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Autore: Kanon il traditore    10/04/2012    2 recensioni
Piccola presentazione su Mime di hasgard
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"...Ti vedo, e già si placa la mia pena,
ti afferro, e l'ansia mia si

rasserena..."
Johann Wolfgang von Goethe

Mi piaceva ascoltare, quando ero solo un fanciullo.
A volte rimanevo per ore in ascolto, cogliendo ogni suono la foresta rilasciasse. Il vento contro le foglie, i piccoli passi degli scoiattoli, il respiro dei conigli, il pianto delle piccole volpi, ogni cosa. Amavo quei momenti. Tutte le mie ferite si rinsanavano, i miei dolori si placavano. La foresta mi donava la pace, mi faceva sentire amato e i suoi suoni mi accoglievano ogni volta. Mi faceva sentire speciale. Tuttavia io mi vedevo come un ingrato, un egoista. Io ascoltavo ciò che lei mi cantava, ma mai una volta ricambiavo le sue attenzioni. Mi sedevo su quella liscia pietra, davanti a una fonte così limpida da essere trasparente, e tendevo l'orecchio. Lei non mi rifiutava mai, mi offriva tutto ciò che poteva.
E io?
Cosa facevo io per lei?
Mi faceva sentire male e ogni giorno il mio desiderio diveniva più chiaro. Volevo ricambiare. Restituirle tutta la gioia e la speranza che aveva donato a me. Farle sentire il mio amore per lei, la mia gratidudine per quello che faceva.
Ma come potevo?
Lei possedeva tutto: la grandezza, la bellezza, la ricchezza. Non le serviva nulla, era perfetta così com'era. Era evidente, non avrei potuto fare niente per lei. Ma io, mia cara amica, sono sempre stato testardo. Volevo a tutti i costi ripagarla. L'idea mi venne mentre correvo per quella fredda strada, verso quel luogo che chiamavo casa. Avevo sentito suonare, ma non era una novità: i mendicanti suonavano sempre. Ascoltai distrattamente la sonata, cercando di dare un nome a quelle rime. Stranamente non riconobbi quelle note. Non era la musica pagana che ero solito udire, né qunon era una musica comune. Come del resto non l'ho era lo strumento che la produceva.
Non era la fisarmonica a riscaldare l'aria, non era il flauto ad addolcirla, non era il violincello a deliziarla. Non era nemmeno la chitarra, o il violino oppure la viola. Era qualcosa di diverso, molto diverso, eppure sentivo di conoscerlo.
Mia cara amica, ti posso assicurare che mai fino allora io avevo sentito qualcosa di più bello. Cercai di ignorla: era tardi, e quell'uomo che chiamavo padre non mi avrebbe condonato un ritardo. Ricominciai a correre, pordandomi le mani al capo, artigliandomi le orecchie. I miei occhi si chiudevano, ma nonostante tutto ciò, quella musica mi avvolgeva, impedendomi fuga alcuna. Mi arrestai dopo poco, chiedendomi cosa stessi facendo. Ero ridicolo, patetico. Delle domande mi assalirono, desideriose di trovare risposta.
Perché stavo scappado?

- Come perché? Sei solo un codardo. Un codardo che ama i fiori e la musica. Sei patetico!-
Quelle parole tornavano a tormentarmi ogni qual volta mi ponevo una domanda. Erano parole crudeli, dette per farmi male. Lo sai, cara amica, chi me le disse? No, non puoi saperlo. Quando accadde, tu non eri ancora nata.
Me le disse Folken, quell'uomo che credevo essere mio padre. Me le disse e me le ripetè sempre. Quelle erano le risposte alle domande, alle sue domande su di me. Un desiderio nuovo mi si istallò nel cuore, anticipando ciò che sentivo essere rabbia. Volevo trovare l'origine di quella musica. Dovevo trovare colui che di queste note faceva il mio tormento. Mi girai e corsi nella direzione opposta, cercando di trovare il tanto agonato musicista. La musica proveniva da dietro un albero, nel fondo della foresta.
Corsi come un dannato, ignorando il dolore che i rami e i rovi mi procuravano, ogni qual volta si infrangevano sulle mie gambe. La neve nel frattempo aveva ripreso a scendere, così com'era conseitudine.
La melodia diveniva a ogni mio passo più forte, più viva. Mi chiesi se non potessi toccarla.
I miei occhi cercavano con insistenza l'autore di tale beltà, senza però avere alcuna soddisfazione. Chiesi allora aiuto a colei che sopra a ogni cosa amavo. La foresta anche quella volta si mostrò clemente, indicandomi la via da seguire
Come lo fece?
Un vento forte mi guidò tra i rami, andando nella direzione opposta a quella dei suoi fratelli. Mi guidò su un percorso astratto, conducendomi alla mia sospirata meta.
Dopo scomparve, così com'era apparso.
I miei occhi studiarono a fondo l'ambiente, le mie orecchie ascoltavano attente la melodia. Davanti a me, avvolto in un nero mantello, un uomo suonava. Uomo! Allora non aveva che dieci anni in più di me, un ragazzo. Sedeva appoggiato a una forte quercia. Suonava uno strumento a me famigliare.
Uno strumento che mi ero ripromesso di dimentciare.
Accortosi della mia presenza, la sua melodia cessò di fluire libera fra gli alberi. I suoi occhi mi colpirono come una lama: erano color ghiaccio, privi di qualsiasi emozione. I suoi capelli erano neri con riflessi bluastri, bellissimi anche a prima occhiata. Il suo volto era pallido, le sue labbra color rugiada, il tutto privo di qualsiasi emozione umana, proprio come gli occhi. Mi guardò dritto in viso, facendomi rabbrividire. Uno strano senso di inquietudine mi aveva infestato il cuore, impedendomi ogni movimento. Così, in quella posizione, ci studiammo a lungo. Fu lui il primo a parlare, giacché io ero troppo impaurito per proferire parola alcuna.
- Chi sei, ragazzo?-
La sua voce, malgrado l'apparenza, era armoniosa e dolce. La tensione si allentò un poco. Sussurrai comunque la risposta.
- Un cittadino di Hasgard, signore. Il mio nome è Michel.-
Lui annuì, senza distogliere lo sguardo dai miei occhi. Io ero a disagio.
- Cosa sei venuto a fare qui, Michel?-
Inquisiva lentamente, quasi con fare assente, ma rimaneva gentile. Non era di Hasgard, questo era certo.
- Ecco....- balbettai un poco, la sicurezza di prima mi aveva abbandonato - Io...io....-
Il sguardo si era fatto più intenso, quasi la mia risposta gli importasse, ma il suo tono rimase neutro.
- Tu?-
Presi tutto il coraggio a mia disposizione. Se non volevo essere chiamato codardo, dovevo dar prova di essere forte.
- Ecco....Io....ho ascol....ho ascoltato una melodia isolita...e ...e - ricordo che abbassai il capo - mi chiedevo....mi chiedevo....chi l'avesse suonata....-
Prima che potessi aggiungere altro, lui mi bloccò. Le sue sopracciglie si erano inclinate, sottolineando così il suo stupore. La sua voce, se possibile, era ancora più bassa della mia.
- L'hai sentita?-
Annuii, pronto a elargire le mie scuse, giacché il suo volto si era fatto inquietante.
- Mi...Mi dispiace se vi...vi ho interrotto, non era mia intenzione....e -
- Ti è piaciuta?-
Alzai un poco il capo, chiedendomi cosa stesse succedendo. Mi fece nuovamente paura, quindi mi affrettai ad annuire.
Lui si era avvicinato così tanto da sentire il suo alito sfiorarmi il collo. Mi ricordo tutt'ora la paura che provai.
- Quanti anni hai, Michel?-
Non capii il motivo di tutte quelle domande, ero troppo piccolo.
- S...sette...-
Lui mi sorrise, scoprendo così una linea di candidi denti, gelandomi il sangue nelle vene. Era un sorriso poco rassicurante.
- Ti piacerebbe imparare?-
- Sì!-
La mia lingua era stata più veloce della mia mente. Subito mi corressi.
- No, cioé si.....ecco, la musica è per...per i deboli....per i musicisti....non....- mi chiesi se non lo stessi offendendo -....non per i....i cavalieri....-
Il sorriso si cancellò dalle sue labbra.
- Chi ti ha detto una cosa del genere?-
La sincerità era d'obbligo, ma prima che potessi rispondere, un'altra domanda mi venne porsa
- La musica è un'arma, un arma letale.- la sua voce era come una lama. - Dimmi Michel, ti piacerebbe imparare a maneggiarla?-
Annuì. Se c'era un modo per lottare con essa, l'avrei fatto mio. Così Folken non mi avrebbe più deriso, non mi avrebbe più dato del codardo.
Lui mi mise un mano sulla testa, sussurandomi all'orecchio.
- E allora seguimi.-
E fu quello che feci, tornando tuttavia sempre a casa. Folken continuò a umiliarmi, ma presto divenni forte, così forte da toglierli la vita.
Sono sicuro che muori dalla voglia di apprendere il nome di quel ragazzo, ora uomo, ora disperso. Ebbene, il suo nome Orfeo. Orfeo della lira.
 
Questa, mia cara amica, è la storia di come conobbi il mio maestro.
Spero di risentirti presto, riguardati.
Tuo per sempre, Mime.


ANGOLETTO DELL'AUTRICE
Ciao a tutti! Piccola presentazione riguardante Mime di Hasgard e del suo fantomatico maestro.
Non so se vi piacerà, è un pò misera.
Grazie a tutti quelli che mi commentano, facendomi notare i miei orrori ( definirli errori sarebbe un complimento) grammaticali o sulla storia.
Grazie anche a chi mi fa i complimenti, sono sempre ben accetti, anche se mai pienamente meritati.
Scrivetemi pure quello che volete, anche delle critiche mi farebbero piacere. Ricordate: si impara dai propri errori (orrori, nel mio caso)
Ringrazio i seguenti lettori/autori per le loro recensioni:
Princess Elf
Simbealt
_ camus_
Ekate Shito.
Grazie 1000!!!!!!
See yuo later
  
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