Questa l’ho scritta durante l’interrogazione di latino di stamattina. Siccome ho una piccola “statuina” di una ranocchia nell’astuccio sono stata ferma a guardarla e ho notato che aveva gli occhi all’infuori, no? Come tutte le rane, fuori dalle orbite, e allora ho pensato che sarebbe bastato poco perché un occhio si staccasse.
Poi ho pensato alla lezione di religione che ha predicato che ogni attimo della vita è prezioso, anche quello più brutto, e mi è venuto in mente l’essere ciechi e quanto il non vedere possa essere doloroso, ma anche a come alcuni riescano a superarlo, per quanto possibile, e vivere serenamente, accettando la cecità. La cecità salta all’occhio, scusate il gioco di parole, ed è un empio lampante di un brutto evento che però alla fin fine deve essere accettato per riuscire a vivere.
C’è una rana senza un occhio
E tu la guardi dal tuo cocchio
Ora ti guarda, malandrina
Quella rana, piccolina,
si muove, poi saltella,
è ancora un po’ più bella
salta, salta: ballerina
canta, canta: canterina
cade, si rialza
mai si ferma la sua danza
ora gli occhi le mancano entrambi
ma serena salta avanti
Carillon
XxX