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Autore: Rei Hino    09/04/2012    3 recensioni
Pochi capitoli per la storia di come Kirk e McCoy si sono conosciuti, dieci anni prima della TOS. Anche se il vero protagonista sarà Gary Mitchell, personaggio che merita di essere qualcosa di più che un'ombra =)
Data la natura del soggetto e il mio amore spopositato per la coppia Jim/Bones, sapete di aspettarvi un alto livello di patetico fluff da latte alle ginocchia, vi avverto! All'ultimo comparirà anche Spock in qualche modo, perché mi sento male a dividere troppo questi tre *^*
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: James T. Kirk, Leonard H. Bones McCoy
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ok, qui servono due piccoli avvertimenti;
1) Non slasho Gary e Jim, ve lo dico perché me lo hanno già chiesto. La gelosia di Gary non è da vedere in quel senso, esiste anche la gelosia tra amici, che è anche peggio e molto spesso può anche essere confusa, dopotutto l'amicizia è un tipo di amore. Spero di essere riuscita a esprimere questo concetto ma in caso (probabile) che non ci fossi riuscita ve lo dico prima XD Poi vabbé libera interpretazione!
2) Vi avverto anche che è incredibilmente palloso e sentimentale, una specie di Dawson's Creek Trek XD Uomo avvisato...
Buona lettura, in caso vogliate continuare XD

2

 
Non era mai capitato.
Erano sempre stati loro due, al liceo, all’accademia, nello spazio.
Loro due contro il mondo, contro l’universo, pronti a conquistarlo con la loro bella nave.
Uno affianco all’altro, sempre, da sempre e per sempre.
Nulla, nulla poteva opporsi a quella tacita promessa, nulla poteva mettersi tra loro, creare quella distanza, porre in secondo piano ciò che loro erano e rappresentavano.
Eppure Gary non riusciva a eliminare dalla mente il sorriso che Jim rivelava solo in presenza del dottor McCoy, quel ragazzo con l’aria da uomo vissuto e distrutto, maturo di una consapevolezza che nei loro animi di ventenni non sarebbe affiorata per molti anni ancora. Intelligente e pacato, calmo, fiero di un’autorità che traspariva da quegli occhi celesti profondi e velati di un’amarezza malcelata. Amarezza che si scioglieva, letteralmente spazzata via, ogni volta che si posavano su Jim.
Dall’istante in cui i due si erano visti. Quando Jamie si era ripreso dal coma, dopo aver passato giorni in terapia intensiva solo con quell’uomo, quando Gary lo aveva rivisto, c’era qualcosa di diverso in lui.
Non ci fece caso, cercò, Jamie era appena rinvenuto da un terribile incidente e Gary ringraziò tutte le stelle del cielo che non gliel’avessero portato via, che fosse ancora vivo, davanti a lui, sorridente e sornione, come al solito, i suoi occhi che brillavano vivaci, ancora… non con lui.
Quegli occhi tanto particolari e tanto belli che solo lui era in grado di far sorridere a quel modo, ora non sorridevano a lui. Quel sorriso, quella luce dorata non era per lui.
Si accorse di come quello sguardo seguiva con attenzione ogni gesto di quel dottore, come ne rubava gelosamente l’immagine ogni qualvolta l’uomo si voltasse. Si accorse di un timido rossore sulle belle gote di quel viso giovane e perfetto ogni volta che il dottore alzava gli occhi su di lui, lo sfiorava, o anche solo gli parlava da lontano.
 
Quel ragazzo strafottente e spavaldo che non si era mai piegato a nessuno, che continuava ad andare dritto per la sua strada, che non si faceva problemi nel prendere e divertirsi con ogni persona che desiderava vagamente, si ritrovava ora ad arrossire imbarazzato, come una timida ragazzina alla sua prima cotta, davanti a quell’uomo… E vi era qualcosa in lui che non riusciva a sopportarlo.
Era come se avesse davanti un'altra persona, qualcuno che non era il suo Jamie, qualcuno che non conosceva.
Si ritrovò a pensare che se Jim doveva interessarsi a qualcuno seriamente, in quel modo delizioso e puro, quel qualcuno doveva essere lui, ne aveva ogni diritto.
Aveva certamente più diritto di quel dottore al quale di Jim non importava, se non a un livello meramente professionale.
Aveva certamente più diritto di quel dottore che passati quei due mesi non avrebbe neppure ricordato il nome di quell’ennesimo tenente arrivato da lui moribondo.
Gary aveva con Jim un rapporto speciale e privilegiato, non voleva rinunciarvi, non voleva che passasse in secondo piano, non voleva vederlo affezionato ad un altro come lo era di lui.
Questa possessività che sentiva di poter pretendere su Jim non si era mai acuita come in quei giorni. Non era mai subentrata tra loro minaccia alcuna all’equilibrio del loro rapporto.
Le donne, le tante donne che spesso apparivano nel loro cammino per poi ritrarsi prontamente, non avevano mai costituito alcun problema.
Ma ora, il profilarsi all’orizzonte di un altro uomo che avrebbe potuto prendere il suo posto, rimetteva in discussione il suo rapporto con Jamie, minacciando di portargli via quanto di più caro aveva costruito.
Jim doveva continuare ad essere suo, come era sempre stato… E se doveva proprio rivolgere quello sguardo, quel sorriso, a qualcuno… ad un uomo… Quell’uomo doveva essere lui.
Una paura irrazionale di poter perdere l’esclusività del loro affetto lo portava quasi a confondere i sentimenti che nutriva per il suo migliore amico, svegliando un’inquieta e incompresa gelosia.
Perché quell’esclusività che non era mai stata minacciata, ora la stava vedendo scivolare fra le dita, incrinata da ogni sguardo e sorriso che Jim e il dottore si scambiavano.
 
 
“Grazie di avermi tirato fuori da quel posto almeno per una sera!”
Jim era più che grato che Bones lo avesse fatto uscire dall’ospedale per una serata, e ovviamente decisamente felice che lo avesse invitato a cena a casa sua. McCoy abitava in un bell’appartamento, pulito, su due piani, piccolo, profumato, essenziale nel suo mobilio, non sembrava essere molto vissuto in verità e come il dottore aveva confermato, era più un posto per dormire, quelle rare volte che non decideva di restare in ospedale, che una casa vera e propria.
“Se non vuoi ritrovarti in ospedale Jim, devi solo evitare di ridurti in quelle condizioni!”
Erano seduti su un piccolo divanetto a due posti che divideva l’angolo cottura dalla sala da pranzo
“Non ho scelto un lavoro facile. Tutto quel bianco mi stava soffocando!”
“Sì, anche a me…”
McCoy si abbandonò stancamente sullo schienale, Jim pensò che in effetti, da quando era stato ricoverato, o meglio, da quando si ricordava, aveva sempre visto Bones in ospedale, insieme a lui o da altri pazienti. Sorrise, non si seppe spiegare il motivo ma era più felice di quanto normale fosse, essere lì con lui, sul suo divano, aver cenato per la prima volta decentemente insieme a lui - seduto al suo stesso tavolo, e non semi sdraiato in un letto d’ospedale con un pigiama addosso- lo rendeva, in qualche modo, entusiasta. Era estremamente elettrizzato, e il dottore si era anche rivelato un ottimo cuoco.
“Era da troppo tempo che non mangiavo qualcosa di non replicato e…”
Girò il collo e lanciò un’occhiata all’angolo cottura dietro di loro
“...l’unica cucina che avevo mai visto è quella nella fattoria dei miei!”
Si rigirò verso il dottore, che aveva la testa abbandonata sullo schienale del divanetto e gli occhi chiusi, la leggera barba era incolta da un paio di giorni e appariva effettivamente stanco e spossato, eppure risultava incredibilmente piacevole da guardare.
 
Gary aveva ragione, era incredibilmente attratto da quel ragazzo, dal suo bel viso onesto e gentile, che nonostante la giovane età rivelava una maturità che forse lui non avrebbe mai raggiunto.
Era strano ciò che provava quando lo guardava, quando gli sorrideva, quando si trovava insieme a lui, si sentiva… bene, come non lo era mai stato in vista sua, con nessuno. Sentiva di poter essere se stesso con quell’uomo, lui, che non era se stesso nemmeno da solo, con lui si sentiva, in qualche modo, al sicuro.
Aveva una gran voglia di protendersi verso di lui e carezzargli il viso, portare un po’ di sollievo in quegli occhi sempre adombrati, aveva una gran voglia di essere accarezzato da quelle mani, e non nel modo in cui un medico usa toccare il suo paziente.
Bones sorrise
“Povera mamma, nessun genitore dovrebbe avere un figlio nello spazio!”
“I genitori devono lasciare liberi i figli di scegliere la propria strada, penso”
Notò sul piccolo comodino accanto al divano una bellissima fotografia di Bones insieme a una deliziosa bambina con grandi occhi celesti, che non poteva avere più di quattro anni. Sorrise
“Se lei volesse iscriversi alla Flotta non potresti impedirglielo…”
Mormorò indicando la foto con un dito, il dottore tirò su la testa e vide che Jim fissava la fotografia di Joanna
“Tua figlia?”
Annuì
“Ti somiglia”
“Lei è più bella”
“Dov’è?”
Bones alzò le spalle
“Con sua madre, tra qualche mese la rimanderà qui…”
Una flebile luce gli oltrepassò lo sguardo, McCoy non riusciva a contenere un lieve rancore ogni qual volta pensasse alla sua bambina, costretta ad essere spedita avanti e indietro alla stregua di un pacco postale, a causa sua, a causa del suo più grande fallimento.
Jim gli si avvicinò impercettibilmente, desideroso come non mai di spegnere quel dolore che gli leggeva chiaramente negli occhi. Cercò di abbozzare un sorriso
“Trent’anni, già sposato, con una figlia, divorziato…”
“E quasi risposato di nuovo!”
Aggiunse con una nota di miserevole ironia
“Non ti sei fatto mancare nulla!”
Anche Bones sorrise leggermente. Ora Jim era perfettamente in grado di capire perché quel ragazzo sembrava essere già tanto adulto.
Era così diverso da lui, si sentì incredibilmente inferiore innanzi a quegli occhi, carichi di esperienze, di dolore, di una vita che lui ignorava del tutto, e che probabilmente avrebbe sempre ignorato.
Si sentì così piccolo, ingenuo, quell’alone ossequioso che avvertiva verso quell’uomo si acuì ancora di più, in una specie di reverenza incondizionata che mai più lo avrebbe abbandonato.
 
“Possiamo cambiare argomento?”
Mormorò il dottore, massaggiandosi stancamente le tempie
“Non pensavo fosse un tasto dolente…”
“Non lo è…”
Si affrettò a rispondere, troppo in fretta
“…semplicemente non c’è altro da dire al riguardo…”
Jim annuì, un po’ intimidito. Seguirono interminabili istanti di assoluto silenzio, poi il dottore sospirò e girò il volto verso di lui
“Scusami, davvero, non sono mai stato molto affabile, ed è molto che non sono in compagnia”
Il ragazzo sorrise e gli si avvicinò ancora
“Spero vivamente che non abbandonerai la pratica, Bones…”
Gli soffiò sulle labbra, con quel suo bel sorriso e quella bocca devastantemente vicina alla sua. Sentì un calore allo stomaco che non sentiva da molto, troppo, di un’intensità che forse non aveva mai provato. Non riuscì a distogliere lo sguardo da quella bellissima bocca che sostava a pochi centimetri dalla sua, e che gli parve improvvisamente ancora troppo lontana. Quando sentì la mano del ragazzo carezzargli la coscia, in quello che, probabilmente a causa della sua immaginazione, non era affatto un movimento casuale, gliela bloccò all’istante, prendendola tra le sue, e si allontanò di scatto
“Ora è meglio che ti riaccompagni, Jim…”
Mormorò cercando di apparire quanto più calmo possibile mentre il cuore sembrava volergli saltare in gola. Il tenente Kirk sorrise dolcemente e annuì
“Va bene, niente pratica per oggi…”
Aggiunse sottovoce, ma sicuro che Bones lo avesse udito alla perfezione. Difatti il dottore avvampò ma non diede alcuna risposta.
Jim lo seguì fuori dall’appartamento, fino in ospedale, sorridente.
 
Quell’attesa rendeva tutto più interessante, la sfida era ora intrigante, e quella squisita timidezza non faceva altro che renderlo ancora più irresistibile ai suoi occhi e al suo cuore, che ancora non si era accorto, ma che già batteva solo per lui.
 
§§§
 
“Molto bene, hai una grande capacità di ripresa ragazzo mio, magari tutti i miei pazienti fossero in così buona salute!”
Esclamò il dottor McCoy trascrivendo i dati del tricorder su un padd, Jim si alzò in piedi dal lettino sul quale era disteso, continuò a fissare le mani di quell’uomo, che fino a qualche secondo prima toccavano e tastavano il suo torace e il suo addome. Metodi tradizionali… certo… la scusa più stupida dell’universo…
“Non vedo l’ora di uscire un po’ da qui dentro, è un mese che ci sono rinchiuso! Finalmente posso visitare questa base!”
Jim sorrise, guardò Gary, in piedi sullo stipite della porta con le braccia conserte, Mitchell non poté evitare di sorridere di cuore al suo amico.
“Sì, stanotte sei libero, ma domani torni qui!”
McCoy guardò il tenente Kirk alzando un sopracciglio, Jim annuì e si rimise la maglia
“Arrivederci signor Mitchell”
Il medico salutò educatamente uscendo dalla stanza, lasciando soli i due ragazzi, Gary gli sorrise forzatamente, con educazione. Chiuse la porta dietro al dottore e si avvicinò a Jim spalancando le braccia
“Anche stavolta sei sopravvissuto, Jamie!”
“Ho la pelle dura, lo sai”
Gary gli mise le mani sulle spalle e strinse un po’ la presa. Jim si preoccupò leggermente, sapeva di aver rischiato grosso quella volta, molto più di altre volte, e sapeva quanto Gary fosse stato in pena per lui
“Ehi, sto bene, davvero! Mai stato meglio!”
Lo rassicurò e gli regalò uno dei suoi più luminosi sorrisi, e l’amico annuì
“Sì… andiamo a cena? Ho conosciuto una ragazza qui alla base, le dico di portare un’amica e facciamo una delle nostre solite uscite a quattro! Di solito finiscono molto bene, e sei stato per un mese qui dentro, direi che ne hai proprio bis…”
“Mi piacerebbe Gary, ma stasera proprio non è possibile”
Jim si allontanò per risedersi sul lettino e infilarsi le scarpe nere, Gary mantenne il suo sorriso sornione, così simile a quello di Jim. I due ragazzi erano, a conti fatti, molto simili l’uno all’altro
“Paura di non avere abbastanza forza?”
Kirk rise
“Ti piacerebbe averne metà della mia! No, devo cenare con il dottor McCoy”
Probabilmente era una sua impressione, dovuta alla morsa allo stomaco che lo assalì in quel preciso istante, ma gli parve di vedere il viso di Jim leggermente arrossato. Si ritrovò a stringere forte i pugni e portò le mani dietro la schiena per non darlo a vedere.
Sorrise, cercando di ingoiare quel rospo che gli era salito in gola, e tentò di assumere un’aria spensierata
“Vuoi che tasti il terreno?”
Il ragazzo biondo aggrottò le sopracciglia, incuriosito
“Che vuoi dire?”
Gary alzò le spalle e gli si sedette accanto, rifiutandosi però di guardarlo, sperando di riuscire a non tradire la minima emozione
“Posso… cercare di capire se il dottor McCoy sia interessato o meno… Insomma non vorrai sprecare un altro mese appresso a qualcuno, senza avere la minima possibilità di riuscita! Ti stai perdendo un mucchio di ragazze mio caro, e non è da te!”
Ancora Jim si sentì arrossire, si alzò in piedi e sorrise spavaldo
“Oh non preoccuparti, su quel terreno ti recupero sempre! C’è sempre tempo per le ragazze, Gary… e per favore non aprire bocca con Bones!”
“Bones?”
Gary si morse un labbro ma abbassò il volto, si alzò lentamente in piedi raggiungendo l’amico
“Siamo già ai soprannomi?”
Jim alzò le spalle e si grattò la nuca, in una posa imbarazzata e squisita che Gary non gli aveva mai visto assumere
“Beh, mi ha rimesso insieme tutte le ossa del corpo… è un nome appropriato per un chirurgo… e a lui fa piacere che lo chiamo così…”
Difficile descrivere le numerose emozioni che si agitavano nell’animo di Gary, erano del tutto nuove anche a lui. Chi era quel ragazzo che aveva davanti? Non era Jamie.
Non poteva esserlo, non poteva comportarsi in quel modo così dannatamente adolescenziale, e in un certo qual modo, adorabile…
Non doveva…
Si ritrovò a scuotere la testa, incapace di portare a termine un solo pensiero coerente, sapeva solo di provare rancore, sapeva di voler andare da… Bones… per gridargli in faccia, su quella bella faccia tanto altolocata, che Jim non gli apparteneva, che non poteva prenderselo così, senza nessuno sforzo, senza nessun perché.
Non poteva maledizione!
 
E sapeva di non poter restare oltre in quella stanza con lui.
Sorrise e annuì, gli poggiò una mano sulla spalla
“Allora buona serata Jim…”
Gli carezzò i capelli chiari e si allontanò verso la porta
“Anche a te! Ci vediamo domattina così mi racconti tutto! Facciamo colazione insieme!”
“Non fai colazione con… Bones?
Continuò a dargli ostinatamente le spalle e cercò di pronunciare quelle parole con quanta noncuranza possibile
“No, voglio farla con te”
Gary sorrise ancora davanti a quella semplice e ingenua sincerità
“Ok, a domattina allora…”
E uscì dalla stanza, spiazzato, e amareggiato.
 
 
§§§
 
“Ti capita spesso?”
Chiese sorridendo il dottor McCoy asciugandosi la bocca dal vino rosso appena bevuto, Jim aggrottò le sopracciglia, alzando lo sguardo dalla sua bistecca
“Arrivare mezzo morto in una base stellare!”
Spiegò Leonard riprendendo in mano forchetta e coltello, il tenente Kirk sorrise
“Non così tante quante ne diresti!”
I suoi occhi erano brillanti e così vivi, e la sua espressione furbetta e divertita. Il viso di quel ragazzo era talmente adorabile che al dottore bastava guardarlo per sorridere di rimando a quello sguardo luminoso. Scosse la testa sconsolato
“Tutti uguali voi cow-boy dello spazio! Sempre felici e contenti di rischiare l’osso del collo ogni giorno!”
“Beh…”
Jim si pulì le labbra col tovagliolo che aveva poggiato sulle gambe e riempì di nuovo il proprio calice e quello del dottore di quel vino replicato che a lui sembrava buono ma che l’amico non smetteva di criticare
“…non propriamente tutti i giorni”
“Grazie… Ogni volta che entri in un maledetto spargi-molecole rischi la vita, Jim!”
Lo ‘spargi-molecole’ era il nome che Bones dava al teletrasporto, mentre il ‘maledetto assembla-atomi’ era il replicatore alimentare. Quell’uomo e la tecnologia, o tutto ciò che riguardava lo spazio, non andavano affatto d’accordo. Bones era sempre pronto ad attaccare e a sparare a zero su qualunque argomento concernesse una nave stellare, o in più in generale, l’universo!
Sempre con la risposta pronta e una buona argomentazione per sostenerla, poteva andare avanti a borbottare per ore.
In quelle settimane Jim ne aveva sentite tante, sapeva ormai a memoria ‘il discorso contro il tricorder’, macchina accusata di non riconoscere i sintomi medici come solo l’occhio esperto di un medico sa fare. Poteva sentirlo blaterare per ore in verità, era divertente, brillante, intelligente, assennato, e perché no, buffo.
Essendo costretto a non uscire dalla corsia dell’ospedale lo aveva visto visitare, operare, risolvere situazioni critiche e disperate, con una risolutezza e una decisione, una forza d’animo che mai lo abbandonavano. Non lo aveva mai visto gettare la spugna con nessun paziente, in nessun caso.
Aveva conosciuto e ammirato la sua tenerezza, la sua forza e il suo dolore quando qualcosa non andava come doveva.
Aveva visto la sua disperazione e la sua colpa, che mai si vergognava di nascondere. Non aveva mai conosciuto un uomo così in contatto e in pace con le sue emozioni, e non aveva mai provato quello che stava sentendo in quel momento, per lui.
 
“Sai che è davvero curioso trovare una persona come te nello spazio?”
Jim sorrise, non riuscendo a distogliere lo sguardo dal suo
“Odio lo spazio!”
Il ragazzo biondo gli si avvicinò leggermente, era sull’angolo del tavolo, accanto all’amico
“E la domanda successiva quindi sarebbe, che ci fai in una base stellare allora?”
Mormorò con la sua bella bocca rosea e carnosa mentre quegli occhi d’oro, allegri e sicuri, non smettevano di esaminare ogni minimo segno sul viso del dottore.
Leonard non si ritrasse né si scostò, sentiva il proprio cuore battere più forte, era chiaro che fosse un po’ imbarazzato, ma anche se il suo volto fosse diventato bordeaux non trovò la forza né la volontà di allontanarsi da quel bel viso ambrato, delicato e perfettamente liscio.
Si girò verso di lui e alzò il suo bicchiere
“La vita non va mai come uno se l’aspetta ragazzo mio, ti sballotta qua e là, l’unica cosa che puoi fare è subirla”
Oh non direi affatto, amico mio. Io so esattamente dove sono e dove sarò tra dieci anni!”
“E dove sarai?”
Jim gonfiò il petto
“Sulla mia nave! L’USS Enterprise!”
E i suoi occhi emanarono una tale sicurezza e decisione che sembrava stesse parlando semplicemente di un dato di fatto. E questa sua incredibile fiducia, questa certezza, che quel ragazzino ostentava sulla sua vita, sulla sua carriera, assolutamente certo di quello che stava facendo, senza alcun dubbio, alcun ripensamento, lo attraeva da impazzire, perché era qualcosa che lui non aveva, che non aveva mai avuto.
 
Jim sapeva quello che voleva, sapeva come ottenerlo, stava lavorando sodo per realizzare quel sogno, senza distrazioni, senza inciampi.
Leonard non era mai stato così, anche lui aveva sempre saputo cosa voleva diventare, ma oltre alla laurea in medicina, tutto il resto era andato storto.
Non aveva avuto intenzione di sposarsi, ce l’aveva portato la vita, non aveva avuto certo intenzione di divorziare, non aveva avuto intenzione di perdere suo padre a quel modo, non aveva mai avuto l’intenzione di abbandonare i verdi campi della sua amata Georgia, ma tutto era andato irrimediabilmente storto.
La vita lo aveva preso, ne aveva fatto quello che voleva, e lui non era stato in grado di opporsi a lei, non era stato in grado di prenderla e domarla.
Ed ora l’aveva abbandonato in quell’avamposto sperduto nell’universo, da solo, con mille rimpianti, dopo avergli rubato tutti i suoi sogni.
“L’Enterprise? Punti in alto, ragazzo”
Jim alzò le spalle
“Bisogna sempre puntare in alto Bones, se devo avere un sogno che sia perfetto!”
Disse con un’estrema semplicità e genuina intraprendenza che lasciò il dottore senza nulla da poter dire. Se quel ragazzo stava lavorando per diventare capitano dell’Enterprise, non era difficile credere che prima o poi ci sarebbe riuscito.
Ed era questa sua straordinaria capacità di trasmettere entusiasmo e coraggio, allegria, che il dottor McCoy ammirava più di ogni altra cosa e che necessitava.
Stare vicino a quel ragazzo era una medicina naturale, alla quale Leonard non riusciva a credere di dover rinunciare per rivederlo partire nello spazio, in mezzo ai pericoli, ai guai…
Probabilmente non lo avrebbe più rivisto, forse gli sarebbe accaduto qualcosa e lui non sarebbe stato lì a proteggerlo, né ad aiutarlo.
Una morsa gli strinse lo stomaco ma non lo diede a vedere, alzò il calice
“All’Enterprise allora, e… al futuro capitano Kirk”
Propose il brindisi, Jim lo fece incontrare con il suo bicchiere e con l’altra mano raggiunse quella dell’amico, abbandonata scompostamente sul tavolo, Bones trasalì ma non poté fare altro che stringergliela
“E al dottor McCoy che riprenderà in mano la sua vita!”
“Ne sei certo?”
Scherzò Leonard alzando un sopracciglio
“Se non la prendi tu, me ne approprio io…”
Gli soffiò sulle labbra con quel respiro dolce e bollente, McCoy rimase spiazzato e immobile sul posto, con la mente completamente in bianco, pregando solo che non gli si avvicinasse ancora, ma al tempo stesso sperando morbosamente che Jim posasse quella perfetta bocca sulla sua, talmente desideroso di assaggiarla, da ormai troppo tempo.
Ma Jim si allontanò d’improvviso, fece scontrare i bicchieri e vuotò il suo tutto d’un fiato.
 
 
Nemmeno un’oretta dopo si ritrovarono a camminare tranquillamente sul ponte d’osservazione, era una zona molto silenziosa e serafica della base stellare, frequentata per lo più da coppie, ma anche persone in cerca di un po’ di pace per pensare, o semplicemente godersi lo spettacolo dello spazio.
“Guarda…”
Il ragazzo biondo tirò a sé il dottore per la mano e si avvicinarono alla grande finestra che illuminava la stanza con il magnifico spettacolo dell’universo
“Non puoi dirmi di odiarlo… è meraviglioso…”
Gli disse con un bel sorriso, mentre le stelle illuminavano i suoi occhi rendendo lucido il suo sguardo.
Jim amava lo spazio, era per lui qualcosa di vitale, quando ne parlava, quando l’universo si rifletteva sul suo viso, quel ragazzo brillava. L’universo faceva parte di lui e lui di esso, una predestinazione evidente che non era difficile da comprendere.
“Davvero meraviglioso…”
Mormorò Leonard non staccando gli occhi dal viso di Jim, era sempre bello e incantevole da osservare, molto spesso non era riuscito ad evitare di guardarlo quando lo aveva trovato addormentato nella stanza dell’ospedale in quei due mesi ormai agli sgoccioli. Ma ora, mentre osservava il suo amato e indispensabile cielo, brillava di una luce particolare, il che lo rendeva, semplicemente, splendido.
 
“Tu dove ti vedi tra dieci anni, Bones?”
Chiese Jim, serio, girandosi verso di lui e prendendogli entrambe le mani tra le sue, il dottore scosse la testa
“Io non riesco a vedermi nemmeno tra dieci giorni, Jim…”
Lo guardò, sorridendo con quel riso triste e rassegnato, sconfitto, che Jim tanto detestava vedergli in volto.
“Bones…”
Il ragazzo si alzò lentamente sulle punte dei piedi e, con delicatezza, poggiò le sue labbra su quelle del dottore, un semplice tocco, una carezza accennata.
Non trovò ritrosia, né resistenza da parte dell’amico, ne sentì il respiro accelerato, gli portò le mani al viso, era bollente. Carezzò di nuovo quelle labbra con le proprie, quelle labbra che lo stavano disperatamente chiamando e che lo pretendevano a sé
“Jim…”
E si sentì stringere forte dalle braccia del dottore, lo schiacciava contro il suo corpo mentre quella tanto agognata bocca finalmente catturava la sua.
Lo strinse per le spalle, inconsciamente spaventato che l’uomo potesse andarsene da un momento all’altro.
Si agitavano diversi pensieri nelle loro menti, per quanto coerenti potessero essere in quel momento, la strana sensazione iniziale provata da entrambi, nell’accorgersi di non aver mai baciato un uomo prima di quel momento, lasciò ben presto il posto a una felicità mai raggiunta, alla consapevolezza che quello fosse il più bel bacio della loro vita.
 
 
“Jim…”
Mormorò infine Bones, staccandosi a malincuore da quella bocca deliziosa, desiderata come mai aveva desiderato qualcosa in vita sua
“…scusami Jim…”
Gli prese le mani e si allontanò da quel corpo caldo e sensuale
“Scusa di cosa?”
Il ragazzo biondo sorrise, portandogli le mani al viso, il dottore gliele prese di nuovo, le baciò, con dolcezza, recriminazione
“Devo… devo andare, è meglio così”
Cercò di allontanarsi ma il ragazzo gli si avvicinò ancora, aggrottò le sopracciglia, senza capire il perché di quel comportamento
“Bones…”
McCoy deglutì, non era sua intenzione far soffrire Jim in alcun modo, ma quel bacio lo aveva più destabilizzato di quanto avesse mai creduto possibile.
Ciononostante sorrise dolcemente
“Va tutto bene Jim, non hai fatto nulla di sbagliato, è tutto ok…”
Ci tenne a rassicurare quegli occhi confusi, che non avevano alcuna colpa, che non avevano commesso alcun errore, se non quello di posarsi sulla persona sbagliata.
“Ci vediamo domani mattina”
essere lui. Baciò ancora quelle morbide e profumate mani prima di allontanarsi da lui, nella sua confusione, nella sua angoscia, in quel timore che altro non era che una semplice e stupida paura di mettersi di nuovo in gioco sul terreno dei sentimenti.



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-non ho la più pallida idea di quando arriverà il terzo capitolo perché non so proprio dove voglio andare a parare °_° Perdonatemi, devo un attimo fare pace col cervello °_°
   
 
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