Aveva sentito un rumore, si era girato e aveva visto
Goku, il suo Goku coperto di sangue.
Gli occhi spenti, il sangue che non voleva saperne
di restare nel corpo della scimmia, il corpo sempre più freddo…
Il suo cervello riuscì a registrare il tutto solo dopo il violento schiaffo di
Hakkai che lo fece risvegliare da quello stato di trance in cui era caduto.
Non ci pensò due volte, si alzò e corse via, nel
cuore e nel cervello un solo pensiero: la vendetta.
Perché non era stato in grado di proteggere il suo
maestro e ora rischiava di perdere un’altra persona preziosa per lui.
Goku, il ragazzino che lo aveva chiamato così
insistentemente da fargli venire il mal di testa, la petulante scimmia che
mangiava per un esercito intero, la persona che, paragonandolo più volte al
sole, gli aveva aperto il cuore quel tanto che bastava per farsi amare, stava
ora morendo.
Il colpevole… Doveva
trovare il bastardo e farlo fuori, torturarlo se fosse stato necessario, ma
doveva morire.
Corse, corse fino a sentire i polmoni ribellarsi, ma
del vigliacco non c’era più traccia.
Quando tornò a mani vuote e il cuore pieno di
rabbia, Sanzo si trovò davanti ad un campo di battaglia: Goku e Hakkai riversi
a terra privi di sensi, Gojyo pallido e con uno sguardo che oscillava tra il
triste e il furioso e Hazel e Gato
che osservavano prima lui e poi il mezzo demone che trascinava via i compagni
di viaggio.
Gojyo lo aveva superato, gli aveva ringhiato contro
la sua frustrazione e se n’era andato.
Cosa poteva fare ora? Tornare indietro e scusarsi?
No, neanche per sogno.
Lui voleva quell’uomo morto e fino a quando non lo
avesse spedito tre metri sotto terra come cibo per vermi non sarebbe tornato da
loro.
Sapeva che grazie al monaco dell’ovest lo avrebbe
trovato, la sua intenzione non era di unirsi a loro nello sterminio dei demoni,
voleva solo scovare il suo obbiettivo e farlo secco, ucciderlo, ridurlo in
minuscoli frammenti.
Passare i giorni con il monaco occidentale e con la
sua marionetta era noioso, lui che amava la tranquillità e il silenzio trovava noiosa quella calma.
A volte, mentre riposava, Goku gli appariva nel
sonno, la sua voce squillante riempiva il vuoto che si portava dietro, la sua
presenza lo rendeva felice. Ed erano di nuovo lì, tutti e quattro sulla jeep a
litigare e a lamentarsi, non c’erano più Goku morente e Gojyo deluso, c’erano
solo loro, i litigi, il cibo, il perenne sorriso di Hakkai e il rumore della
pistola che sparava a destra e a manca per zittire tutti.
E quando si risvegliava, di nuovo solo e circondato
dal silenzio, Sanzo non poteva che abbassare lo sguardo, stringere i denti e
andare avanti.
Lo faceva per se stesso si diceva, ma nel punto più
nascosto del suo cuore sapeva di mentire: Sanzo stava combattendo da solo per lui, stava andando in contro ad un essere superiore per evitare di
rivedere il corpo del suo protetto immerso in una pozza di sangue, per evitare
che quegli occhi dorati pieni di gioia e di voglia di vivere fossero di nuovo
velati di morte.
No, non lo avrebbe più permesso, era cambiato negli
anni, era più forte ora e, sebbene non avesse niente da proteggere, si sentiva
in dovere di annientare qualsiasi ostacolo rischiasse di separarlo dal suo
prezioso tesoro.
Perché Goku, lo aveva capito solo ora, era troppo
prezioso per lui, non avrebbe potuto immaginare una vita senza la scimmia e
senza la sua contagiosa allegria. Anche se lo faceva disperare, anche se lo
irritava a volte con le sue chiacchiere senza senso, il calore che gli
trasmetteva lo rendeva sereno e felice.
Il vero sole non era lui, era Goku.
E ora lo sentiva, sentiva la sua voce urlare il suo
nome mentre lui sprofondava inesorabilmente nell’oscurità e allungava la mano
verso quel puntino di luce, verso la sua speranza.
Con la forza della disperazione, Sanzo cercava di
afferrare la sua luce, Goku, mentre quest’ultimo lo trascinava fuori dal buio.
Il dolore, la respirazione lenta e faticosa, le
ferite, il combattimento, niente di tutto ciò era in grado di far distogliere
il suo sguardo dalla mano che stava stringendo con tutto se stesso.
Ora, steso mezzo morto a faccia in su, con Hakkai
visibilmente arrabbiato che lo curava e sorrideva, con Gojyo e Goku che
litigavano sul modo in cui era stato sbattuto a terra, era tutto perfetto, come
nei suoi sogni, forse con lui solo un po’ più ammaccato del dovuto.
E fu con sonoro e doloroso “SILENZIO!” e con un
colpo di pistola, che Sanzo chiuse quella piccola parentesi sulla loro
separazione.
Lo aveva capito, ormai, che lui, da loro, da Goku, non avrebbe più potuto separarsi
e, sinceramente, gli andava bene così.
Che poi non sopportasse il loro vociare, le loro
urla, il loro sputacchiare a tavola mentre s’ingozzano come animali, be’, era un’altra questione…
Angolo
della beota:
Sì boh,
non so da quale sezione del mio inesistente cervello sia partita sta roba.
Ho
pensato a Sanzo, a PedoHazel, a Goku morente e mi è
uscita così, dal nulla.
Ah, lo
chiamo PedoHazel perché suona terribilmente bene
<3
Comunque,
stavo dicendo che ho pensato agli ultimi capitoli del Reload
e parlando con un’altra nota scrittrice del fandom di
come Sanzo si sia incazzato a bestia nel vedere la sua scimmia ridotta ad uno
straccio per pavimenti, mi è venuta
fuori una frase e da lì ho partorito il resto.
E’ una
pacchianata sta fic, ma a mio parere è molto sentita dal punto di vista del
monaco, forse anche troppo.
Sanzo fa
tanto il figo “io non provo niente per nessuno”, però
appena ha visto Goku mezzo morto ha perso la ragione ed è andato per mari e
monti a scovare quel buzzurro di Ukoku per segargli
braccia, gambe e testa (anche se poi, alla fin fine, è stato il monaco oscuro a
fargli il culo).
Quindi
suppongo abbiate capito il perché della fic.
Ora, se
siete arrivati fino a qui significa che avete un gran bel coraggio, per cui vi
saluto, vi ringrazio e vi ricordo, come sempre, che le recensioni non sono
obbligatorie, ma che io le apprezzo tanto tanterrimo
(?).
A
presto,
SakuraX16