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Autore: iwishiwaspecial    15/04/2012    1 recensioni
Uscii dal bagno e andai a mettere il caffè, dato che lui era troppo impegnato a rivestirsi per ricordarsene. Doveva tornare da lei. Poggiai le mani vicino al bancone e abbassai la testa. Era difficile non essere la prima scelta. Non sentirsi abbastanza. Mai. Sentii un paio di mani avvolgermi all'altezza della vita. Sbuffai mentre mi baciava il collo. -Devi andartene. Ti starà aspettando- dissi fredda. Lui mi fece girare e mi prese il viso tra le mani osservandomi. Fece un sorriso sghembò e mi baciò. Passarono svariati minuti, tanto che non mi accorsi della moca che fischiava, reclamando il caffè che tentava di uscire. Alla fine si staccò e si diresse alla porta. -La devi smettere- dissi incrociando le braccia. -Di amarti?- chiese lui puntualmente sull'uscio della porta, prima di sorridermi, infilarsi il cappuccio e lasciare richiudersi la soglia -No, di entrare e uscire dalla mia vita come se niente fosse!- esclamai arrabbiata. Il caffè si era bruciato tutto e stava per bruciare anche i fornelli. Sbuffai prendendo una spugnetta. Era sempre stato cosí. Arrivava, creava scompiglio per quelle poche ore e poi spariva senza farsi sentire per un bel pezzo.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Joe Jonas
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Heavy On My Heart

I try to fly away but it's impossible 
And every breath I take gives birth to deeper sighs 
And for a moment I am weak 
So it's hard for me to speak 

Even though we're underneath the same blue sky


Rigirandomi sotto il lenzuolo, tastai il lato destro del letto aspettandomi di trovarlo al mio fianco, ma c'era solo il cuscino gelido con il ricordo della notte appena trascorsa. Mi sforzai di aprire gli occhi, che la luce del sole stuzzicò facendoli lacrimare. E lo vidi. Era in piedi davanti a me, che si stava infilando la t-shirt verde. I jeans li aveva giá messi. Si chinò a darmi un bacio sulla fronte -Buongiorno- disse con voce roca. Storsi il naso e rimasi a guardarlo per qualche secondo, poi mi girai dall'altra parte raggomitolandomi sotto il lenzuolo. Lo odiavo. -Cos'hai?- chiese sedendosi sul bordo del letto. Misi la testa sotto le coperte. Avvicinò il suo viso al mio. -Gin..- levai il lenzuolo da sopra la testa. -Vattene Greg, ok? Tanto era quello che stavi facendo, quindi- mi alzai velocemente dal letto, in modo che non mi fermasse in alcun modo. Andai verso il bagno, presi un paio di slip, una felpa e dei leggings, che infilai velocemente. Mi sciacquai la faccia con l'acqua fredda dandomi dei colpetti sulle guance. -Forza..- dissi guardando la mia immagine allo specchio. Uscii dal bagno e andai a mettere il caffè, dato che lui era troppo impegnato a rivestirsi per ricordarsene. Doveva tornare da lei. Poggiai le mani vicino al bancone e abbassai la testa. Era difficile non essere la prima scelta. Non sentirsi abbastanza. Mai. Sentii un paio di mani avvolgermi all'altezza della vita. Sbuffai mentre mi baciava il collo. -Devi andartene. Ti starà aspettando- dissi fredda. Lui mi fece girare e mi prese il viso tra le mani osservandomi. Evitai i suoi occhi per principio, altrimenti avrei ceduto alle sue moine. -Guardami- disse lui. La sua voce di mattina aveva quella nota graffiante che rendeva le cose difficili quando si trattava di resistergli. Volsi la sguardo verso di lui, l'espressione imbronciata. Lui fece un sorriso sghembò e mi baciò. Passarono svariati minuti, tanto che non mi accorsi della moca che fischiava, reclamando il caffè che tentava di uscire. Alla fine si staccò, mi guardò per qualche secondo, mi lasciò un bacio sulla punta del naso e si diresse alla porta. -La devi smettere- dissi incrociando le braccia. -Di amarti?- chiese lui puntualmente sull'uscio della porta, prima di sorridermi, infilarsi il cappuccio e lasciare richiudersi la soglia -No, di entrare e uscire dalla mia vita come se niente fosse!- esclamai arrabbiata, tirando un calcio alle stupide scarpe che lui mi aveva regalato e il dolore al mignolino sinistro mi risvegliò da quello stato di rabbia e delusione, appena in tempo pe accorgermi che il caffè si era bruciato tutto e stava per bruciare anche i fornelli. Sbuffai prendendo una spugnetta. Era sempre stato cosí. Arrivava, creava scompiglio per quelle poche ore e poi spariva senza farsi sentire per un bel pezzo. Ci eravamo conosciuti quando io avevo appena iniziato a lavorare nel campo fotografico e lui e i membri di quella che poi sarebbe diventata la sua band, erano venuti per farsi fare una foto da dietro un divano. Erano sempre stati un po' originali. Era il 2009 e io avevo vent'anni, lui ventitré. Io ero single, lui era impegnato. Eppure questo non sembrò frenarlo dal chiedermi di uscire, svariate volte, fino ad instaurare una relazione nella quale io avevo la parte dell'amante che arrivava sempre ed eternamente seconda nella classifica del suo cuore. Affermava di amarmi, infinitamente, incondizionatamente, ma quando gli chiedevo di lasciarla e di scegliere me la risposta era sempre -Non posso, le si spezzerebbe il cuore- ma al mio di cuore non ci pensava mai. La cosa più assurda era che io e Paris, la sua ragazza, eravamo completamente diverse. Lei era bella, bionda, aveva gli occhi chiari ed era alta e formosa. Io ero bassina, magra, avevo i capelli neri, lisci e lunghi, gli occhi verde smeraldo, la carnagione abbronzata e un sacco di lentiggini all'altezza del naso. Lei aveva le sopracciglia bionde, un carattere mite e dolce, io avevo le sopracciglia nere e marcate, il carattere che corrispondeva ad una bomba ad orlogeria e non stavo zitta un attimo. Lei amava truccarsi e apparire sempre fine nel vestirsi, io non mi truccavo mai e forse possedevo più capi d'abbigliamento strappati che altro. Lei metteva i tacchi, io le vans, lei cantava, io spaccavo i vetri se solo ci provavo. Era un po' il gioco degli opposti e ancora mi domandavo come facesse Greg a stare con entrambe, considerando l'enorme divario che ci divideva.
 

 

If I could paint a picture of this melody 
It would be a violin without its strings 
And the canvas in my mind 
Sings the songs I left behind 
Like pretty flowers and a sunset

 

Passò del tempo e il 2011 arrivó insieme alle sue brutte notizie. Avevo ventidue anni e la voglia di avere una relazione che non fosse segreta, ma non quella di lasciarlo. Passai tutta la primavera e l'estate insieme a lui, che finalmente passava del tempo con me più di qualche volta alla settimana. Anzi, passavamo la maggior parte del tempo insieme, dato che Paris si esibiva in qualche locale di New York a tempo non ben definito e quindi adesso quella a ricevere le rare visite mensili era lei e non io che mi godevo la pacchia. Uscivamo sempre insieme e la mattina il letto non era freddo. Il caffè lo andavamo a comprare, insieme. Conobbi meglio anche i suoi amici John, Jack, Rob e Ryan, che aveva avuto una bimba bellissima. Tutti loro sapevano di questa relazione ma nessuno diceva niente a Garbo. Rob Hoffman si prendeva qualche sbronza con me di tanto in tanto, da grande amante dell'alchool qual era. Essendo colleghi ci trovavamo bene insieme e facevamo discorsi interessanti, figli dei fiumi di jack daniel's. In una delle tante sbronze, mi aveva confessato che Garbo non guardava Paris come guardava me. Questa affermazione non aveva fatto altro che crepare quel muro di certezze e disilussioni che avevo costruito nella mia testa, dando il permesso alla speranza di penetrare e insidiarsi come edera velenosa su quel muro, distruggendolo tutto, piano piano. 

Era settembre e Garbo era partito per andare a trovare Paris. Mi aveva chiamata prima di ripartire dicendomi che doveva parlarmi. La speranza ormai aveva fatto festa nella mia testa e avevo iniziato a farmi filmini di ogni tipo: immaginavo l'avesse lasciata, che avesse chiuso con lei, che finalmente avremmo potuto stare insieme liberamente, magari avremmo anche vissuto insieme. E sarei stata la prima nel suo cuore.

Suonarono il campanello verso le sette di sera e dalla finestra il sole stava giá calando dietro alla collina, striando il cielo di rosa e di rosso. Mi alzai per andare ad aprire. Lo vidi, feci per baciarlo, ma il suo sguardo scosso mi fece cambiare idea. -Siediti pure- dissi indicandogli la poltrona. Lui lo fece e mi guardò mentre mettevo su il caffè. -Com'è andato il viaggio? Turbolenze?- chiesi avvitando la moca. -Ritardi?- dissi poi girandomi ed appoggiandomi al bancone della cucina. Lui alzò lo sguardo e scosse la testa. Prese un respiro profondo. -Ho chiesto a Paris di..- prendere una pausa di riflessione, pensai intensemente. Lo speravo con tutta me stessa. Mi morsi un labbro in attesa. -Di sposarmi.- disse d'un fiato. Volevo cadere, battere la testa e non svegliarmi più. Volevo prendere un coltello e tirarglielo. Volevo che arrivasse il terremoto più potente di tutta la storia, che si aprisse una voragine sotto di lui e se lo portasse via. Volevo urlare, piangere. Invece rimasi lí, impalata, con il labbro stretto tra i denti. Mi stava crollando il mondo addosso. Si stava sgretolando pian piano, mano a mano che la consapevolezza di ciò che aveva detto si faceva strada dentro di me. Avrei voluto prendere la macchina e passargli sopra, avanti e indietro, fino a quando non avessi finito di sfogarmi. -Gin..?- chiese lui avvicinandosi. -Non ti avvicinare- dissi io senza muovermi di un millimetro. Lui non mi diede ascolto e proseguí cautamente. -Dimmi, qual é il tuo piano adesso? Continuare come se niente fosse?- dissi con un sorriso. Un sorriso che stava per esplodere. -Non lo so. Io ti amo e non voglio che finisca, ma diventerá tutto più difficile.- disse serio mentre mi era arrivato di fronte. -Hai ragione. Dovremmo essere più cauti e tenere la cosa più riservata.- dissi con freddezza, annuendo. Penso che a Garbo non sembrasse vero, l'avevo presa con troppa filosofia ed ero fin troppo calma. -Tu cosa vorresti fare?- mi chiese prendendomi una mano. Guardai le nostre mani, poi lui. Piegai la testa di lato con un sorrisetto cattivo. -Non lo so, tu cosa faresti al posto mio?- chiesi. -Ti direi che ti amo, dato che io ti..- non lo feci finire. Un suono sordo, un tonfo. La sua guancia destra pulsava e cominciava ad apparire il segno delle mie cinque dita. -Ecco cosa farei. E NON provare a dirmi che mi ami, stronzo- mi staccai da lui, andando a prendere una sigaretta. Mi passai una mano tra i capelli nervosamente, poi la accesi inspirando a fondo. Lui che fino ad un attimo prima si stava tenendo la guancia con la mano, si avvicinò di nuovo, ancora più cautamente. -Hai fatto bene. Hai tutte le ragioni del mondo. Ma non possiamo discuterne civilmente? Possiamo ancora stare insieme!- esclamò. -Gregory se ti avvicini ancora di un altro passo ti giuro che ti spengo la sigaretta in un occhio.- mi ignorò, ancora. -Avanti pensaci, sarebbe uguale a prima! Semplicemente avrei un anello al dito!- disse arrivando di nuovo di fronte a me. Lo fissai. Poi sbottai. -Ti è mai passato anche una sola volta per la testa che anche io vorrei essere amata sul serio per una volta? Che vorrei essere al suo posto? Che vorrei averlo io un anello al dito? Che anche io ho diritto ad una vita felice?- stavo alzando il tono e non andava bene, perchè sarebbe finita male. -Ma io ti amo- disse lui convinto. -Lo vedo! E infatti, proprio perchè mi ami cosí profondamente, chiedi a Paris di sposarti! Ma non ce l'hai una coscienza santo Dio?- gli chiesi per poi tirare dalla sigaretta. Stavano per arrivare le lacrime. -Io.. Era tanto che lo aspettava. Non avrei mai potuto lasciarla, ne sarebbe uscita distrutta- disse abbassando lo sguardo. -Giusto perchè io sono indistruttibile! Mi chiamavano Wolverine cazzo!- dissi gesticolando. -Il punto, qui, è che tu non sai darti delle priorità. É che io rimarrò l'eterna seconda e a te non fregherà mai un cazzo del fatto che io ne esco sempre e perennemente col cuore spezzato!- urlai. -Il punto qui è che io ti amo- disse fermandomi le braccia e guardandomi negli occhi. -SMETTILA- mi liberai dalla sua presa e gli tirai un pugno sulla spalla. -Di amarti?- mi chiese. Scoppiai a piangere. -Devi smett..- dissi tra le lacrime, quando mi interruppe, riprendendomi il braccio e posando le sue labbra sulle mie. Mi strinse a sè, baciandomi con passione. Era un bacio arrabbiato e io non volevo, ma era più forte di me. Cosí presi la sigaretta e gliela spensi sulla mano. Mi aspettavo che saltasse via, invece dopo che l'avevo scottato, mi prese la mano, tolse la sigaretta, la buttò per terra pestandola e incrociò le sue dita alle mie. In mezzo alle lacrime e a quel bacio sofferto, trovai la forza di spingerlo via. Fece per riavvicinarsi, ma lo spinsi di nuovo mentre asciugavo le lacrime. Andai alla porta e la aprii. -Vuoi che me ne vada?- chiese venendo verso di me. Annuii tra i singhiozzi. Lui raccolse la sigaretta e si avviò alla porta. Ne uscí. Lo guardai. -Non tornare- dissi con gli occhi rossi e la voce spezzata. -Ma io ti..- sbattei la porta con violenza. Mi accasciai contro la porta, in un pianto disperato. Doveva smetterla.

Trovai la forza di alzarmi dopo minuti interminabili e andai a pulire il caffè che si era bruciato, ancora una volta. Dopo di che mi misi sul letto e dopo aver svuotato la riserva di lacrime mi addormentai.

 

Mi svegliai sentendo bussare alla porta. -Andate via, chiunque voi siate!- urlai, girandomi dall'altra parte. Smisero di bussare. Dopo cinque minuti sentii il telefono vibrare. Smetterà di vibrare, pensai. Ma continuava, irritantemente, a vibrare come un dannato. Cosí mi alzai, inciampai nelle scarpe, nel tappeto e nel gradino e poi riuscii a prenderlo dal tavolo. Guardai il display: avevo dormito un giorno intero. Erano le nove e mezza del giorno dopo. Avevo una cosa come una ventina di chiamate perse di Garbo e adesso mi stava chiamando John Taylor. -Pronto- dissi con voce rauca. -È tipo un'ora che busso. Ti dispiacerebbe aprirmi?- mi chiese ridendo. -Oddio scusami!- dissi e corsi alla porta, chiudendo la chiamata. Lui entrò, mi guardò e spalancò le braccia. Mi ci fiondai, consapevole del fatto che sapesse già tutto. Dopo che mi ero sfogata un po' su tutta la sua mordibezza, ci sedemmo sul divano. -Ti porto fuori!- disse guardandomi. Scossi la testa energicamente. -Non hai visto come sono messa?- gli chiesi. -Sei bellissima! Avanti, vatti a vestire. Ci aspettano alle dieci e mezza al club!- disse spingendomi verso il bagno. -Hai solo mezz'ora per prepararti!- disse ridendo. Lo guardai. -Ci aspettano?- chiesi dubbiosa. -Si, Rob, Jack e un paio di persone che ti farò conoscere- disse facendomi l'occhiolino per poi chiudere la porta del bagno.

 

It's heavy on my heart 
I can't make it alone 
Heavy on my heart 
I can't find my way home 
Heavy on my heart 
So come and free me 
It's so heavy on my heart 

 

Mi ero più o meno ripresa, John riusciva a farmi ridere, ma il dolore che in realtà provavo dentro era insopportabile. Arrivammo al club e quando scesi sentivo già gli occhi di tutti addosso, peccato che quelli che avrei voluto avere erano pronti a sposarsi. Entrai con John e andammo al tavolo dove c'erano Jack, Rob e altri due ragazzi. Mediamente alti e fisicati, uno con i capelli neri, corti, la barbetta incolta e gli occhi color nocciola, l'altro con i capelli ricci e castani, gli occhi piccoli e color cioccolato. Mi sedetti tra Rob e Jack salutandoli, poi passammo alle presentazioni. Quello dai capelli neri si chiamava Joe, l'altro Nick. Joe aveva la mia stessa età, Nick era di poco più piccolo. Passammo tutta la serata a ridere, tra John, Jack e Nick che battibeccavano per il baseball e chi fosse più bravo a fare TUTTO e Joe e Rob che continuavano a fare battutine idiote. Poi decidemmo di fare io e Rob una gara di chupito e ovviamente vinsi io. Lui era vicino a rimettere. Durante tutta la serata avevo notato che Joe mi lanciava occhiatine di tanto in tanto, ma magari era solo una mia impressione, a causa dell'alchool. Stava di fatto che sarei dovuta tornare a casa a piedi, dato che ero l'unica ad abitare dall'altra parte. -Vi saluto- dissi alzandomi dal tavolo e rischiando di cadere, provocando una risata generale. -Come torni a casa?- chiese John. -A piedi!- esclama. Mi guardò male. Joe si alzò, prese la giacca e le chiavi che dovevano essere della macchina. -Andiamo, ti riporto io a casa- disse con un sorriso, poggiando una mano sulla mia schiena per aiutarmi a scendere. -Grazie, sei proprio gentile!- dissi con un sorriso, probabilmente alitando rum. Lui rise. Arrivammo alla sua macchina. Durante il tragitto parlammo del più e del meno, e io continuavo a sparare le peggio cazzate visto il mio stato, lui se la rideva e continuava a dire cose che facevano ridere anche me. E dovevo riconoscere che era piuttosto attraente. -Gira qui a destra- dissi. Arrivammo sotto al palazzo dove abitavo. -Grazie mille- lo ringraziai lasciandogli un bacio sulla guancia. -Di niente- sorrise -Ce la fai a scendere?- annuii, ma la macchina era piuttosto alta e caddi per terra. -Oddio!- esclamò lui. Scese e venne a raccogliermi. -Andiamo, a quale piano abiti?- chiese lui mentre mi prendeva in braccio -Ultimo!- dissi senza capire bene la situazione. L'alchool mi stava annebbiando la vista. Arrivammo di fronte alla porta di casa mia e mi aiutò ad aprire -Allora grazie- dissi guardandolo con un sorriso -Ancora- lui rise -Ce la fai ad arrivare al letto o hai bisogno di una mano anche per quello?- mi chiese sempre ridendo. Sorrisi ancora. Ci avvicinammo pericolosamente e io, che non mi reggevo in piedi, gli caddi praticamente in braccio, con la faccia oltre la sua spalla. Mi tirò su guardandomi -Niente più gare di chupito, vero?- mi chiese sorridendo. Lo guardai. Era bello. Mi venne voglia di baciarlo. Vidi che lui stava guardando le mie labbra. Arrivammo l'uno a un centimetro dall'altro. Poi vidi il suo viso. Vidi Garbo, il giorno prima, che mi diceva che mi amava ma che doveva sposare Paris. Mi allontanai annullando qualsiasi contatto corporeo. -Scusa.. È che- non trovavo le parole. Lui fece un sorriso sincero e più bello del sole -Lo so. Garbo- disse. Mi lasciò un bacio sulla guancia -Buonanotte Gin- mi salutò, mise le mani in tasca e se ne andò. 

 

Il giorno dopo mi svegliai a mezzogiorno con un mal di testa allucinante. Mi alzai piano dal letto e mi feci un caffè. Suonò il telefono ed ebbi la tentazione di tirarlo per tutto il casino che faceva. Un numero sconosciuto. -Pronto- dissi massaggiandomi la tempia con l'altra mano. -Il sole è alto e splende nel cielo!- disse una voce dall'altra parte del telefono. Ci misi un attimo per mettere a fuoco chi fosse. -Joe!- dissi con un sorriso. Non pensavo mi avrebbe chiamata. Anzi, dato che non aveva ottenuto ciò che voleva pensavo che non l'avrei più rivisto. -Come va Gin? Ti sei ripresa?- chiese ridacchiando. -Mmh.. Diciamo di si. Scusami ancora, devo essere caduta un po' di volte a giudicare dai lividi!- lo sentii ridere. -Non ti preoccupare. Che ne dici di andare a fare un giro? È una bellissima giornata, non puoi startene chiusa in casa- mi lamentai -Hai idea del mal di testa che mi sta dilaniando in questo momento?- chiesi. Rise, ancora. La sua risata era cristallina. -Si posso immaginare, ma l'aria fresca non può che farti bene. Ti do tempo un'ora, poi passerò a prenderti e andremo a mangiare qualcosa! Ciao Gin- non mi lasciò il tempo di replicare e attaccò. 

I've had my share of pleasure 
And I've tasted pain 
I never thought that I would touch an angel's wings 
There's a journey in my eyes 
It's getting hard for me to hide 
Like the ocean at the sunrise 

 

-Giuro che io AMO Five Guys- dissi addentando il secondo hamburger, mentre lui era il terzo. Quanto meno avevo trovato qualcuno con il mio stesso appetito. -Non dirlo a me- disse con la bocca piena. Finimmo di mangiare e andammo a farci un giro sulla spiaggia. Mi aveva risollevata. Rimanemmo fuori anche per cena e andammo anche a ballare. Mi riportò a casa verso le due. Questa volta però, niente alchool. Slacciai la cintura. -Grazie della magnifica compagnia- dissi sorridendo. -Grazie a te- disse lui in risposta. -Joe, ascolta.. Io non voglio che tu ti faccia.. Strane illusioni, ecco- dissi esitante. -Mi piace stare con te, ma io non sono ancora pronta per..- lui rise -Per forza, vi siete lasciati tre giorni fa! Io non voglio che tu faccia nulla, Gin. So aspettare. Voglio semplicemente che tu ti distragga un po', tutto qui. Non puoi startene chiusa in casa a rimuginare tutto il tempo. So come ci sente e penso che sia la cosa peggiore da fare- sorrisi e lo abbracciai. -Grazie. Grazie davvero- dissi, per poi scendere e tornare a casa.

 

Erano passati all'incirca tre mesi. Io e Joe uscivamo spesso e ci divertivamo parecchio. Di tanto in tanto poi, ci ritrovavavamo in un club con gli altri e ci sbronzavamo in allegria. Una volta anche Joe aveva alzato un po' troppo il gomito ed era stato uno spasso. Una sera, Rob, se ne uscí con un'altra delle sue frasi filosofiche. -Gin! Joe.. Ti guarda in maniera strana- disse. Eccolo lí, ancora. -Non ti guarda come Garbo.- calò un silenzio imbarazzante a norminarlo. -Ti guarda meglio.. È come se fosse ipnotizzato!- disse lui. -Si come se..- poi vomitò. Per la prima volta, nelle tante sbronze prese assieme, Rob Hoffman vomitò. Lo guardammo tutti un po' scioccati, poi lo aiutammo ad andare in bagno. Quando sembrò essersi ripreso, lo accompagnammo tutti a casa, dato che eravamo a piedi, per assicurarci  che non rimanesse a dormire sotto un ponte. Di tanto in tanto si fermava sotto ai lampioni e vomitava, con le risate di tutti. Finalmente riuscirono a metterlo nel letto e ognuno se ne andò a casa propria. Joe mi accompagnò, come sempre. Arrivammo sulla porta del mio appartamento. Pensai a quello che aveva detto Rob. Poi non pensai e lo baciai. Posai le mie labbra sulle sue e non mi venne in mente nulla, nè Garbo, nè niente di niente. Semplicemente mi sentivo bene a sentire la sua mano tra i miei capelli. Mi staccai. -Vuoi entrare?- gli chiesi con un sorriso. 

 

Love, can you find me in the darkness, and love, 
Don't let me down 
There's a journey in my eyes 
It's getting hard for my to hide 
And I never thought I'd touch an angel's wing

 

Il mattino seguente mi svegliai senza mal di testa, anzi, mi sentivo meglio di qualunque altra giornata. Mi ritornò in mente il bacio e poi quello che ne seguí tra le lenzuola e sorrisi. Toccai la parte sinistra del letto e sussultai nel sentirla fredda. Avevo paura di aprire gli occhi e di vedere anche Joe che si rivestiva, che mi diceva che doveva tornare dalla sua ragazza. Poi sentii qualcuno baciarmi la testa. Aprii un solo occhio, terrorizzata, e me lo vidi davanti in boxer, con un vassoio. Aveva il caffè, dei biscotti e il latte. Lo posò sulle mie gambe e venne vicino a me. Sentí il cuore esplodermi, la testa formulava pensieri senza senso, continuamente. Lo guardai, poi guardai la colazione. Gli toccai il viso. -Ma sei vero?- gli chiesi esitante. Lui scoppiò a ridere e mi baciò dolcemente. Il caffè non si era bruciato. Lui non era entrato nella mia vita per poi andarsene come se niente fosse.

 

Arrivò aprile e con lui la pioggia e il matrimonio. Joe aveva insistito perchè andassi con lui, non voleva nessun altro come sua dama, ma io non ero sicura che avrei retto il colpo. Non ero sicura che rivedere la sua faccia mi avrebbe fatto un bell'effetto. Io e Joe stavamo insieme ormai da quattro mesi, ma nel frattempo lui mi cercava ancora. Non mollava l'osso, ma io lo ignoravo. Avevo paura che rivedendolo magari avrei capito di amarlo ancora o avrei ceduto di nuovo. 

Per andare al matrimonio mi ero vestita di nero, quasi per ripicca, quasi fosse un lutto. Prima di entrare nell'albergo dove tutti avremmo passato la notte, Joe mi strinse forte la mano e mi diede un bacio in fronte. -Tranquilla- mi disse. Ci diedero la stanza, sistemammo le cose e poi arrivò il momento di andare a salutare la fantomatica coppia. Respirai profondamente e poi ci avvicinammo. Paris ci vide arrivare e salutò. -Ehi Joe! Finalmente sei arrivato!- fece un sorriso. Dovevo riconoscere che era davvero bella. Eccolo. Lo vidi sorridere nel sentire nominare il suo amico. Si girò e lo abbracciò. -E questa bellissima ragazza deve essere la tua accompagnatrice- disse Paris rivolgendosi a me. Feci un sorriso timido. Joe invece fece un sorriso a trentadue denti e annuí. -Oh, finalmente me la fai conoscere!- disse Garbo a Joe. Poi si girò: ci guardammo per dei secondi interminabili. Ebbe un sussulto e smise di sorridere. Mi avvicinai a Paris, le strinsi la mano e le lasciai due baci sulle guance. -Piacere Gin- dissi sorridente. Feci lo stesso con Garbo, presentandomi e lasciandolo di stucco. Joe mi avvolse le spalle con un braccio. -Auguri ad entrambi- dicemmo insieme. -Ci vediamo dopo- disse Joe e poi ce ne andammo. Ero felice. Felicissima. Uscimmo e baciai Joe. Volevo urlare si, si, SI! L'avevo visto e non avevo provato nulla. Avevo baciato Joe e il cuore mi era partito a mille. Lui mi guardó stranito. -Non ho sentito niente. NIENTE! Nada, niet!- esclamai. -Capisci?- gli chiesi sorridente. -Nel baciarmi?- chiese stranito. Scossi la testa energicamente. -Nel vederlo! Mentre nel baciarti..- presi la sua mano e la misi sul mio cuore. Lui sorrise e fece lo stesso con la mia mano. Anche il suo cuore batteva come il mio. Felici andammo in camera a prepararci per la cena. 

 

Eravamo tutti seduti al tavolo e Rob stava dando spettacolo, come al solito. Ero scesa a cena con un sorriso che non ricordavo di poter fare da tanto tempo. Ero così felice. Tra le risate, feci un cenno a Joe facendogli vedere la sigaretta e uscii fuori a fumare. 

Mi sedetti sul bordo del marciapiede, tolsi i tacchi e misi i piedi nell'erba. Inspirai il fumo a fondo, per poi trovarmi Garbo vicino. -Hai detto che andavi in bagno?- gli chiesi sarcastica. Si mise a sedere vicino a me, sbottonando un paio di bottoni della camicia. -No, ho detto che uscivo a farti compagnia.- disse serio. -Credo di non averti mai vista sorridere così tanto.- disse guardandomi. -Che c'e`, il fatto che io per una volta possa essere felice ti reca così tanto disturbo?- gli chiesi spegnendo la sigaretta. Gli guardai la mano poggiata al marciapiede: aveva ancora il segno. -No anzi..- mi accarezzo` i capelli. Avrei voluto staccargli la mano a morsi, ma lo lasciai fare. -Il punto e` che avrei voluto vederti cosi`felice quando stavamo insieme.- lo fulminai con lo sguardo. -E invece sei qui e domani ti sposi. Capita a volte nella vita di fare la scelta sbagliata, sai?- mi alzai. -Io l'ho fatta con te. Per fortuna poi ho trovato la strada giusta- dissi prima di andarmene. Tornai dentro e non ci pensai più per tutto il resto della serata. 

 

It's heavy on my heart 
I can't make it alone 
Heavy on my heart 
I can't find my way home 
Heavy on my heart 
So come and free me 
It's so heavy on my heart

 

Eravamo seduti nelle prime file. La cerimonia era già iniziata da un po' e Paris era bellissima. Lui anche. Ma io avevo occhi solo per Joe, cosi` come lui ne aveva solo per me. Arrivo` il fatidico momento dell'obiezione. Volevo alzarmi in piedi, urlare -SI, MI OPPONGO, LUI E` UNO SPORCO TRADITORE!- ma del resto anche lui meritava la sua felicita` e speravo vivamente che la trovasse, così come ero riuscita a trovarla io, e quella non rimase altro che una mia fantasia. La cerimonia fini`, lo sposo bacio` la sposa, tirammo tanto riso e poi ci dirigemmo tutti alla sala della cena. Destino volle che ad un certo punto qualcuno mi tiro` per un braccio dentro ad una stanza chiudendo la porta a chiave. Mi girai e vidi Greg che mi guardava serio, come mai lo era stato nella sua vita. -Cosi`.. Ti sei sposato! - esclamai guardandolo. La sua espressione si indurì. -Non ce la faccio.- disse -Non riesco a guardarti insieme a lui, come se niente fosse. Vorrei essere io al posto suo, vorrei che tu fossi mia.- alzai un sopracciglio, irritata. -Cinque minuti fa hai giurato amore eterno a Paris, in chiesa. Cinque minuti fa Greg. Dovevi ricordartelo prima!- dissi alzando il tono. Lo odiavo. Odiavo che dovesse tornare così, come se niente fosse, fare irruzione nella mia vita e pretendere di trovare tutto come prima, quasi fossi una foto che rimane invariata nel tempo. -La lasceresti per me? Ora, subito? Seduta stante?- chiesi guardandolo. Lui abbasso` la testa senza dire nulla. Sarei stata sempre e comunque la seconda scelta. -Lo sapevo..- dissi, per poi voltarmi. -Gin! Gin.. Ti prego. Ti amo, Gin, ti ho sempre amata, non ce la posso fare senza di te. Riproviamoci, saro` più presente, lo giuro. Ma ti prego, torna da me!- disse afferrandomi le braccia e guardandomi negli occhi. Una lacrima mi rigo`la guancia, umida, cadendo dritta dritta sul vestito. -DEVI SMETTERLA GREGORY- dissi fredda, guardandolo dritto negli occhi. -Di amarti?- chiese lui con un sorriso amaro, quasi ricordasse tutte le volte che lo diceva prima di andarsene. Tutte le volte che mi lasciava col cuore spezzato, senza speranze, dilaniata dentro. -NO!- esclamai staccandomi da lui. -Di entrare e uscire dalla mia vita come se niente fosse. La devi smettere perché ora- andai alla porta -Ne sei fuori per sempre.- la aprii. -E ti prego, non cercarmi mai più.-

 

Eravamo tornati a casa subito dopo la cena, non ne potevo più di stare li`, avevo male ai piedi e male al cuore. Avevo raccontato a Joe di quello che era successo e ancora continuava a chiedersi con che coraggio era tornato da me. Mi aveva abbracciata e non mi aveva chiesto nulla, sapendo che quella era la miglior terapia che potesse regalarmi. Andammo a casa mia e ci addormentammo abbracciati, tra i sospiri. 

Il mattino seguente toccai, come d'abitudine, la parte destra del letto. Era fredda e ogni volta che succedeva, la sensazione di un brutto tuffo nel passato mi attanagliava. Aprii gli occhi e non lo vidi, ma c'erano ancora i suoi vestiti sulla sedia e per terra. Presi la sua camicia e dopo essermela infilata andai in cucina. Lo vidi che smanettava con la moca, cercando di capire come andasse avvitata. Mi intenerii. -Sei un disastro- dissi stropicciandomi gli occhi. Andai vicino a lui e lo feci spostare, chiudendo la moca e avvitandola. -Buongiorno anche a te- dissi lasciandomi un bacio sulla tempia. -Poi mi spiegherai perché usi ancora quegli aggeggi infernali.- disse ridendo. Accesi il fornello e ci posai sopra la moca, poi mi girai. Lui mi circondo` i fianchi con le braccia e mi lascio` un bacio sulle labbra. -Credo di doverti regalare questa camicia- affermo` -Ti sta troppo bene perché io la tenga- sorrise prima di riprendere a baciarmi, più appassionatamente.  Passarono dei minuti e la moca fischio`. Il caffè probabilmente si sarebbe bruciato e mi sembrava di essere in un incubo, tutto mi riportava a lui. Poi Joe, sorprendendomi, si stacco`, spense il fornello e verso` il caffè in una tazzona. Me la porse sorridendomi. -Prego signorina- disse per poi ricominciare a baciarmi. Il caffè non si era bruciato. Non avevo dovuto prepararlo io, perché ci aveva pensato lui. Lui non se n'era andato. Lui era entrato nella mia vita e non era mai uscito, come se niente fosse. Lui non aveva mai smesso di amarmi. Io era la prima scelta per lui. 
 

Love, can you find me in the darkness, and love, 
Don't let me down

  
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