si era proprio rammollito, ma forse… forse non era tanto male.
“Sei… proprio… un uccellino…” biascicò tra le labbra. “Mi ero… addormentato?”
“Sì, ti ho chiamato ma non rispondevi, allora ho provato a imitare il Bacio di Maki, ma le temperature che raggiungo io non sono alte come le tue.”
Mamoru sorrise ancora di più, divertito. “Il Baciodi Maki?... Mi hai… baciato a… tradimento?... ti dovrei… fare flambè…”
Rise anche il volante, provando a trovare un lato divertente in quella situazione disperata. “Hai ragione, non arrabbiarti. Dopo mi rimprovererai quanto vorrai, promesso.”
Però Mamoru riuscì a tenere entrambi con i piedi per terra e le sue parole pesavano così tanto da portar via anche quell’illusione di speranza. “Dopo… Non ci sarà… un dopo… Yuzo… non ci sarà…” E quella consapevolezza gli fece capire che stava rischiando di andarsene senza dirgli nulla, senza dirgli ciò che pensava davvero, senza dirgli cosa provasse per lui e quanto lui gli avesse stravolto l’esistenza. Era così che voleva che finisse?
“Devo… dirti delle cose…”
“Non voglio sentirti parlare come se mi stessi dicendo addio, va bene?!” Yuzo si impuntò. “Parlami di qualsiasi altra cosa, ma non di questo, e se hai delle cose così importanti da dirmi allora me le dirai quando saremo fuori da qui! Così avrai un buon motivo per sopravvivere…”
Ma Mamoru sapeva che non c’era più tempo, a stento riusciva a capire le proprie parole, a stento si rendeva conto d’esser cosciente. I pensieri si accavallavano e respirare era diventato troppo difficile per poter credere di rimandare e poterlo fare sul serio, uscire davvero da quella situazione. L’occasione era solo quella, il tempo era ora. Si sollevò, con fatica estrema, tanto che le parole uscirono rantolate. Gli toccò il viso, poggiando la fronte contro la sua e ringhiando le frasi.
“Invece ascoltami… se non lo faccio ora… me ne pentirò… per l’eternità… col rimorso… non voglio… ascoltami…”
“Mamoru, non-”
“Ascoltami!”
Yuzo deglutì con forza, arrendendosi alla sua disperazione. Anche se l’altro non poteva vederlo, poiché nemmeno lui riusciva a scorgere nulla oltre alle sagome, abbassò lo sguardo, ma Mamoru percepì ugualmente la sua resa. Forse dal modo in cui la stretta attorno alla schiena si era fatta più forte o forse grazie a quella loro intesa che era immediata e non aveva bisogno di parole.
Prese fiato più volte e iniziò a condividere quei segreti che riguardavano entrambi. “Il glifo…” esordì. “…non si è… attivato di notte… E’ stato durante… il rito dell’onice… Voleva proteggerti…”
Yuzo ascoltò quelle parole che erano solo fiato senza suono, mormorato vicino alle sue labbra tanto da sentirne il calore. Ecco, il suo respiro era l’unica cosa di Mamoru ad avere ancora un po’ di calore.
“E’ stato per quello che io sono svenuto?”
“Sì…”
Ora gli era tutto più chiaro: il dolore durante il rito, la perdita di conoscenza. Il glifo aveva combattuto contro la Magia Nera e gli venne da sorridere pensando che fosse stato come se sua madre avesse combattuto per lui.
“Chi te lo ha detto?”
“Haruko… l’ha saputo… da tuo padre… Non voleva che… lo scoprissi…” Mamoru deglutì con uno sforzo e prese fiato, prima di proseguire. “Non odiarmi…”
Yuzo scosse leggermente il capo, confuso. “Perché dovrei?”
“Per il… fuoco…”
“Ma che-”
“La morte… di tua madre… il fuoco… non odiarmi…” La fatica gli impedì di articolare una frase completa, ma il senso per il volante fu chiaro ugualmente.
Non pensava che Mamoru potesse sentirsi in colpa per una cosa simile. Una cosa che non aveva nemmeno fatto lui, ma verso cui si sentiva responsabile, perché era un Elemento di Fuoco. Non credeva potesse pesargli un suo eventuale rancore solo perché sua madre era morta arsa viva.
Yuzo gli carezzò i capelli e accennò un sorriso. Avrebbe voluto rassicurarlo e dirgli che non lo odiava affatto, ma Mamoru non era più in grado di sentire nemmeno sé stesso, la propria voce. Parlava perché era guidato dagli ultimi brandelli di volontà, ma non si rendeva conto di nulla: né delle parole che diceva né di altro.
“Per anni ho… creduto che la mia… vita… fosse ormai decisa… che… esistesse solo… il fuoco… e la promessa… Sarei divenuto… come mia madre…” Sbuffò un sorriso. “…poi… sono arrivato a Raskal… poi… sei arrivato tu… così diverso da me. Ti ho… dato contro solo… perché… ero rimasto colpito… dal tuo essere imperfetto… non come gli… altri volanti… e ora… ringrazio le Dee… per avermi mandato… lontano dal fronte… perché ho… potuto conoscerti…” Deglutì e prese fiato, il poco che ancora entrava nei polmoni, per arrivare fino in fondo. Odiava non poter percepire il suo calore, con le dita, nonostante stesse continuando a toccargli il viso, e cercò di accontentarsi di quello che riusciva a percepire attraverso il suo respiro. “Mi hai… cambiato la vita… davvero… e ho capito… l’importanza dei legami… solo dopo… essermi legato… legato… alle tue gioie… e paure… al tuo dolore… a te… Io sono legato a te…”
“Allora non lasciarmi.” Yuzo lo disse così piano che Mamoru pensò di averlo solo immaginato nella realtà che la sonnolenza del freddo mutava a suo piacere. “Se sei davvero legato a me non lasciarmi, non voglio.”
Un sorriso sereno aleggiò sulle labbra della Fiamma, mentre carezzava il viso con il suo.
“Dillo… ancora…”
“Non lasciarmi…”
Lo sentiva sforzarsi per non piangere, per non cedere. A Ghoia aveva promesso che non sarebbe più stato debole e ora avvertiva nettamente la lotta per resistere e non crollare.
Era pazzo di lui.
“Il mio… uccellino…” sussurrò, mentre faceva scivolare le dita per seguire il suo profilo e impararne i tratti lungo il naso e le labbra. Cercò quest’ultime con le sue e le baciò. Pianissimo. Finalmente, riuscì ad avvertire il calore della sua pelle e lo trovò meraviglioso. La sua bocca era morbida, come ricordava quando l’aveva baciata a Sundhara e il pensiero della piacevolezza era passato fugace in un attimo sfuggito al suo controllo. E nonostante fosse buio e i suoi occhi non vedevano nulla, nemmeno da aperti, il viso di Yuzo gli esplose nella mente come fosse pieno giorno, rendendosi conto che ormai era impresso dentro di lui e nulla l’avrebbe più potuto cancellare.
Strinse le labbra e poi le schiuse, cercando un maggiore contatto, il suo sapore, e il messaggio arrivò perché Yuzo gli permise di entrare, di lambirlo, di rendere quel carezzarsi di labbra un bacio vero, solo loro.
Mamoru sorrise, sfiorandolo ancora, prima di lasciarlo andare e il calore che incredibilmente era riuscito a sentire e assorbire corse sotto la pelle per fermarsi sul cuore, prima di dissolversi sconfitto dall’incantesimo degli Stregoni che ormai aveva vinto sulla sua volontà, sulla sua fiamma. Ma andava bene così, dopotutto, non aveva rimpianti.
“…amore mio…”
Ora poteva dormire.
Yuzo rimase immobile, con gli occhi spalancati nel buio, avvertendo il freddo delle sue dita scivolare dalla guancia e cadere al suolo, abbandonate. La testa di Mamoru s’appoggiò sulla spalla e lì giacque. Nemmeno più quel filo di fiato dalle sue labbra, più nessun rumore. Nulla. Sentiva un solo respiro ed era il proprio, un solo cuore che batteva ed era il proprio, un solo corpo che tremava… anche quello, il proprio. Perché era vero, gli tremavano le mani e odiava il buio perché non riusciva a vederlo, a scorgere i suoi capelli che all’oscurità avevano rubato il colore. Abbassò il viso e lo sguardo, desiderando di sentirlo muoversi ancora, alla ricerca di una posizione più comoda. Ma Mamoru non si muoveva più. E lui si sentì spezzare di netto quel cuore che, per un attimo, era stato davvero pieno di emozioni.
“Mamoru… svegliati…” lo scosse, ma così adagio da essere inutile. Il dolore gli montò dentro, gonfiandosi senza controllo. Lo scotimento si fece più forte, più deciso. Più disperato. “Mamoru! Guardami, apri gli occhi! Mamoru!
Riprovò con il Bacio di Maki, una, due, dieci volte. Ma non funzionò e lui non aveva più armi per combattere l’incantesimo degli Stregoni. Il suo elemento non poteva aiutarlo, non quella volta. L’aveva abbandonato e Yuzo si sentì sconfitto. Le lacrime caddero dagli occhi e lui non si curò di sentirsi debole o meno, perché non gli importava. Non gli importava più di nulla.
“Non lasciarmi…” mormorò tra le labbra, come una cantilena, mentre stringeva la Fiamma, nascondendo il viso nei suoi capelli. “…non lasciarmi… resta con me… resta con me… resta con me.”

 


[1]SARAGOZA: sfiga!Pg (as usual XD) della Nazionale Messicana. Fa la sua (unica) comparsa nel WY. (Saragozzolo bellicapelli: *clicca qui*)


…Il Giardino Elementale…

 

Settimana scorsa l'aggiornamento è saltato poiché non ero in città, ma credo di esser tornata col botto. XD
Non ci credete, eh? Non ve lo aspettavate, eh?
E invece: CREDEVATECI! *su Melantuchesional Ciannel*
Mamoru poteva vuotare il sacco solo in una situazione come questa, dove è consapevole di essere arrivato alla fine della propria esistenza e non vuole chiudere gli occhi e rimpiangere per sempre di non aver mai detto a Yuzo la verità sui suoi sentimenti. E' un personaggio molto coerente con sé stesso e deve esserlo fino in fondo.
Ovviamente io non potevo lasciare che si dichiarassero in tutta calma e tranquillità. Nooooo, sia mai. Quindi eccoli qui, incastrati in una situazione che è giusto un tantino disperata. Come se non mi conosceste. XD
Credo che al prossimo capitolo mi odierete. Forse. Un po'. *ride, è tutto quello che può fare*
E qui arrivano anche le dolenti note perché il prossimo aggiornamento l'avrete la prossima settimana, ma non ho idea di quando avrete il capitolo 15.
Sarò sincera, le poche righe che avevo scritto non sono progredite e questo tra questioni varie annesse alla stanchezza mentale, lo studio che non va, il week-end fuori città e la voglia di staccare un po' da questa storia che ormai mi tiene incollata a lei da anni, di cui l'ultimo in maniera serratissima. La nota positiva è che la settimana che va dal 16 al 23 Aprile sarò a Torino, a cercare di far rilassare i neuroni, e beh, 9 ore di treno si sono sempre rivelate propizie per la scrittura. :3 Ergo, le sfrutterò per lavorare al capitolo 15.
Io vi ringrazio infinitamente e di cuore per essere sempre stati lettori fedeli e vi prometto che farò di tutto per non farvi aspettare troppo. Questa storia verrà conclusa e di questo non dovrete mai dubitarne, visto anche il lavoro che ha dietro, solo, il rush finale andrà un pochino più a rilento di quanto preventivato. :)
Grazie a tutti! :*****


Galleria di Fanart (nessuna aggiunta)

- Elementia: Fanart

Enciclopedia Elementale (nessuna aggiunta):

1) Enciclopedia Elementale – Volume Primo: Le Scuole Elementali e l’AlfaOmega
  • Capitolo 1: La Scuola di Tyran
  • Capitolo 2: La Scuola di Alastra
  • Capitolo 3: La Scuola di Fyar
  • Capitolo 4: La Scuola di Agadir
  • Capitolo 5: Gli Stregoni dell’AlfaOmega


  • 2) Enciclopedia Elementale – Volume Secondo: Elementia: storia e caratteristiche

  • Capitolo 1: La Storia
  • Capitolo 2: La Magia in Elementia
  • Capitolo 3: Le Divinità di Elementia


  • 3) Enciclopedia Elementale - Volume Terzo: Cicli di Studio e Titoli

  • Capitolo 1: Cicli di Studio
  • Capitolo 2: Titoli


  • 4) Enciclopedia Elementale - Volume Quarto: Gli Ozora ed i Gamo

  • Capitolo 1: La faida tra gli Ozora ed i Gamo
  • Capitolo 2: L'Armata Reale della famiglia Ozora
  • Capitolo 3: Le Legioni della famiglia Gamo


  • 5) Enciclopedia Elementale - Volume Quinto: Classi Magiche e Professioni

  • Capitolo 1: Elementi e Sacerdotesse Elementali
  • Capitolo 2: Erboristi e Stregoni
  • Capitolo 3: Naturalisti e Alchimisti


  • 6) Enciclopedia Elementale - Volume Sesto: Il Calendario Elementale

  • Capitolo 1: Generalità
  • Capitolo 2: Mesi
  • Capitolo 3: Festività (pagg 1 e 2)


  • 7) Enciclopedia Elementale - Volume Settimo: Le Terre dell'Oltre

  • Capitolo 1: Generalità
  • Capitolo 2: Paràdeisos
  • Capitolo 3: Gefüra
  • Capitolo 4: Infero
  • Capitolo 5: Creature: Salamandre
  • Capitolo 6: Creature: Silfidi, Ondine, Gnomi
  • Capitolo 7: Creature: Driadi, Diavoli
  • Capitolo 8: Creature: Maustaki
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