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Autore: ladymisteria    07/04/2012    4 recensioni
Una donna camminava a passo spedito per le vie di Parigi, il rumore dei tacchi spaventosamente alti attutiti dai suoni di una città in continuo movimento.
Prese il suo fidato cellulare.
Era stato svuotato da tutte le informazioni e le foto che conteneva, ma per lo meno era nuovamente in mano sua.

Versione riveduta e corretta
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Irene Adler, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'After Sherlock's Fall'
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Una donna camminava a passo spedito per le vie di Parigi, il rumore dei tacchi spaventosamente alti attutiti dai suoni di una città in continuo movimento.

Prese il suo fidato cellulare.

Era stato svuotato da tutte le informazioni e le foto che conteneva, ma per lo meno era nuovamente in mano sua.

Inviò il messaggio e dopo qualche istante, da qualche parte alle sue spalle, risuonò un gemito.

Si voltò, sorridendo all'uomo che aveva appena riposto il suo cellulare nella tasca del cappotto.

«Non sei mai stata una persona paziente» le mormorò questi, affiancandola.

«Amo avere il completo dominio in ogni cosa che faccio. Anche sul tempo. Dovresti saperlo»

«Esattamente come tu dovresti sapere che questo discorso non ha valore, con me».

Sempre l'ultima parola.

«Devo ammettere che mi ha stupita ricevere un messaggio dal tuo cellulare, stavolta. Credevo che tuo fratello l'avesse fatto mettere sotto controllo».

«E' così, infatti. Ma dopo essere riuscito a scoprire la password per sbloccare il tuo, superare una triangolazione è davvero cosa da nulla. Usi sempre lo stesso codice?»

«Dovrei cambiarlo?»

«Potrebbe essere fin troppo facile, per altri, scoprirlo. Soprattutto sapendo quanto c'è tra te e me»

«Quante persone credi sappiano esattamente cosa c'è tra noi?».

Sherlock non rispose.

«Da quanto ho sentito tu hai ancora la stessa suoneria che ti avvisa dell'arrivo dei miei messaggi» disse lei, cogliendolo in fallo.

«E allora?»

«Dovresti cambiarla. Potrebbe essere fin troppo facile, per altri, scoprire quando ti scrivo. Qualcuno potrebbe cominciare a chiedersi se si tratti solo di lavoro».

«Considerando che solo poche persone sono a conoscenza che tu sei viva, compreso me, il rischio è minimo. E poi non uso mai il mio telefono per contattarti, se posso evitarlo».

Sorrise.

«Per di più non ho idea di come disattivarla»

Irene Adler allungò una mano per prendere il cellulare dell'uomo, ma lui le fermò delicatamente il polso.

«...E non ho mai detto di non esservi affezionato» concluse affabile.

Irene liberò la mano dalla stretta di Sherlock.

«Mycroft non ti ha fatto seguire?»

«Ne dubito. Crede che io sia a casa malato. E' un'ottima cosa avere un migliore amico medico».

La donna rise.

«Se venisse a cercarti nel tuo appartamento?»

«La signora Hudson ha l'ordine tassativo di non far entrare nessuno che non sia interessato a farle una semplice visita di piacere».

Irene si fermò, e con lei Sherlock.

«Pare proprio che tu abbia pensato a tutto»

«Ovviamente».

Lei avvicinò il viso a quello del detective.

«Ma tu devi avere sempre l'ultima parola?»

«Sempre».

La donna rise di nuovo.

«Mi chiedo che direbbero i miei... amici se mi vedessero ora. La Dominatrice dominata»

«Dubito che i tuoi - come li definisci? Ah, sì - amici oserebbero mai dire qualcosa che non ti faccia piacere» mormorò lui, secco.

Gli occhi di Irene brillarono.

«Se non fossi certa di trovarmi al cospetto del grande Sherlock Holmes, direi che il fatto che io abbia degli amici ti infastidisce»

«Affatto. Non mi infastidirebbe se fossero davvero solo amici».

«E' una confessione?»

«Tu credi lo sia?».

Ripresero a camminare.

«Perché hai sempre il polso accelerato, quando siamo insieme?» chiese improvvisamente Sherlock, guardandola.

«Probabilmente per lo stesso motivo per cui tu hai sempre le pupille dilatate» rispose lei, provocante.

«Probabile».

Irene lo guardò, corrucciata.

«Non lo ammetterai mai?»

«Mi pare di avertelo dimostrato con i fatti. E' davvero importante che io te lo dica?» replicò lui, mentre il suo cellulare squillava.

La donna si allontanò, fermandosi solo poco più avanti, a guardare la Senna.

Non si voltò quando lui l'affiancò.

«Il mio piano non ha avuto successo»

«Mycroft?».

«Non ha idea di dove io mi trovi - non gli ho dato tempo di rintracciare la telefonata - ma mi ha esplicitamente detto di crescere e di smettere di comportarmi come un perfetto idiota».

«Non gli interessa di più sapere con chi ti trovi?».

Lui la guardò.

«Oh, ma lo sa. E' questo a infastidirlo così tanto. Sai? Credo dovremmo trovare un nuovo soprannome per lui. Ultimamente non è più "L'uomo di ghiaccio". Avessi visto come si è infuriato quando ha scoperto che durante quei tre anni in cui tutti mi ritenevano morto sono stato sempre con te…».

Lei gli passò alle spalle, sussurrandogli: «Bisognerebbe trovare un nuovo soprannome anche a te. "Verginello" ormai non va più bene».

Sherlock fissò ostinato il fiume.

«Sei arrossito, Sherlock?» domandò lei, punzecchiandolo.

Il detective non rispose, e lei si avviò tranquillamente per la via.

«Visto che siamo in argomento, sono dell'opinione che dovremmo fare qualcosa anche per un nomignolo che adori tanto» disse lui, fermandola.

Irene lo fissò incuriosita.

«Per lo meno quando siamo insieme» aggiunse lui.

«Non capisco».

Sherlock si chinò, sussurrandole all'orecchio: «Non sei mai stata una Dominatrice, con me».

Irene guardò gli occhi chiari di Sherlock.

«Hai intenzione di rendere altri partecipi di questa cosa?».

Sherlock finse di pensarci.

«Credo sia meglio che certi... dettagli del nostro rapporto rimangano tra te e me, Irene».

Irene posò la testa sulla spalla del detective.

Rimasero così per qualche istante, a fissare la città illuminata solo dalle stelle, dalle luci scintillanti dei locali e della torre Eiffel.

Una coppietta li superò ridacchiando e mormorandosi tenere frasi.

«Lui ha l'amante» borbottò Sherlock, una volta che i due furono lontani.

Irene scoppiò a ridere.

«Pensi sempre al lavoro? Siamo a Parigi, la città dell'amore...».

Lui scrollò le spalle.

«Forza dell'abitudine, che vuoi farci».

Irene non si mosse.

«Quanto resterai?»

«Ora che Mycroft sa che non sono a Londra, non ci metterà molto a scoprire che ho preso un aereo per Strasburgo. Devo farmi trovare lì quando arriverà» disse lui.

Il suo tono non lasciava trasparire alcuna emozione, ma sotto la sua mano, Irene poteva sentire il cuore del detective battere più velocemente.

«Quindi quanto? Un giorno?»

«Credo di avere ancora questa notte. Poi domani all'alba dovrò prendere il primo aereo per Strasburgo. Dovrei arrivare in tempo per salutare Mycroft che atterra».

Lei sorrise.

«Una sola notte. Sono momenti come questi che mi fanno rimpiangere la tua "rinascita"».

Sospirò.

«Dovremo farcela bastare».

*

«Ma tu non dormi mai?» domandò la donna il mattino seguente, vedendolo già pronto a partire.

«Me lo chiedono spesso e in tanti».

«Ebbene?»

«Non ne sento il bisogno la maggior parte delle volte».

Irene guardò la sveglia accanto a sé.

«Le 5.30. E' ora che tu vada, se vuoi prendere in tempo quell'aereo».

Sherlock si infilò la giacca sulla camicia nera, controllando l'esattezza dell'ora sul cellulare.

«Alors bon voyage, mon cher. Potrebbe passare un po’ prima di poterci rivedere».

Lui non si scompose.

«Meno di quanto credi, mon amour».

La donna lo fissò interrogativa.

«Che vuoi dire?»

«Vestiti. Tu vieni con me».

 

 

 

Avrebbe dovuto essere una One - Shot, ma ho preferito dividerla in capitoli :D
Me la lasciate una recensione, tanto per capire se vi piace? =)

 

   
 
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