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Autore: Kanon il traditore    10/04/2012    2 recensioni
Storia su Aiolia. Completa
Genere: Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Leo Aiolia
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ho sempre avuto paura della notte.
Tutto ciò che potevo vedere scompariva al suo arrivo, era irrilevante se fosse concreto o astratto. Tutto sembrava morire, per poi rinascere con la luce del sole.
Le risate di Milo, gli occhi gelidi di Camus, i capelli corvini di Shura, i sorrisi di Saga. Tutto scompariva.
Tuttavia non è questa la ragione per cui odio la notte. No, io non odio il buio, il silenzio e quant'altro.
Io odio i sogni.
I miei compagni spesso non vedono l'ora per andare a dormire, io invece non vedo mai l'ora di svegliarmi.
Quando ero piccolo però era diverso. Certo, anche i miei sogni erano diversi. Diverso ora, ma era sempre lo stesso uguale sogno allora. Ora che ci penso, non è esatto definirlo sogno.
Ricordo.
Si, gli si addice di più. Di cosa parlasse lo sai, te l'avevo già raccontato. Ogni notte, non appena il mio corpo si abbandonava nelle braccia di Morfeo, il mio ricordo tornava, ogni volta più vivo.
La morte di mamma e papà.
Quello era il mio odiato ricordo. Ogni volta rivedevo i loro volti sorridenti, felici. Attraversavamo insieme la strada, mano nella mano. Tu non c'eri, eri in quel luogo che mamma chiamava Santuario. La città era bella come non mai, e anch'io ero felice. Il resto non è molto chiaro. Mi ricordo solo che mamma mi stringeva e una potente spinta ci spingeva verso una vetrata. Tutto diveniva improvvisamente nero e io ero ricoperto di sangue.
Mi svegliavo e iniziavo a piangere. A volte svegliavo dei miei compagni. Quelli, preoccupati, si recavano a chiamare le ancelle. Io non mi lasciavo toccare da nessuna, non volevo essere consolato. Le mie lacrime tuttavia non arrestavano il loro flusso, così come non lo facevano i miei singhiozzi. Odiavo la notte e tutto ciò che la riguardava.
La notte mi faceva passare per un debole.
Ciò che all'inizio mi faceva più rabbia era il fatto che andavano a chiamarti. Non avrei mai voluto che tu mi vedessi così.
Quando compariva un ancella, forse Igea, con te al suo fianco, un senso di vergogna si impadroniva di me. Mi ricordo ancora ora la tua figura: avevi sempre i capelli in disordine, come del resto i vestiti. Indossavi cose di fortuna, a volte una camicia, altre volte una mantella. Ti mancava sempre il fiato, mentre i tuoi occhi erano spalancati. Avevi paura che mi fosse successo qualcosa, giacché quando solo nominavano il mio nome ti agitavi. Dopo l'incidente eri divenuto protettivo nei miei confronti. Tutte le volte pensavo mi rimproverassi per la mia debolezza.
Mai una volta accadde.
I primi tempi rimanevi confuso per qualche secondo, chiedendoti forse perché piangessi in un angolo. Dopo di ciò, ti muovevi lentamente verso di me, un sorriso ad adornare le tue labbra. Allargavi allora le braccia, invitandomi a trovar tra di esse rifugio. Tutte le volte, anche con un certo impeto, accoglievo con gioia quella proposta. Mi ricordo anche che mi sollevavi, incurante del mio peso. Ringraziavi le ancelle e rassicuravi i bambini, nel mentre che mi portavi in un luogo lontano. Durante il tragitto mi invitavi a sfogarmi con te, invito alla quale rispondevo.
Arrivati in quel luogo che tu chiamavi casa, mi facevi sdraiare su di un grande e morbido letto. Tu ti posizionavi vicino a me e ci coprivi entrambi con delle calde coperte. Cullato dalla tua voce, riuscivo a prender sonno.
Ma tu non sempre dormivi.
Spesso ti alzavi e, nonostante i tuoi sforzi, io mi svegliavo. La domanda che ti ponevo era sempre la stessa.
- Dove vai?-
Le tue risposte erano sempre sussurrate, la tua voce era sempre dolce.
Anche quella notte lo era.
Subito non capii perchè ti stessi vestendo, come non capivo l'urgenza di recarsi al tredicesimo tempio. Sfido, avevo solo nove anni. Anche quella domanda fu uguale alle sue sorelle.
- Dove vai?-
- Dal grande Sacerdote. Ho un brutto presentimento.-
Vedevo chiaramente che eri agitato. Che sciocco sono stato. Avrei dovuto convincerti a rimanere, quando ti alzasti per uscire. Mi ricordo di averti posto come al solito un'altra domanda.
- Quando torni?-
Sorridendo tu ti eri voltato a guardarmi. Se ci ripenso ora, sono sicuro di aver visto la menzogna comparire nei tuoi occhi. Sono stato uno stupido a crederti, ma allora per me ogni tua parola era verità. Tu non mi avevi mai mentito.
- Presto. -
So solo che rimasi sveglio tutta la notte, gli occhi fissi sulla porta. Mi chiedevo dov'eri e perchè non tornavi. Sono passati tredici anni da allora e tu non sei mai tornato.
Odio la notte.
Quello che la sera prima lasciai morire, non resuscitò il giorno dopo. In compenso nacquero le accuse e l'ingiustizia non morì mai. Una nuova missione mi attende, ora. Si tratta di uccidere degli adolescenti, ragazzi poco più giovani di me. Farò il mio dovere, ma una domanda è tornata di nuovo a scalfirmi.

Perché mi hai mentito?

Buonanotte, fratello, dovunque tu sia.

  
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