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Autore: ssj4gohan    08/11/2006    2 recensioni
Essere alla ricerca della bellezza richiede sempre l'intervento di un "artista".
Genere: Horror, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Illusione

Illusione

 

Per anni mi sono interrogato sulla provenienza delle emozioni umane. Le paure più profonde come nascono? Certe sensazioni sono innate, ma altre vengono alimentate dalla nostra fantasia. Fantasia…Per alcuni è un dono, per altri un’arte. Non fatevi ingannare dalla parola: arte non è sempre quello che si pensi. Io sono da sempre stato un artista e come tale ho avuto anche molta fantasia, ma come in tutte le arti, c’è sempre qualcosa che può essere migliorata, che può avere maggior rilievo.

Condividere le emozioni con qualcuno è da sempre un problema per chi, come tanti, la parola “sociale” descrive solo una parte estranea a sé stessi. La paura di perdere la propria immagine assilla la maggior parte di tutti noi. Cosa resterebbe dell’uomo se la propria esistenza se ne vada col suo corpo? Da questo presupposto ci si è appoggiati ad una concezione irreale, a dei propri ideali, ai propri Dei. Crediamo in questi Dei affinché la nostra anima sopravviva anche durante il trapasso. Affidiamo a loro le nostre devozioni in cambio della nostra anima. Un baratto? Forse…

E’ quando siamo più disperati, che ricorriamo alla speranza. Crediamo con tutte le nostre forze in qualcosa che, ipoteticamente, potrebbe aiutarci a lottare, un pretesto per spingerci a fare cose che prima credevamo impossibili. La disperazione è un’arma da non sottovalutare. Si può ottenere qualsiasi cosa con la disperazione. La maggior parte degli uomini prova disperazione soltanto quando si trova in difficoltà, altri quando si trovano di fronte al proprio riflesso.

Il piacere del proprio aspetto è fondamentale. In quei momenti ci trasformiamo in Dei, a patto che ci renda felici la visione di quello che lo specchio può offrirci. In solitudine ci creiamo un essere invidiabile, ma a contatto con gli altri ci accorgiamo di aver avuto solo un’illusione.

Fisicità e mentalità vanno di pari passo. La mente non sopravvive senza il corpo e viceversa, il corpo non è completo senza la mente. La bellezza è il fulcro in cui la mente gira attorno al corpo. Ci si dispera se troviamo in altri, aspetti che in noi sono lontanamente immaginabili. La scoperta di un rivale è un sintomo di competizione, quella stessa sensazione che ci porta ad essere infelici quanto basta per rendere la nostra vita piena di disperazione. Lì entra in gioco la nostra immaginazione. Si comprende che per essere al pari di un modello non si ha bisogno di cambiamenti fisici, perché seppur comprendendo la propria sconfitta non si può far altro che immaginare l’inimmaginabile. L’arte con cui utilizziamo la bellezza contro i nostri simili è disarmante. Saremo disposti a tutto pur di non veder sfiorire i nostri sforzi.

Ci improvvisiamo artisti e fantasisti allo stesso tempo, ma il più delle volte la sconfitta è inevitabile e ci vuole l’intervento di un vero artista, di una vera fantasia che faccia di noi il sogno così tanto cercato. Se si potesse immortalare la bellezza immaginaria senza che questa faccia parte di noi? Trasmettere la nostra anima agli altri senza cambiare involucro? Dipingere il nostro lato malizioso in maniera che gli altri siano pervasi dalla nostra bellezza, imprimere su tela quello che dovrebbero vedere in noi. Pittore maledetto? Io non credo. E’ solo saper rappresentare le emozioni su di una tela vuota. La bellezza dovrebbe essere qualcosa che vive in eterno.

Il soggetto è irrilevante. Siamo tutti uguali di fronte alla perfezione. Io mi reputo un perfezionista, anche se poi sono un cultore della bellezza in sé e per sé. E’ innegabile l’evidenza di essere colui tanto cercato per dar sfogo alla propria arte.

Uomini, donne o addirittura bambini non fanno per me alcuna differenza. L’importante è saper interpretare la giusta visione della realtà. Ho esposto le mie opere nella mia casa, mostrandole a tutti coloro vogliano un servigio o una richiesta. Non chiedo molto, solo una parte della loro anima, che resti immutata nel tempo dipinta senza sfiorire mai.

Naturalmente i miei clienti sono consapevoli delle conseguenze, sanno fin dall’inizio che il risultato non lo vedranno mai ma sarà mostrato a tutto il mondo. Un segreto? No di certo. Non è il modo con cui si opera, ma il piacere.

I ritratti non consistono in una trasposizione di quello che vedo realmente, ma di quello che potrebbe rappresentare ad un occhio indiscreto. La bellezza si valuta seguendo un ordine ben preciso. E’ facile. Nell’arte tutto ciò che viene tolto da una parte, lo si ripone in un’altra.

Comincio sempre dagli occhi. E’ più facile iniziare notando lo stato di tristezza del soggetto. Di solito restano aperti, anche perché non consento la loro chiusura. Li ripulisco da eventuali irritazioni quando comincio a lavorare su di essi.

A volte, con soggetti più sensibili, il tempo resta illimitato. E’ più difficile lavorare quando le lacrime sembrano interminabili. Naturalmente il movimento è essenziale. Dovrebbero restare immobili ed invece l’istinto umano tende a concedere ai muscoli una vita propria. Non posso utilizzare cinghie o bavagli per immobilizzare i soggetti: mi causerebbero distrazioni.

Gli arti vengono espiantati prima di iniziare il processo. E’ anche un’occasione per poter utilizzare dei colori vividi per la mia opera d’arte, in questo modo una parte della vitalità è ritrasmessa nell’opera.

Il soggetto resta cosciente per tutto il tempo, anche se non ha più la capacità di comprendere lo stato del ritratto. E’ troppo attaccato alla sua vita per potersi rendere conto che quello che al termine si vedrà, sarà da lui sempre desiderato. Dagli occhi ne deduco un attaccamento morboso alla vita. Prima di quei momenti non si era preoccupato minimamente di vivere la propria esistenza lontano dalle fantasie. La debolezza non è una vergogna, ma la vergogna è una sensazione da reprimere. Non voglio che i miei clienti provino vergogna. Le labbra sono da sempre una parte che testimonia la vergogna e per questo non ho bisogno di osservare il loro strano movimento. Non avendo un necessario bisogno, ritengo siano superficiali sia per me che per i miei clienti. Le unghie poi. Simbolo di vanità. Ne ho viste di tutti i tipi, alcune molto curate. Non volevo che il tempo sprecato a tanta cura andasse perduto. Ancora oggi le conservo tra i miei effetti personali, nella mia stanza. Ogni qualvolta ne aggiungo altre alla collezione, ripenso alla vanità provata quando ci si prende cura del proprio corpo. Così come ho scoperto l’utilità delle ciglia, specialmente in quelle delle donne, sempre attente a non rovinarle. Le trovo molto attinenti al mio lavoro. Quando dipingo e vedo le setole dei miei pennelli, spesso ricordo la loro origine.

Nessuno di loro ha mostrato una certa rabbia nei miei confronti. Più che giustificata la cosa. D’altronde io offro un cambiamento nel ricordo che varrà nel tempo, non distruggo il futuro, così come non altero il passato.

L’anima del mio cliente resterà per sempre rinchiusa nella sua bellezza. L’involucro non è necessario per i ricordi. Si ricorderà l’essenza non il materiale. Tutto estremamente vergine e pulito.

Non si tratta di abitudine, ma di piacere. Me lo dicono in tanti, dopo aver visto le mie opere. Alcuni hanno provato a contarle e forse sono veramente tante come hanno lasciato intendere. Tante, veramente tante, così come i corpi all’interno delle tele.

   
 
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