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Autore: DadaOttantotto    15/04/2012    5 recensioni
Isabella è una ragazza che, per lavoro, si trova a dover passare 48 lunghe ore con i Simple Plan... cosa sucederà? Buona lettura!
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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48 hours cap 9 - Signor Redis, posso spiegarle.
E' la frase che ha già ripetuto almeno una decina di volte da quando, dopo aver svegliato un Pierre stravaccato sul divano e aver dato a entrambi una veloce rassettata, aveva raggiunto l'albergo dove alloggiava il gruppo.
- C'è poco da spiegare, Isabella - replica scocciato il suo capo. - Il nostro lavoro non consiste nel portarci a casa gli artisti che dobbiamo seguire!
- Lo so benissimo, ma...
- Niente ma. Mi ha messo davvero in una posizione difficile, signorina.
Isabella chiude gli occhi, respirando a fondo. Aveva sentito quelle parole altre volte da quando lavorava per Redis e finiva sempre allo stesso modo. Si chiede cosa proverà quando dovrà andare in ufficio e mettere tutto in una scatola.
- Mi dispiace, sul serio, ma penso lei non sia più adatta per questo lavoro.

Pierre serra ripetutamente le mani a pugno, in preda a un nervosismo che non riesce a controllare.
E' tutta colpa sua, solo e soltanto colpa sua. Cosa gli era venuto in mente di andare a casa di Isabella! Magari se non si fosse addormentato, se fosse tornato subito indietro... ora è lei a sopportare il peso della sua stupidità.
- Secondo voi cosa le sta dicendo?
Volge lo sguardo verso Dave, impassibile accanto a lui.
- Niente di buono, a giudicare dalle loro facce... Dio, sono un cretino.
- Dai, Pierre, non serve a niente adesso colpevolizzarsi. Pensiamo piuttosto a un modo per tirarla fuori dai guai in cui l'abbiamo messa.
E in quel momento il cantante vorrebbe saper parlare italiano, per riuscire a spiegare a Redis che l'unica cosa che Izzie ha fatto di male è star dietro a uno come lui e non averlo mandato via. Che lui è uscito dalla sua camera di sua spontanea volontà, che non l'ha costretto di certo lei a salire sul taxi alle quattro di notte. Che il deficiente è lui, non lei.
Tuttavia ci prova; si avvicina ai due e, in quel miscuglio di inglese e francese che solo lui è in grado di creare, tenta di far capire al direttore tutto quello che è successo da quando ha lasciato l'albergo. Ma l'altro non lo ascolta, nemmeno lo lascia finire di parlare. Lo informa che da quel momento in poi dovranno far riferimento solo a lui, li saluta e se ne va.
Pierre lascia cadere le braccia lungo i fianchi, sospirando sconfitto. Non ce l'ha fatta. E a rimetterci è stata la sua Izzie.
- Mi... mi dispiace - mormora, la testa bassa, incapace di sostenere il suo sguardo.
- Ci dispiace - lo corregge Seb. - C'eravamo tutti e cinque a casa tua.
Isabella si passa una mano tra i capelli, cercando di trattenere le lacrime.
- Non è colpa vostra, ragazzi. Io vi ho portato a casa, io vi ho fatto mangiare lì. Non è colpa vostra.
Detto questo, risale sull'auto e si allontana, lasciandoli soli a rimuginare su quanto appena successo.

Non c'era stato nessun commento, nessuno sguardo, niente di niente. Tutti i suoi colleghi avevano fatto finta di niente quando lei era entrata in ufficio, armata di scatola di cartone e quel che restava del suo orgoglio, per portar via le sue cose.
Quella stessa scatola ora sta sul tavolino del salotto, lo stesso dove, solo poche ora prima, aveva ascoltato la dichiarazione d'amore di Pierre. Sembra fissarla, la scatola, quasi sfidarla a svuotarla del suo contenuto. Non ne ha voglia. Non ancora.
Ha appena perso il lavoro. E' una cosa di cui per ora non si rende completamente conto. Cosa farà domani? E il giorno dopo? Dovrà lasciare l'appartamento, senza stipendio non se lo può permettere.
Non ti preoccupare, le ha detto Carlotta, finché non ti sarai sistemata starai da me.
Non vuole pesare sulle spalle di nessuno, Isabella. Non c'è abituata. Indipendente dall'età di diciotto anni, ha sempre cercato di cavarsela da sola, senza chiedere aiuto. Non cambierà di certo adesso.
Il suono del campanello la distoglie dai suoi pensieri. Si alza di malavoglia dal divano e, trascinando i piedi, va ad aprire la porta. E' esattamente chi pensava che fosse.
Pierre si muove nervoso, spostando il peso da una gamba all'altra, passandosi ripetutamente la mano nei capelli. Le maniche corte della maglietta rossa che indossa lasciano intravedere il complicato tatuaggio sul braccio sinistro.
- Mi dispiace - biascica.
- Va tutto bene, Pierre.
- No che non va bene! Ti ho causato solo problemi...
- Non è vero - risponde Isabella, abbracciandolo. - I problemi me li sono procurata da sola portandovi qui ieri sera. Mi rincresce solo non poter venire al concerto.
- Certo che puoi!
- Ci sarà Redis e, a dirla tutta, non ho proprio voglia di vederlo.
La prende per le spalle, allontanandola da sé solo lo spazio necessario a guardarla bene in faccia.
- Vieni all'aeroporto. Dobbiamo ripartire subito dopo il concerto, ma è... io ho bisogno di vederti ancora una volta prima di tornare in America.
Non può andare via senza salutarla, non può lasciarla così. Cielo, si è preso una cotta davvero pesante questa volta...
- Ok, ci vediamo lì. Ora vai o farai tardi, Bouvier.
Si congeda da lei con un veloce bacio sulle labbra, un leggero contatto che dovrebbe bastargli fino a quando non la incontrerà di nuovo. e, già lo sa, saranno ore lunghissime.
- Risolverò tutto, te lo prometto - asserisce serio. - Rimedierò a tutto il casino che ho combinato.

Sono tornata! A tempo di record! XD
Allora, questo è il penultimo capitolo. Ciò vuol dire che con il prossimo si chiuderà tutto. Che ne sarà di Izzie e Pierre? E di Charlie e Chuck? Bon, lo scoprirete solo leggendo! :)
Ringrazio Lucreh_Sharp_Bouvier per la recensione allo scorso capitolo!
Alla prossima! :)
Baci8
   
 
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