mare.
[
settembre, 8 anni. ]
Era un ragazzino. Anche se aveva
addosso una giacca da uomo, era un ragazzino. Stava seduto a terra,
con gli occhi che guardavano il mare, senza vederlo, peraltro, perchè
erano occhi chiusi. Si tappava le orecchie con le mani.
-
Ragazzo. -
Il ragazzino aprì gli occhi. Vide il mare e vide
il vecchio, un vecchio piccolo e stanco, dall'aria severa, con pochi
capelli e occhiaie profonde.
- Cosa ti è successo? -
Il
vecchio si riferiva all'occhio, il ragazzino lo sapeva. L'occhio
destro che sanguinava e pulsava, gli sporcava il viso del colore dei
suoi capelli; ma aveva quasi smesso di fargli male. Non era l'occhio
il problema.
Il vecchio non aveva pietà nello sguardo.
Tristezza forse, di quella ce n'era tanta, e anche misericordia: ma
non provava pena, era distante da tutto il suo dolore, lo guardava
con imparzialità studiando ogni sfaccettatura delle sue
ferite.
- Dove sono i tuoi genitori? -
Il ragazzino si era
tolto le mani dalle orecchie, e il muto boccheggiare di labbra
raggrinzite aveva preso suono. Non era un suono gradevole, una voce
rauca e anziana che stonava del tutto col calmo brontolio del mare
irlandese; ma era voce viva, reale, voce umana, niente a che vedere
con strilli di gabbiani e fischi di bombe lanciate dal cielo.
-
Dove sono? -
Aveva una giacca da uomo, il ragazzino. Nera. Non gli
erano rimasti più bottoni, ma tanto era così grande che
il ragazzino ci si avvolgeva dentro come una coperta.
- Quanti
anni hai? -
Se ne stava seduto sugli scogli, a fissare un mare
grigio, riflesso di un cielo ancor più grigio. L'Irlanda
vedeva si e no una settimana di sole nell'arco di un intero anno: e
sarebbe stato proprio ingiusto se il sole fosse arrivato proprio in
giornate così tristi, insieme agli aerei stranieri e alle
esplosioni.
- Come ti chiami? -
Il mare dell'Irlanda non era
mai stato più malinconico. Perfino il vento pareva stanco di
soffiare, e gli albatros non lottavano contro la sua furia,
gironzolavano pigramente attorno al faro, come indecisi se compiere
il proprio dovere o no in un giorno di lutto.
- Puoi venire con
me, se lo desideri. -
Il vecchio aveva smesso di fare domande. Non
perchè il ragazzino era rimasto in silenzio, ma perchè
in fondo non gli interessavano le sue risposte. Conosceva abbastanza
le guerre da sapere che i reduci non sono portati alle chiacchere; e
non aveva bisogno di parole, quando quel bambino aveva la storia
scritta in faccia.
Quella che una volta doveva essere una graziosa
casetta di legno affacciata all'oceano, adesso appariva un cumulo di
rottami bruciacchiati che prima o poi sarebbero diventati
combustibile per i camini dei sopravvissuti. Forse i resti della
famiglia del pescatore giacevano ancora lì; forse le bombe
nemiche non avevano garantito loro neppure il diritto della
decomposizione. Ma nella cenere qualcosa era rimasto, era rimasto un
ragazzino, un ragazzino vivo che della vita non sapeva più che
farsene; un ragazzino che aveva raccolto il mezzo alle macerie la
giacca del padre, e non aveva pianto.
- Non avere paura, ragazzo.
Il mio nome è Bookman, e mi prenderò cura di te. -
Il
ragazzino si era alzato e gli aveva preso la mano. Aveva una manina
piccola e soffice, che si perdeva nella sua mano grande e vecchia: ed
era così forte, così calda e viva, che per un attimo
l'anziano non ebbe più dubbi.
Si incamminarono insieme,
lontano dal mare, e fu l'unica volta in cui Bookman non si pentì
di aver avuto un po' di cuore.