I grandi occhi neri, erano pieni di
lacrime. Non poteva credere a ciò che gli avevano detto i suoi genitori qualche
ora prima; arricciava velocemente il suo ciuffo castano scuro mentre
singhiozzando parlava con il suo migliore amico:
“Capisci Giulio? Babbo Natale non esiste!” Angelo
scuoteva la testa disperato; all’età di otto anni sapere che babbo Natale in
realtà non porta nessun dono è davvero devastante, le parole esatte erano state
queste:
“Tesoro ormai sei grande e non puoi continuare a
credere che esista il paese dei balocchi. Vedi? I regali che tu chiedi
nella letterina, li compriamo io e il
papà … Babbo Natale è solo un’invenzione
…”
Lui a quella rivelazione distruttiva non fece alcun
commento e candidamente disse:
“Visto che sono grande posso dormire a casa di
Giulio stanotte? Tanto domani verrete anche voi. Giusto?”
La mamma non poté obiettare; se era grande per
sapere la verità su Santa Claus, era grande per dormire da solo a casa del suo
migliore amico. E così si ritrovò in
quella stanzetta a piangere triste e desolato.
“Non preoccuparti –rispose l’amico scuotendo il suo
caschetto biondo e allargando i grandi
occhi azzurri –secondo me i tuoi genitori ti hanno raccontato la più grande
bugia della storia. Dai retta a me, ho un’idea strepitosa: stanotte rimarremo
svegli fino all’alba di domani, così lo vedremo passare con le sue renne”
assentì alla sua stessa idea e così tutto felice allargò la tenda della sua
finestra e con le gambe incrociate si sedette di fronte con lo sguardo perso
nella strada; anche Angelo fece lo stesso. Mentre la neve cadeva i due piccoli
rimasero lì, intenti a scrutare il più piccolo movimento della notte.
Uno strano bagliore apparve nel cielo, e ad Angelo
parve anche di udire un leggero scampanellio. Si ne era certo, non poteva
essersi sbagliato. Scrutando la strada; strabuzzò i suoi grandi occhi neri …
Non poteva credere ai suoi occhi: c’era un elfo di Babbo Natale; vestito tutto
di verde, le calze a righe orizzontali, una giacca sulle spalle ed un cappello
a punta sulla testa. Si avvicinò al vetro e vi schiacciò contro il naso che
cosa strana l’elfo aveva due trecce!Allora
era un’elfa! Cercò ripetutamente di svegliare
Giulio:
“Svegliati … guarda c’è un elfo!” Ma Giulio ormai
era sprofondato nel mondo dei sogni. Non poteva perdere tempo a svegliare il
suo amico, doveva incontrarla. Uscì in strada e l’aria gelida della notte gli
fu addosso, affondò i piedi nella neve,
rabbrividì ma non gli importava nulla,
corse sulla coltre bianca e raggiunse il punto dove era certo di aver visto l’elfo.
Ma non c’era più! Era scomparso nel nulla. Come era potuto accadere? Un attimo
prima era lì e adesso non c’era più. Sconsolato chinò la testa; questo era davvero
troppo, il suo sguardo cadde su un
luccichio, si abbassò e lo prese in mano, era una nastro verde con un
campanellino attaccato. Angelo sorrise, era la prova che non aveva sognato.
Quel piccolo aiutante di Babbo Natale lo aveva visto sul serio. Tornò a dormire
con il sorriso sulle labbra, aveva ragione Giulio,i suoi genitori gli avevano raccontato una
bugia, quell’uomo con la folta barba bianca che veste di rosso tutti i
venticinque dicembre per portare doni a tutti i bambini del mondo, esisteva sul
serio.
VENT’ANNI DOPO
Dalla tasca del cappotto estrasse il suo cellulare e
rispose:
“No, non sono in studio, sono tornato a casa per le
vacanze di Natale”
Angelo non era più il bambino di vent’anni prima,
adesso era un uomo. Si era laureato in architettura con il massimo dei voti, ed
ora esercitava a pieno ritmo la sua professione in una città lontanissima dal
suo paese: Torino; mentre la sua bellissima Amantea
non era altro che una piccola cittadina
affacciata sul mare; si guardava intorno
ed ogni volta che tornava le sembrava sempre più bella, sotto Natale poi si trasformava
completamente, tutte le luci si fondevano fra loro, non vi era casa che non
accendesse una luce colorata per festeggiare il compleanno di Gesù Bambino.
All’entrata dei negozi vi era spesso qualche babbo Natale finto con la canzoncina:
jingle bells o qualche altra melodia Natalizia, e i
bambini rimanevano incantati da tutto questo… Già, i
bambini. Erano proprio loro a rendere il Natale magico, con tutti i suoi
misteri e le sue attese; anche lui era stato uno di loro, e ricordava
perfettamente il giorno in cui riuscì a vedere un elfo. La stessa sensazione
ancora lo pervase e sorrise.
In quel
momento mentre lui perso nei suoi
ricordi vagava il suo sguardo nel vuoto, passò Sole.
Era sempre uguale. I suoi grandi occhi castani erano
malinconici e profondi, i suoi capelli sciolti sulle spalle emanavano un dolce
profumo di zagara. La vide passare e prima di vederla sparire la chiamò:
“Sole!”
La giovane si voltò di scatto e secca disse:
“Dimmi!”
Tacque un attimo, poi rispose:
“Volevo solo salutarti, sono appena tornato, è da
tanto che non ti vedo”
“Beh ora mi vedi! Ciao!” Sole subito si pentì di
quella risposta. Era felice di rivederlo, ed era felice del fatto che lui
l’avesse cercata per salutarla non appena tornato, eppure ogni volta che lui le
rivolgeva la parola non poteva fare a meno di essere scostante con lui. Forse
lei si era creata una barriera per non correre il rischio di soffrire, lui
pareva sempre così distante; non sapeva spiegarsi cosa la portava a lui, Angelo
era sempre serio, raramente sorrideva e spesso pareva la persona più cinica del
mondo, ma in fondo al suo cuore sapeva o almeno sperava, che in lui vi fosse
molto di più. La giovane sentì le guance avvampare, se le toccò, fu sul punto
di dire qualcosa ma lui la stroncò:
“Allora ci vediamo …” e si allontanò.
“Angelo! Finalmente sei qui!” era Giulio, il suo
amico di sempre, che aveva appena assistito alla scenata del suo amico e lo
ammonì:
“Attento Angelo, se vai avanti così Sole scoprirà
cosa provi per lei …” e rise stirandosi il suo maglione di lana rossa con una
renna disegnata sopra.
“Ma che dici … e poi ti assicuro che anche se mi
piacesse un po’, il suo caratterino è davvero odioso” rispose secco
“Ma non lo vedi che ti adora? È per questo che ti
tratta in questo modo!”Angelo lo guardò con sguardo interrogativo e l’amico
proseguì “So cosa ti stai chiedendo : come fai ad esserne certo? Semplice! Ti
ricordo che sono sposato con Celeste: sua sorella” ridendo aprì il portone di
casa che dava proprio davanti casa di Sole ma l’amico rifiutò l’invito ad
entrare:
“No aspetta, devo ancora fare un paio di cose e poi
torno!”
“Va bene, ma non fare tardi per cena!” e
canticchiando Tu scendi dalle stelle entrò in casa.
Angelo entrò in posta, anche li si potevano udire le
canzoni natalizie dagli altoparlanti, e la gente non faceva altro che
scambiarsi auguri e offrirsi sorrisi. Si avviò verso lo sportello postale; poté
riconoscere la stessa impiegata di sempre, era li da quando era bambino, e non
appena porse la lettera la donna le disse:
“Angelo, ancora la lettera per Babbo Natale?”
Lui fece un sorriso malinconico e rispose:
“Credo proprio che sarà l’ultimo anno!”. Da quando
aveva sei anni non aveva mai smesso di scrivere a Santa Claus; ormai per lui
era divenuta un’abitudine. Non passava Natale alla quale non pensava all’elfo.
Tutto vestito di verde, con il suo volto angelico. Ma questa volta non avrebbe
più scritto all’abitante più famoso del polo nord. Per anni gli aveva chiesto
di fargli rivedere, anche solo per attimo il suo aiutante: ma nulla. nessuna
risposta. E adesso lo salutava; gli diceva addio per sempre, era giunto il
momento di separarsi da quel ricordo e da quella illusione che lo aveva
accompagnato fino ad ora. E così gli aveva scritto poche righe.
Il vento tagliente e gelido si schiantava contro di
lui, il suo sguardo fu attirato da un foglio svolazzante. Angelo lo raccolse.
Pareva una mappa tutta stropicciata, l’arrotolò nuovamente e fece per buttarla
via, quando una voce familiare lo chiamò:
“Ciao Angelo” era Sole, le si accostò e le chiese:
“Stasera ci sarai anche a tu a cena da Giulio e tua
sorella?”
“No, stasera sarò alla casa famiglia, sai ho
iniziato a lavorare li da qualche tempo, finalmente sto realizzando il mio
sogno, lavorare con i bambini …” mentre parlava il suo sguardo era perso nel
vuoto, scintillante di felicità, amava i bambini e da sempre aveva desiderato
poter lavorare con loro e per loro, ed ora tutto questo era possibile. Angelo
la guardava ammaliato, pareva pendere dalle sue labbra e senza spiegarsene la
ragione provò invidia per quei bambini, avrebbe voluto che il suo sogno fosse
lui. Si risvegliò dai suoi pensieri al contatto della pelle di lei, le stava
sfiorando le mani per salutarlo:
“Angelo, io ora devo andare, ti faccio i miei più
cari auguri di buon Natale …” si sollevò sulle punte dei piedi per dargli due
baci sulle guance. La giovane donna si sentì avvampare da capo a piedi e corse
via velocemente.
Sole.
Sole.
Sole.
Stava girovagando per tutta Amantea
chiamando quel piccolo nome tanto caro al suo cuore, ma lei lo pensava?
“Angelo hai visto? Sta nevicando!” la voce di Giulio
lo riportò alla realtà e guardando fuori dalla finestra ripose:
“Già, saranno vent’anni che non nevica!”
“L’ultima volta che è caduta la neve tu sostenevi di
aver visto un elfo di Babbo Natale, lo ricordi?”
I due amici risero e Angelo concluse:
“E chi se lo scorda!”.
La notte era scesa, mille luci festanti brillavano
nel paese a far da cornice alle stelle, Sole carica di pacchetti stava
rientrando a casa. Indossava un vestitino verde e sui capelli vi aveva poggiato
un buffo cappello rosso. I bimbi che accudiva tutti i giorni le avevano fatto
un sacco di regalini artigianali. Mentre camminava sopra la coltre bianca
pensava a ciò che il suo bimbo preferito gli aveva chiesto:
“Cosa hai chiesto a Babbo Natale?”
Senza esitazione lei rispose:
“Angelo!” si sentì ancora avvampare. Cosa le era
saltato in mente? Per quanto si sforzasse i suoi pensieri erano sempre tutti
per lui. Lo amava infinitamente. Ma sapeva bene che lui mai si sarebbe accorto
di lei, e con lenta malinconia proseguì la sua marcia.
Era affacciato alla finestra, e non poté credere ai
suoi occhi. Angelo si protese di più verso il vetro e sbatté la fronte. Non
aveva dubbi, era lo stesso elfo che aveva visto quando aveva solo otto anni, lo
stesso vestito verde e lo stesso cappello. Infilò le mani nelle tasche e trovò
quella strana mappa. La riconobbe: era la stessa che aveva disegnato da bambino,
proprio quella volta in cui avevano spezzato il suo sogno più grande: “Babbo
Natale non esiste!”. Ma non poteva arrendersi a quella triste realtà. Con la mente ripercorse quel giorno, e
ricordò perfettamente di aver rubato la piantina del suo paese dalla macchina
del padre mentre lo portavano a casa di Giulio,cerchiò la sua casa di rosso cosicché
quell’uomo vestito di rosso lo trovasse e dimostrasse una volta per tutte la
prova della sua esistenza. L’aveva messa fuori dalla finestra e al mattino non
c’era più!
Così, ricordò
cosa aveva chiesto:
Un regalo che
lo rendesse felice per la vita.
La guardò meglio e a lato vide un piccolo sole. Si
precipitò fuori e la trovò li. Bella come sempre e forse anche di più; le
guance arrossate per il freddo e i lunghi capelli a ricoprirle la schiena.
Era Sole.
Lei lo guardò esterrefatta e chiese:
“Che ci fai qui a quest’ora?” il suo cuore batteva
violentemente in attesa della risposta e lui le disse:
“ho rubato
una mappa tutta stropicciata, ho chiamato per te ovunque. Ti ho trovata?”
La ragazza non capì il senso di quelle parole e lo
guardò stranita. Pensò addirittura che avesse bevuto. Gli voltò le spalle e
fece per andarsene.
“No aspetta …” lui la fermò e frugando nelle tasche
tirò fuori un nastrino colorato con un piccolo campanellino e il pezzo di carta
trovato quella mattina. Glieli porse:
“Come fai ad avere il mio nastrino? L’ho perso
quando avevo più o meno otto anni”
“Sei sempre stata tu! Il mio elfo di babbo Natale,
lo sapevo che mi avrebbe ascoltato, ha sempre cercato di farmi capire che eri
tu, ma io non l’avevo capito … proprio ora che mi ero rassegnato a non trovarti
più …”
Sole lo guardò triste e rispose:
“Mi hai trovata! Sono il tuo elfo, ora visto che sono solo
questo vado a casa, sono stanca, ho freddo e vorrei risposare” una lunga
lacrima le aveva percorso il dolce ovale del viso. A lei non l’aveva ascoltata
nessuno, si disse che forse non meritava di essere amata! Era giunto il momento
di lasciare perdere tutto, di smettere di vivere di dolci illusioni, Angelo, il
suo Angelo non avrebbe mai provato per lei l’amore. Mentre il cuore pareva
spezzarsi per il dolore le caddero dalle mani tutti quei sacchetti, fu in quel
momento che l’uomo si avvicinò a lei. Udì più forte il suo dolce profumo di
zagara e prendendole il volto con le mani l’attirò a sé:
“Tu per me sei tu! Tu sei tu! È tutta la vita che ti
rincorro solo per dirti: ti amo”
La baciò. Con dolcezza la tenne stretta a lui.
Felice come mai lo era stato in vita sua.
“Anche io ti amo da tutta la vita, mio Angelo” le
rispose lei adagiandosi fra le sue braccia. I loro cuori ora battevano
all’unisono, erano divenuti una cosa sola. La magia del Natale non li aveva
traditi. E così stretti l’uno all’altra videro spuntare l’alba, e giurarono di
aver sentito un lieve scampanellio nel silenzio della notte e una lunga scia di
luce invadere il cielo. Forse quel vecchietto dalla folta barba bianca stava
andando a portare altra felicità in tutto il mondo.