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Autore: bulletproofAliz    10/04/2012    14 recensioni
A momenti non so neanche perchè la pubblico, ma comunque.
[FRERARD] - Gerard Way / Frank Iero / Brian Haner
[AU] [ONESHOT] [senza capo nè coda (?)] L'ho scritta di getto e già la pubblico. Yeah.
Non c'è la scena lemon, se volete solo del sesso andate da un'altra parte.
NdAmministrazione: l'utilizzo del codice html nelle introduzioni è vietato, ad esclusione di alcuni casi precisi previsti dal regolamento. Il codice html di questa introduzione è già stato modificato dall'amministrazione. Si prega inoltre di astenersi in futuro dall'uso di termini volgari (per quanto ironici o 'simpatici', rimangono volgari). Una volta visto questo messaggio, l'autore della storia può provvedere a cancellarlo in autonomia andando a modificare l'introduzione della storia.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Frank/Gerard
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Lost and insecure, you found me.








 
''Signor Iero?''
Signor Iero. Avrà avuto vent'anni, non era abituato a rispondere al nome di Signor Iero. Ma comunque il ragazzo si alzò dalla sedia e seguì le indicazioni della donna, entrando in una stanza non molto illuminata, apparentemente vuota.
Una poltroncina, una sedia con uomo vestito di bianco. Addirittura il camice, pensò Frank.
''Si accomodi pure, Signor Iero.''
La poltrona scricchiolò un poco. 
''Possiamo darci del tu? Dalla cartella clinica leggo che ha..uhm, vent'anni, perciò direi che darci del lei è abbastanza inappropriato.''
Frank annuì, fissando il vuoto.
''Piacere, Frank'' aggiunse l'uomo, sempre studiando la cartella clinica ''io sono il dottor Way, ma puoi chiamarmi Gerard se ti va.''
Nessuna risposta.
''Possiamo iniziare a chiacchierare ora, prenditi tutto il tempo che vuoi, anche perchè ne passeremo molto insieme e a quanto vedo sei un tipo silenzioso.. quindi dovremo pur riempire i nostri incontri con qualcosa, no?''
E' inutile che cerchi di sdrammatizzare, pensava Frank, tanto non ho intenzione di dire una parola di quello che è successo.
Lo psichiatra voleva solo metterlo a suo agio ma ovviamente il ragazzo era troppo nervoso per rendersene conto. Vedeva la paura nei suoi occhi, paura di qualsiasi cosa lo circondasse.
Il dottor Way lasciò a Frank qualche minuto per iniziare una conversazione utile per la seduta psichiatrica, invano ovviamente.
Era un dottore, ma si era appena laureato, non aveva molti anni più del suo paziente; credeva di sapere abbastanza bene come comportarsi con dei pazienti giovani. Ma quello che gli era capitato sotto mano era diverso da tutti gli altri con cui aveva avuto a che fare in precedenza.
Le labbra del ragazzo restavano sigillate, gli occhi persi sulle pareti spoglie.
La cartella clinica di Frank Iero, al contrario di lui, gridava, chiedeva aiuto: stampato a caratteri cubitali il motivo per cui era lì. Tentato suicidio.
Frank si mise un po' più comodo sulla poltroncina e chiuse gli occhi. Allo psichiatra sembrò un buon segno, magari di lì a poco avrebbe iniziato a parlare.
Invece il ragazzo se ne stava lì, zitto, a fissare il buio dentro le sue palpebre.
''Cosa vedi?'' chiese Way.
''Nulla, cosa dovrei vedere.''
''Di solito si vedono dei colori, a seconda della luce..''
''Qui non c'è luce.''
''Ti sbagli, magari è poca ma c'è. Sei tu a non volerla vedere.''
''Magari non ci riesco e basta.''
''Davvero non vedi alcun colore?''
''Non c'è colore. Da quando sono entrato in questa stanza.''
Il dottor Way tacque. Frank aprì gli occhi e li rivolse al suo sguardo serio e preoccupato. 
''E non c'è alcun modo per lei di migliorare la mia situazione, dottore. Ci può provare, certo, ma non credo che funzionerà...
Non solo non c'è colore in questa stanza, nè dentro alle mie palpebre, ma anche là fuori, nella sala d'attesa piena di matti da legare, per strada..''
''A casa?'' Lo interruppe.
''Non ho una vera casa. Neanche lì ci sarebbe colore, comunque.''
''Ma.. perchè?''
Frank si mise seduto e coprì gli occhi con le mani, i gomiti sulle ginocchia, rannicchiandosi sempre di più.
''Non... non c'è e basta, non c'è più nulla, non ci sono io, non esiste più niente, ed è ovvio che la prima cosa a sparire sono i colori quando più niente ha senso..
Intendo dire che... Perchè dovrei voler tornare a vivere la vita di prima se non trovo alcun senso in tutto quello che faccio, in quello che sono?
Io non sono niente. Niente! Vuoi sapere perchè ho provato a uccidermi? Eh? Sei qui solo per questo. Tanti studi e tanta curiosità anche, sei qui per farti i cazzi dei tuoi pazienti, ti diverti a sapere il male altrui, che bella persona sei... Ma comunque il problema non è tuo, è del mondo là fuori, insomma fa tutto davvero schifo, non trovi?
Scommetto che quando torni a casa non dormi per la merda che ascolti dai tuoi pazienti psicopatici, e so che alcuni sono peggio di me; io non sono ancora del tutto pazzo e me ne rendo conto di quelli con cui hai a che fare.
Sono solo depresso, va bene? E sto anche delirando, ma non importa. E sai perchè sto delirando? perchè da quando mi tenete qui in clinica non posso fumare, io ne ho bisogno, va bene?''
Way registrò ogni singola parola nella sua mente, senza per nulla sentirsi ferito dalle critiche e dagli attacchi a ruota libera. Conosceva bene le reazioni dei nuovi arrivati in clinica perciò in un certo modo era preparato a questo monologo dettato dalla rabbia interiore di un giovane apparentemente innocuo.
''Che ne dici di iniziare dal principio?''
''C'è troppo da dire...''
''Allora parti pure da dove vuoi, Frank. Io ti ascolto.''
E poi, lentamente, iniziarono a scorrere ai lati dei suoi piccoli occhi incavati, delle lacrime timide che a stento volevano attraversargli il viso.
''Si chiamava Brian.. Mi ha portato via tutto, tutto quello che avevo, quello che ero. Ha rovinato tutto, ha cambiato tutto, e con tutto intendo la mia vita, la mia casa...
La mia casa era lui!'' sussurrò storcendo gli angoli della bocca, una smorfia di dolore atroce gli prese lo stomaco, se lo strinse tra le braccia e si accovacciò ancora di più.
''Mi ha portato via la mia vita, non sapevo più che farmene quando ha deciso di andarsene con tutti i miei ricordi, i miei sorrisi...''
Singhiozzava così forte che non riusciva più a parlare, il respiro affannoso gli impediva anche di pensare. Si asciugò un poco gli occhi gonfi.
''Io so di non essere niente di speciale.. Sono solo io, un ragazzo stupido. Lui mi ha guarito dalla mia stupida ossessione per l'amore*.''


 
Way rientrò nella stanza con una tazza di the caldo e la porse al ragazzo.
''Ti va di raccontarmi qualcosa oppure finiamo questa seduta in altro modo?''
''Possiamo.. possiamo continuare a parlare, va bene per me.''
Frank si era decisamente calmato e aveva smesso di piangere, ma gli ci era voluta una buona mezzora. Gerard si mise a sedere di fianco a lui.
''Non sei qui per criticarmi ma per ascoltarmi, perciò ti racconterò quello che non ho mai detto a nessun altro... E nessuno deve saperlo. 
Cioè, tu lo fai per lavoro, e poi riporti i dati su quella fottuta cartella clinica, ma ho deciso di fidarmi...
Non mi sono mai fidato facilmente delle persone, è una cosa che non riesco a fare. Ma di lui sì. E anche se è da sciocchi, lo farò anche con te..
Voglio fidarmi, anche se un po' sono costretto a farlo.
Allora... Brian. Così si chiamava. Mi ha portato via tutto, te l'ho detto. Non in senso fisico... Cioè, anche.
Nel senso che... Io mi sento solo e vuoto anche quando sono in una stanza con altre persone, perchè lui ha rubato il mio mondo, se l'è messo in tasca e se l'è portato via, non so dove, l'ha nascosto e ora io, io non sono nulla senza di lui.
Noi eravamo amici. Dal primo momento in cui l'ho conosciuto ho capito che mi avrebbe distrutto. Non fare quella faccia, Gerard, non scherzo.
Potevo sentire nell'aria che lui sarebbe stata la mia rovina. Guarda dove sono finito... Avevo ragione.
Ma quando ti trovi davanti persone di quel genere non puoi tirarti indietro.
Avevamo interessi comuni, ci siamo conosciuti così, per caso, non ricordo neanche quando e come di preciso...''
Frank ricordava benissimo invece, anche se erano passati degli anni. ''Eravamo inseparabili, insomma. Accomunati anche dalle stesse passioni.''
''Cioè, quali?''
''Per le tragedie, a quanto pare.''
Way lo fissò interdetto.
''Non scherzo.Io, io non ho provato ad uccidermi perchè era un mio amico e per quello che ha fatto. Io volevo morire perchè lui mi ha demolito. Io lo amavo. E lo amo ancora, è questo il problema.
Sì, non era solo un mio amico. Lui mi ha cambiato, mi ha cresciuto, mi ha insegnato a vivere, ad amare, e per assurdo, inconsapevolmente, anche a morire...''
''Frank, ma tu e lui quindi..?''
''Mi usava. Mi ha sempre e solo usato. Sì, Gerard, stavamo insieme, e mi scopava ogni fottuta volta che ne aveva voglia. Io glielo permettevo. Io avrei fatto di tutto per lui, per renderlo felice.
Io sapevo di essere innamorato di lui e un giorno ho preso coraggio e gliel'ho detto. Di tutta risposta mi ha... Lui mi ha baciato...''
Gerard non riusciva più a sostenere la vista di quegli occhi gonfi e spaventati che si spostavano da una parte all'altra della stanza, palesemente cercando un ricordo a cui aggrapparsi, qualsiasi cosa che gli alleviasse un po' il dolore per tutto quello che aveva passato.
Tornò a fissare la cartella clinica e con un dito lievemente sfiorò il suo nome stampato e quelle orrende parole accanto ad esso. ''Tentato suicidio.''
''Frank, se non riesci possiamo fermarci qui, possiamo parlare un'altra volta..''
Annuì in modo impercettibile. Il dottore lo accompagnò fuori dalla stanza e lo vide abbandonare la clinica.
Gerard Way non si era mai lasciato prendere molto dai casi che gli toccava curare. Erano solo pazienti, solo persone con un bel po' di problemi che chiedevano aiuto per sciogliere i nodi che li avevano fatti inciampare. Ma quel ragazzo era diverso, era debole, legato al passato, altro che legato, inchiodato ad una vita che non sentiva sua.
Come dottore e psichiatra aveva il compito di liberarlo dal peso della sua depressione, di salvarlo da un possibile secondo tentativo di suicidio; come Gerard Way voleva regalargli la possibilità di vivere una vita migliore. E non era solo un dovere professionale, quindi, ma sentiva di doverlo fare per se stesso. Vedere quel ragazzo soffrire era troppo per lui, perchè non aveva mai visto nessuno stare male a quel modo, per amore poi. Lui non prendeva neanche in considerazione l'amore. Era un qualcosa di astratto che portava il 90% dei suoi pazienti a compiere errori stupidi.
Ma Frank amava con tutto se stesso un ragazzo che lo aveva abbandonato e stava dimostrando a un miscredente come Gerard che certe cose esistono davvero. 


 
''Buongiorno Frank, allora come stai oggi?'' Gerard era piuttosto preoccupato, il ragazzo aveva saltato la seconda seduta e si era presentato con una faccia stravolta e gli occhi rossi e gonfi, di nuovo.
''Non lo so... Parliamo di qualcosa, ho bisogno di sfogarmi un po'.''
Lo aveva colto di sprovvista, uno come Frank non è il tipo che ha voglia di parlare per sfogarsi.
''Spiegami perchè non sei venuto all'appuntamento di due giorni fa.'' disse con molta calma Way cercando di rientrare e rimanere nei panni dello psichiatra.
''Oh, io.. Credo di essermi dimenticato, non volevo saltare la seduta, scusa..''
''Credi? Cioè? Ti conviene segnare quando dobbiamo vederci, oppure lasciami il tuo numero e ti contatto io personalmente, Frank.''
''No, non è che credo, è che.. Probabilmente non ero nelle condizioni per ricordare, ecco. Di solito non dimentico certe cose quando sto bene.''
Gerard aveva capito al volo. Doveva essere troppo fatto per riuscire a presentarsi, magari anche per capire dove fosse. Un qualcosa gli fece strigere lo stomaco ma continuò a restare serio e impassibile.
Cercò di mantenere quell'espressione professionale per tutte le due ore in compagnia del ragazzo, mentre quello ormai quasi del tutto a proprio agio raccontava più nel dettaglio come aveva conosciuto Brian, della loro amicizia, di come da amici lui si era innamorato del maggiore, di come stava male per questo loro rapporto.
Lasciava che Frank piangesse, urlasse, chiudesse gli occhi per ricordare meglio il volto di quell'uomo o scacciasse i ricordi peggiori, lo osservava con sguardo paterno e profondamente toccato da tutto quel vortice di emozioni che si nascondeva nel petto esile del piccolo Frank.
Frank si fece forza e iniziò a raccontare le parti più dolorose di quella relazione. La prima volta che Brian l'aveva baciato, quando l'aveva convinto a spogliarsi davanti a lui e l'aveva persuaso a concedersi a lui, e tutte le volte in cui da ingenuo Frank si lasciava dominare da quell'uomo.
Gerard non riusciva nemmeno ad immaginare quelle scene che comparivano atroci nella memoria del povero Frank, ma cercava comunque di non sembrare troppo coinvolto emotivamente da quello che il ragazzo stava raccontando. 
Dentro di se si riprometteva che non avrebbe più permesso a nessuno di ferire quel ragazzo.
Le sedute continuavano e non capitò più che Frank si dimenticasse di presentarsi per colpa di fattori esterni.
Gerard lo vedeva entrare nella stanza un po' angosciato e uscirne tranquillo. A volte era anche riuscito a strappargli qualche sorriso.
Certo piangeva ancora parlando di come Brian lo aveva abbandonato all'improvviso e senza motivo, di come avesse perso la fiducia dei genitori quando avevano scoperto della sua relazione con un uomo, di come questi l'avessero cacciato di casa. Ma c'era una cosa che Gerard riusciva a fare bene; cioè di non farlo sentire più solo.
Quando gli domandava cosa ci trovasse in questo Brian, Frank non sapeva cosa rispondere, però ripeteva che lo amava.
Soltanto dopo molte sedute riuscì ad estirpare dal proprio vocabolario quelle parole. Gerard non lo sentì più pronunciare alcun 'amo Brian', 'il problema è che lo amo ancora' ecc.
Addirittura Frank riuscì a distinguere dei colori da sotto le palpebre. Vide un blu scuro, perchè le luci della stanza erano sempre un po' abbassate.
Blu, meglio del nero, meglio del nulla. Frank stava lentamente ricominciando a vivere.


 
''Non permetterò mai più a nessuno di ferirti, Frank.''
Il ragazzo alzò lo sguardo. Aveva pianto di nuovo, per colpa dei troppi ricordi che gli annebbiavano la mente ancora una volta.
Tre mesi di incontri interminabili. Frank aveva ripreso a piangere dopo aver riacquistato con fatica il suo sorriso.
Gerard non riuscì a trattenersi. Non si accorse che mentre pronunciava quelle parole, delle lacrime avevano iniziato a scorrere sulle sue guance, tradendo il suo sguardo serio e l'atteggiamento professionale che aveva cercato di assumere anche in quel momento.
''G-Gerard.. Ma tu stai... Piangendo?''
Il dottore quasi distrattamente si asciugò le lacrime e con aria severa si alzò dalla sedia. Prese a girare per la stanza, per nascondere il viso angosciato.
''No, che dici Frank.'' Non riuscì ad aggiungere altro perchè aveva la voce spezzata per il pianto, avrebbe singhiozzato molto forte e Frank se ne sarebbe accorto di nuovo.
''Va.. Va tutto bene, possiamo finire qui per oggi.''
Straordinariamente, a dirlo fu Frank. Non Gerard, il dottore, lo psichiatra; ma il paziente.
''Frank, ma che-- che dici?''
Il ragazzo si alzò lentamente e si avvicinò. Lo guardò dritto negli occhi verdi arrossati e lo abbracciò.
Lo strinse così forte che a Gerard venne meno il respiro, ma forse non era per la stretta presa di Frank, era perchè sentiva il suo petto contro il proprio, le braccia che lo cingevano, che sembravano non volerlo lasciar andare...
''Gerard, non so cosa ti stia prendendo, sono io qui a consolare te.. E' buffo.''
Gerard biascicò qualcosa di incomprensibile. Ora stava piangendo, palesemente, e non provava neanche più a nasconderlo.
Frank lasciò la presa tra i singhiozzi dell'altro e inchiodò di nuovo lo sguardo sugli occhi del suo dottore.
''Stai piangendo.. per me?''
Gerard fece di no con il capo, ma ancora una volta lo tradì la sua espressione che si contorceva per il pianto straziante.
''Io.. Io sto bene, okay? Grazie a te. Davvero.. Va tutto bene...''
Lo abbracciò di nuovo e rimaserò così per un tempo indefinibile. Gerard avrebbe voluto dirgli tante cose.
Avrebbe voluto dirgli che se fosse stato lui al posto di quel maledetto Brian, a quest'ora Frank non avrebbe tentato di uccidersi, lui non l'avrebbe mai lasciato, lui l'avrebbe amato come Brian non avrebbe mai saputo fare, l'avrebbe protetto...
Ma per Frank tutto ciò sarebbe potuto essere motivo di nuovo dolore, quindi Gerard decise di tenerselo dentro, sotterrarlo dentro di sè, lasciando che questo ferisse solamente lui e non il suo piccolo, impaurito, amato Frank.
''Io.. Scusa, Frank.'' riuscì a sussurrare solo questo.
''Tranquillo. Grazie, sei... Sei un grande amico, Gerard.''
Il ragazzino con la morte negli occhi si era trasformato nel ragazzo più bello che Gerard avesse mai visto. Gli stava sorridendo, cercando di rassicurarlo, ed era indescrivibile, mozzafiato, infatti il suo dottore rimase a fissarlo, mentre le lacrime si asciugavano, mentre gli nasceva un piccolo sorriso in volto, finalmente.
Frankie stava bene, Gerard non aveva nulla da temere, ora stava bene. 
Il dottore si offrì di riportarlo a casa al termine della seduta ma Frank rifiutò. 
Una volta a casa, Gerard si chiuse in camera e fumò ininterrottamente tre sigarette, una di seguito all'altra.
Pensava a Frank, a quanto volesse bene a quel ragazzo indifeso. Ma ''volere bene'' non descriveva appieno quello che aveva provato al contatto tra i loro petti nell'abbraccio di Frank.
Non gli voleva bene, era qualcosa di più profondo, e dentro di se il dottore lo sapeva anche da troppo tempo, ma non aveva mai provato ad ammetterlo, accettarlo.
Ne era innamorato. No, non era una cotta. Era la prima volta nella sua vita in cui sentiva il bisogno fisico di stare vicino a lui, di guardare la sua pelle con una voglia infinita di accarezzarla, voglia che però era costretto a far morire dentro di se perchè sapeva che un passo azzardato gli sarebbe costato parecchio.
Ma Frank stava bene ora, ora che era con lui, stava bene. E con questo pensiero fisso nella mente si addormentò.


 
Le sedute erano finite. Dopo cinque mesi Frank aveva il permesso di lasciare la clinica per sempre.
Senza dovergli mai somministrare psicofarmaci, il suo psichiatra aveva decretato la guarigione del paziente.
''Non mi stai dicendo addio, vero?''
Gerard e Frank erano diventati molto amici. Cinque mesi di convivenza forzata a parlare di se stessi li aveva avvicinati non poco.
Frank temeva che avrebbe sentito la mancanza del suo dottore. Gerard ne era sicuro.
''Certo che no, sciocco.'' rispose cercando di sorridere, il dottor Way.
''Per esempio oggi, al posto di vederci al pomeriggio per una seduta, possiamo, non so, vederci per uscire, andiamo da qualche parte.. Se le va, dottore.''
''Oh, Frank, non darmi del lei solo perchè non sei più mio paziente. Come tuo amico strizzacervelli sono in dovere di assisterti anche fuori da questa clinica!''
Frank rise, e Gerard cercò di imitarlo, ma aveva davvero paura di perderlo. Si sarebbe potuto allontanare da lui, forse per sempre.
Lui doveva proteggerlo ad ogni costo.
''Bene, allora ci vediamo oggi, okay?''
Gerard annuì e si salutarono con un lungo abbraccio.
Poche ore dopo il maggiore si presentò sotto casa di Frank. Preoccupato per il ritardo dell'amico, scese dall'auto e suonò al campanello, ma non rispose nessuno.
Frank, che cazzo stai combinando.
Scavalcò il cancello e si fece strada nel vialetto della palazzina. Iero, quarto piano, aveva ancora il biglietto con l'indirizzo, in caso di emergenza lui e i suoi colleghi della clinica psichiatrica sapevano dove recarsi e dove mandare un'ambulanza;  avevano pur sempre a che fare con un ragazzo che poteva tentare il suicidio da un momento all'altro.
La porta di casa Iero era socchiusa, per Gerard fu facile entrare.
''Frank? Frank sei in casa?'' iniziò a chiamarlo ma ovviamente nessuno rispose.
Fece qualche passo per entrare nel salotto e vide delle pillole per terra. Un barattolo di psicofarmaci aperto con delle pillole fuoriuscite.
Frank disteso sul pavimento accanto a quelle pillole, con gli occhi chiusi.
Gli si fermò il cuore.
Si catapultò sul corpo di Frank e prese a scuoterlo con forza, senza pensare a quello che stesse facendo. Gridò il suo nome.
Frank aprì gli occhi. ''Gerard, va tutto bene.''
''Ma tu, ma-- CHE CAZZO STAVI FACENDO FRANK?!?''
''Stavo solo.. Pensando.''
''Con questi psicofarmaci a portata di mano, certo, lo fanno tutti.''
''Che cosa stai insinuando? Che volessi provare a suicidarmi di nuovo? Complimenti amico, hai indovinato! Ma secondo te?!? Non sono scemo!
Io voglio solo staccare la spina per un po', per questo li prendo, per questo fumo, poi però mi è successo di far andare qualcosa storto, e per quel motivo sono finito da te in clinica come uno che prova ad ammazzarsi. Io voglio solo essere felice, non posso?''
A Gerard si strinse il cuore e non riuscì più a parlare. Non riusciva neanche più a guardarlo. Ora fissava il pavimento, raccogliendo lentamente le pillole da terra con la mano e rimettendole inutilmente nel barattolo.
''Oh, lasciami stare Gerard..'' aggiunse sbuffando Frank.
Gerard aveva soltanto una gran voglia di piangere.
''Se non vuoi il mio aiuto allora perchè mi hai chiesto di vederci? Perchè mi hai detto che sono un tuo buon amico? Perchè, Frank?!''
''Ho sbagliato, di nuovo. Mi capita troppo spesso.''
''Che significa che hai sbagliato?''
''Io.. Mi stavo innamorando di te, va bene? Perchè sei protettivo e io ho bisogno di questo, protezione, amore.. tutto quello che Brian non mi ha mai dato..'' e scoppiò in un pianto disperato come quello che faceva morire dentro Gerard nelle sedute peggiori.
''Non-- non piangere.. Non piangere, ascoltami'' disse prendendogli il viso tra le mani ''Io ti prometto che andrà tutto bene. Puoi respingermi se vuoi, ma devo confessarti che anche io stavo per fare il tuo stesso errore.. se vuoi possiamo farlo insieme, no?''
Frank lo guardò con un'espressione smarrita e confusa.
''Mi stavo innamorando di te, Frankie. Non guardarmi così.''
Smise di piangere in quel preciso momento e si spinse verso di lui, per fargli spostare le mani dal viso e per farsi stringere in un abbraccio.
''Pensi ancora a Brian?''
''Ogni tanto... Ma mi piace pensare a te, ora.''
''Io sono ossessionato da Brian, lo sai Frank? per come ti ha trattato, per quello che ti ha fatto, per come ha potuto abbandonarti così. Non me lo spiego. E devo confessarti che quando me ne hai parlato io ho giurato a me stesso che non ti avrei mai lasciato da solo, mai più. Se solo ti avessi conosciuto prima, io...
Avrei cercato di proteggerti da tutto questo, ti avrei saputo amare come lui non era capace di fare, ti avrei reso felice, forse, come voglio provare a fare adesso.
Ti prego, non avere paura di me, io non sono Brian. Non respingermi. Sono qui per amarti. E' tutto ciò che riesco a fare, scusami.''
''Non-- non ti devi scusare, scemo.'' Frank sciolse l'abbraccio e si alzò da terra. Gerard lo seguì e quando i loro sguardi si incontrarono di nuovo, Frank fece un passo avanti, impercettibile, e infilò il viso nell'incavo del collo del maggiore, respirando il suo profumo.
''Mi fai sentire a casa.'' Disse solo questo. Senza malinconia, senza tristezza.
Poi tornò indietro e guardò di nuovo gli occhi verdi e accesi di Gerard, e si accorse che quasi involontariamente si stava avvicinando di nuovo, ma questa volta alle sue labbra, non più al suo collo. Le sfiorò appena ma si sentì avvampare. Il cuore di Gerard si era fermato da un pezzo.
''Possiamo sbagliare insieme, quindi?'' sussurrò Frankie sulle labbra di Gerard. Gerard non rispose perchè un istante dopo il piccolo Frank aveva iniziato a premere le labbra contro le sue. Si separarono due secondi dopo e Gerard cercò di nuovo quel meraviglioso contatto che per troppo tempo aveva sognato.
Poi a poco a poco si facevano avanti le loro lingue, desiderose di scoprire il sapore di un bacio pieno di amore, un sentimento nuovo ad entrambi, persino a Frank.
Frank, che era convinto di aver amato davvero, capì di aver iniziato a vivere e ad amare solo in quel momento, con il tocco delle labbra di Gerard.
''Non ti lascerò'' sussurrava il maggiore.
''Non ora che ti ho trovato, no.'' Frankie lo strinse a se. 
Non c'era altro posto dove volesse essere in quel momento. Prese la sua mano e si sentì, finalmente, a casa.
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Okay, so che il lieto fine non esiste, ma c'è sempre qualcuno disposto a costruirlo per noi. 
Io sono quel tipo di persona che 'oddio che schifo chi fa tanto lo sdolcinato' e poi sforno 'ste frerard tutte zucchero e poco altro, senza capo ne coda, con il solo scopo di dedicarle a qualcuno. non so mettere il collegamento, FUCK. Susanna comunque, o per chi la conosce come feeltheromance :'3
Ti dedico questa cosa indefinita perchè dentro ci sono molte cose che provo spesso a dirti o che ancora non ti ho detto. Spero che alcune tu riesca a coglierle, comunque ti spiego tutto in privato :')
Spero di avervi trasmesso un po' di pace e amore, e angoscia e tristezza allo stesso tempo, perchè questa l'ho scritta di getto oggi e racchiude un po' di quello che ho provato in questi mesi. Recensite gente, grazie :3 

ah, l'asterisco di fianco ad una frase l'ho messo perchè ho pseudo citato il moulin rouge. lol
A presto con una (quasi) long, 
 
Bulletproof
 
  
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