Crossover
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Autore: LarcheeX    11/04/2012    1 recensioni
Voldemort è tornato. Servendosi dell’alleanza di un potentissimo mago di nome Aster e la baldanzosa e fiera astuzia di un mezzodemone ambizioso di nome Naraku cerca la porta per l’Abisso, Kingdom Hearts, per poter controllare il destino di ogni essere vivente e giungere ad un’incrollabile immortalità.
Liberando il demone Sesshomaru, Rin è costretta a rintracciare le altre Principesse del Cuore per impedir loro di aprire l'Abisso. Maka e Tsubaki, studentesse di Hogwarts, vengono contattate da un misterioso Shinigami per catturare l'anima di un utilizzatore illegale di Death Note. Claire deve catturare un risvegliato maschio. Sora deve uccidere l'Organizzazione XIII. La ribellione è in atto.
Cosa potete trovare qui:
Harry Potter, Inuyasha, Kingdom Hearts – Chain of Memories, Kingdom Hearts II, Saiyuki, Le Cronache del Mondo Emerso, Pandora Hearts, Soul Eater, Twilight saga (non adatto ai fan), Claymore, Death Note, qualche comparsa di Toradora!, Kuroshitsuji e Omamori Himari.
Buona lettura.
Genere: Avventura, Azione, Dark | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Anime/Manga, Libri, Videogiochi
Note: AU, Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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2. Dovrei essere felice.

 

Rin si svegliò presto, quella mattina, per due motivi: uno, perché la fenice che era stata adottata da lei si mise a fischiare, agitata, e due perché quello era la mattina in cui avrebbe preso il treno che l’avrebbe portata ad Hogwarts. Con ancora le immagini di un sogno irrilevante ad offuscarle gli occhi, si alzò, tastando qua e là per premunirsi in caso di spigolo e, barcollante, si diresse verso la gabbia dell’uccello: “Fanny, fai silenzio, ti prego.” Mormorò: “O sveglierai la strega!”

“Rin, fai tacere quella bestia o la farò al forno per la festa del ringraziamento!”

Eccola, la strega americana. Rin chinò il capo. Non avrebbe mai potuto accettare la presenza di quella donna, anche se era la nuova moglie di suo padre.

Solo il fatto che era trattata alla pari di un cane, con un sacco di doveri e poco svago le faceva automaticamente odiare sia lei che la progenie estranea a sé, la prima figlia, venuta fuori dal nuovo matrimonio di suo padre. Non che David e il piccolo Micheal le avessero fatto qualcosa, però il fatto che venissero manipolati dalla strega americana per fare in modo che lei stesse sempre lontana da suo padre la faceva soffrire, e lei questo non lo poteva sopportare.

“Sorellina, già sveglia?” borbottò David, col quale divideva la stanza, alzando il capo dal cuscino, ma lei lo zittì con un freddo “dormi” senza nemmeno guardarlo, cominciando a rovistare tra le coperte alla ricerca dei vestiti che si era preparata la sera prima.

Maglietta, jeans, maglione. Bagno.

Si guardò allo specchio, e questo non poter far altro che restituirle una ragazzina di undici anni dal viso piccolo e pallido, circondato da una folta chioma di capelli scuri come gli occhi, bassa e mingherlina, spalle esili, gambe magre e fianchi ancora stretti. Si stropicciò gli occhi, reprimendo uno sbadiglio e aprendo la porta per far entrare la fenice prima che la strega americana potesse protestare per il lieve picchiettio del becco sulla porta del bagno.

“Dovrei essere felice.” Si disse, guardando Fanny come se potesse diventare la sua interlocutrice, anche se in effetti la era diventata da quando Albus Severus le parlava così poco, e il volatile ricambiò il suo sguardo come se capisse davvero quello che lei diceva, quasi con aria grave. “Sì, infondo è il primo giorno di scuola.” Continuò, per auto convincersi, ma c’era un fatto che frenava ogni sua emozione riguardante la scuola: il suo essere mezzosangue. Suo padre le aveva detto che la sua prima moglie, la donna che l’aveva partorita, era una babbana uccisa per il suo essere una normale umana, e quindi, in teoria, lei era più che fuorilegge. Era feccia. Doveva essere soppressa in quanto unione di un mago con un essere inferiore.

Tutti sapevano che, con la nuova ascesa di un Voldemort tornato dai morti al potere, con l’uccisione di un beneamato Eroe come Harry Potter, che tra l’altro era anche suo nonno – altro motivo per cui doveva essere soppressa –, con la disgregazione del vecchio governo, i mezzosangue di ogni tipo, mezzodemoni, mezz'elfi, mezzi maghi, magonò e altri sul genere erano stati quasi tutti sterminati. Ma rimanevano ancora persone che, in barba a quell’ordine di caotica perfidia, continuavano la loro vita in clandestinità, pur sognando e sospirando un mondo diverso, lei era un esempio. Tutti la conoscevano come una strega al cento per cento, ed era bene che così rimanesse, se voleva restare viva.

Ma, ora che ci ripensava, non era quello a preoccuparla, perché infondo era al sicuro finché la sua irrilevante natura rimaneva nascosta, ma le prepotenze e gli insulti che le avrebbero rivolto per il suo cognome: Potter. La famiglia dell’Indesiderabile numero uno, la famiglia ultima tra i maghi.

“Che schifo.” Mormorò, con le palme appoggiate ai bordi del lavabo e il capo chino. Lei, giovane e innocente undicenne, era stata contaminata da tutti quei pensieri orribili fin da quando era bambina, e in quel momento, nonostante la giovane età, capiva più cose di quante avrebbe dovuto.

Il piccolo orologio ticchettò fino alle otto e, dopo essersi lavata velocemente il viso, scese in cucina.

La strega americana si affaccendava intorno ai fornelli, e, quando la vide, la rimandò subito indietro, ordinandole: “Vai a svegliare gli altri.”

Era di cattivo umore perché per un po’ Rin sarebbe stata da sola con suo padre, dato che David e Micheal erano troppo piccoli per andare ad Hogwarts e lei doveva rimanere con loro. L’unica cosa positiva della giornata.

Poco dopo si ritrovarono tutti attorno alla tavola di legno, e mangiavano con appetito, esclusa Rin. Le si era chiuso lo stomaco. Sbocconcellava di malavoglia un pezzo di pane che sembrava essere infinitamente enorme, rispetto alla sua fame, annaffiandosi lo stomaco con lunghe sorsate di succo di frutta.

“Così ti sentirai male, ricordati che ci toccano due ore e mezza di macchina.” Commentò Albus Severus, con un sorriso divertito ad illuminargli gli occhi verdi. Rin gli lanciò uno sguardo carico d’apprensione, e posò il bicchiere accanto la piatto, costringendosi a mangiare un altro boccone di pane. Lui le sorrise, comprensivo.

“Anch’io voglio andare a Hogwarts!” esclamò David, cominciando per l’ennesima volta un capriccio ben conosciuto alla famiglia Potter. “Tra due anni.” Disse Albus Severus, spalmandosi il burro sulla fetta tostata. “Ma io ci voglio andare adesso!” strillò, cominciando a piangere. Allora Rin si alzò, puntandogli contro l’indice: “Guarda che Hogwarts è un posto pieno di mostri alieni!” disse, con voce tenebrosa: “Che, non appena ti avvicini, ti mangiano!” e allargò le braccia per aumentare la dimensione drammatica del suo racconto.

David era ammutolito. “Davvero?” chiese, dopo un po’. Rin sapeva che il suo fratellastro era molto suggestionabile, quindi fece lavorare la fantasia per allungare il brodo in una storia ancora più incredibilmente spaventosa, per evitare che quelle proteste nascenti diventassero un capriccio, il capriccio i genitori che cercavano di calmarlo, il contrattempo in ritardo ed altre disastrose conseguenze sul tema: “Certo, per questo io ho inventato uno speciale incantesimo protettivo.” Disse, con aria saputa: “Solo chi ha il proprio incantesimo protettivo può entrare a Hogwarts, quindi comincia a inventarlo.”

Il silenzio era calato pesantemente sui quattro, che la guardavano attoniti. La strega la fissava come se fosse scema, ma non disse nulla perché David sembrava davvero essersi calmato.

“Bene.” Disse Albus Severus: “Noi andiamo. Ciao tesoro.” Salutò sua moglie con un bacio sulla guancia, e, presa Rin per mano, uscirono.

In silenzio entrarono in macchina, si sedettero e si guardarono. “Tra due anni ce lo trascini tu fino alla ferrovia.” Disse lui, e scoppiarono a ridere.

 

“Devo proprio andare?” chiese, tenendo la mano di Albus Severus in una spasmodica stretta carica d’ansia. Lui grugnì qualcosa a riguardo delle dita che gli si intorpidivano per la forza disperata della sua piccola mano, ma poi le sorrise: “Non ti preoccupare, andrà tutto bene.” Ma, agli occhi di Rin, quelle parole risultavano vuote ed esattamente contrarie al loro significato, e il sorriso sembrava forzato. Infondo suo padre non poteva che essere preoccupato per lei: quando lui era a scuola il Signore Oscuro era risalito al potere e il suo vecchio era stato trucidato, ed era ovvio che si sentisse inquieto. Avvertiva che qualcosa di terribilmente grande per il corpo minuto di sua figlia si sarebbe abbattuto su di lei, e, se avesse potuto, l’avrebbe portata via e messa al sicuro, ma, il quel momento, nulla poteva fare per trascinarla lontano da quella folla rumoreggiante e cattiva, per proteggerla dal caotico tran tran della stazione. Chissà quanto avrebbe dovuto soffrire, quegli anni che avrebbero dovuto essere i più belli della sua esistenza.

“Dai” Disse, guardando nervosamente l’orologio che segnava le undici meno cinque: “ti aiuto a caricare il baule dentro.” Lei annuì, ma non proferì parola, tanto era nervosa.

Sgomitarono tra la folla per poter entrare in una delle carrozze fumanti di ragazzini urlanti, con la gente che si scostava sdegnosamente appena riconosceva in loro dei Potter, e fecero del loro meglio per trovare un posto in uno scompartimento, anche se invano.

La locomotiva fischiò la partenza, e Albus Severus schioccò un bacio sulla fronte della figlia: “Mi raccomando” si rassicurò: “Non dire a nessuno quello che sai, stai attenta e bene preparata, sii brava a scuola ed evita i guai quando puoi.” Era commosso, in un qualche senso, infondo era la sua prima figlia che sarebbe partita per un temibile ignoto. Rin lo abbracciò. “Ciao papà.”

La ragazzina guardò attonita la persona a lei più cara scendere dal treno e sistemarsi sulla banchina vicino alla sua carrozza, e fu quando un ragazzo più grande la colpì per sbaglio con la borsa che si riscosse e cominciò a trainare il proprio baule e la gabbia con la fenice fino ad uno scompartimento all’apparenza vuoto.

Data la pienezza degli altri, decise di entrare, pur trovandoci un uomo dai capelli lunghi e biondi che tutto sembrava tranne che un uomo che amava essere interrotto, tanto era concentrato nella lettura di un plico. “M-mi scusi” esordì, sentendosi pugnalata dallo sguardo di ghiaccio che le fu rivolto: “potrei sedermi qui? Tutto il resto è occupato.”

Lui la squadrò con l’aria di chi non vede l’ora di appioppare un secco ‘no’, ma riportò la propria attenzione al plico, cosa che Rin prese come un ‘fa’ come ti pare’ e, dopo aver sistemato il baule sulla reticella non senza una certa fatica, si sedette con la gabbia di Fanny sulle gambe. L’animale sembrava davvero inquieto: becchettava sulle piccole sbarre che la imprigionavano, cercava di aprire le ali e dimenava la coda, emettendo versi striduli come se stesse per morire. Rin decise di liberarla, dato che era stata stranamente tranquilla fino a quel momento, e, aperto il finestrino con la piccola manovella, lasciò che la fenice si librasse crogiolandosi tra le mille correnti del cielo.

L’uomo dai capelli biondi osservò l’animale con stupore, ma soprattutto con una scintilla di scientifica curiosità negli occhi, analizzandone con curiosità il piumaggio vermiglio, le zampe sottili e forti, il becco appuntito e lievemente ricurvo.

Sembrava così interessato che quasi faceva intendere che non ne avesse mai vista una. “Le avevo solo studiate.” Le rispose, secco, con una voce calma eppure lievemente irritata per essere stato soggetto di studi, seppur quelli di una ragazzina che sembrava più impaurita che incuriosita dalla sua vista.

Dopo qualche minuto che lei passò a torturarsi nervosamente un lembo del maglione blu il treno si mise in moto e, sbuffando volute di fumo candido, si diresse, sempre più veloce, verso l’uscita del tunnel della stazione. Rin si alzò di scatto, per paura di non riuscire a salutare in tempo suo padre e, sbracciandosi dal finestrino appena aperto, gridò, incurante dell’uomo che la guardava come se fosse pazza: “Ciao papà! Ti scriverò un sacco di lettere!” e l’ultima cosa che sentì fu il: “Ti voglio bene!” che l’accompagnò per tutto l’anno.

Non fece in tempo a sedersi che l’uomo le disse, con noncuranza: “Sei del primo anno.”

Lei, sorpresa per essere stata letta così velocemente, si accasciò di schianto sul sedile di fronte a lui, con sguardo perso in chissà quale timore: “Sì.” rispose con voce atona.

“Non era una domanda. Se ne accorgerebbe chiunque: tremi come una foglia.” Borbottò, tornando al proprio foglio. C’era qualcosa di strano nel modo di esprimersi di quell’uomo, non che usufruisse di un lessico ricercato od elaborato, ma perché parlava come se, qualsiasi cosa potesse uscirgli dalla bocca, non gli importasse. Una voce talmente fredda e vuota da far venire i brividi.

“Non lo sai che è scortese fissare la gente?” alzò la testa dalla propria lettura, infastidito, e lei si ritrovò ad arrossire: “Oh, m-mi scusi!” esclamò, ritraendosi il più possibile verso l’interno del sedile, abbassando lo sguardo: “S-solo che mi chiedevo se lei sarà uno dei miei futuri professori.”

Fu guardata come se avesse appena detto una schifezza, ma alla fine ricevette una breve e laconica risposta affermativa.

Annuì, segno che aveva capito, profondamente imbarazzata dal fatto che fosse così vicina a un docente, e forse fu quell’imbarazzo a turbarlo, tanto che si alzò e uscì.

Rimase sola. Era una cosa molto piacevole, contando il fatto che il resto della fauna di Hogwarts consisteva in Serpeverde boriosi e altezzosi, così giganteschi in confronto alla sua piccola statura, ma avrebbe voluto qualcuno con cui chiacchierare un po’, magari una voce amica che la rassicurasse.

Come risposta ai propri pensieri, la porta dello scompartimento si aprì di scatto, e davanti a lei apparve una ragazza dal portamento così fiero e sicuro di sé che la prima cosa che le venne in mente fu quella di andarsi a cercare un altro posto per lasciare il suo all’ego sconfinato che la sua visitatrice dimostrava. “Ciao.” Disse e, chiusasi dietro lo scorrevole trasparente, occupò il posto prima occupato dall’uomo dai capelli biondi. Rin non trovò il coraggio di replicare a quel saluto cordiale, tanto l’aspetto perfettamente plasmato della ragazza la intimoriva. Dimostrava sì e no diciassette anni, era alta, con i capelli lunghissimi biondo scuro che sventolavano fino ai polpacci ad ogni suo movimento, e aveva le gambe lunghe e il corpo di una Veela, tanto risultava seducente nell’insieme.

Si rannicchiò sul proprio posto, accanto alla gabbia vuota di Fanny.

Lei, accorgendosi della sua reazione, ridacchiò: “Oh, non devi aver paura di me!” esclamò: “Sono un demone ma non ti mangio!” e concluse il suo discorso con un sorriso rassicurante.

“D-demone?!” squittì, spaventata, cosa che non fece altro che divertire ancora la sua nuova compagna di viaggio, che ridacchiò esprimendosi con un breve ‘ah, non te n’eri accorta?’ e avvicinò una mano al suo viso. Rin chiuse gli occhi, intimorita dal fatto che quelle cinque dita fossero munite di artigli demoniaci, ma l’unica cosa che sentì fu una carezza che le scompigliava i capelli. “Sei una primina.” Disse, con tenerezza, per rassicurarla: “Non ti preoccupare, andrà tutto bene.” E le sorrise. Aveva assunto un atteggiamento diverso rispetto a quello scherzoso e lievemente strafottente che prima l’aveva tanto caratterizzata, una sorta di materna apprensione, nonostante fosse la prima volta che la vedeva.

Rin si sentiva in imbarazzo per l’ennesima volta: era così strano sentir fluire un affetto estraneo in quella mano pericolosa, e la cosa ancora più strana era tutta quella confidenza espansiva nei suoi confronti.

Dopo qualche secondo la mano si ritrasse.

“Mi chiamo Meido Zangetsuha.” Si presentò, tornando all’aria di fiera bellezza di prima: “Tu sei una Potter, vero?”

Rin rimase basita. Non sapeva come Meido avesse scoperto la sua natura, ma la cosa la preoccupava: se riconoscerla era così semplice, come avrebbe potuto sopravvivere agli insulti? “Sì.”

Disse, poi, chinando il capo: “Mi chiamo Rin.”

“Rin.” Ripeté lei, appoggiando i gomiti sulle ginocchia e il mento sulle palme aperte: “Suona come un campanellino di cristallo.” Valutò, guardandola negli occhi.

“Me lo dice sempre mio padre.”

“Allora ho ragione.”

 

Meido si rivelò essere un demone dal linguaggio colorito e i modi di fare colmi di seducente malizia, aveva una personalità molto ironica e adorava fare del sarcasmo, ma era una persona con la quale era molto piacevole stare. Sarà stato per il suo carisma coinvolgente o per l’energia dei suoi occhi azzurri, ma la sensazione che dava alla gente, non solo a Rin, era quella di essere così stabile nelle proprie convinzioni e genuina nel modo di pensare da sembrare come il vento tempestoso di aprile: forte ma tiepido e piacevole. Chiacchierava molto e si vedeva che, di argomenti di cui parlare, ne aveva fin troppi.

Le aveva raccontato un sacco di cose sulla scuola che lei considerava corrotta, ma poche sul proprio conto. Sembrava una persona che adorava farsi i fatti degli altri ma che aborriva parlare dei propri, come se la disgustassero.

Per Rin, incontrarla fu una specie di incoraggiamento: non era l’unica a pensare di dover studiare in una scuola priva dei valori che insegnava una volta, e aveva l’impressione che Meido sapesse fin troppo bene cosa significasse essere una reietta nel mondo dei maghi, tanto che le era sembrato che l’avesse presa in simpatia e sotto la sua ala protettrice. Doveva essere abbastanza influente.

Avrebbe continuato a chiacchierare per molto se, verso le quattro del pomeriggio, non si fosse aggiunta un’altra passeggera. Bussò al loro scompartimento con una specie di autoritaria movenza, come se pensasse che entrare fosse un suo diritto.

Era una ragazza dai capelli corti marrone scuro, che producevano uno sconnesso contrasto con i suoi occhi viola, un fisico asciutto e magrolino, anche se sembrava piuttosto muscoloso, tanto che portava la gabbia di una civetta e il baule con una mano sola, mentre con l’altra portava la giacca. Aveva un viso appuntito, dai lineamenti spigolosi e freddi, ma i suoi occhi erano carichi di tanta ribelle e furba astuzia. “Salve.” Sorrise, mostrando dei denti bianchissimi, sorriso che non convinse affatto Meido, che invece si irrigidì e mostrò le zanne in un sarcastico saluto: “Ciao.”

“Inutile che mi attacchi così, vengo in pace.”

“Oh, ma io ti stavo semplicemente salutando alla maniera dei demoni.”

“Allora scusa se non me ne sono accorta.”

Rin seguì quel sarcastico combattimento verbale con gli occhi spalancati: il demone tanto cordiale e gentile con il quale aveva chiacchierato fino a quel momento si era trasformato in un feroce animale di rara selvaggia bellezza, con tanto di zanne.

“E perché tu non ci saluti alla maniera dei mezz'elfi, Nihal?” disse Meido, come se la sapesse lunga.

La ragazza chiamata Nihal per un momento fu terrorizzata, poi, forte di una rabbia incontenibile, estrasse la bacchetta: “Ripetilo.” Ringhiò, puntandola contro Meido, che stava ancora seduta con le gambe elegantemente accavallate, e lei scoppiò a ridere. Era così fredda e limpida nella sua risata da far accapponare la pelle: “Non lo sai che i demoni sono immuni a quasi tutte le magie?” chiese, divertita. La sua voce aveva acquisito una vena di pungente cattiveria.

“Non alle Maledizioni Senza Perdono.” Minacciò Nihal, rafforzando la presa sulla bacchetta. Meido sorrise, immune al tono pericoloso dell’avversaria: “Avanti, allora.”

Rin era sicura che Nihal non se lo sarebbe fatto ripetere due volte, era sicura che avrebbe immediatamente attaccato briga, e, per evitare di rimaner coinvolta in spargimenti di sangue prima che cominciasse l’anno, si alzò e si frappose tra le due, ben cosciente che il suo corpo mingherlino avrebbe potuto resistere ben poco alla forza che le braccia nude di Nihal sembravano esprimere con dei muscoli sodi e scattanti.

Invece si spostarla con la forza, Nihal ripose la bacchetta chinando la testa, come se niente fosse, fissò il baule e la gabbia col gufo sulla reticella e si sedette vicino a lei.

Anche Meido sembrava essersi dimenticata degli attacchi verbali appena pronunciati, e si rilassò contro lo schienale del suo sedile, allungando le gambe sul resto dei posti liberi. Guardando prima fuori dalla finestra e poi fissandola negli occhi, disse a Nihal: “Avevo sempre desiderato conoscerti, Fromthewind.”

“E offendi la gente, per conoscerla?” replicò lei, alzando il sopracciglio, cosa che sembrò divertire il demone: “Beh, mi devo prima premunire se sia una persona che non devo far arrabbiare.”

La ragazza annuì, non del tutto convinta, ma decisa a lasciar correre. Sapeva bene che Meido Zangetsuha era una specie di celebrità, a Hogwarts, e sapeva anche che era un po’ strana. Ma in quel momento si era accorta che non era strana, ma solamente lunatica e calcolatrice. Si rivolse a Rin: “E tu chi sei? Non mi pare di averti mai visto.”

Sentendosi chiamata in causa, Rin arrossì e riuscì solo a mugugnare: “Mi chiamo Rin. E sono al primo anno.”

“Devi dire anche il tuo cognome, tesoro.” Le disse Meido, sorridendo. Lei prese quel sorriso come una protezione, e disse, un po’ più sicura: “Rin Potter.”

Nihal, più che schifata da quel cognome tanto tristemente famoso, sembrò deliziata: “Oh.” Disse: “Credevo di essere l’unica fuorilegge, qui.” E, chiuso lo scorrevole dello scompartimento, decise di confessare. Infondo, se Meido Zangetsuha sapeva già che lei fosse un mezz'elfo e non l’aveva detto in giro significava che non aveva interesse a farla morire, e Rin sembrava così piccola e innocente da non poter nemmeno partorire un’idea del genere. “Hai ragione.” Spiegò, rivolgendosi a Meido, mentre si sistemava una ciocca scura dietro l’orecchio: “Sono un mezz'elfo. Sono qui solo perché mio padre aveva deciso così per me da quando sono nata.”

“E io invece sono qui perché una profezia predice che qui potrò realizzare ciò che desidero più al mondo. Ma non so quando succederà, quindi sto qua da quasi dodici anni, per monitorare la zona.” A Meido parve giusto scambiare il proprio segreto con quello di Nihal, per farle capire che avrebbe mantenuto il suo. Sembrava che una specie di patto stesse per compiersi.

Poi guardarono entrambe la piccola Rin, che arrossì enormemente nel constatare che avrebbe dovuto dire ciò che non avrebbe mai dovuto rivelare. “Ehm… io…” balbettò: “Sono una strega mezzosangue. Mia madre era babbana.”

L’atmosfera si gelò immediatamente, le due la fissarono come se fosse destinata ad una fine terribile e lei se ne sentì immediatamente turbata, tanto che si pentì immediatamente di aver parlato. “Povera piccola.” Disse Meido, acquistando una seconda volta il tono materno: “Ti scopriranno subito.” Aveva una strana compassione negli occhi. E la cosa non le piaceva affatto: “C-cosa?” balbettò, passando dal rosso dell’imbarazzo al bianco pallore della paura, e a risponderle fu Nihal: “Il Cappello Parlante” disse: “è stato scucito e riassemblato in modo da guardare nel corpo delle persone e dichiarare il loro stato di sangue.”

“E allora tu come hai fatto?” biascicò Rin, con la voce tremante per le lacrime e il terrore. Nihal era un mezz'elfo, e allora perché era ancora lì? Non era stata accettata anche lei?

“Io ho questo.” Le spiegò la ragazza, mostrandole un grosso medaglione che teneva riposto sotto la maglietta, ben nascosto. Era tondo pieno di pietre colorate: “Funziona solo con le persone con sangue elfico, è in grado di creare illusioni indistruttibili, anche per la magia.”

Disperata, la piccola strega rivolse uno sguardo supplicante a Meido: “Ti prego” le disse: “Fai qualcosa.”

Rin aveva aspettato a lungo il momento in cui sarebbe potuta entrare a Hogwarts. Era una scuola corrotta e senza valori, è vero, ma ancora serbava quell’alone di magica atmosfera che la rendeva quasi mistica, ambita da tutti, bella nella sua sporcizia. Sapeva benissimo che sarebbe stata vittima di prese in giro, scherzi e prepotenze di ogni genere, ma si era sempre cullata nella speranza che avrebbe sopportato volentieri tutto quello per la dolce soddisfazione che lo studio della magia le dava, invece in quel momento si vedeva sbarrata la strada dall’ombra minacciosa del Cappello Parlante, per il quale non solo avrebbe perso l’occasione di studiare, e magari anche ridar lustro al suo cognome tanto disprezzato, ma anche la sua stessa vita. Le mancava ancora così tanto da fare: non avrebbe mai cavalcato un drago, né una scopa, non avrebbe mai giocato a Quidditch, non avrebbe mai potuto sentire il felice sollievo delle vacanze estive, non avrebbe mai vissuto la favola dell’amore come gliela raccontavano le storie che le leggevano la sera.

Meido, in un certo modo, percepì il suo terrore, e si avvicinò a lei, abbracciandola. Non era mai stata gentile con nessuno, ma quella piccola bambina le infondeva una certa tenerezza, tipica delle sorelle maggiori che vogliono proteggere e coccolare le sorelline più piccole e indifese, allontanarle dalle amare tristezze della vita e tenerle sempre strette al petto, cullandole nella certezza che tutto si sarebbe sistemato. Per Rin non aveva altro conforto che quello di un abbraccio: sapeva che quel cappello, corrotto come la scuola che rappresentava, non avrebbe certo avuto pietà di lei, come non ne aveva avuta per gli altri bambini innocenti che erano stati massacrati davanti all’assemblea degli studenti dell’unica Casa, inerti e impossibilitati nell’agire.

Avrebbe voluto saperlo prima. Avrebbe voluto salvarla, utilizzando il suo mezzo di corruzione più efficace, ma in quel momento l’unica cosa che poteva fare era stare a guardare. Nulla avrebbe potuto fare per lei, se non complicare le cose.

“Sono sicura che andrà tutto bene.” Cercò di rassicurarla Nihal, ma dalle sue parole smorte non poté uscire altro che una mera illusione.

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Dunque, dunque, dunque

FINALMENTE qualcuno recensisce ç^ç

(Dark Egor Aster 97, se vuoi inserire un personaggio che vorresti vedere, hai l'onore di potermelo chiedere u.u)

Howevah qui comincia l'avventura, il sentiero in cui mi perderò di sicuro, questo guazzabuglio di parole e personaggi sta cominciando a srotolarsi! festeggiate con me! (?) diciamo che Rin è rimasta uguale a quella che era, Meido è entrata in scena e Nihal è sempre fantastica (anche se noialtri malvagi veneriamo Aster u.u)

ora scrivo la provenienza di tutti i personaggi avuti fin qui, in modo da semplificare le cose, ecco.


Sesshomaru, Inuyasha, Rin, Bankotsu, Jakotsu, Suikotsu: "Inuyasha" di Rumiko Takahashi

Dohor, Nihal, Aster: "Le Guerre del Mondo Emerso" saga, di Licia Troisi

Voldemort, Bellatrix, Draco Malfoy: "Harry Potter" saga, di J. K. Rowling

Arlene (Larxene), Even (Vexen), Isa (Saix), Riku, Sephiroth: "Kingdom Hearts" saga, di Testuya Nomura

Meido Zangetsuha: "la mia mente folle" u.u

abbiamo saltato qualcuno?

quando ne incontreremo altri aggiornerò questo simpatico elenchino °3°

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Sayonara :D

  
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