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Autore: BloodyEmily    15/04/2012    3 recensioni
« Vuoi che metta un po' di musica?» la voce di Eva giunse come da lontano.
Lui scosse la testa, senza guardarla. Non aveva detto ancora una parola da quando se n'erano andati da quel cimitero e, per un attimo, Eva lo capì. Doveva essere un trauma, avere una seconda possibilità, poter tornare in vita e cercare disperatamente la donna amata, per poi scoprire che quest'ultima era morta.
Sembra proprio uno scherzo del destino, commentò Eva.
« Il peggio è che sei tornato, Jack.»
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jack Dawson
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Titanic

Jack is back





A Giulia,
che mi sopporta sempre,
anche quando sono da rinchiudere.



Non riusciva a spiegarselo.
Un attimo prima era immerso nell'acqua gelida, tremante, circondato da gente morente e appeso a un pezzo di legno; poi, quando aveva riaperto gli occhi, si era trovato legato ad un tavolo di metallo, una luce bianca puntata negli occhi e un'orda di uomini in camice bianco muniti di cartelline che parlavano tra di loro in un linguaggio incomprensibile.
« Dove sono?» aveva chiesto più volte, senza ricevere risposta.« Dov'è Rose?»
Gli uomini parevano troppo occupati ad analizzare dati, a mantenere costanti le “sue funzioni vitali” per badare a lui. Jack, quindi, superando lo stato iniziale di incredulità si era ritrovato ad osservare quella sorta di laboratorio dalle pareti bianche che puzzava di disinfettante.
Per quanto riguardava le dimensioni, gli ricordava vagamente la sala da pranzo del Titanic, ma più spoglia e arredata con strani scatoloni di metallo che riportava scritte e disegni e altri marchingegni che Dio solo sapeva cos'erano.
Cercò di alzare leggermente il collo, sebbene si sentisse indolenzito, in maniera tale da scrutare meglio l'ambiente quando l'unica porta presente si aprì. Un uomo di mezza età in giacca e cravatta, seguito da una donna dai capelli scuri, fece il suo ingresso nel laboratorio, un sorriso vagamente compiaciuto sul volto.
Uno scienziato gli andò incontro per consegnargli una cartella che il nuovo arrivato osservò, sebbene egli sembrava troppo interessato a Jack per prestare a quelle carte la dovuta attenzione.
« Allora,» esordì l'uomo, avvicinandosi al tavolo dov'era legato Jack,« come sta, mio caro?»
« Dove sono?» ripeté Jack.
L'uomo sorrise,«ah, ottima domante. Bé, caro ragazzo, per risponderle è necessario fare un piccolo passo indietro.» fece una pausa, inumidendosi le labbra,« immagino che l'ultima cosa che ricordi sia l'affondamento dei Titanic, vero? Bene, allora la informo che lei è sicuramente il mio esperimento migliore. Vede, sono passati cento anni dall'inabissamento del transatlantico e i miei scienziati sono riusciti, dopo anni di ricerche ed esperimenti, a riportare in vita una delle vittime. Certo è stata un'impresa lunga ma ne è valsa la pena,» sorrise, orgoglioso del risultato.
Jack, dal canto suo, era perplesso. Aveva le sopracciglia inarcate mentre elaborava tutte le informazioni che quell'uomo strambo gli aveva appena fornito.
« Io sarei...»
« Morto,» concluse l'uomo con l'ennesimo sorriso che iniziò ad irritare Jack,« ovvio.»
« No, non è possibile... se fossi morto come avreste fatto...»
« Moderna tecnologia, ragazzo. Abbiamo strumenti che gli scienziati dei tuoi tempi potevano solo sognare.»
Prima che Jack riuscisse a porre un'altra domanda, la donna prese la parola.
« Moderna tecnologia o complessi megalomani?» domandò con un'alta percentuale di sarcasmo nella voce.
L'uomo non parve toccato da quell'affermazione, si limitò sospirare pesantemente.« Mia nipote disapprova il mio lavoro,» spiegò.
« Se possiamo considerarlo lavoro,» continuò lei, incrociando le braccia al petto,« è un essere umano, nonno.»
« Era un essere umano, cara. Ora è un esperimento, il più grande che abbia mai avuto tra le mani,» affermò con un sorriso smagliante, poi si rivolse a Jack,« ora, spero che mi perdoni ragazzo, ma dobbiamo fare ancora alcuni esami con il suo corpo. Le auguro un buon riposo.»
Un camice bianco, cogliendo il cenno di quell'uomo, gli posò una mascherina sul volto. I contorni del laboratorio si fecero sempre più sfuocati, fino a far precipitare Jack nel buio.


*


Quando Jack si risvegliò, era disteso su un letto decisamente più comodo del precedente. Rimase immobile, ad osservare il soffitto bianco.
Sapeva di non aver sognato,- quello strano laboratorio e i tizi in camice bianco che ci lavoravano,- eppure non riusciva a credere che le parole di quell'uomo corrispondessero alla realtà. Come poteva essere vivo? Come potevano essere passati cento anni?
E, poi, la domanda che più lo angosciava: che fine aveva fatto Rose?
L'ultimo ricordo che aveva di lei era quello di una donna infreddolita, con le labbra blu, distesa su un pezzo di legno galleggiante. Rammentava le ultime parole che le aveva rivolto, come se fossero passati pochi istanti da quel momento.
Si era salvata? Era riuscita a ricostruirsi una vita senza la soffocante presenza di quel prepotente del suo fidanzato?
Doveva saperne di più o sarebbe impazzito.
Si alzò da letto e gettò una rapida occhiata alla stanza completamente spoglia, eccezion fatta per il letto: non vi erano finestre e l'unica porta di metallo sembrava troppo resistente da poter sfondare.
Sospirò, passandosi una mano sulla fronte quando la porta di aprì e la ragazza che aveva visto poco prima gli consegno dei vestiti e delle scarpe.
« Mettili, darai meno nell'occhio così,» gli spiegò.
Spiazzato, Jack si ritrovò ad ubbidire. Quando la ragazza si voltò, indossò velocemente quei strani indumenti.
« Seguimi,» continuò lei, facendogli strada nel fitto reticolato di corridoio- costantemente con pareti bianche,- che quel posto aveva. Uscirono da un portone di plastica verde, senza incontrare nessuno, e giunsero in un parcheggio illuminato.
Lei non disse nulla, gli fece cenno di salire su un auto rossa. Auto che Jack non identificò come tale: rimase ad osservare senza parole quell'insieme di metallo e ruote finché lei, spazientita, lo afferrò per un braccio e, poco garbatamente, lo spinse a salire.
« Eva,» disse finalmente facendo un mezzo sorriso.
« Jack Dawson,» rispose lui spiccio,« cosa sta succedendo?»
« Mio nonno, insieme ai suoi folli soci, ha deciso di investire tutto in un progetto innovativo,» fece una smorfia, mettendo in moto e guidando fino all'uscita del parcheggio,« riportare in vita una persona congelata cento anni fa. E' stata un caso che sia stato il tuo corpo a finire in quel laboratorio. Lo so è da rinchiudere,» commentò Eva, cogliendo l'espressione di Jack.
« Che cosa vuole farne di me?»
« Il suo burattino, un facile strumento per guadagnare dei soldi. Ma non preoccuparti, non permetterò che accada.»
« E perché mi stai aiutando?»
Eva gli lanciò un'occhiata con i suoi penetranti occhi scuri,« perché non condivido il sottomettere una persona alla legge del calcolo. Ad ogni modo, hai presente il braccialetto di metallo che hai legato alla caviglia?» Jack annuì,« bene,» tirò fuori un coltellino dalla tasca dei jeans e glielo consegno,« taglialo.»
« Come?» Jack sgranò gli occhi.
« Se lo osservi bene, non è interamente fatto di metallo. C'è una parte di stoffa scusa. Tagli lì.»
Jack eseguì quanto gli era stato detto e consegnò quello strano braccialetto alla donna. La osservò per qualche istante, mostrava una ventina d'anni anche se qualcosa nello sguardo la rendeva più matura.
La stava ancora guardando quando una serie di luci e suoni attirò la sua attenzione: su una strada a due corsie vi erano molte auto come quella di Eva. Ciò nonostante, non fu quello a sbalordirlo, ma l'enorme città illuminata da centinaia di luci che sorgeva davanti ai suoi occhi.
Jack si sporse dal finestrino, le labbra semi chiuse. Era uno spettacolo.
« Benvenuto in America, Jack,» fece sorridendo Eva mentre giungevano alle porte della città. Una volta entrati, accostò l'auto vicino a un marciapiede e, individuando un camion dei netturbini avvicinarsi, lanciò il braccialetto in un bidone.
Quando risalì in auto lo guardò inarcando le sopracciglia,« il “Codice da Vinci”, insegna. Okay, Jack, ti avviso che questo non impedirà a mio nonno di trovarci, ma, se non altro, ci darà parecchio tempo di vantaggio.»
Lui annuì, sebbene non comprendesse bene come poteva quell'uomo individuarlo grazie a quel braccialetto.
Eva parcheggiò nuovamente vicino a un locale e tirò fuori da una borsa sul sedile posteriore, un portatile. Lo accese e digitò velocemente la password.
« E' un computer,» spiegò notando l'occhiata basita del ragazzo,« una sorta di scatola contente un sacco di informazioni. Ed è grazie a questa scatola se sono riuscita ad inserirmi nel server di quel laboratorio, disattivando le telecamere, riuscendo ad aprire le porte...»
« Eva,» la interruppe lui,« non ho la minima idea di quello che stai dicendo.»
Lei annuì come se non avesse colto qualcosa di ovvio,« dobbiamo pensare a nasconderti ora,» disse chiudendo il portatile e accendendo l'auto.
« No,» disse Jack, improvvisamente serio,« c'è una cosa che devo fare prima.»
Eva parve irritata,« ha aspettato cento anni, non può aspettare ancora qualche giorno?»
« Appunto, ha già aspettato troppo.»
Sebbene riluttante, Eva annuì. Jack sembrava troppo determinato per cedere.
« Okay,» disse infine,« che devi fare?»
« Devo cercare una persona.»
« Chi?»
Jack evitò il suo sguardo,« Rose.»

*


« Ti rendi conto che è una follia, vero?» la voce squillante ed irritata di Eva giunse alle orecchie di Jack come un dong.
« Come?» fece lui, lievemente traumatizzato.
Eva sbuffò,« sono passati cento anni, come puoi sperare di...» ma non finì la frase. Jack aveva nuovamente distolto lo sguardo ed i tratti del suo viso si erano fatti più duri.
Aveva affittato una stanza in un motel, giusto per fare il piano della situazione ed agire. Eva aveva riacceso il suo pc e quando aveva saputo che la persona che Jack cercava di rintracciare era una passeggera del Titanic aveva dato di matto. Per lei, fredda e razionale, era impossibile comprendere i sentimenti del ragazzo.
« Come si chiama?» chiese, stupendo persino se stessa per l'aver posto quella domanda. Aprì il file che conteneva i nomi dei superstiti alla tragedia del transatlantico, pronta alla ricerca.
« Rose DeWitt Bukater.»
« Prima classe?»
Jack annuì e attese il responso della ricerca.
Eva indugiò qualche istante prima di alzare gli occhi dallo schermo del computer,« nessun responso.»
« Come?» Jack allarmato si alzò di scatto dalla sedia,« Non può essere,» mormorò mentre l'ipotesi peggiore riguardante Rose si faceva lentamente strada nella sua mente.
« Non perdiamo d'animo. Può avere usato un altro nome, no?» gli fece notare la ragazza, alzando gli occhi al cielo,« se faccio una ricerca incrociata di questo nome in tutte e tre le liste, sicuramente la troveremo,» si mise all'opera battendo freneticamente le dita sui tasti.
Dopo qualche minuto, carico di tensione e di disperazione per qualcuno, Eva accennò un sorriso e comunicò che aveva trovato ben sette Rose. Fiducioso, Jack ascoltò con calma quell'elenco di nomi, un sorriso tirato sul volto; sorriso che iniziò a spegnersi insieme alle sue speranze quando mancava solo un nome.
«... e Rose Dawson,» disse infine Eva, sorridendo,« direi che l'abbiamo trovata, no?»
In quel momento, dalla prima volta che era tornato, Jack distese le labbra in un sorriso che illuminò anche i suoi occhi chiari.


*


Era una villetta di due piani, situata in fondo alla via, il cui giardino era pieno di fiori.
Jack la osservò attentamente, gli occhi azzurri raggianti. Era di nuovo vicino a lei, mancava così poco per rivedersi...
« Okay, resta qui,» affermò Eva, slacciandosi la cintura di sicurezza e scendendo dalla macchina. Si affacciò al finestrino e gli sorrise,« vado solo a sondare il terreno. Cinque minuti.»
Jack annuì, senza nemmeno a provare a ribattere. Andava bene così, in fondo: cosa importava se era Eva ad annunciare il suo arrivo? L'importante era rivederla, guardarla nuovamente negli occhi, sfiorarla.
Dal finestrino vide Eva parlare con una giovane donna dai capelli biondi, la nipote di Rose. Jack la osservò attentamente: era bella, questo non poteva negarlo, ma non c'era traccia di Rose nei suoi tratti. I suoi occhi verdi, per quanto stupendi, lo lasciavano indifferente.
Dopo una pausa che sembrò infinita, Eva salì in aiuto, le sopracciglia corrugate e il volto serio.
« Che succede?» chiese Jack, insospettito dalla sua reazione.
« Ti porto da lei.»

*


Jack spalancò gli occhi, senza fiato. Sicuramente la lapide davanti ai suoi occhi doveva essere frutto di uno scherzo, non poteva essere vero.
« Mi spiace, Jack,» bisbigliò Eva, gli occhi bassi,« ti aspetto in macchina.»
Jack non le rispose, non diede nemmeno cenno di aver sentito le sue parole. Gli occhi erano fissi su quel nome stampato crudelmente nel marmo sopra la data di nascita e di morte.

Rose DeWitt Bukater
Dawson
Calvert
1895-1997

Ebbe un lieve giramento di testa e si sedette sull'erba umida. Sospirò afflitto mentre le lacrime cominciavano a rigargli le guance.

Quando la nave attraccherà, io scenderò con te.»
« E' una follia.»
« Lo so,» Rose sorrise,« per questo ci credo.»

In quel preciso istante, Jack si maledì con tutto se stesso.
Si maledì di essere morto.
Si maledì di essere tornato.

*


« Vuoi che metta un po' di musica?» la voce di Eva giunse come da lontano.
Lui scosse la testa, senza guardarla. Non aveva detto ancora una parola da quando se n'erano andati da quel cimitero e, per un attimo, Eva lo capì. Doveva essere un trauma, avere una seconda possibilità, poter tornare in vita e cercare disperatamente la donna amata, per poi scoprire che quest'ultima era morta.
Sembra proprio uno scherzo del destino,
 commentò Eva.
« Il peggio è che sei tornato, Jack.»
Lui scosse la testa,« no,» disse continuando a guardare un punto non precisato dell'orizzonte,« il peggio è pensare a come sarebbe potuto essere.»


Okay, premetto che l'idea non è farina del mio sacco. Siccome recentemente ho rivisto Titanic al cinema, è tornata l'ossessione per questo film; di conseguenza, girando su You Tube ho visto questo filmatohttp://www.youtube.com/watch?v=MUkzJzsFVtc e mi è venuta voglia di mettermi a scrivere.
Lo so, la fan fiction sembra proprio una presa per i fondelli: pensare che quando finalmente hanno una possibilità di stare nuovamente insieme, la vita gliela nega.
Non scriverò nessun'altra fan fiction su questo meraviglio film, ispirato ad una tragedia, perciò...
Addio
Emily


  
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