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Autore: Doralice    16/04/2012    7 recensioni
Pigi il tasto e la bustina si chiude, rimpicciolisce, svanisce. Sigillato e inviato nel nulla dell'etere. È solo una parte della tua anima, ti dici mentre il vagone frena, è solo quello.
E fai finta che stai serrando forte la presa sul palo solo per contrastare la forza d'inerzia.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Note

Il titolo non c'entra niente con l'omonimo film, ma mi sembrava adeguato all'idea di base della storia. Piuttosto, ascoltate il brano linkato (What Else Is There dei Röyksopp), da cui ho preso alcuni pezzi di testo che ho inserito: sembra assurda da quanto è perfetta.






Sliding Doors



It was me on that road
But you couldn't see me

Too many lights out

Se quella sera, nel raggiungere la Jubilee Line di ritorno dall'ambulatorio, avessi preso le scale mobili invece di correre su per la rampa. La fretta di saltare la folla variopinta di lavoratori e studenti e turisti. La fretta di arrivare a casa e chiuderti nei tuoi ricordi, nella tua morbosa riedizione di un'esistenza che non è più.

Annoiato in mezzo ai pendolari, stipato tra le altre esistenze superflue. Tutto è superfluo. I vestiti non tuoi, il velo di barba a smorzare gli zigomi, i capelli corti – troppo corti – e tinti di un rosso assurdo. Tutto è assurdo. Lo sguardo chino tra le pagine del Times che non leggi veramente. Informazioni filtrate dai sensi ed eliminate prima ancora d'immagazzinarle. Tutto è da eliminare.


Se dopo la cena con Jill, chiusa con un falsissimo “teniamoci in contatto” accompagnato da un altrettanto falsissimo sorriso, non fossi scappato subito a casa invece che attraversare la strada e andare a bere qualcosa da Angelo com'eri tentato di fare. Le luci del ristorante che proiettano ombre troppo familiari ti respingono e ti attraggono come una calamita in costante movimento. La giusta inclinazione e potresti rischiare di restare per sempre lì, incatenato al magnetismo di un singolo, lontano evento da rivivere all'infinito.

Annoiato in mezzo a coppie impegnate in vari stadi di relazione. Il cappotto sulla spalliera della sedia, il vuoto di fronte e una candela sul tavolo che rimarca l'assenza. Un piatto appena assaggiato e un cervello logoro di stanchezza emotiva. Saresti capace di fingere sufficientemente bene, potresti parlare da solo e replicare con un'alta percentuale di fedeltà le risposte che ti darebbe lui. Non lo fai. Non sei da solo. Certe cose vanno tenute entro la fittizia privacy ricreata dalle mura di una casa.


Se quel pomeriggio non ti fossi fermato due secondi in più davanti al supermercato, per sbatacchiare fuori l'ombrello fradicio. Le ossa umide quanto l'anima e le labbra strette di disagio mentre estrai il foglietto spiegazzato con la lista della spesa. Schiacciato da un'inutile quotidianità cui ti pieghi ogni giorno per sopravvivere a te stesso.

Annoiato di attesa e solitudine, un numero tra i numeri, una fila tra le file. Nel carrello il nutrimento per il corpo: proteine, carboidrati, zuccheri, vitamine. Il nutrimento per l'anima, se alzassi gli occhi verso la vetrata ingrigita dalla pioggia, lo vedresti mentre chiude l'ombrello. Ma gli occhi non hai alcun motivo per alzarli.


Se la signora Hudson non ti avesse trattenuto quel quarto d'ora di troppo a parlare del divorzio di sua nipote, fornendoti una scusa per farti saltare la seduta con l'analista. Parlare delle disgrazie altrui, dimostrando quell'empatia che tutti si aspettano da te e che adesso giace sepolta sotto una lapide nera e lucida. I morti sono indifferenti. Le lapidi servono ai vivi per ricordare loro quanto devono soffrire.

Annoiato a scartabellare tra le pratiche della sua analista. Se Mycroft avesse accettato di procurartele come gli avevi chiesto, non avresti dovuto intrufolarti nello studio per ottenere quello che era tuo diritto sapere, quelle carte implacabilmente rivelatorie cui t'immoli volentieri. Le parole sono indifferenti. L'inchiostro serve al lettore per ricordargli quanto sangue ha dovuto sputare lo scrittore per lui.


Se quella giornata non fosse stata così inaspettatamente bella da convincerti a scendere dall'autobus una fermata prima per goderti una passeggiata attraverso Hyde Park. Erano anni che non facevi una cosa come stenderti su un prato, sotto un sole troppo poco caldo per scaldarti dentro. Ma puoi fare finta che ti basti sentirlo sulla pelle. Fissi il blu fino ad accecarti. Fissi un lucchetto fino a spezzarlo. La primavera è così: si aprono i cassettoni per far prendere aria alla biancheria e i segreti vengono fuori come lacrime.

Annoiato dalla bellezza. Troppo sole, troppi profumi, troppa felicità là in mezzo. Non fa per te: meteoropatia insufficiente. Essere di cattivo umore in inverno ha un senso estetico, la primavera dovrebbe essere posticipata fino al rinnovamento delle emozioni, poiché il meccanismo contrario non funziona. Tu non funzioni. Si è rotto qualcosa che nemmeno Hyde Park in maggio potrebbe riaggiustare, dunque non avrebbe senso tentare.


Se l'auto nera di Mycroft ti avesse caricato su appena una traversa dopo. È che quando te la vedi sfilare di fianco, per quanto ti si stringa lo stomaco, l'unica cosa che pensi è che prima ti parla prima finisce tutto. Te ne vuoi liberare in fretta. Non immagini il significato di quell'auto proprio adesso, dopo tre anni. Non lo puoi e non lo vuoi immaginare. Fino a che il tuo cuore impregnato di romantiche speranze borghesi non si mette in mezzo.

Annoiato dall'ennesimo caso di spionaggio risolvibile con minimo sforzo cui Mycroft ti costringe a lavorare per motivi futili. Una sera come un'altra di un giorno come un altro in una strada come un'altra. E il mondo in mezzo a voi che non sa quanto è piccolo e continua a girare mettendo pochi, incolmabili metri tra di voi. Fino ad ora.



Roads end getting nearer
We cover distance but not together


Se quel messaggio, rimuginato per giorni, digitato e riscritto otto volte in otto forme diverse, infine ripescato dalle bozze e, con un sospiro, accettato per ciò che è – un'ammissione di colpa? la constatazione di un cedimento avvenuto ormai ere addietro? – non l'avessi inviato esattamente in questo momento.

Pigi il tasto e la bustina si chiude, rimpicciolisce, svanisce. Sigillato e inviato nel nulla dell'etere. È solo una parte della tua anima, ti dici mentre il vagone frena, è solo quello.

E fai finta che stai serrando forte la presa sul palo solo per contrastare la forza d'inerzia.


But nowhere near here


Annoiato sulla metro. Gli occhi che sfrecciano sull'ambiente attorno più per deformazione professionale che per reale interesse. Qualcosa – qualsiasi cosa – pur di colmare un vuoto che ancora ti ostini a non voler accettare. Sei un vedovo inconsolabile di ridicola tristezza.

La vibrazione leggera del cellulare contro il tuo fianco ti fa infilare una mano in tasca. Scorri il pollice sullo schermo mentre le porte si aprono e sgusci fuori assieme alla folla. Non hai fretta. Ti fermi un momento, solo un momento. La gente ti scorre addosso sul marciapiede e tu sei immobile. Il tuo cuore è l'unica cosa che si muove nell'immobilità in cui ti ha congelato quel nome.

Sono poche parole che mutuano una confessione di inguaribile appartenenza. L'hai aspettata per tutta la vita e sei abbastanza intelligente da aver sempre saputo che non c'è modo di preparasi – e infatti sei appena morto e rinato. Nella totale disfatta della tua dignità, vorresti uccidere tuo fratello. Ma poi, come sferzato da nuova vita, come trovando dopo tre anni una ragione degna, il tuo cervello deduttivo si mette in mezzo.


6:38 PM. Appena oltre l'orario di ufficio, l'ora in cui gli impiegati e gli studenti si avviano stanchi a casa, l'ora in cui l'unica cosa che riesci a fare è infilarti nella metro è inforcare le cuffie dell'iPod e/o leggere una rivista e/o scorrere i messaggi ricevuti sul cellulare. L'ora in cui John stacca dall'ambulatorio e prende la Jubilee Line in direzione Stanmore per tornare a Baker Street.


Ti volti, la mano libera premuta sulle porte scorrevoli appena chiuse, gli occhi ora alti per un motivo. C'è un motivo. È fatto di dolori psicosomatici, mancanza di fiducia, maglioni di dubbio gusto, the, marmellata, brutti momenti, relazioni eterosessuali fallimentari, polso fermo sulla pistola e incrollabile amore.

Lo cerchi nell'ammasso d'inutile umanità pigiata nel vagone. La mano che scorre sulla superficie metallica e i tuoi passi frenetici sul marciapiede ormai vuoto e sguardi indifferenti che ti scorrono davanti.

Lo cerchi ed è lui a trovare te. Ha sempre trovato te prima ancora che tu trovassi lui. Ha sempre avuto la capacità di raggiungere il punto prima che tu lo immaginassi. Non si tratta di deduzione: è puro istinto. Lui ce l'ha, tu no. E adesso, in quei due secondi di lasco che vi concede il movimento della metro in partenza, attraverso il vetro sporco e le spalle e le braccia degli altri viaggiatori e l'assordante sferragliare attorno a te e il costante chiacchiericcio attorno a lui, attraverso tre anni, adesso, adesso è lui che è diventato lo specchio di te.


I was given just one wish


Stai attento a quello che chiedi: potrebbe avverarsi. E quella tua ultima preghiera esauditasi nelle parole di Mycroft si sta materializzando con inaspettato anticipo.

Adesso è abbastanza concreto, John? Mentre ti scorre davanti, lasciando le sue impronte traslucide sull'esterno del vetro del vagone, è abbastanza concreto? Mentre per uno scherzo infame ti sfugge quell'ultima volta – oh sì, è l'ultima e lo giuri su Dio – è abbastanza concreto?

Tornerai a casa con dieci anni di vita in meno, le mani che ti prudono di rabbia e un sorriso ebete stampato in faccia. E starai ad arrovellarti su come reagire quando busserà alla porta. E starai a controllare la tua frequenza cardiaca chiedendoti se riuscirai a non infartare prima che entri da quella porta. E starai a ripensare a quel colore inguardabile e a quanto ci metteranno i suoi capelli a ritornare normali.

E starai nella tua poltrona a contare i secondi come hai contato i giorni. È un conto alla rovescia, stavolta. Per cosa non lo sai esattamente, ma le porte scorrevoli tra di voi sono finite e tanto basta.

   
 
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