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Autore: JoyMCTRM    17/04/2012    1 recensioni
Molti in tutto il mondo conoscono Ciel ed il suo "maggiordomo perfetto", ma nessuno è a conoscenza del passato di Sebastian. Un passato offuscato dalle tenebre più impenetrabili, dove frammenti di memoria sono andati persi nel tempo. Frammenti che Sebastian non credeva che sarebbe mai stato in grado di ritrovare.
Genere: Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ciel Phantomhive, Nuovo personaggio, Sebastian Michaelis, Sorpresa
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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E’ appena mattina nella villa Phantomhive, il sole sta sorgendo lentamente e la sua luce filtra con leggerezza fra la fitta vegetazione paludosa. Ciel Phantomhive è un giovane aristocratico di appena dodici anni il quale ha perso tragicamente i genitori quando era bambino. Poco prima di morire, Ciel era riuscito ad evocare un demone con il quale stipulò un patto: il demone, rinominato Sebastian, sarebbe stato al servizio del giovane conte fino a che quest’ultimo non fosse riuscito a vendicare la morte dei suoi genitori, in cambio Ciel avrebbe ceduto a Sebastian la sua anima. Sono passati due anni da allora, ma nonostante la presenza di Sebastian, Ciel non è ancora riuscito a trovare gli artefici dell’assassinio della sua famiglia, troppo impegnato a mantenere alto il nome dei Phantomhive tramite l’azienda familiare di giocattoli e dolciumi e, al tempo stesso, a servire ciecamente la regina Vittoria. Ora che finalmente il sole è alto nel cielo, una nuova giornata a villa Phantomhive può cominciare. -Buongiorno, signorino. E’ ora di alzarsi- -Hmm…- riuscì a mugugnare Ciel con fatica. -Questa mattina le è stato preparato del filetto di finissima carne di manzo con uova alla machiavelli, oppure una torta ai lamponi con panna montata e cacao. Cosa preferisce?- -Manzo. Non ho voglia di dolci questa mattina…- -Oggi non ha nulla in programma. Cosa le andrebbe di fare questa mattina?- -Niente. Credo che mi prenderò un giorno di pausa. Anche se…- Sebastian terminò di sistemare le tende della stanza di Ciel, poi si voltò per guardarlo: -Anche se?...- -E’ strano che sua maestà non abbia avuto nessun compito da assegnarmi. Sono passati giorni e non ho più avuto sue notizie…- -La regina è molto impegnata- ammise Sebastian iniziando a vestire il giovane conte -Di certo non siamo al centro dei suoi pensieri- -No, infatti- -Vedrà che non appena vorrà, ci farà avere sue notizie- concluse Sebastian con uno dei suoi soliti sorrisi e, senza aggiungere altro, uscì dalla stanza lasciando Ciel seduto sul letto ormai vestito e con la solita benda da pirata a coprire il suo occhio destro, l’occhio che portava il simbolo del contratto fra Ciel e Sebastian: una stella circoscritta da un cerchio, circondato a sua volta da un altro fatto di punte, il simbolo del demonio. Lo stesso simbolo che Sebastian portava sul dorso della sua mano sinistra, nascosta costantemente dal guanto bianco che faceva parte del suo camuffamento. Infatti, per poter stare al fianco del suo signore, Sebastian era diventato il maggiordomo di Ciel, la sua guardia del corpo. La sua ombra. Non c’è momento in cui il demone non sappia dove si trova il suo padrone, la sua preda, la sua anima. Questo è uno dei tanti punti del contratto, che non potrà mai più essere annullato. Quando un umano stipula un patto con un demone non potrà mai varcare le porte del Paradiso, né potrà mai liberarsi di lui fino alla morte. La sua anima, infine, diventerà di definitiva proprietà del demone, il quale se ne nutrirà ricavandone forza e salute. E’ esattamente come l’uomo che mangia cibo di prima qualità: lo rende più sano, a differenza di chi mangia dei prodotti di pessima qualità. Per un demone, più l’anima appartiene ad un aristocratico più potrà trarne beneficio. Per Sebastian era così, come per tanti altri demoni. E’ facile per un uomo cadere in tentazione, ricco o povero che sia, non importa quante ricchezze possa possedere. Se è in ballo la vita, il destino o qualsiasi altra cosa di vitale importanza per un umano, questo è disposto a vendere la propria anima per poter continuare ad essere quello che è o, a volte, eccellere. Ed è in questi momenti che i demoni ne traggono vantaggio. Scaltri, furbi, forti e bellissimi, capaci di grandi cose e possessori di immensi poteri, riescono a mascherare la loro identità e giocare con essa ogni volta che vogliono. Sanno incantare, affascinare, sbalordire, stupire e meravigliare, ma possono anche incutere terrore, uccidere con uno sguardo o con un singolo gesto, possono far avverare tutti i tuoi sogni oppure far diventare realtà i tuoi peggiori incubi. Tutto con facilità, ma con eleganza, raffinatezza e sensualità. E’ questo il lato più bello dei demoni, bello, ma al tempo stesso terrificante. -MEIRIN!!! STAI ATTENTA!- gridò Finian vedendo la goffa cameriera inciampare nei lacci degli alti stivali marroni della divisa. Meirin si dimenticava di non correre nella residenza, era sempre esuberante quando si trovava in compagnia di Bard, Finian e Tanaka-san. Quando cadde a terra, Meirin ruppe disgraziatamente un corredo di piatti che stava portando nella credenza, piatti che il conte aveva appositamente ordinato per la cena che si sarebbe tenuta il giorno dopo insieme al visconte Druitt. -Oh no! Guarda che disordine!- ammise Bard aiutando Meirin ad alzarsi. -Sebastian ci ucciderà tutti!- disse Finian tremolante. -Oh oh oh!!!- Tanaka-san era il maggiordomo della famiglia Phantomhive prima della scomparsa dei genitori di Ciel. Era un uomo anziano che riusciva a formulare un discorso solo dopo un certo periodo “relax” durante il quale “oh oh oh” era l’unica cosa che riusciva a dire. Quando finalmente Meirin si alzò in piedi, vide il pasticcio che aveva combinato ed urlò. -Manteniamo la calma- disse Bard con fermezza. -Finian! Corri a prendere scopa e paletta! Tanaka-san! Assicurati che Sebastian non si accorga del disastro. Se lo vedi trattienilo- -Oh oh oh!- e se ne andò correndo con in mano la solita tazza di the. -Meirin, vai subito a pulire un altro corredo di piatti e portali con cautela nella credenza- ordinò Bard. -Sì! Ci vado! Ci vado!- rispose la cameriera iniziando a correre e rischiando di inciampare nuovamente tra i lacci delle scarpe. -E ALLACCIATI GLI STIVALI!- le urlò Bard non appena Meirin scomparve nel corridoio. Lo chef, così Bard voleva sentirsi chiamare, rimase solo per qualche secondo, quando Finian tornò velocemente con una scopa ed una paletta iniziando a raccogliere i cocci sparsi dappertutto sul pavimento di parquet. In men che non si dica Bard e Finian riuscirono a porre rimedio al danno provocato da Meirin ed andarono a gettare nel secchio della spazzatura tutti i resti del bellissimo e costosissimo corredo di piatti che Ciel aveva comprato. -Se il signorino viene a sapere- fiato -che Meirin ha rotto il corredo- fiato -credo che la licenzierà- ammise Finian respirando a pieni polmoni. -La licenzierà? Ci licenzierà!- fiato -Siamo tutti dei complici! Io, te e Takana-san! …A proposito… Che fine ha fatto? -Tanaka-san, qualcosa non va?- domandò Sebastian. -… Oh oh oh- -Hmm… Scommetto che Bard, Finian e Meirin hanno combinato qualcosa- -!!!- -Vero?- -Oh oh oh!!!- -…Va bene. Vado a dare un’occhiata- disse Sebastian avviandosi verso la cucina, lasciando Tanaka-san pietrificato di fronte alla sala del maggiordomo, dove appunto il maggiordomo stava sbrigando i suoi lavori. Quando Sebastian venne a sapere del disastro combinato da Meirin la rimproverò con il solito tono pacato ma fermo – dopotutto Meirin era pur sempre una donna e Sebastian era comunque un gentiluomo, non avrebbe mai alzato la voce verso una donna – dopodiché, senza dire nulla al suo padrone, chiamò la ditta di ceramiche per procurarsi un corredo identico a quello rotto dalla goffa cameriera dai capelli fucsia e dagli occhialoni che, come tutti sapevano, aveva una cotta portentosa per il bellissimo maggiordomo dai capelli neri come la pece e gli occhi rossi come il sangue. Quando Sebastian accompagnava Ciel a fare le sue commissioni per la famiglia reale – perché era solo in quelle occasioni che si poteva vedere il cane da guardia della regina, così veniva chiamato, in giro per Londra – riusciva sempre ad apparire come il maggiordomo perfetto, un uomo freddo, distaccato ma garbato e galante allo stesso tempo, ma nessuno avrebbe mai potuto immaginare che dietro a quello sguardo magnetico e a quel portamento raffinato si nascondesse un essere malvagio e spietato, un demone. Un mostro approfittatore che lascia gli inferi dai quali proviene per stabilirsi sulla Terra in cerca di una preda da indurre al peccato. Ma a differenza di Sebastian, molti altri demoni detestano vivere sulla terra dei vivi e amano starsene tranquilli nell’oltretomba dove le vittime condannate sono cibo perenne ed incessabile fonte di forza. Altri, invece, non amano stipulare patti con gli umani e si limitano ad attirare la loro attenzione solamente per poterli uccidere e cibarsi delle loro anime. Tuttavia, questa cosa è permessa solo a determinati tipi di demoni, generalmente quelli a più stretto contatto con Lui – pseudonimo di Satana – i quali sono veramente pochi. Tra questi fortunati esseri delle tenebre, c’era una giovane ed affascinante demone dai lunghi capelli violacei e dagli ipnotici occhi fucsia che, si può dire, fosse la pupilla del re degli inferi, la sua preferita, la prima della sua lista di consiglieri. Lei era sempre ben vista da Lui, tantoché molti pensavano che tra loro ci fosse del tenero, ma era assai improbabile che Satana riuscisse a provare dei sentimenti così puri anche verso una demone come Isabelle. Già… Isabelle era il suo nome, datogli dal suo stesso Signore, il quale lo adorava perché, secondo il suo parere, le si addiceva molto. Isabelle era bellissima, una donna molto più alta del normale e con un’ammirazione senza precedenti nei confronti del suo unico padrone, per questo Satana aveva molta considerazione verso di lei. Le permetteva di fare ciò che voleva, uccidere umani su umani senza pietà, la amava per questo; amava la sua spietatezza, la sua libertà, il suo mancato senso di colpa e la capacità di non voltarsi mai indietro. Ma la cosa che amava più di Isabelle era la sua corazza, la sua maschera, il suo travestimento, quel velo di mistero che la avvolgeva in ogni istante, un velo freddo, impenetrabile, glaciale. Isabelle non mostrava mai cedimenti né tentazioni, era costantemente riflessiva, all’erta ed aveva una sola regola: obbedire sempre e solo a se stessa. Lei e Satana erano una cosa sola, potevano leggere l’uno i pensieri dell’altra e prendere decisioni solo con la complicità di uno sguardo. Ma nessuno, nemmeno Lui, sarebbe stato capace di scatenare terrore quanto lei, ed ogni volta che tornava a palazzo, prima di posarsi ai piedi del suo signore, la domanda era la stessa: -Quanti ne hai uccisi oggi?- Sette… Nove… Dodici… Venti... Ogni giorno, a seconda della voglia, uccideva un gran numero di umani e questa cosa la rendeva temibile da tutti. Anche quel giorno, quando varcò i cancelli dell’inferno, sentì la solita voce nella sua testa: “Lasciate ogni speranza, o voi che entrate” e il suo subconscio rispondere: “Per me si va nella città dolente, per me si va nell’eterno dolore, per me si va tra la perduta gente”. Dante era stato lì quasi cinquecento anni prima, Isabelle lo aveva incontrato, ma non gli aveva rivolto la parola, poiché i Demoni sono riluttanti nei confronti della Divina Commedia dato che il poeta aveva descritto Lucifero come un essere orripilante ed eternamente incastrato nel ghiaccio, ma quando si erano incontrati, Satana era come in quel momento: seduto sul suo trono fatto di ossa, di sangue secco e di pelle umana, con i lunghi riccioli biondi a cadergli sul volto e con due occhi di un macabro color perla che avrebbero incantato perfino un angelo. Dopotutto, Lui era stato un angelo, il più bello del Paradiso, ed anche se aveva osato alzare lo sguardo per pura curiosità, era stato sbattuto laggiù, a regnare su una massa di angeli neri come lui. Questa era la sua teoria e anche se molti pensavano che invece aveva voluto sfidare Dio, nessuno osava ammetterlo. Sarebbe morto. Isabelle attraversò l’antinferno, dopodiché slittò sull’Acheronte e si tuffò nel baratro infernale. Al suo passaggio, ad ogni girone ed ad ogni bolgia, le anime dei dannati si scansavano ed urlavano ed ogni volta, Isabelle tirava un sospiro di piacere. Anche i morti la temevano. Questa era la sua vera fonte di forza. Una volta giunta al termine del baratro iniziò a camminare a passo lesto e dopo aver attraversato il lungo corridoio di ghiaccio si ritrovò di fronte ad una porta senza serrature né manici e con un semplice gesto della mano la aprì. Continuò ad avanzare ed attraversò quella soglia senza badare all’improvviso silenzio che prese il posto del brusio di voci di poco prima dovute dai demoni che vivevano a corte, sempre troppo presi a festeggiare e a lussureggiare e senza avere alcun tipo di interesse per il mondo dei vivi. Lì erano al sicuro, dal primo all’ultimo, e tra questi c’erano alcune conoscenze di Isabelle. Isabelle spostò lo sguardo da una persona all’altra in quella sala, quando improvvisamente vide un bel ragazzo dai capelli color cioccolato e gli occhi azzurri come il mare che alzando il calice di cristallo che aveva in mano disse: -Ehi, Isabelle! Quanti ne hai fatti fuori questa volta?- -Cinque- rispose lei sorridendo. -Solo cinque?- domandò il demone ridendo un poco. -Cos’è successo?!- -Non avevo fame- rispose secca. Pian piano si era formata tra i demoni una fila libera, lasciando spazio a sufficienza per permettere ad Isabelle di raggiungere il suo padrone. Si fermò, come ogni altra volta s’inginocchiò e come ogni altra volta ancora Lui la fece alzare e la invitò a sedersi sulle Sue gambe, come un padre fa con la figlia. Si scambiarono uno sguardo complice ed in quel momento tutti incominciarono nuovamente a parlare, a danzare e a ridare vita alla sala, quando Satana, senza voltarsi verso Isabelle, domandò: -Come mai solo cinque?- -Non avevo molto appetito- rispose, anche lei senza voltarsi a guardarlo. Lui rise. -Ultimamente non ti nutri molto. C’è qualcosa che non va- disse secco. -La vostra non sembra una domanda- osservò Isabelle. -Infatti non lo è- ammise Lui voltandosi a guardarla e lei fece lo stesso. Lui sorrideva, lei no, era seria e lo guardava come per trasmettergli fermezza. -Lo sai che con me puoi stare tranquilla. Puoi parlare di qualunque cosa- la voce di Satana si fece più sensuale. -Ed io non ho niente da dirvi- ammise ferma lanciandogli uno sguardo severo. Entrambi, a quel punto, si girarono a guardare la sala, ma dopo qualche secondo Lui, senza voltarsi disse con tono indifferente: -Ti avevo detto di smetterla di darmi del voi. Mi innervosisce- -Non posso smettere, mio signore. Io sono come tutti gli altri. Non sono speciale- -Oh, sì che lo sei…- e dicendolo attirò la sua attenzione. Dopo che lei si voltò anche Lui lo fece e posandola dolcemente sul trono lui si alzò e le porse la mano invitandola a seguirlo. Probabilmente qualcuno si accorse che se ne stavano andando, ma Satana ed Isabelle non vi badarono ed iniziarono ad incamminarsi per un lungo corridoio deserto illuminato solamente da qualche fiamma qua e là. Ma i demoni non hanno bisogno della luce per vedere… Arrivarono lentamente davanti ad una porta e dopo averla aperta, Lui la fece entrare in una camera da letto accompagnandola di fronte a sé con la mano ancora stretta in quella di lei, che dopo essersi voltata si ritrovò il suo padrone a qualche centimetro di distanza che, respirando lievemente, apriva la bocca e la posava dolcemente sulla sua. Isabelle non oppose resistenza e lasciò che il suo signore facesse scivolare le labbra sulle sue, dando vita ad un bacio che di per sé non emanava amore, ma solo desiderio. Il bacio s’intensificò, così tanto da permettere a Satana di far scivolare le braccia sul corpo di Isabelle, ma quando arrivarono alla schiena, intenzionate a sciogliere il vestito, lei lo fermò e si allontanò, mordendosi le labbra e senza abbassare lo sguardo. -Ci sarà mai una volta in cui cederai?- domandò lui divertito. -Non mi spingerò oltre. E voi lo sapete- e se ne andò.
  
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