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Autore: peach senshain    09/04/2012    4 recensioni
E se due ragazzi si incontrassero per caso, difronte ad una piccola casa di campagna? E se poi quella piccola casa di campagna diventasse la loro, piccola casa di campagna? Se i due iniziassero a parlare, facendosi domande? Se i due iniziassero a sorridersi, a guardarsi negli occhi, a studiare ogni minimo particolare dei loro volti? Credereste mai che la loro relazione iniziò per una domanda?
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Note dell'autore: Le metto qua sopra perché non so se avreste letto giù. Comunque, bando alle ciance Primo Luglio. Piccola shot su Ren e Haru. Primo Luglio è nata grazie al ritmo lento e delicato di una canzone. E' nata dal mio voler scrivere qualcosa di diverso, qualcosa di piccolo ma, diverso. Infatti, penso sia la mia prima storiella yaoi che non è a Rating rosso*ancora non riesce a crederci*. Beh, non ci sono altre cose da dire:3 Solo buona lettura e alla prossima!

Shinobu Nemesis.


 


 


 

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Io l'amavo da cinque anni, ed ero sicuro di una cosa: Sarebbe stato l'unico.


 


 

E se due ragazzi si incontrassero per caso, difronte ad una piccola casa di campagna? E se poi quella piccola casa di campagna diventasse la loro, piccola casa di campagna? Se i due iniziassero a parlare, facendosi domande? Se i due iniziassero a sorridersi, a guardarsi negli occhi, a studiare ogni minimo particolare dei loro volti? Credereste mai che la loro relazione iniziò per una domanda?

''Se potesse scegliere tra il passato e il futuro, cosa sceglierebbe?'' Domandò il ragazzo un po' più grande, dai lunghi capelli neri.

Occhi piccoli e scuri. Labbra carnose ma non troppo. Spalle larghe.

''Il passato. Sceglierei il passato. Perché me lo chiede?'' rispose il più piccolo.

Quest'ultimo aveva i capelli chiari, occhi grandi e azzurri. Le ciglia erano bionde e lunghe, aveva un bel sorriso.

''Lei sarà una persona davvero gentile'' rispose semplicemente l'uomo più alto.

''La ringrazio'' si limitò a rispondere il ragazzo.

Ed era tornato il silenzio, era tornato quello scambio di sguardi, era tornato tutto. Il tutto però a volte è il niente.

''Lei crede nel destino?'' domandò il ragazzo dai capelli più chiari.

''Sì, credo nel destino.'' rispose l'uomo.

Sorrisero, entrambi.

Chi l'avrebbe mai detto, però, che grazie ad una piccola domanda, nasceva un sentimento del genere?

Avevano deciso, poi, Ren (quello dai lunghi capelli neri) e Haru (Quel nome era il più adatto, per quel viso delicato.) che ogni anno, si sarebbero rivisti lì, davanti a quella piccola casa di campagna. Avrebbero parlato fino a tarda sera e poi si sarebbero divisi, di nuovo, per aspettare il prossimo primo Luglio.

In quei incontri però i due si affezionavano sempre di più. In quei incontri, però, il piccolo Haru iniziava a dare un nome a tutto. Aveva dato un nome a quella fastidiosa sensazione sulla bocca dello stomaco, e aveva dato un nome, alle forte emozioni che provava ogni volta che Ren, lo accarezzava di sfuggita.

Eppure Haru non riusciva a capire, quello che provava il ragazzo più grande. Avevano dodici anni di differenza a dividerli. La prima volta che si erano incontrati Haru aveva tredici anni. Ren ventiquattro. Gli aveva raccontato del perché si trovava lì.

La nonna abitava da quelle parti e aveva deciso di fargli una visita. Il problema (forse la fortuna) è che si perse e andò a finire proprio davanti quella casa. Disse che quando vide per la prima volta l'espressione assente di Haru ne rimase affascinato e pur di parlargli gli domandò quella cosa senza senso.

Fu davvero felice, quando il piccolo Haru gli rispose. Fu ancora più felice di veder comparire su quel volto acerbo un sorriso leggero.

E poi a Ren il viso di Haru era sempre piaciuto. Quei capelli biondi brillavano, su quel viso perfetto. La pelle diafana, gli occhi grigi... Il colore dei suoi occhi sembravano lacrime. Erano due cieli pronti a piangere, ecco.

Però, oltre ad avere una passione sfrenata per quei due pezzi di cielo grigio, a Ren piacevano molto anche le labbra fine e rosee del biondino. Avrebbe dato la vita, pur di assaggiare almeno una volta quel pezzetto di paradiso. Ma Ren sapeva anche che era troppo vecchio, per Haru, lui all'epoca aveva solamente tredici/quattordici anni... Che pretendeva? L'avrebbe preso per maniaco e non poteva permetterlo. Voleva incontrarlo almeno ancora un volta.

Infatti -si ringrazia la sua spavalderia- lo pregò di rincontrarsi ancora.

Dio solo sa la felicità che provò quando il biondino acconsentì a quella specie di appuntamento.

Tra un anno esatto, l'avrebbe incontrato di nuovo. Tra un anno, avrebbe rivisto di nuovo quei pezzi di cielo in lacrime.

Quando quel primo Luglio si salutarono, entrambi erano elettrizzati all'idea del prossimo incontro. Ma, rimase la paura di ricevere una buca clamorosa. Ren si ricordò infatti che non gli aveva chiesto ne il numero del cellulare ne il contatto della posta elettronica.

Come avrebbe fatto? Aveva anche provato a domandare alla sua adoratissima nonna Hoshie ma niente, nemmeno lei sapeva qualcosa sul conto di questo Haru.

Che altro fare se non sperare?

La prima estate passò. Ren si era anche quasi dimenticato di Haru... aveva così tante cose da fare.. Il lavoro part-time per pagarsi gli studi all'università. Le feste, le nuove conoscenze, la sua nuova ragazza. Rike era una ragazza gentile. Minuta e simpatica. Aveva lunghi capelli neri e occhi del medesimo colore (avrebbe mai trovato un asiatico con gli stessi occhi di Haru?) e fu così, che ci pensò di nuovo. Se stava con Rika però si scordava di Haru e... Lo stranissimo desiderio di rivedere quel ragazzo tanto strano (forse) era più forte del sentimento che provava per quella ragazza.

Appena Ren glielo disse, lei gli sputò in faccia, dicendogli che non era possibile. Il suo (ex)ragazzo era gay!

Ma un attimo, Ren non era gay.

Ren voleva solamente rivedere quel ragazzo dai stranissimi occhi grigi! Era forse provare amore, la voglia di rivedere qualcuno? Non poteva essere solamente curiosità la sua?

Senza rendersene conto era già il primo Maggio. E la data dell'appuntamento si stava avvicinando. Mancavano solamente altri sessantuno giorni millequattrocentosessantaquattro ore, ottantasettemilaottocentoquaranta minuti e cinquemilioniduecentosettantamilaquattrocento secondi. Eppure Ren aveva una mezza idea di non andarci -nel pensarlo però aveva cerchiato di rosso la data del primo Luglio- no, ovvio che non ci sarebbe andato. Ora che ci pensava era da pazzi. Era un perfetto sconosciuto, quel ragazzino. E se era un killer spietato? E se l'avesse avvelenato? Magari voleva i suoi organi!

Ma poi si ricordava di quell'espressione assente, e di quei occhi tanto profondi... La verità era solo una: Ren fremeva perché non vedeva l'ora di andare a quel cavolo di appuntamento.

Per sessantuno giorni, millequattrocentosessantaquattro ore, ottantasettemilaottocentoquaranta minuti e cinquemilioniduecentosettantamilaquattrocento secondi Hirai Ren aveva pensato solamente ad una cosa: Il profondo desiderio di rivedere quel ragazzo.

Ma la stessa cosa valeva anche per Haru? Che domande difficili si poneva Ren... Che domande davvero difficili.

Quando quei sessantuno giorni, millequattrocentosessantaquattro ore, ottantasettemilaottocentoquaranta minuti e cinquemilioniduecentosettantamilaquattrocento secondi passarono, arrivò finalmente l'ora della verità.

Un anno speso a pensare ad un bambino di tredici anni. Un anno, a capire quei occhi. Un anno, uno solo, per immaginarsi tutto. Quell'estate del primo Luglio, Ren aveva deciso di vestirsi con i suoi vestiti migliori. Si pettinò anche i lunghi capelli neri! Si fece la barba e si tirò a lucido. Prese la sua moto e partì, per quella casa in campagna, che di fronte ad essa c'era un laghetto contornato da salici piangenti. C'era anche un ponticello di legno, era tenuto bene.

L'ora del viaggio non fu pesante e lunga come la prima volta, quando infatti arrivò, si sentì emozionato come una ragazzina al suo primo appuntamento.

E se non sarebbe venuto? E se gli avesse dato buca? Non aveva il suo numero, non aveva la sua e-mail.. aveva anche cercato di rintracciarlo ma diavolo, sapeva almeno quanti Haru c'erano a Kushiro?!

Altro non poteva fare che aspettare. Decise di andarsi a sdraiare sotto la folta chioma del salice. Chiuse gli occhi, lasciandosi andare alla calma e la tranquillità di quel posto così isolato dal mondo... L'acqua, il vento, la terra... sembravano in perfetta sintonia.

Il vento accarezzava l'acqua, l'acqua baciava la terra.

A svegliare Ren non fu la solita sveglia bastarda, bensì lo sguardo persistente di qualcuno. Quando aprì gli occhi, il sorriso uscì da solo.


 


 

Gli incontri andarono avanti finché Haru non fece il suo debutto in società. I suoi tanto attesi diciott'anni. Perché attesi? Perché a sedici aveva provato a baciare Ren, quest'ultimo l'aveva rifiutato, dicendogli che era troppo piccolo per certe cose ma l'avrebbe aspettato.

Sì, Ren, il suo Ren, aveva detto che l'avrebbe aspettato. Per tre anni, Haru non si era fatto prendere da nessuno. Era rimasto innamorato della stessa persona per ben cinque anni! E ne aveva ancora per molto. Ne aveva per tutta la vita. Ora che finalmente era maggiorenne, ora che finalmente il primo luglio si stava avvicinando, avrebbe giocato la sua ultima carta. Il tutto per tutto. Amava troppo quel ragazzo, per lasciar perdere.

La prima volta non sapeva se andare oppure no... Quando però si ritrovò fuori dalla porta di casa fu naturale, correre all'impazzata per raggiungere quella casa. Correre per andare sulle sponde di quel lago dove credeva abitassero le fate. Inginocchiarsi lentamente vicino al corpo perfetto e addormentato di Ren. Guardarlo, per ben due ore, dormire. Fumiko aveva tanto insistito per fargli indossare lo yukata... Era un po' in imbarazzo se doveva dirla tutta.

Ren era vestito con dei jeans e una t-shirt lui con lo yukata... Sembrava una femmina!

Ma si scordò di tutto ciò, quando arrivò finalmente sotto il loro salice piangente. Si mise a sedere, poggiando la testa contro il tronco di quell'albero. Si lasciò andare ascoltando le fate cantare.

Non si rese conto però, di quella piccola pressione che si andò a formare sulle labbra. Quando aprì gli occhi si ritrovò incatenato contro il nero di Ren.

Come da copione, divenne rosso. Ma non si lasciò intimorire. Presi infatti a spingere anche lui, su quelle labbra.

Lo voleva, Dio se lo voleva.

Allacciò le braccia intorno al suo collo e chiuse gli occhi (come fece d'altro canto Ren) lasciò scivolare la lingua del moro dentro la bocca, assaporando quel sapore forte, mascolino. Sapeva di tabacco e cioccolato... Aveva mangiato un cioccolatino? Non ci pensò molto anche perché prese a succhiare lentamente quel muscolo caldo e bagnato. Ren cercava in tutti i modi di non perdere il controllo. Aveva aspettato quanto lui, l'aveva ammesso alla fine, che lo amava.

Però lo fermò, facendolo distaccare da lui.. Sorrise, guardando l'espressione imbarazzata e triste di Haru.

''Non qui, Haru.. Non qui'' ripetette, avvicinandosi di nuovo al biondo.

''E dove? Dove se domani te ne andrai, di nuovo? Dove, se questa sarà l'ultima volta? Dove... dove...'' stava per piangere Haru.

Aveva la sensazione che quel primo Luglio dei suoi diciotto anni qualcosa fosse cambiato e radicalmente anche! Ma non riusciva a capire. Non riusciva a capire il sorriso di Ren, quella volta...

''Non è l'ultima volta, anche domani, se vorrai... E, dentro quella casa, la nostra, casa'' aveva forse capito male?

Stava per chiedergli di che stesse parlando quando tutto ad un tratto delle chiavi con un buffissimo peluche attaccato ad esse gli dondolò davanti ai propri occhi. Ci mise subito, a collegare il tutto. L'abbracciò, iniziando (finalmente) a piangere. Si era aggrappato a lui, gli aveva anche detto d'amarlo... Ren non faceva altro che sorridere e baciarli la spalla.

''Ti amo anch'io, Haru.'' rispose poi, (finalmente anche qui) il moro.


 

La casa era piccola ma terribilmente carina e confortevole. Haru aveva la mano intrecciata a quella di Ren, guardava quelle spalle larghe davanti a lui. Ren si muoveva perfettamente in quella casa. Aveva mostrato ogni cosa, e gli aveva raccontato che questa casa come pensavano, era abbandonata. Non fu difficile rintracciare la persona giusta per farsi dare le chiavi e i documenti per comprare il terreno. Gli aveva detto anche che era il suo regalo di compleanno che.. gli sarebbe piaciuto se.. fossero andati a vivere lì, insieme.

Basta primo luglio, basta aspettare... per tutta la vita, questa volta, insieme.


 











 


 

  
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