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Autore: Harriet    09/11/2006    1 recensioni
Una raccolta di 7 oneshot su Ed, per analizzare il suo carattere, la sua storia, il suo rapporto con gli altri personaggi e soprattutto con Al. (Le storie sono state scritte per la Writing Communty True Colors)
Genere: Malinconico, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Elric
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Note: ambientata nel periodo dell’anime raccontato nelle puntate 27-32, quando Ed e Al sono ospiti di Izumi. Si svolge dopo che il gruppo ha incontrato Wrath e i due ragazzi hanno scoperto il segreto del passato della loro maestra. Non ricordo di preciso se e quando Izumi viene a sapere che i ragazzi sanno. Forse questa storia, dunque, modifica un pochino la linea temporale della vicenda dell’anime. In ogni modo, è da considerarsi un incontro tra Ed e la sua maestra, dove i due sanno che entrambi hanno tentato un esperimento proibito e hanno fallito.

Tema: #27 Blinded by faith, I couldn’t hear all the whispers, the warnings so clear

Tutte le cose sussurravano

Potevo avvertire i segni nell’aria. I segni di qualcosa di strano nell’aria. Il colore del cielo un po’ troppo scuro, il vento che emetteva suoni striduli e poi la pioggia. Erano due giorni che il tempo si alternava tra la pioggia e dei momenti di quiete strana, fredda, con un cielo basso e minaccioso. Potevo vederlo riflesso nei colori dell’atmosfera.
Avrei potuto cogliere quel suggerimento. Dare ascolto a quel richiamo.
Era scritto nelle cose, vibrava in ogni particella d’acqua sospesa in aria e pronta ad abbattersi sulla terra. Era ripetuto nel respiro spezzato di Al e nei dubbi enormi che leggevo nei suoi occhi spaventati.
Era un avvertimento, che più chiaro non esiste.
Avrei dovuto coglierlo. Avrei dovuto accorgermene.
Ma...
Non sono mai stato molto bravo a seguire i consigli, eh?


Nella luce quieta e malinconica del crepuscolo, la donna uscì di casa e raggiunse il ragazzo, accoccolato in giardino, con lo sguardo perso chissà dove e i pensieri a rincorrere lo sguardo. Si avvicinò pian piano e gli si sedette vicino.
Si guardarono senza dire niente. Si erano già detti tutto, prima, e sopratutto avevano veramente poco da dirsi. Sapevano entrambi già tutto quel che c’era da sapere, e risparmiare le parole era solo un bene.
Lei accennò un sorriso. Qualcosa di simile ad un sorriso, ma Ed decifrò la smorfia ugualmente. Era la sua sensei, aveva vissuto a lungo insieme a lei, le doveva gran parte di quello che sapeva. Aveva imparato bene – spesso a sue spese – a capire cosa le passava per la testa.
- Non ho intenzione di dirti altro su...quella faccenda. Anzi. Forse non avrei dovuto nemmeno arrabbiarmi, quando mi avete detto cos’avete fatto.- iniziò lei, a mezza voce. – Niente più di ciò che ho fatto io. No...voi avevate ancora meno colpa di me. Io, almeno, avevo dalla mia parte l’età e l’esperienza. Ancora più di voi, ci avrei dovuto pensare. Avrei dovuto accorgermene.-
- Beh...cercare scusanti o aggravanti non cambia quello che abbiamo fatto tutti e due, comunque.- replicò lui, cupo.
Lei aspettò qualche istante prima di chinare la testa e rispondergli.
- No, non cambia. E nemmeno cambia quel che abbiamo ottenuto. Anche se a volte mi chiedo...Se fosse accaduto qualcosa...che ci avesse fatti fermare...-

Ma è accaduto qualcosa che ci avrebbe potuti fermare, sensei.
Il problema non è quello.
Il problema è che eravamo tutti e due troppo accecati dal nostro desiderio, dall’ansia di vederlo realizzato, dalla fiducia nelle nostre capacità, per accorgerci di quegli avvertimenti.
In una notte come quella, qualsiasi persona di buon senso avrebbe smesso di fare tutto e sarebbe andata a dormire. In una notte come quella, nessuno avrebbe potuto dubitare che c’era, nell’aria, un messaggio terribile, che non si poteva ignorare.
Nella paura che sentivo provenire da mio fratello c’era l’avvertimento più chiaro, poi. E anche nella mia paura. Nel mio cuore che, in qualche modo, cercava di inviarmi messaggi. Ero un bambino, ma non importa. Anche un bambino percepisce il pericolo. Io lo sapevo, che quel pericolo era lì, a un passo da me. Ma sono andato avanti.
Chissà, anche tu avrai sentito tutto questo.
Ma non potevi fermarti. Perché eri sicura, vedevi la meta, lontano, ma la vedevi così chiaramente che non ti rendevi conto di aver imboccato una strada folle, per giungere a quella meta.
Chi guarda solo la meta, dimenticandosi che c’è una strada da fare, per arrivarci, è destinato a perdersi. Chi non si rende conto di quando la meta che ha davanti è folle...è destinato a svanire.
E queste parole erano lì, si riflettevano in ciò che ci circondava. Tutte le cose ce le sussurravano.
Però tu non hai ascoltato, e sei andata avanti.
Come me.


- Non ci saremmo fermati comunque.- mormorò Ed, scuotendo la testa. – Io ero un bambino sciocco, sicuro di me. E poi...I segnali c’erano. Tutto mi diceva che stavo sbagliando. Ma io...-
Izumi appoggiò la mano sul braccio destro del suo allievo. La sua mano sentì la consistenza del metallo.
- Perdonami. Sono stata la peggior maestra che potevi avere. Forse sono stata io ad insegnarti a non prestare ascolto agli avvertimenti di pericolo.-
Ed alzò le spalle e le fece un sorriso.
- Izumi-san. Credimi. Non mi importa, ora.-
   
 
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