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Autore: moni93    08/04/2012    2 recensioni
Sophie Barma è la figlia dell'omonimo duca Rufus e alcuni di voi hanno avuto il piacere di conoscerla nella mia fanfiction "Black Raven & White Swan". Ma chi è lei, in realtà? Come è cresciuta? Com'era sua madre Mary? Che rapporto aveva col padre?
In ogni capitolo narrerò episodi autoconclusivi, ambientati in diversi anni di vita della piccola Barma, in cui cercherò di spiegare i legami che la uniscono ai vari personaggi di Pandora Hearts e non (dato che alcuni, come la madre, sono frutto della mia immaginazione). Insomma, il mio intento è quello di farvi divertire e di farvi esclamare: “Oooh! Ma allora è andata così?”
Spero con tutto il cuore che la cosa sia di vostro gradimento!
Genere: Fluff, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Barma's Chronicles'
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MEMORIES OF A CHILDHOOD

Ovvero, tutto quello che c’è da sapere sull’infanzia di Sophie Barma

 

FIRST MEMORY: A NEW BIRTH BRINGS FEARS AND WONDERS

 

Solitamente, quando un uomo attende la nascita del proprio primo genito, cammina avanti e indietro come un leone in gabbia, anzi, ad essere sinceri, definirlo “leone” è eccessivo. Insomma, il re della savana ha una sua dignità e maestosità, che nel genere umano manca in quel momento: l’individuo appare stanco, spossato e trascurato come non mai e non perchè sta compiendo uno sforzo fisico, ma perchè sta combattendo con tutte le sue forze per non lasciarsi coinvolgere dalla valanga di emozioni che lo stanno investendo. Paura, speranza, gioia, senso di colpa per non poter lenire il dolore che attanaglia l’amata nella stanza accanto, timore di non essere all’altezza del compito che di lì a poco gli verrà assegnato, sono tutt’altro che sciocchezzuole facilmente gestibili.

Rufus Barma, tuttavia, era calmo.

O, quanto meno, tentava di apparire il più rilassato e composto possibile.

Il duca era comodamente seduto in una poltroncina in legno, finemente decorata e imbottita, che però in quel mentre risultava all’uomo essere l’oggetto più scomodo al mondo. Il rosso, infatti, aveva quasi raggiunto il suo limite di sopportazione. Dopo ore trascorse seduto a sentire sua moglie urlare e provando dentro di sé la spiacevole sensazione che solo un padre può sentire, l’uomo era nuovamente costretto a mostrarsi al mondo come l’essere più tranquillo e indifferente dell’intera città. Mentre le cameriere bisbigliavano curiose e preoccupate e il resto della servitù compiva i suoi doveri solo a metà, convinti di potersi permettere un giorno di tranquillità, l’alto rango e l’orgoglio di Barma lo inchiodavano a quella poltrona come fili invisibili. L’unico arto che pareva avere ancora un minimo di autonomia era la mano destra, che apriva e chiudeva il suo inseparabile ventaglio da quando Mary aveva avuto le prime contrazioni.

Quando ormai si era convinto di trovarsi una dimensione senza spazio e tempo, un grido diverso dai precedenti fece sobbalzare Rufus.

Era nato.

Suo figlio era finalmente nato.

“Spero che quando crescerà imparerà ad essere puntuale e a non far attendere inutilmente gli altri.” brontolò l’uomo, tanto per scaricare la tensione.

Dopo pochi istanti, la porta consumata dai suoi sguardi, si aprì. Ne uscì un uomo alto, sulla cinquantina, come dimostravano i suoi capelli corvini macchiati candidamente qua e là, e con un’espressione esausta ma allo stesso tempo soddisfatta in volto. Rufus scattò come un giocattolo a molla e gli si avvicinò, ma non ebbe il tempo di sporgere la testa oltre le spalle dell’uomo, che quello chiuse la porta, senza mai distogliere lo sguardo dal duca.

“Allora, Rufus, come ti senti? Stanco?” chiese cordialmente il signore.

“Divinamente. Cosa ti fa credere che io sia in qualche modo spossato?” rispose secco il duca, puntando i suoi occhi smeraldo in quelli scuri dell’altro.

“Nemmeno un po’ curioso? Suvvia, l’uomo che tutto sa, non può non voler sapere il sesso del suo bambino!” lo prese deliberatamente in giro l’altro.

“Lucius, pochi scherzi e sputa il rospo o non ti pago.”

Il moro sorrise bonariamente. Non aveva la minima intenzione di lasciarsi sfuggire la sola possibilità di essere in vantaggio rispetto a Rufus. I due si conoscevano da anni ormai e Lucius Wood era l’unica persona che il duca poteva definire amico. Nessuno dei due se lo sapeva ben spiegare, ma entrambi vedevano qualcosa in più nell’altro, che le persone comuni non vedevano.

Lucius trovava Rufus divertente per il suo modo altezzoso e orgoglioso di comportarsi, specie perchè era fin troppo conscio di quanto in realtà il rosso sapesse dimostrare affetto alle persone che amava (anche se lo faceva a modo suo), mentre il duca apprezzava Wood per la sua sincerità e lealtà assoluta che riservava a chiunque. Erano entrambi uomini coerenti, in quanto il loro agire corrispondeva alla perfezione con ciò che credevano, ecco perchè si trovavano bene insieme.

Comunque sia, ora il signor Wood aveva tutta l’intenzione di tenere sulle spine l’amico per un buon paio di minuti, giusto il tempo per prendersi una sua personale vendetta per tutte le volte che Rufus si era vantato della sua illimitata conoscenza.

“Mio caro amico, i miei complimenti! Hai una moglie bella quanto forte; è stato un ottimo parto, Mary è stata bravissima e sia lei che il bimbo stanno benone.”
Rufus ascoltava attento, annuendo con la testa ad ogni singola parola, in trepidante attesa di udire la frase fatale, che però pareva non giungere mai. Lucius, infatti, si era tutt’a un tratto zittito e osservava il rosso con occhi furbetti. Il maledetto non avrebbe aggiunto una sola sillaba, fintanto che il duca non avesse posto la domanda che tanto gli premeva. Per una volta, doveva essere lui a chiedere informazioni.

“E...?” chiese seccato Rufus.

L’altro non parve soddisfatto.

“Sì?” chiese di rimando “Vuoi sapere qualcosa?”

Barma trangugiò quella provocazione e si decise ad arrendersi, conscio di non avere alcuna possibilità di vittoria.

“È maschio o femmina?”

Lucius si godette quelle parole come un dolce nettare prelibato e poi, dopo aver sorriso sornione, si concesse altri brevi attimi di gloria.

“Tu, vuoi sapere da me il sesso del tuo bambino?” chiese, scandendo con eccessiva enfasi ogni termine.

“Sì.” ammise nuovamente il duca, sull’orlo di una crisi di nervi.

“Ebbene.” si decise a rispondere lui “Sappi che tua moglie ha partorito uno splendido bambino... e che questo è...” fece con lentezza esasperante.

Rufus Barma era talmente concentrato e teso che non aveva idea di come avrebbe reagito, ma era certo che come minimo avrebbe spaccato il ventaglio in testa all’amico, se non si fosse deciso a parlare.

“Femmina.” trillò infine Lucius, un po’ seccato di aver già terminato il suo giochetto, ma curioso di vedere la reazione dell’amico, che senz’altro avrebbe ricordato per sempre.

“Cosa?” chiese sbalordito il rosso.

L’amico gli diede una manata sulla schiena.

“Hai sentito bene, mio caro Rufus: sei diventato il papà di una bellissima bambina!”

La tentazione di cadere in ginocchio era fortissima, ma mai e poi mai Barma avrebbe dato anche quella soddisfazione all’amico. In quel mentre si udì una risata cristallina. I due uomini si voltarono e una donna, elegantemente vestita e bella nonostante l’età che avanzava, si avvicinò con fare aggraziato, ridendo garbatamente e coprendosi la bocca con una mano.

“Oh Rufus, dovresti vedere la tua faccia: impagabile!”

Cheryl Rainsworth si piazzò in mezzo ai due uomini e si unì alla conversazione senza troppe cerimonie.

“Cheryl, che diavolo ci fai qui?” chiese burbero il duca.

“Cielo! Che domande! Il mio più caro amico diventa padre e vuoi che io non sia qui a deriderlo per la sua buffa reazione?”

Barma si chiese per quale malsano motivo si era ritrovato in quella situazione. Già accettare l’amicizia di quei due figuri era un male, trovarsi una moglie e metterla incinta, poi, era stata la pazzia più grande in assoluto. Era evidente che stava invecchiando, non c’erano dubbi.

Lucius parve ricordarsi in quel mentre di una cosa e tornò serio.

“Mary è molto stanca, ma ha espresso più volte il desiderio di vederti.” fece all’amico “Credo che dovresti andare da lei, ma non stancarla troppo con le tue idiozie, intesi?”

Barma annuì e dopo aver ricevuto l’incoraggiamento di Cheryl, varcò la soglia della sua stanza da letto.

Tutto sembrava in ordine o quasi: l’unica elemento che rompeva l’eleganza e l’ordine della stanza era una serie di lenzuola candide inzuppate di sangue, che una cameriera stava raccogliendo da terra e riponendo in una grande cesta. Non appena la donna vide che l’uomo entrato nella camera era il duca, si affrettò a concludere il suo compito e, dopo aver fatto una profonda riverenza, se ne andò di corsa. Rufus quasi non la notò, tanto era concentrato ad osservare la donna sdraiata sul lato destro del grande letto a baldacchino.

Mary Barma, sua moglie, lo guardava raggiante, mentre cullava tra le braccia un fagottino.

Era davvero bella sua moglie, nonostante la fatica e lo sforzo che aveva appena compiuto. I lunghi capelli corvini coprivano le lenzuola come piccole ramificazioni e, grazie al loro colore, rendevano la pelle della donna ancora più candida e delicata. Gli occhi erano limpidi e blu, come l’acqua del mare, e in quel momento erano indecisi chi osservare, se il marito o la figlia che reggeva tra le braccia. Non appena Mary notò che il marito non aveva fatto nemmeno un passo verso di lei, decise di incoraggiarlo.

“Caro, qui c’è qualcuno che vorrebbe tanto conoscerti.”

Quella voce che l’aveva innumerevoli volte insultato e offeso, ora era dolce e morbida come una carezza.

Titubante, ma deciso più che mai a mostrarsi all’altezza della situazione, Rufus fece qualche passo in avanti.

“Coraggio, non aver paura. Non morde mica.” lo prese in giro lei, sperando di invogliarlo a proseguire, se si fosse mostrata allegra e birbante come sempre.

La cosa parve funzionare.

Rufus si trovava al fianco della consorte e osservava con un misto di timore e curiosità l’esserino avvolto nella copertina celeste. Il cucciolo di uomo stava giocherellando con il dito della madre, che alle volte stringeva e altre infilava in bocca, per tastarne il sapore. Sembrava tranquillo, ora che Mary l’aveva fatto calmare.

“Come stai?” riuscì a chiedere il duca, quando staccò gli occhi dal bebè.

“Come una che ha appena sopportato atroci dolori.” rispose con una smorfia la donna, che poi sorrise “Ma ne è valsa la pena.”

Passò qualche placido minuto, avvolto dal silenzio e dai teneri versetti del neonato.

“Prendila in braccio.”

Quell’affermazione non era un invito: era un ordine. Infatti, Mary porse senza indugi il fagottino al marito, che, sorpreso, l’afferrò d’istinto. Le forze che fino a quel momento parevano aver abbandonato il duca, tornarono con prepotenza nell’esatto istante in cui strinse tra le braccia per la prima volta quell’esserino senza nome.

“Non è bellissima?” chiese dolcemente Mary.

Rufus annuì, in balia di un senso di gioia ed estasi che raramente aveva provato.

La piccolina puntò i suoi occhietti in quelli del padre, e la sorpresa di quest’ultimo fu grande, quando constatò che essi erano identici a quelli della madre. Non poteva essere più felice, ma la neonata lo stupì nuovamente. Allungò una manina e, raggiunta una ciocca di capelli cremisi del padre, l’afferrò saldamente.

“Credo che tu le piaccia.” ridacchiò Mary, grata del fatto che Rufus pareva amare già alla follia la loro piccola.

“È perfetta.” mormorò il duca a un tratto.

Ed era vero. Quella bambina rappresentava tutto per Barma, era la personificazione dell’amore che provava per Mary, era il desiderio celato nel suo cuore che non aveva mai avuto il coraggio di esprimere.

Era semplicemente sua, sua figlia.

“Come la vuoi chiamare?”

La domanda della donna non stupì Rufus, sapeva fin troppo bene cosa nascondeva quella frase. Mary era talmente grata al marito per tutto quello che gli aveva donato (e non si riferiva solo al rango sociale e al prestigio che ne deriva), che credeva che il minimo che potesse fare per sdebitarsi fosse quello di lasciar decidere all’uomo che amava il nome della loro figlioletta.

“Tua nonna si chiamava Sophie, giusto?” chiese l’uomo, che non attese la risposta “Sophie andrà benissimo.”

Sua moglie era commossa. Aveva raccontato al coniuge di aver trascorso tutta la sua infanzia con la nonna materna e che la considerava alla stregua di una seconda madre, ma mai avrebbe creduto che Rufus le avrebbe fatto un altro regalo così bello e prezioso.

“Non fraintendere.” s’affrettò a dire il rosso, desideroso di riacquistare un minimo di contegno “È solo che Sophie significa “sapienza” e dato che non è un maschio, quanto meno il suo nome deve rispecchiare il casato cui appartiene.”

Mary annuì e si asciugò le lacrime, pronta a riprendersi la bimba.

“Vedrai che saprà renderti fiero.”

Bisbigliò la donna, più a se stessa che al marito, senza rendersi conto che, in realtà, Rufus Barma provava già orgoglio per quella piccola, che nei suoi pochi attimi di vita aveva portato tante paure e speranze in quell’enorme casa.

 

 

ANGOLO DELL’AUTRICE:

 

Konichiwa! ^^

La vostra Moni è tornata, pronta a narrarvi altre pazze idee che le frullavano per la mente da un bel po’. Che ne pensate di questo incipit? Ho pensato di aggiungere il personaggio di Lucius perchè avevo assoluto bisogno di un tizio che potesse prendersi tante libertà col nostro duca e devo dire che mi piace come è venuto fuori. Spero di usarlo anche in seguito... Anyway, dovrei riuscire ad aggiornare ogni fine settimana, dato che i capitoli sono quasi tutti pronti, ma, conoscendomi, forse arriveranno con qualche giorno di ritardo. Perciò, chiedo scusa in anticipo (anche per possibili errori grammaticali, che di solito albergano nei miei lavori) e mi auguro con tutto il cuore che seguiate la mia nuova fanfic, ma, cosa più importante, che vi divertiate tanto tanto!

Grazie mille per l’attenzione e... al prossimo capitolo! ^^

 

Moni =)

   
 
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