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Autore: LaniePaciock    10/04/2012    7 recensioni
E se per una strana magia Castle, Ryan ed Esposito si trasformassero in tre cani? E se avessero solo 24 ore per ritrasformarsi?
Genere: Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kate Beckett, Quasi tutti, Rick Castle
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Quarta stagione
Capitoli:
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Avviso: Ambientato ovviamente prima della 4x19... Non so voi, ma dopo aver visto gli ultimi due episodi (4x19-4x20) avevo assolutamente bisogno di qualcosa di più leggero (leggete comico/demenziale se volete XD) per bloccarmi prima di andare a prendere a testate quei due... -.-  Ok detto questo, buona lettura! :)
Lanie
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"Castle, why is it so important to you that I believe all this stuff about fates, psychics, and Santa Claus?"
"Because, if you don't even believe in the possibility of magic, you will never ever find it."

 

Cap.1 Rex, Honey e Always

“Forza muoviti” esclamò Ryan con uno sbuffo al sospettato. L’uomo cercò di divincolarsi dalla stretta presa al braccio del detective, ma non aveva fatto i conti con Esposito dall’altra parte.
“Io non ho fatto niente! Non ho ucciso nessuno!” urlò furioso ai due.
“Vogliamo solo farti qualche domanda. Non è il caso di scaldarsi tanto” esclamò Castle con un sopracciglio alzato, poco dietro di loro. L’uomo si chiamava Anthony Brown. Era basso e magro e con un paio di occhiali da vista che gli rendevano gli occhi enormi. Non aveva neanche quarant’anni, ma possedeva già un bello spiazzo pelato tra i suoi corti capelli scuri. Inoltre era un mago. O meglio, diceva di essere un mago. Era il proprietario, insieme a suo fratello gemello Timothy, di un piccolo negozio di magia sulla Broadway, chiamato Bedknobs and Broomsticks. Beckett aveva chiesto di portarlo al distretto per una chiacchierata. Lo zio di Tony e Tim, Jacob Brown, era morto qualche giorno prima a causa di una forte reazione allergica. Poteva sembrare una disattenzione, ma, facendo le dovute analisi, Lanie si era accorta che c’erano dei residui di crostacei, a cui era allergico, nel bicchiere da cui aveva bevuto e non nel piatto. Secondo il testamento, redatto poco tempo prima della morte, Jacob Brown lasciava tutta la sua eredità ai sui quattro nipoti, tre fratelli e una sorella, unici parenti in vita, da spartire in parti uguali. Il defunto era davvero molto ricco e diverse erano le proprietà che possedeva. Ognuno dei quattro quindi sarebbe diventato proprietario di una ingente somma di denaro alla morte dello zio. Questo aveva portato la detective a sospettare di tutti e quattro e aveva deciso di farli venire al distretto. Solo che, mentre Fred, Asia e Tim Brown erano già stati convocati e interrogati, Tony Brown non si era fatto vedere e non aveva risposto a nessuna delle chiamate di Beckett. Così la donna aveva ordinato a Ryan ed Esposito di andarlo a prelevare personalmente. Castle, appena saputo che era il proprietario di un negozio di magia, aveva chiesto, anzi pregato, Kate di mandarlo con loro. Alla fine la donna aveva accettato, sconfitta da quegli occhi blu da cucciolo. Il negozio di magia era piccolo, ma sembrava ben fornito. Però pareva anche ben poco frequentato. Quando i tre erano entrati, Tony aveva tentato di opporre resistenza, ma la sua forza era molto minore rispetto a quella dei due detective che lo avevano braccato perché non scappasse. Il tutto era avvenuto sotto gli occhi del fratello Tim che però non aveva tentato di ostacolarli perché li sapeva nel giusto. Aveva tentato anche lui di convincere il gemello ad andare a parlare con la polizia, ma non c’era stato verso di convincerlo. Ora li osservava, con un’occhiata in particolare di rimprovero per Tony che stava facendo un sacco di scene davanti al negozio. L’uomo stava cercando di divincolarsi dai due detective per non entrare nell’auto della polizia, continuando a gridare di essere innocente. Non voleva credere alle parole di Castle che diceva che volevano solo parlare. Esposito si stava veramente stufando.
“Andiamo amico la vuoi finire?” sbottò alla fine scocciato. “Vogliamo solo parlarti di tuo zio”
“Io non c’entro con la sua morte” dichiarò ancora quello.
“E allora perché non la finisci e vieni buono buono al distretto? Se sei innocente la faccenda si risolverà subito e tu potrai tornartene al tuo negozio” commentò Ryan. Brown, al posto di quietarsi, si agitò ancora di più.
“Io non voglio venire! Ho visto i film sui poliziotti e so come vanno queste cose! Io sono innocente! Lasciatemi andare o ve ne pentirete!” gridò infine. Ryan ed Esposito si bloccarono e lo guardarono. Ormai erano a pochi passi dall’auto. Castle li raggiunse e si mise curioso di fianco a Esposito per osservare in faccia Brown. Era serio. Quell’ometto pensava davvero di fargli paura? pensò lo scrittore.
“Ryan hai sentito? Questa mi sembra una minaccia a pubblico ufficiale” disse il detective con tono ironico. Neanche lui credeva al sospettato. Il partner annuì con un sorriso divertito. “Forza andiamo Brown. Stasera voglio uscire con la mia chica e non ho intenzione di ritardare per colpa tua”
“Forse dovremo stare attenti o ci scatenerà una maledizione addosso” disse ridacchiando Castle.
“È proprio quello che intendo fare se non mi lasciate andare!” urlò l’uomo furioso. Tim Brown osservava attento la scena a qualche metro di distanza, in piedi davanti alla porta del negozio. A quelle parole si irrigidì. Castle, Ryan ed Esposito si guardarono per un momento. Poi scoppiarono a ridere. Tony li fulminò con lo sguardo. Finalmente stavano quasi per farlo salire in auto, quando quello si bloccò di scatto davanti alla portiera e si girò verso i tre. Lo guardarono incuriositi e sorpresi. Non vorrà mica sopraffarci? pensò Castle divertito. Ora l’uomo aveva un’aria più rilassata, ma anche in qualche modo più pericolosa. Tony Brown prese un respiro profondo e li guardò a uno a uno.
“Fermo lì! ABC! Per di qui, per di lì!” esclamò quindi ad alta voce. Poi sorrise soddisfatto e salì sull’auto lasciando i tre sbalorditi. Tim Brown, il gemello, scosse la testa e sospirò. “Allora vi muovete? Prima andiamo, prima torno” continuò poi con aria annoiata, ma con un malcelato ghigno in faccia.  Ryan, Esposito e Castle erano a bocca aperta e con gli occhi sgranati, troppo stupiti dalla frase e dal repentino cambiamento d’umore del sospettato. Si guardarono. I due detective aggrottarono le sopracciglia e lo scrittore alzò le spalle e scosse la testa, confuso. Fecero per salire in macchina, ma Castle si sentì chiamare e si voltò. Era Tim Brown. Quell’uomo era molto disponibile e allo scrittore piaceva. Gli aveva parlato con Beckett il giorno prima ed era pulito, oltre il fatto che aveva un alibi. Inoltre gli aveva insegnato un trucchetto di magia prima di andarsene.
“Senta signor Castle, mi spiace per il comportamento di mio fratello…” si scusò. Rick scosse la testa con un sorriso.
“Non si preoccupi signor Brown” rispose. “Ryan ed Esposito hanno spesso a che fare con persone poco disposte ad andare al distretto. In fondo non è successo niente di male e appena avremo finito di parlargli, se collaborerà, lo rimanderemo qui.” Tim lo guardò dubbioso per un momento.
“Va bene… Comunque ci terrei a farle sapere che il negozio è aperto anche alla sera e spesso vi resto fino a tardi” continuò lanciandogli un’occhiata penetrante. Castle lo guardò confuso, ma non disse niente. Annuì solo facendo un mezzo sorriso accondiscendete. Tim Brown allora lo salutò e tornò al negozio, mentre lo scrittore salì in auto al posto del passeggero vicino a Ryan. Esposito era dietro con Tony Brown. Mentre raggiungevano il distretto, Castle non poté fare a meno di chiedersi cosa significasse la frase pronunciata prima dall’uomo dietro di lui. Quindi si girò e glielo domandò.
“È un incantesimo” rispose quello tranquillo, le braccia incrociate, lo sguardo spavaldo fuori dal finestrino.
“E… cosa farebbe questo incantesimo?” chiese cauto Castle. Lui credeva nell’impossibile e già in passato aveva creduto a delle maledizioni. Voleva sapere cosa significasse stavolta quella strana formula sconosciuta. Magari ci trasforma in conigli... pensò ridacchiando internamente. Esposito alzò un sopracciglio come a voler dire ‘Non ci crederai sul serio?’ Lo scrittore alzò le spalle e tornò a concentrarsi su Brown.
“Beh, se proprio ci tieni” replicò sogghignando. “Comunque è semplice: alla mezzanotte di oggi, tutti e tre voi vi trasformerete in cani” esclamò soddisfatto. Castle inarcò le sopracciglia. “Dico sul serio!” continuò poi vedendo il suo scetticismo. “Vedrete.” Poi incrociò di nuovo le braccia davanti al petto e si rimise a guardare fuori senza più dire niente. Arrivarono al distretto dieci minuti dopo. Castle e Beckett lo interrogarono, ma sembrava avesse un alibi per l’omicidio perciò lo lasciarono andare in meno di un’ora. Passando davanti a Castle, Tony gli fece l’occhiolino e dichiarò “Buona fortuna”. Quando si fu allontanano Kate chiese confusa spiegazioni.
“Oh, niente, ci ha solo lanciato una maledizione” rispose per lui Esposito ridacchiando, che si era avvicinato insieme a Ryan.
“Una maledizione?” chiese Beckett scettica alzando un sopracciglio.
“Sì, ma stavolta non ci credo nemmeno io” disse lo scrittore con un sorriso divertito e uno sguardo di intesa verso gli altri due. In quel momento arrivarono Lanie e Jenny. Si erano incontrate in ascensore, mentre entrambe salivano a salutare i rispettivi compagni. Di solito Jenny non veniva mai al distretto, ma stavolta sembrava non essere qui per il marito. Con Lanie stava organizzando una serata sole donne per quella notte e tirarono dentro Kate che accettò volentieri. Esposito mise un po’ il broncio perché voleva uscire con la sua dottoressa, ma quando Lanie promise che si sarebbe fatta perdonare, il muso sparì subito. Visto che ormai erano le 8pm passate, le tre donne salutarono e si diressero chiacchierando a casa di Kate. Castle, Esposito e Ryan, lasciati soli, decisero a quel punto di andare a bersi una birra all’Old Haunt.
 
Rimasero al pub fin quasi a mezzanotte a parlare e scherzare. Mancavano poco più di dieci minuti all’ora maledetta quando Rick guardò l’orologio.
“Ehi, secondo voi ci succederà qualcosa a mezzanotte?” chiese a metà tra il preoccupato e il divertito.
“Ma dai Castle, non dirci che credi davvero a quel Brown!” esclamò Esposito ridendo. Lo scrittore si fece pensieroso. Crederci o non crederci? Beh, lo scopriremo presto. Mancava qualche minuto a mezzanotte quando uscirono dal locale. In fondo la mattina dopo avrebbero dovuto trovarsi tutti svegli e scattanti al distretto. Erano fermi davanti alla Ferrari di Castle, quando qualcosa successe. Mentre stavano parlando tranquillamente, all’improvviso lo scrittore sentì una fitta allo stomaco. Si portò una mano alla pancia, piegato in due dal dolore che cresceva di secondo in secondo. Udì un gemito. Alzando appena lo sguardo, vide i due detective davanti a lui nella sua stessa posizione, anche loro con una smorfia di dolore in viso. Poi la testa cominciò a girargli. Non sapeva più quale fosse il sopra e quale il sotto. Sentiva i piedi e le mani che gli formicolavano. All’improvviso si ritrovò senza forze e si accasciò a terra. Gli parve di udire altri due tonfi vicino a lui, ma non ne era sicuro. Poi sentì dolore al viso, come se qualcuno gli stesse tirando con forza il naso. Riuscì solo a emettere un lamento di dolore quando perse conoscenza. Si risvegliò meno di un minuto dopo. Era sdraiato su un fianco. Sentiva il freddo asfalto da sotto la giacca e premuto sulla faccia. Aprì piano gli occhi e si trovò davanti un cerchione di auto con un cavallino rampante sopra. La sua Ferrari. Alzò il capo, ma involontariamente chiuse di nuovo gli occhi. Sembrava che la testa volesse scoppiargli. Rimase immobile per qualche secondo e il dolore, com’era venuto, se ne andò. Riaprì gli occhi e girò il capo. La strada davanti a lui era deserta. Cercò di alzarsi, ma sembrava che le sue mani e i suoi piedi non fossero molto collaborativi. Abbassò gli occhi e quel che vide lo fece urlare sorpreso. No, urlare non era il termine più esatto. Sarebbe stato meglio dire latrare, perché fu proprio un latrato di cane quello che gli venne spontaneo alle labbra. Riabbassò gli occhi sperando di aver visto male, ma l’immagine era sempre quella. Non mani, né piedi, ma zampe. Quattro candide zampe canine. Finalmente, con qualche difficoltà dovuta alla sorpresa e alla nuova situazione, riuscì a mettersi in piedi. Un guaito dietro di lui lo fece voltare. Istintivamente fece un passo indietro. Davanti a lui c’erano altri due cani. Uno era un esemplare di labrador color miele, mentre l’altro era un pastore tedesco. Il primo era ancora sdraiato a terra, con la testa alzata, mentre il secondo era già in piedi, con le zampe un po’ più aperte del normale e la testa bassa, come se cercasse di trovare un equilibrio.
“Ma che diavolo…” sentì mormorare il pastore tedesco con la voce di Esposito.
“Javier?” chiese stupito. Il cane alzò la testa e fece un balzo indietro. Evidentemente non si era accorto di lui.
“Rick??” rispose. A quel punto anche il labrador si alzò faticosamente in piedi. Aveva la bocca semiaperta per lo stupore.
“Kevin?” domandò allora Castle. Il labrador annuì piano. Stava ancora cercando di elaborare la cosa.
“Che ci è successo?” chiese il cane dal manto color miele con la voce di Ryan. Faceva uno strano effetto sentire le voci dei suoi amici nella bocca di due animali.
“L’incantesimo!” rispose subito Castle.
“Ma non è possibile! Insomma… Non è possibile!” uggiolò Esposito iniziando a girare in tondo. Ryan scosse la testa ancora confuso.
“Eppure non ci sono molte altre possibilità…” rispose sarcastico lo scrittore. In quel momento girò la testa verso la vetrina del negozio davanti a cui aveva fermato l’auto. Vide specchiati il labrador-Ryan e il pastore tedesco-Esposito. Poi riconobbe sé stesso e sgranò gli occhi avvicinandosi al vetro. Era un husky. Un magnifico husky dagli occhi blu. “Ehi, sono affascinante anche come cane!” esclamò, non riuscendo a trattenersi, con un mezzo sorriso che si rispecchiava come un ghigno, il labbro superiore leggermente alzato che mostrava i denti bianchi. Si girò e vide che i due detective lo guardavano male, quindi tornò serio, le orecchie basse, e mormorò uno ‘Scusate’.
“Ora che facciamo?” chiese poi Ryan.
“Secondo me l’unica cosa è andare da quel Brown e cercare di convincerlo a farci tornare normali” rispose Castle. Esposito emise un mezzo sbuffo.
“Più facile a dirsi che a farsi” commentò. Ora capisco perché Tim Brown mi ha detto che stava in negozio fino a tardi… Sapeva che sarebbe successo! pensò Rick. Si accorsero di avere indosso le giacche con cui erano usciti. Come cani però erano solo ingombranti e se ne liberarono buttandole dentro la Ferrari dello scrittore. Quindi iniziarono a correre verso il negozio dei gemelli Brown che fortunatamente non era troppo lontano. Vi arrivarono comunque quasi mezz’ora dopo, stanchi e affaticati, la lingua a penzoloni, nonostante si fossero fermati tre volte per prendere fiato. Si erano accorti che riuscivano a correre di più e più a lungo, ma comunque lo scrittore non era per niente abituato.
“Forza Castle! Con questa corsa magari mandi giù un po’ di pancia” gli aveva detto Esposito ridacchiando, all’ultima pausa che avevano fatto. “Sicuramente Beckett ne sarà più che felice, vedrai.” Lo scrittore aveva mugolato offeso, ma non aveva replicato. Arrivarono davanti al negozio e si accorsero che la luce era accesa e c’era ancora il cartello con su scritto OPEN alla porta. Si scambiarono uno sguardo d’intesa. Quindi il pastore tedesco si mise sulle zampe posteriori e tirò giù la maniglia della porta. Entrarono con circospezione facendo un passo per volta, le orecchie basse. Inconsciamente, Castle si accorse di riuscire a percepire l’odore di Brown prima ancora di vederlo. Era dietro il bancone, con alcuni fogli in mano, e sembrava non si fosse ancora accorto di loro. Il labrador mandò un piccolo abbaio per segnalare la loro presenza e Brown si girò di scatto. Un sorrisetto compiaciuto gli si aprì sulle labbra nel vederli.
“Bene, bene, bene… Sbaglio o questi sono i miei due detective preferiti insieme al famoso scrittore?” chiese divertito. Era Tony Brown, non Tim, su questo non c’erano dubbi. Esposito mandò un basso ringhio d’avvertimento, ma dopo qualche istante si bloccò stupito. Gli era venuto istintivo, non si era neanche accorto di averlo fatto davvero. Tony ridacchiò.
“Ehi, smettila di prenderci in giro! Ti sei divertito abbastanza, ora facci tornare normali” esclamò arrabbiato Ryan. Ma quello scosse la testa.
“Non ho idea di cosa tu stia dicendo labrador. Io non parlo il canino” disse continuando a ghignare. I tre si guardarono. Loro si capivano, ma gli altri non capivano loro. Il grido di Ryan era uscito niente più che come un latrato. Fantastico… pensò stizzito lo scrittore. “Immagino vogliate sapere come fare a tornare normali comunque…” Castle annuì subito, la speranza negli occhi, girandosi verso di lui. “Non so però se ho voglia di dirvelo…” sussurrò chiaramente divertito l’uomo. Il pastore tedesco stava già mandando un altro ringhio, quando da dietro una tenda dietro il bancone fuoriuscì il gemello, Tim Brown. Rimase stupito nel vedere i tre cani nel negozio, poi lanciò un’occhiataccia al fratello.
“Mi sembra che per oggi tu abbia fatto abbastanza danni” esclamò arrabbiato. Tony sbuffò in risposta. Poi si alzò e se ne uscì dalla stessa tenda da cui era entrato il fratello. “Scusatelo… Mi dispiace davvero molto” disse poi con un sospiro rivolto ai tre animali. Li studiò per un momento. Inchiodò gli occhi sull’husky. “Se non sbaglio, tu sei lo scrittore, giusto? Richard Castle.” Rick annuì. Tim spostò poi lo sguardo sul pastore tedesco. “Credo che tu sia il detective Esposito, dico bene? Il carattere si addice ad un pastore. Eri militare per caso?” chiese curioso. Uno sbuffo scocciato da parte dell’animale gli fece rimangiare la sua curiosità. Evidentemente non era in vena di confidenze. Si voltò quindi verso il labrador. “Tu invece devi essere il detective Ryan.” Anche Ryan annuì. Erano stupiti che li riconoscesse. Esposito aveva ancora le orecchie basse e il labbro superiore leggermente alzato. Ryan e Castle al contrario avevano le orecchie dritte per prestare maggiore attenzione. Brown annuì di rimando, contento di averli riconosciuti al primo colpo. Poi si fece un po’ più serio. “Mi spiace, ma non posso farvi tornare umani…” cominciò. A quelle parole, il pastore tedesco aveva ricominciato a ringhiare feroce e anche il labrador sembrava essere meno amichevole di prima. “Aspettate prima di attaccare!” li fermò l’uomo portando le mani avanti. Aveva la voce un po’ stridula ora. “Ho detto che io non posso fare niente, come non può fare niente mio fratello. Ma voi potete” proseguì velocemente. Il pastore smise di ringhiare. Tim fece un piccolo sospiro di sollievo e continuò. “Mi dispiace che Tony vi abbia lanciato questo incantesimo. È sempre stato l’impulsivo dei due. Ma non è cattivo come sembra. Comunque, dicevo, c’è un modo perché possiate tornare umani. Dovete riuscire a trovare qualcuno che vi riconosca davvero” disse. I tre lo guardarono confusi, così Tim cercò di spiegarsi meglio. “Perché possiate tornare umani, avete bisogno di qualcuno che vi riconosca. Che riconosca che siate proprio voi. Ma deve crederci davvero, non basta un sospetto, altrimenti non funzionerà. Inoltre io non posso dire che Tony vi ha trasformato, non mi crederebbero. Comunque basta che riconoscano solo uno di voi che anche gli altri due torneranno normali ” I tre cani si guardarono preoccupati. Non gli piaceva per niente quella situazione. “Ah, dimenticavo una piccola clausola dell’incantesimo.” Castle, Ryan ed Esposito tornarono a guardarlo. “Avete solo un giorno. Mi spiace, ma se alla mezzanotte di domani nessuno vi riconoscerà, allora rimarrete cani per sempre.”
 
I tre cani uscirono mezz’ora dopo dal negozio. Erano abbattuti e tristi. Chi li avrebbe riconosciuti in questo stato? Tim Brown gli aveva consigliato di andare da qualche parente o dalle loro donne per avere qualche chance in più, visto che avrebbero dovuto conoscerli meglio. Ryan ed Esposito pensavano di raggiungere Jenny e Lanie. Castle invece era sconfortato. Sua madre Martha era sempre fuori e difficilmente avrebbe avuto abbastanza tempo per stare dietro a un cane, figurarsi per capire che il cane era suo figlio! Alexis era una possibilità, ma la figlia aveva un po’ troppo i piedi per terra per immaginare il padre trasformato in animale. Se poi pensava a Kate entrava nello scoraggiamento totale. La donna non credeva neanche in Babbo Natale, non l’avrebbe quindi mai immaginato nelle vesti di un cane.
“Dai Rick, vedrai che una di loro ci riconoscerà” disse speranzoso Ryan. Era meno convinto di quanto avesse voluto però. Castle emise un leggero sbuffo. Esposito cercò di smuoverlo.
“Ce la faremo!” esclamò convinto. “Basterà che uno di noi venga riconosciuto che gli altri saranno apposto. Dobbiamo solo darci da fare e sfoderare tutto il nostro fascino! In questo sei bravo, no Rick?” Il labrador annuì con quello che sembrava un sorriso ed entrambi guardarono l’husky. I suoi occhi blu erano tristi, ma alla fine annuì e gli fece un mezzo sorriso in risposta.
 
Corsero a perdifiato verso casa di Kate, dove sapevano che avrebbero trovato sia la padrona di casa, che Lanie e Jenny. Si fermarono solo una volta per riprendere fiato. Un quarto d’ora dopo erano a casa di Beckett. Il portone era aperto, così salirono indisturbati le scale fino al pianerottolo della detective. Arrivati lì però si bloccarono. Dall’interno veniva il suono ovattato di una tv accesa.
“E ora?” chiese Castle. “Non possiamo abbaiare. Rischiamo di spaventarle, oltre che di svegliare tutto il palazzo”
“Potremmo grattare un po’ la porta” affermò Ryan. Gli altri due lo guardarono con quello che voleva essere un sopracciglio alzato. “Che c’è? Jenny mi ha detto che il cagnolino di sua sorella lo faceva sempre per farsi aprire” disse sulla difensiva.
“E se suonassimo il campanello?” chiese Esposito. Ma Castle scosse la testa.
“Si è rotto un paio di giorni fa e non l’ha ancora aggiustato” rispose. Il pastore sbuffò.
“Ok, allora proviamo a grattare e vediamo che succede” replicò irritato. Iniziarono a dare dei leggeri colpetti alla porta con le unghie. Dopo un minuto ripeterono l’operazione, ma un po’ più forte. La quarta volta sentirono la tv spegnersi di botto.
“Forse hanno sentito un rumore e hanno messo il muto. Dai continuiamo!” sussurrò eccitato Castle agli altri due. Finalmente sentirono dei passi che si avvicinavano alla porta. Aspettarono impazienti. Castle era sicuro che quei passi appartenessero alla sua musa. Non perché fosse casa sua, ma per istinto. Dopo qualche secondo la porta si aprì e la testa di Kate fece capolino dalla porta socchiusa. Ci mise un paio di secondi per capire che davanti al suo appartamento c’erano tre cani in attesa. La videro trattenere il respiro e chiudere velocemente la porta. Poi la sentirono chiamare Lanie e Jenny. Senza pensarci, l’husky uggiolò piano. Esposito e Ryan si voltarono a guardarlo interrogativi.
“Beh, se faccio il cucciolo magari apre…” rispose Castle come spiegazione un po’ imbarazzato. Gli altri due ridacchiarono. Dopo qualche secondo alla fine Kate riaprì la porta, ma insieme a lei videro anche Lanie e Jenny. Tutti e tre i cani fecero un mezzo passo in avanti speranzosi. Le loro code iniziarono a scodinzolare senza che se ne accorgessero.
“Ma come sono belli” esclamò Jenny con un sorriso.
“Hai ragione. Perché non li facciamo entrare?” chiese Lanie, anche più contenta dell’amica. L’unica scettica era Kate.
“Certo perché no?” disse sarcastica. “Non sappiamo da dove vengono, né di chi sono, ma, ovvio, facciamoli entrare in casa mia…”
“Dai Kate! In fondo hai già tenuto un cane con Castle, no?” domandò la dottoressa con una punta di malizia. La detective arrossì leggermente ripensando a quando lo scrittore era venuto a casa sua con il golden retrive, Royal, del morto su cui stavano indagando qualche tempo prima. Lanie però non sapeva che lo scrittore a un certo punto le aveva preso la mano e aveva iniziato a farci dei piccoli giri con il pollice. Non le aveva raccontato il brivido che le era passato sulla schiena in quel momento. Perciò cercò di ricomporsi. Fu abbastanza veloce per le due donne, che avevano occhi solo per gli animali davanti alla porta, ma non per Rick, che invece avevano notato il rossore e ora sogghignava internamente. Dopo varie suppliche di Lanie e Jenny, Kate decise di farli entrare.
“Va bene” sbuffò la detective. “Ma domani li portiamo al distretto e facciamo la segnalazione.” Appena si scostarono dalla porta, quelli si intrufolarono e Kate ne rimase stupita. Era come se sapessero che avevano deciso di lasciarli entrare. Scosse la testa e chiuse la porta. Lanie e Jenny si erano sedute sul divano, mentre i tre animali si erano fermati vicino al tavolo della cucina, vicini. Sembravano indecisi su cosa fare. Ryan puntò gli occhi in quelli di Jenny e la donna lo chiamò piano a sé.
“Vieni qui bello. Dai tranquillo…” mormorò. Lo scodinzolante labrador si avvicinò a lei piano per paura di spaventarla. Quando le fu vicino però non riuscì a trattenersi. Le salì con le zampe anteriori sulle ginocchia e iniziò a leccarle la faccia. Jenny rideva felice per il solletico della lingua del cane e per aver conquistato la sua fiducia così presto. Esposito e Castle avevano osservato la scena sorridendo internamente.
“Qualcosa mi dice che lui sarà il primo a essere riconosciuto” affermò Rick.
“Possibile, ma secondo me faccio prima io” rispose Esposito con un ghigno.
“Ehi guardate che vi sento!” esclamò Ryan. Aveva smesso di leccarle la faccia e ora era praticamente sdraiato sulle sue ginocchia a farsi coccolare e accarezzare sulla schiena. “Sono sicuro che sarò io a salvarvi” continuò.
“Perché non scommettiamo?” domandò Esposito. “Cinquanta dollari che io sarò il primo a farmi riconoscere. E gli altri due pagheranno una cena alla coppia vincitrice”
“Ci sto” rispose Ryan. “E tu scrittore?” Rick diede uno sguardo alla sua musa in piedi vicino al bancone della cucina. Stava guardando lui. Non gli altri. Lui. Forse non ho speranze, ma tentar non nuoce.
“D’accordo” rispose solo. Di tutto quello di cui avevano parlato, le donne sentirono solo degli uggiolii e dei piccoli latrati. Esposito decise che era il suo turno. Si avvicinò piano a Lanie. Poi con la punta del naso le sfiorò la mano che la donna aveva allungato. Quando Lanie iniziò ad accarezzarlo sulla testa emise un mugolio di piacere e diede una leccata alla mano. Poi si avvicinò ancora e quasi le balzò addosso. Lanie per fortuna non si era spaventata, ma rideva divertita. Il pastore tedesco dovette accontentarsi di posare il muso sulle gambe della donna, poiché era troppo grosso per starle addosso. Conquistate le loro postazioni, i due si girarono verso Castle.
“Tocca a te” commentò Esposito con un ghigno. “Va e conquista la tua bella!”
Lui prese un respiro e si voltò di nuovo verso Beckett che osservava divertita le sue due amiche con i due cani. Anche lei si girò verso l’husky. I loro occhi si incontrarono. Mentre si guardavano, Rick la vide aggrottare le sopracciglia per un momento e poi scuotere la testa. Guardami ancora negli occhi Kate. Possibile che tu abbia già capito chi sono? si domandò speranzoso Castle. Iniziò a scodinzolare senza accorgersene. Non sentì neanche gli altri due maschi che ridacchiavano. Deglutì e le si avvicinò piano, la testa bassa. Kate era attenta e curiosa, ma non sembrava preoccupata. Rick si fermò davanti a lei, a non più di un paio di passi, e si mise seduto. Era una strana sensazione. Normalmente era più alto di Kate quindi non aveva mai avuto questa prospettiva dal basso sulla donna. Adesso so come si sentono i criminali davanti a lei… Visto che la donna era rimasta immobile, confusa, Rick decise di allungare il collo fino a far poggiare il suo naso umido sulla mano di lei lasciata lungo il fianco. All’iniziò lo poggiò solo e lo spostò. Kate sembrava ancora stranamente indecisa sul come comportarsi. Poi a Castle venne un’idea. Si fece coraggio, riavvicinò il naso e iniziò a muoverlo sul dorso della sua mano facendo dei piccoli giri, sperando forse che capisse. Kate rimase con la bocca semiaperta all’inizio, stupita. Poi si accovacciò sui talloni, alla sua stessa altezza d’occhi. Quegli occhi blu così simili a quelli del suo scrittore. Si morse il labbro inferiore e avvicinò la mano al viso dell’husky. Quello la guardò attento per qualche secondo, poi iniziò a scodinzolare. Lei lo accarezzò sul muso e Rick mugolò felice, socchiudendo gli occhi. Doveva diventare un cane perché riuscisse ad avere qualche coccola dalla detective. Finalmente Kate prese confidenza con l’animale e gli accarezzò con entrambe le mani la testa, sorridendo. Rick non resistette più. Fece un passo in avanti e le diede una leccata sulla faccia, ritraendosi poi subito dopo. La donna ne fu un po’ stupita, ma sorrise ancora di più. Questo convinse Castle di non aver fatto niente di sbagliato. In fondo ora sono un innocente cane, no? Così si riavvicinò e iniziò di nuovo a leccarle la faccia. A quel punto Kate perse l’equilibrio e cadde all’indietro. L’husky si era bloccato preoccupato, ma vedendola ridere le era andato sopra per continuare a baciarla alla maniera canina. Eh sì, dovevo proprio diventare un cane per entrare in paradiso…
 
Erano quasi le due quando Lanie e Jenny decisero di tornare a casa. Ognuna di loro si fece carico di uno degli animali. Ovviamente Lanie prese il pastore tedesco e Jenny il labrador.
“Allora siamo d’accordo. Domattina venite al distretto con i cani. Magari riusciamo a ritrovare il proprietario” disse Kate.
“Credi che siano di un solo padrone?” domandò Jenny. La detective alzò le spalle.
“Credo di sì. In fondo erano insieme quando si sono presentati sulla porta. Comunque faremo tre segnalazioni differenti e vedremo cosa viene fuori” rispose.
“Allora Rex, sei pronto per andare?” esclamò Lanie giocosa al pastore tedesco. Quello mandò un piccolo abbaio.
“Rex?” chiese Kate alzando un sopracciglio, ma con un sorriso. La dottoressa alzò le spalle.
“Beh, dovrò pur chiamarlo in qualche modo finché non troviamo a chi appartiene, no?”
“Ehi, hai ragione” dichiarò Jenny con un sorriso. Poi abbassò lo sguardo verso il labrador vicino a lei. “Mm… Direi che d’ora in poi, finché non scopriamo chi sei, ti chiamerò Honey” disse eccitata. Non fece in tempo a finire la frase che l’husky e il pastore fecero un verso strano, simile a una risata, mentre l’altro rispondeva con un leggero sbuffo.
“Kate tu come hai intenzione di chiamarlo?” chiese poi Lanie. “A proposito ragazza, hai visto che begli occhioni blu ha questo bel cagnolone?” continuò candidamente e con una punta di malizia. Kate arrossì leggermente, mentre Jenny ridacchiava. La detective guardò l’husky accanto a lei. Sembrava in attesa, la testa leggermente piegata di lato con curiosità. Kate si morse il labbro inferiore, indecisa, poi sorrise.
Always. Lo chiamerò Always.” L’husky prese a scodinzolare frenetico e si alzò felice sulle zampe posteriori per appoggiare invece quelle anteriori sulle spalle della donna, leccandole contemporaneamente la faccia. Kate all’inizio ne fu sorpresa, ma poi scoppiò a ridere. Dopo qualche secondo comunque riuscì a far scendere il cane da sopra di sé.
“Mah, io pensavo lo chiamassi Rick o perlomeno Castle...” sbuffò Lanie, mentre Jenny ridacchiava. Kate le lanciò un’occhiataccia. Solo Rick comunque aveva capito davvero il senso di quel nome e ne era stato felicissimo. Voleva dire che anche per lei quella parola valeva molto di più del suo significato. Voleva dire che comunque la donna pensava spesso a lui. Mentre le tre donne si auguravano la buonanotte, i cani ne approfittarono per scambiarsi le ultime battute.
“Honey…” sbuffò Ryan con una leggera smorfia.
“Beh, noi l’avevamo detto che ti calzava a pennello Latte e Miele” lo prese in giro Esposito, mentre Castle ridacchiava. “Comunque cos’era quella gioia nel tuo nome Rick?” chiese poi allo scrittore con tanta malizia quanta ne aveva la sua compagna. Quello si limitò a girare la testa come a dire che non era niente di importante. Se avesse potuto però sarebbe diventato rosso anche sotto tutto quel pelo. Ora toccava a Ryan ridacchiare. Sentirono che le donne li stavano chiamando. Si salutarono e si augurarono buona fortuna a vicenda.
“Vedi di non sbavare troppo addosso a Kate, Rick” sogghignò Ryan prima di voltarsi e andare dietro a Jenny.
“Beh, non cambierebbe molto dal solito…” commentò Esposito ghignando anche lui. Castle sbuffò offeso e rientrò nell’appartamento. Kate chiuse quindi la porta e si girò verso di lui. L’husky si era già diretto verso il divano e stava per salirci sopra, quando Kate lo fermò.
“Ehi, di un po’ tu, non vorrai mica salirci sopra vero?” domandò alzando un sopracciglio. Il cane si fermò di botto, come se avesse realizzato solo in quel momento ciò che stava per fare. Cavolo, Kate non voleva far salire Royal sul divano! Chissà però se riesco a spuntarla… pensò Rick. Si girò lentamente e mise su il suo miglior sguardo da cucciolo. In fondo ora che era un cane avrebbe dovuto avere una possibilità di successo pari al cento per cento. Difatti vinse lui. Kate non riuscì a resistergli per più di dieci secondi.
“Uff… E va bene puoi salire” sbuffò con un mezzo sorriso sconfitta, sedendosi sul divano accanto all’husky. Iniziò ad accarezzargli la testa che lui aveva subito posizionato sulle sue ginocchia sdraiando il resto del corpo sul divano. “Always… Sai perché ti ho chiamato così? Non potevo certo dirlo davanti a Lanie e Jenny, ma visto che te l’ho affibbiato hai il diritto di sapere” mormorò con un sorriso la detective. Si stupì nel vedere che il cane aveva alzato la testa e ora la osservava attento, le orecchie dritte. Kate si morse il labbro inferiore e affondò gli occhi in quelli così blu dell’husky davanti a lei. Erano così simili a quelli del suo scrittore che era più che facile perdercisi dentro. Scosse la testa e iniziò a spiegargli l’origine del suo nome. “Il fatto è che tu… beh non proprio tu, ma i tuoi occhi sono uguali a quelli di una persona che conosco. Si chiama Richard Castle ed è uno scrittore famoso, sai?” disse con un leggero sorriso facendo vagare lo sguardo per la stanza, ma continuando ad accarezzare il cane sulla schiena. Non si era neanche accorta che nel sentire il nome di Castle, l’animale si era irrigidito, come se stare immobile lo aiutasse a sentire meglio le parole della donna. “Devo dire che il nostro rapporto è un po’…  particolare direi. Io sono una detective della omicidi e quando ci siamo conosciuti in realtà io sapevo già bene chi era. Avevo letto tutti i suoi libri e di uno avevo anche l’autografo…” L’husky emise un leggero abbaio a quelle parole e le diede una leccata sulla faccia. Lo sapevo, lo sapevo, lo sapevo!! pensava intanto Rick felice. Per calmarlo, Kate minacciò che non gli avrebbe raccontato il seguito e quello subito si calmò, sotto lo sguardo stupito della donna. “Mi domando se tu non capisca ciò che dico…” sussurrò più a sé stessa che ad altri, le sopracciglia aggrottate. Rick voleva farle capire che era il suo partner, ma allo stesso tempo voleva che Kate continuasse ad aprirsi a lui, anche se in vesti canine. Forse era un po’ un colpo basso, però non sarebbe stato da lui non approfittarne. Inoltre confidava nelle capacità di farsi riconoscere di Ryan e di Esposito. Dopo qualche secondo la donna scosse la testa con una mezza smorfia, come a scacciare un pensiero assurdo. Ovviamente Rick non poteva non pensare a quanto fosse bella la sua musa anche con quella piccola smorfia. Per la gioia dello scrittore, Kate riprese a raccontare. “Beh, comunque ho dovuto coinvolgerlo per un caso e dopo quattro anni non sono ancora riuscita a togliermelo di dosso. Usa la scusa che scrive dei libri ispirati a me” affermò con un sorriso divertito. “Sai, Rick è un bambinone che fa sempre di testa sua. Non ascolta mai ed è un gigantesco ficcanaso…” L’husky sbuffò piano. “Però sa anche quando è il momento di essere serio” continuò la detective. La mano di lei continuava ad accarezzarlo sulla testa e sulla schiena meccanicamente. “Dovresti vederlo quando c’è sua figlia Alexis. È un padre dolcissimo. Gli si illuminano gli occhi quando parla di lei e, nonostante l’abbia tirata su quasi da solo, Alexis è diventata una ragazza fantastica. Anzi una donna fantastica ormai anche se lui la vedrà sempre come la sua bambina credo” disse con un sorriso. Alexis E’ la mia bambina... pensò lo scrittore. “Inoltre Rick è davvero un grande aiuto al distretto”continuò Kate. Poi si girò a guardarlo con un sorriso complice. “Questo però non diciamoglielo, altrimenti il suo ego ci sommergerà!” disse divertita. L’husky sbuffò di nuovo. “ Comunque ha spesso idee brillanti che ci aiutano a risolvere i casi… Certo quando non inizia a tirare fuori le sue teorie sugli alieni e sulla CIA” esclamò ridacchiando. “Ma la cosa migliore per me è che ha portato un po’ di… divertimento. Vedi io non ho avuto un passato facile” mormorò. Quasi avesse capito, l’husky le si fece più vicino e le mise la testa in grembo, come per farle sentire il suo calore, continuando comunque a guardarla. Kate sorrise leggermente. “Ho scelto questo lavoro un po’ per vendetta e un po’ per giustizia. Per dare ad altri le risposte che io non ho mai avuto e per cercare le mie. Mi sono sempre concentrata prima sul lavoro e poi sul resto e in effetti ero forse un po’ troppo seria. Lui mi ha insegnato di nuovo come ridere” sussurrò quella confidenza con sguardo perso e leggermente umido, continuando a muovere meccanicamente la mano sul dorso del cane. “Solo grazie a lui sto riuscendo finalmente a liberarmi del mio muro. Mi ha fatto arrabbiare diverse volte il mio scrittore. Ma mi ha anche aiutata come nessuno aveva mai fatto. E mi è stato vicino, riuscendo a tirarmi fuori dall’oscurità in cui mi perdevo. Sempre.” In quel momento si riscosse. Guardò verso il basso e vide l’husky con il naso all’aria, lo sguardo rivolto verso di lei. Poteva quasi leggere la comprensione in quegli occhi blu. Gli sorrise. “Ti chiami Always, perché per noi… per me è sempre stata una parola con qualcosa di più, anche se non so dirti bene cosa. O forse lo so, ma ho paura” mormorò girando la testa guardando il pavimento. Il muso del cane le fu all’improvviso davanti. Sembrava chiedere di continuare a parlare. O forse era solo lei che voleva sfogarsi e leggeva dentro quegli occhi blu questa tacita richiesta. Kate lo guardò con dolcezza. Poi senza pensare, disse “Sai che mi ha detto che mi ama?” L’husky si irrigidì d’un tratto, le orecchie più dritte che mai. Mandò anche un basso brontolio. La donna però non se ne accorse. Aveva lo sguardo perso nel ricordo. “Io ero a terra. Mi avevano appena sparato ed ero sicura di stare per morire… Credo lo pensasse anche lui quando me l’ha detto. Dopo però ho affermato di non ricordare.” Tornò a guardare l’animale che ora sembrava avere uno sguardo triste e di rimprovero. Tu… ricordi? Non seppe neanche lei perché sentì il bisogno di spiegarsi. “Non guardarmi così! Non so perché l’ho detto. Credevo che l’avesse dichiarato solo perché stavo per morire. E io stavo con un altro e non sapevo più cosa provavo per lui. Ora credo di essere pronta a distruggere completamente questo muro, ma non so se lui avrà ancora voglia di aspettarmi dopo tutto questo tempo… Io lo amo. Forse me ne sono accorta da poco o forse lo so da sempre. Ma lo amo. Solo che ho una paura terribile di scottarmi di nuovo dopo l’esperienza di due estati fa. Mi aveva chiesto di andare in vacanza con lui, ma quando stavo per dirgli sì è spuntata la sua ex-moglie…” La bocca del cane si spalancò all’improvviso. Tu volevi venire negli Hamptons con me…?? Ma sono stato un idiota!! Rick prese mentalmente nota di scusarsi con la detective una volta tornato normale. “…e ora ho paura che succeda ancora” continuò la detective. “Ma soprattutto dovrò dirgli che ricordavo e mi odierà per averglielo tenuto nascosto così a lungo” sussurrò infine triste. Rick non sapeva che pensare. Era arrabbiato certo, ma non l’avrebbe mai odiata! Non ora che aveva detto che anche lei lo amava! Doveva tornare assolutamente normale il prima possibile. Chiarirsi con lei. Le avvicinò il muso alla faccia e la guardò per un momento. Poi appoggiò la testa contro il suo collo, mugolando. L’odore di ciliegie gli invadeva le narici. Kate rimase per un momento sorpresa per il gesto del cane. Poi passò un braccio sopra il collo dell’animale e lo accarezzò sulla testa, stringendolo a sé. Quel calore la faceva stare bene come non le capitava da tempo. Rimasero così per qualche minuto, con il con il cane mezzo sdraiato su di lei, poi Kate fece un sospiro e diede un’occhiata all’orologio.
“Ehi, sono quasi le due e mezza! Beh, mi ha fato piacere chiacchierare un po’ con te, ma è ora della nanna. Tu dormi qui” disse indicando il divano. “E non azzardarti a venire di là perché sul letto non ti faccio dormire” concluse con un sorriso. Poi gli diede un’ultima carezza e andò in bagno a lavarsi. Castle si accoccolò sul divano, ma era quasi sicuro che non avrebbe chiuso occhio. Dopo qualche minuto vide passare Kate mentre andava in camera. Quando tutte le luci furono spente e sentì il respiro della detective farsi regolare, scese dal divano e iniziò a fare su e giù per il salone cercando di non fare rumore. Lei sa. Lei ricorda. E non mi ha detto niente! Però ha anche appena confessato di ricambiare… Se mi ami anche tu Kate allora ti perdono. Ora però devo trovare un modo per farti capire che sono io e tornare normale. Già, ma come? Ci pensò quasi tutta la notte. Aveva le idee più svariate in mente, ma dopo qualche ora iniziarono a far concorrenza a quelle sugli alieni in quanto possibilità di successo. Erano quasi le quattro quando decise di andare a vedere come dormiva la sua musa. Era tranquillamente addormentata su un fianco. Non sapeva se fosse la luce della debole luna che entrava dalla finestra a fargli vedere chiaramente la donna oppure il suo nuovo aspetto. Qualunque cosa fosse, la faceva sembrare più bella che mai. Rick rimase a osservarla a lungo finché non crollò dal sonno di lato al letto.

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Xiao! :)
Allora che ve ne pare? Lo so probabilmente è idiota, però mi è venuta in mente questa cosa è non me la schiodavo più dalla testa... X)
Dovrebbe venire lunga due, massimo tre, capitoli! (e dire che doveva essere una one-shot... no comment)
Riusciranno i nostri tre eroi a tornare normali? Riusciranno a farsi riconoscere? ;)
Ogni commento è bene accetto, anche in negativo!! :)
A presto! ;)
Lanie

Ps: l'incantesimo è preso da "Pomi d'ottoni e manici di scopa"! :) (come anche il nome del negozio, che è lo stesso, ma in inglese :D)
  
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