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Autore: Lela White    18/04/2012    6 recensioni
Questa Favola è raccontata, nella mia Originale "L'Amore non è Peccato". E' nata per gioco ma mi sono molto divertita e credo racchiuda anche una morale. Spero vi piaccia.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L’ARCOLAIO BIANCO

 

 

 

 

C’era una volta e forse c’è ancora, una fanciulla nata sotto gli astri più antichi, che da sempre aveva il compito più importante per gli esseri viventi. Lei non lo sapeva, in realtà, e tutte le volte che la madre le faceva presente il suo dovere, lei sbuffava nervosa.

La fanciulla era giovane, intrappolata nella torre che si innalzava sulla montagna più alta e dall’alto osservava il mondo e gli umani.

La sua stanza era grande e luminosa e al centro di essa si innalzava un arcolaio imponente, costruito con del legno bianco e pregiato, che arrivava a toccare il soffitto.

Fina dalla sua nascita, la fanciulla lo osservava con rispetto e curiosità ma, crescendo, il compito che le assegnarono la annoiò ogni giorno di più.

“Non capisco perché io debba rimanere qui, chiusa tutto il giorno a lavorare.” Borbottava la fanciulla, mentre il legno girava sciogliendo la matassa rossa e trasformandola in un esile e sottile filo quasi invisibile.

“E’ il tuo compito. E’ ciò per cui sei nata.” Le rispondeva la madre, raccogliendo il filo e attorcigliandolo accuratamente in gomitoli affusolati.

La fanciulla sbuffava e pigiava il piede sul pedale, ritmicamente come le era stato insegnato, accompagnando la matassa con le mani.

“Ma cosa accadrebbe se smettessi di farlo?” chiese curiosa ed anche indispettita. La madre la guardò severa e scosse la testa ; “non si può smettere di essere ciò che si è o le conseguenze sarebbero disastrose”, le rispondeva, intimandola a lavorare e la fanciulla sbuffava nervosa.

La sera, quando terminava il lavoro e riponeva i gomitoli nei bauli, sapeva già che la mattina seguente non li avrebbe più trovati. I gomitoli sparivano sempre senza che lei ne sapesse il perché! Così, pensierosa e triste, si rannicchiava alla finestra ad osservare il mondo.

Tutto scorre, qui sotto di me, sotto i miei occhi. La vita scorre ed io sono bloccata nel mezzo.

Pensava.

Osservava gli uomini camminare, ridere, innamorarsi...vivere.

E lei? Cosa ne sarebbe stato di lei e che senso aveva la sua di vita?

“Cosa guardi, figlia mia ?” le chiese la madre una sera.

La fanciulla sospirò senza voltarsi ma rimanendo a fissare quel mondo lontano, al di là del vetro.

“Guardo la vita, madre...quella che a me non spetta” rispose triste.

La madre si sedette accanto a lei e dopo alcuni minuti di silenzio le indicò un punto nel bosco, al bordo di un ruscello. Seduta con una cesta accanto, vi era una ragazza giovane, come ad occhi umani doveva sembrare lei, che cantava lavando le vesti.

La fanciulla guardò la madre confusa :” Non capisco, cosa c’è di così speciale?”

La madre sorrise e le indicò un altro punto, più lontano. Un giovane stava camminando al fianco del suo cavallo stanco, in cerca di una fonte d’acqua per abbeverarlo. Gli mancavano pochi passi sulla destra per raggiungere il ruscello.

“Dici che la vita non ti spetta, ma sbagli figlia mia, tu puoi fare e disfare della vita stessa e questo è un potere che nessun altro può sopportare, ricordatelo sempre.” E sola la lasciò, a contemplare quelle parole.

Ma la notte era lunga e la tristezza era da troppo tempo cresciuta in quell’animo curioso ed insoddisfatto. Continuò a guardare gli uomini sotto di lei ma le domande la vinsero e sfidarono la rabbia che la colse improvvisa così come se non se ne rendesse conto, iniziò a colpire e distruggere l’Arcolaio Bianco.

La madre accorse ma quando entrò nella sua stanza fu troppo tardi. L’Arcolaio era distrutto e giaceva a terra abbandonato, mentre la furia abbandonò pian piano il corpo della fanciulla.

“Cosa hai fatto?” gridò la madre sconvolta da quella visione.

“Voglio essere libera e felice” rispose la fanciulla nervosa.

La madre si avventò su di lei e la scosse con forza, spingendola verso la finestra a guardare il mondo.

“Ecco a cosa ha portato la tua voglia di libertà.”

La ragazza con la cesta che poco prima sedeva vicino il ruscello si alzò, andandosene. Il cavallo del ragazzo si accasciò a terra, stremato dal troppo cammino e il suo padrone lo accarezzò, piangendo.

Il ruscello era lì a pochi passi ma il ragazzo non era riuscito a trovare la via.

“Cosa centra con me?” chiese la fanciulla confusa.

La madre sospirò e alzò lo sguardo verso il resto del mondo, che a poco a poco sembrò cambiare colore, ingrigirsi, sotto una patina invisibile.

“Noi creiamo la vita, bambina mia. E per il tuo egoismo, da oggi ognuno su questa Terra vivrà nella continua ricerca del suo destino, perché tu hai spezzato per sempre il filo che li teneva legati l’un l’altro. Da oggi, ogni uomo è solo e non sarà più il destino a guidarlo ma loro stessi dovranno ricercarlo, l’uno negli altri. Questo è un arbitrio che non tutti posso sopportare.”

La fanciulla si voltò verso il mondo ed abbassò lo sguardo verso i due giovani. Le loro strade si erano divise senza che loro lo sapessero, il loro destino era stato spezzato.

Da allora l’uomo vaga nel mondo alla ricerca di ciò che lo possa ricondurre al proprio destino. Il filo rosso che spetta ad ognuno di noi, attende paziente di ricongiungersi all’altro capo e compiersi, perché la felicità dell’uomo è nel mezzo, nel punto di unione delle due cime. Il resto è spezzato, il resto rimane incompleto.





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Questa favola è inserita nella mia originale "L'Amore non è Peccato", spero vi sia piaciuta è la prima favola che scrivo e mi sono molto divertita. E' un genere nuovo per me ma che ho davvero molto apprezzato :D
A presto

Lela
   
 
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